19
«Dimmi
di nuovo che cosa stiamo per fare», disