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Autore: Clakli    26/06/2016    3 recensioni
La storia di Iron Man e Captain America, o meglio la storia vera e senza filtri di Tony e Steve. Dal primissimo incontro e i primi litigi, fino al post Civil War.
Dal testo: "Il capitano Steve Rogers era esattamente come Tony l’aveva immaginato. Certo, in realtà aveva già visto alcune sue foto e alcune pellicole che suo padre conservava gelosamente nel suo laboratorio, eppure la vista di quell’uomo immenso, completamente immobile avvolto nel ghiaccio, lo stupì ugualmente. Non poteva avere più di trent’anni, la sua pelle era perfetta e il suo viso sembrava disegnato. Tony si concesse qualche minuto per osservare in religioso silenzio il suo corpo perfetto e muscoloso, le sue mani strette a pugno alla fine di due braccia possenti abbandonate lungo i fianchi e il suo viso, ancora il suo viso, con la mascella dura ma allo stesso tempo delicata, perfetta, e le sue ciglia bionde che coprivano due occhi che, Tony lo sapeva, erano azzurri come il mare d’estate. I suoi capelli corti erano tirati all’indietro, completamente composti, non fosse stato per un ciuffo ribelle che scendeva sull’ampia fronte giovane."
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo quattro

Grazie
 
 
Il palazzo crollò come budino sotto l’attacco di Hulk, e decine di persone si buttarono dalla finestra, pur di non rimanervi all’interno. Le polveri della strada si sollevarono in una grossa cortina di fumo, rendendo impossibile guardare qualsiasi cosa. Quando il fumo si dissolse, finalmente lo vide. Era steso a terra, immobile, tra le macerie. Con un tonfo spense i propulsori e lo raggiunse, correndo come poteva, nonostante l’armatura pesante.
< Steve!> disse allora, prima in un sussurro, poi gridando forte. < Steve!> Ma il capitano non si muoveva. Dal suo elmetto scendeva sangue a fiotti, e così Tony glielo tolse, prendendo tra le mani la sua testa intrisa di rosso. < Steve.> ripetè in un sussurro. < NOOO!> urlò poi disperato, mentre le lacrime bagnavano i suoi occhi.
E poi, improvvisamente, Tony si svegliò. Aveva le braccia strette attorno al cuscino e gli occhi veramente bagnati di lacrime. Ci mise qualche secondo a realizzare che quello era stato l’ennesimo incubo. Si girò a pancia all’aria e guardò alla sua destra. Pepper era ancora lì, dormiva beata. Così, riposizionò gli occhi verso il soffitto, una mano sul reattore Arc e l’altra chiusa a pugno lungo il corpo, cercando di riprendere fiato. Solo in quel momento realizzò che Captain America era in casa sua. Sentì il bisogno viscerale di controllarlo, giusto per verificare che quello che aveva appena fatto fosse solo un brutto sogno. Si alzò dal letto e si infilò velocemente una canotta sul pantalone della tuta, chiudendosi poi la porta alle spalle. Percorse l’intero corridoio e poi si fermò davanti alla porta della stanza degli ospiti. Si chiese se il capitano stesse dormendo e se fosse il caso di controllare. Poggiò la mano sulla maniglia, ma poi ebbe il buon senso di tirarla indietro, scrollando la testa. Abbandonò la folle idea di disturbarlo e scese giù, prendendo le scale che portavano all’officina. Inserì il codice identificativo e aprì la sua stanza, l’unica nella quale si sentiva davvero a casa.
< Buona sera Jarvis> disse.
< Buona nottata a lei, signore. Noto che ancora una volta non è riuscito a dormire> gli rispose l’AI.
< Già…> borbottò quindi Tony, sedendosi al tavolo da lavoro. < Rivediamo per un attimo insieme il Mark 51, Jarvis, ti va?>
Tony lavorò per un po’ in silenzio, fino a quando Jarvis non lo interruppe di nuovo.
< Signore, il capitano Rogers è fuori la sua officina.>
Tony alzò la testa ed incontrò lo sguardo neutro del capitano, il quale alzò la mano destra,nella quale reggeva una tazza con il logo delle Stark Industries.
< Dio buono, e adesso cosa c’è? Aprigli> imprecò il meccanico.
< Ti ho preparato un caffè!> esclamò quindi il capitano, entrando e sedendosi proprio di fronte a lui. < Che ci fai in piedi? Sono le quattro di notte>
Tony fece una smorfia. < Figurarsi. Il tempo è relativo per uno come me, Rogers.>
< Il tempo non è relativo per nessuno, Stark. Fattelo dire da uno che si è perso settant’anni di vita e che a quest’ora avrebbe dovuto essere morto> disse quindi il capitano, posando la tazza accanto al braccio di Tony. Quest’ultimo la afferrò e sorseggiò il liquido scuro. < E’ buonissimo!> esclamò quindi, guardando il soldato ammirato.
< E’ fatto a mano con la moka. Tutta un’altra storia. Senza offesa, Jarvis> proferì guardando verso l’alto.
< Non accolta, capitano> rispose prontamente l’AI.
< Perché sei sveglio?> gli chiese allora Tony, sulla difensiva.
< E’ impossibile dormire quando tu ti aggiri per casa. Nessuno ti ha detto mai che hai la grazia di un elefante? In guerra ti avrebbero trovato subito,altro che trincee. E comunque, il tuo pavimento è più scomodo di quanto sembri. E così mi sono alzato e ti ho fatto quello> disse indicando il caffè che Tony stringeva ancora tra le mani.
< Beh, grazie Rogers. Ma ora puoi tornartene a letto,o sul pavimento, o dove vuoi. Ho da lavorare.> sbuffò quindi il miliardario.
< Io me ne vado, ma solo se tu mi prometti che domattina verrai a correre con me. O meglio, tra qualche ora.> rispose prontamente il capitano.
< A correre? Sei matto? A che mi serve correre? Io ho un’armatura, cazzo!>
< Linguaggio, Stark! Linguaggio!> lo ammonì il capitano.
Tony rise. < Linguaggio? Fai sul serio?>
< Sono serissimo. Così come sono serissimo quando ti dico che domani tu verrai a correre con me. Preparati, non accetto scuse!>
< E perché mai dovrei stare a sentirti?>
Il capitano si alzò, e appoggiando le braccia sul piano da lavoro mormorò: < Perché ti fa bene!> E così dicendo se ne andò dalla stanza,senza aggiungere altro.
Tony lo guardò allontanarsi senza voltarsi, mentre la sua figura perfetta si muoveva sinuosa e silenziosa su per le scale. Con un movimento fulmineo si portò le mani tra i capelli, in un gesto di disperazione.  Non riusciva proprio a capire tutte quelle emozioni contrastanti che lo invadevano. Un attimo voleva schiaffeggiare il capitano e stenderlo a terra con un pugno ben piazzato –impresa assolutamente impossibile, vista la sua preparazione atletica- e l’attimo dopo avrebbe voluto stringerlo tra le braccia, cercando di trasmettergli tutta la gratitudine che provava in quei momenti. Non riuscì a capire bene quando i suoi sentimenti verso quell’uomo erano cambiati, ma lo avevano fatto. Non aveva mai provato una sensazione così forte, se non con quando c’era in ballo Pepper e, ancora prima, suo padre. Gli esseri umani non facevano per lui, lui era l’uomo delle macchine e dei dispositivi elettronici. Tutto ciò che aveva un cuore pulsante e vivo comportava problemi, e Tony lo sapeva bene. Eppure quell’uomo all’antica stava scavando nel suo cuore senza ritegno, facendosi strada in un posto che Tony credeva fosse troppo piccolo da occupare per una sola persona, figurarsi due.
Eppure, poche ore dopo, aveva indossato una tuta ed era corso in cucina, dove aveva trovato ai fornelli il capitano.
< Potrei assumerti come ragazza alla pari, Rogers, visto che ti piace tanto la mia cucina.> disse quindi, appoggiandosi allo stipite della porta e osservando l’uomo mordendosi il labbro inferiore.
< Inutile che ti chieda dove tieni la farina, vero Stark?> chiese quello senza cogliere la battuta.
< Lo scaffale in basso a destra, signore, accanto al lavabo> rispose Jarvis prontamente.
< Grazie> rispose il capitano abbassandosi.
Tony arrossì violentemente, distogliendo lo sguardo dal suo posteriore. E questa novità da dove veniva fuori? Quando mai era arrossito a vedere il sedere di un uomo?
< Uhmmm che profumino!> esclamò Pepper, abbracciando Tony da dietro e facendolo sobbalzare. < Buongiorno!>
< Ciao Pepper!> esclamò il capitano, sorridendo.
< Volevo informarvi che oggi partirò per Hong Kong e sarò di rientro tra una settimana!> disse la donna, sorridendo ai due uomini.
< Come? Parti? Così,all’improvviso? Perché non ne so niente?> esclamò Tony, in preda al panico.
< Calma, campione. Abbiamo un affare da concludere con i cinesi e non riuscivo mai a trovare il momento buono per lasciarti solo. Ma ora, visto che solo non lo sei, posso partire.> così dicendo si avviò verso il capitano, abbracciandolo con sincera affettuosità. < Ti prenderai tu cura di lui, Steve? Lo prometti?>
< Parola di boy-scout!> rispose quello, sorridendo.
< Già,ci mancava> sbuffò Tony alzando gli occhi al cielo.
Pepper si avvicinò a Tony e lo baciò di slancio, mettendo il miliardario in una strana situazione di disagio. < Ti mancherò?> gli sussurrò all’orecchio, mordendogli il lobo.
< Tremendamente> gli rispose allora questo, puntando gli occhi sulla schiena del capitano, che dava loro le spalle. Ancora una volta tremendamente riservato!
Non appena Pepper partì, i due uomini uscirono. Il sole splendeva nel cielo, riflettendosi sull’acqua del mare, blu e profonda come gli occhi di Steve.
< Questa spiaggia è bellissima> disse quindi il capitano,alzando il viso e facendosi così baciare dal sole.
< Già, è mia> rispose Tony con nonchalance.
< E’ tua?>
< L’ho comprata!> fu la semplice risposta del miliardario, che ne approfittò dello stupore del capitano per avvantaggiarsi nella corsa. In meno di un secondo, però, l’uomo fu al suo fianco.
< Vediamo cosa riesci a fare, Iron Man!> lo prese in giro il soldato.
Neanche il tempo di finire la frase che era già ad un centinaio di metri di distanza da Tony.
< Esibizionista> sbottò quest’ultimo scrollando la testa, ma sorridendo.
Il tempo trascorse così, in maniera piacevole. Le ore passavano e i due uomini diventavano sempre più uniti, nonostante i continui battibecchi inutili e il continuo stuzzicarsi a vicenda. Era una cosa che mandava Tony fuori di testa, ma che al tempo stesso stava cominciando ad amare. Un giorno, mentre erano seduti in un bistrot in riva al mare a pranzare, Tony guardò negli occhi il capitano.
< Rogers, devo chiederti una cosa.> disse serio.
Il capitano per poco non si strozzò con l’acqua che stava bevendo. < Dovresti vedere la tua faccia, Stark. Non stai mica per chiedermi di sposarti? Sai che sono un tipo all’antica, prima dovresti chiedere il permesso alla famiglia.>
Tony alzò gli occhi al cielo, ma infine sorrise. < La cosa che sto per chiederti mi costa molto di più di quanto tu immagini, quindi ti prego di fare la persona seria.>
Il capitano si raddrizzò sulla sedia e posò le mani incrociate sul tavolo davanti a sé. < Dimmi>
Tony abbassò lo sguardo. < Vedi, il fatto è che…sono senza guardia del corpo, attualmente. A Pepper non piace che qualcuno giri per casa in stato di allarme. Se non ho l’armatura, sono un bersaglio facile per rapitori, terroristi e chiunque altro. Se tu potessi…?>
Steve sorrise. < Sarò più che felice di impartirti un corso intensivo sull’arte della difesa, Mr Stark. Era questo che avevi paura di chiedermi?>
< Non so se l’hai capito, Cap, ma sono un tipo abbastanza orgoglioso. Difficilmente chiedo aiuto a qualcuno>
< Ma non mi dire> rispose il capitano, alzando un sopracciglio. < Quando vorresti iniziare?>
< Boh…adesso?>
Il capitano sorrise, ma non rise. E questo fu un buon segno, voleva dire che non aveva intenzione di prenderlo in giro, cosa molto temuta da Tony.
Il giorno dopo erano già nella palestra nella stanza accanto all’officina di Tony, ormai inutilizzata da mesi, posizionati l’uno di fronte all’altro.
Steve indossava solo un pantaloncino, lasciando così scoperto il suo fisico da superdotato, cosa che non passò inosservata a Tony, che sentì lo stomaco contrarsi nel momento in cui l’uomo iniziò a muoversi nella sua direzione. Tony, dal canto suo, indossava il suo solito pantalone della tuta ed una canottiera nera che metteva in risalto il reattore Arc.
< Sposta le gambe all’indietro mentre ruoti il busto, così> soffiò il capitano, mentre con il braccio parò un colpo che Tony stava per affondare nelle sue costole. < Niente male per essere un soggetto da scrivania, Stark>
< Io,uhm…gioco molto a tennis> rispose Tony, spostandosi giusto in tempo, evitando così un colpo in pieno viso.
< Uh,huh. Tennis. Vedo.> esclamò il capitano spostandosi di lato per parare un altro colpo. < Sei in forma sorprendentemente buona! Ottimo, bel colpo d’accompagnamento!>
< Grazie prof!> esclamò Tony, assestando un ultimo colpo sul fianco del capitano, facendolo cadere a terra. < Oh mio dio, Steve, stai bene?> chiese quindi, avvicinandosi preoccupato.
Steve alzò lo sguardo e incrociò due occhi profondi ricchi di preoccupazione, così sorrise. < E’ la prima volta che mi chiami per nome> disse.
Le budella di Tony si attorcigliarono.
Quella sera, a cena, non parlarono molto. Si limitarono a guardare il telegiornale, che parlava di un nuovo attacco terroristico rivendicato da un tipo che si faceva chiamare “il Mandarino”. Tony strinse i pugni sul tavolo, nervoso. < Dobbiamo fare qualcosa> mormorò quindi, sovra pensiero.
< Si, dobbiamo. Mi sembra assurdo che Fury non ci abbia ancora convocati.> borbottò Steve, pensieroso.
< Ehi capitano…Steve…volevo dirti una cosa.> disse Tony, all’improvviso.
< Uhm, siamo in vena di confessioni in questi giorni, eh signor Stark?> lo prese in giro Steve.
Tony sorrise. < Vedi, il fatto è che… Voglio ringraziarti. E’ da quando sei qui che mi sfinisci talmente tanto, con i tuoi modi di fare, con i tuoi allenamenti, che finalmente la notte riesco a dormire. Non so se te ne sei reso conto, ma immagino di si>
Steve si limitò ad annuire, sorridendo. < Tu che mi ringrazi. Questa si che è bella. Tony, quando mi sono risvegliato in quest’epoca,non avevo nessuno. Niente. Tu mi hai dato uno scopo, qualcosa a cui appartenere… mi hai dato una casa>
Le parole di Steve colpirono Tony nel profondo, e così si sentì obbligato ad essere sincero, completamente. < In realtà all’inizio ti odiavo. Mio padre ti adorava come un dio, ed ogni volta che facevo qualcosa, anche di buono, il paragone era inevitabile. Sei sempre stato il figlio che avrebbe voluto, e molto probabilmente anche più di questo. Sei sempre stato l’uomo che avrebbe voluto essere. Ed io ti odiavo, Cristo se ti odiavo. Ma poi qualcosa è cambiato ed ora… Ora siamo amici. Posso definirti così, Steve? Un amico?>
Il sorriso di Steve si allargò ancora di più. < Certo Tony, siamo amici > disse con un tono che non ammetteva repliche. Poi, il suo viso si indurì. < E così Howard non è stato un buon padre> sussurrò, la delusione piena nei suoi occhi.
< Oh, ci ha provato, a modo suo. Ma più passava il tempo più si spegneva. Non era tagliato per certe cose. Non era un genio nei rapporti interpersonali. Un po’ come me.> ammise.
Steve scrollò la testa. < In realtà, Tony, non so che tipo di vita abbia avuto Howard dopo la mia scomparsa, ma posso assicurarti che era una persona fantastica, uno dei miei più cari amici. E tu me lo ricordi molto, in tutto. E fidati se ti dico che non è una cosa negativa.>
Il cuore di Tony sembrò riempirsi di nuovo, dopo tanto tempo che era stato vuoto.< A parte,ovviamente, la tua insopportabile arroganza e presunzione. Quelle penso che nessun essere vivente le abbia sviluppate come te!>
Risero insieme, di gusto. < Touchè!> rispose il miliardario.
< Dimmi una cosa, Tony. Il tuo disturbo da stress post traumatico è dovuto a ciò che abbiamo affrontato a New York?> chiese il capitano, serio.
< Si.> ammise Tony. < Tutto è cambiato dopo New York. Vivi esperienze al limite, e tutto finisce senza spiegazioni. Alieni, dei, ed io sono solo un uomo di latta>
< Un uomo di latta che ora ha anche un po’ di esperienza nella lotta corpo a corpo> lo incoraggiò Steve.
< Già…Vedi, devo proteggere l’unica cosa senza la quale non vivrei…Pepper. Per questo non faccio altro che costruire armature, nell’evenienza che un altro attacco del genere possa colpirci> spiegò.
Steve lo guardò dritto negli occhi. < Ti capisco. Anche io farei di tutto per proteggere la persona che amo>
In quel preciso istante, l’imbarazzo creatosi venne interrotto dalla suoneria polifonica di un cellulare. Il capitano prese dalla tasca il telefonino e Tony alzò gli occhi al cielo, non appena vide il vecchio modello, passato di moda e non più in uso da ormai quindici anni.< Oh mio dio, ricordami di regalarti uno Stark Phone, più tardi!>
Il capitano rispose, ignorandolo < Si. Si. Si, sono a Malibù. E’ qui accanto a me. Va bene.> chiuse la chiamata e si alzò. < Era Fury, ha una missione per me. Devo partire immediatamente>
< Faccio preparare l’aereo> rispose quindi Tony, seguendolo al piano di sopra. < Farò spedire le tue cose a Washington, non preoccuparti.>
Steve si girò a guardarlo, fermandosi dal riempire il suo borsone da viaggio con le cose indispensabili. < Ora cosa  farai?> gli chiese.
< Oh, un po’ quello, un po’ questo. Probabilmente darò la caccia a questo “Mandarino”>
< Promettimi che starai attento e che non farai cose avventate> lo ammonì il soldato.
Tony alzò gli occhi al cielo. < Mi conosci, sai che non sono il tipo che fa promesse da marinaio> rispose col suo solito sorriso sghembo. Seguì il capitano al piano di sotto. < L’autista ti porterà subito al mio aeroporto, è qui fuori che aspetta. Fa buon viaggio, Steve> gli disse porgendogli la mano.
< Ci vediamo presto, Tony> rispose quindi quello, attirandolo a sé in un abbraccio che lasciò Tony confuso e abbandonato. Ancora una volta, solo.  

 
  
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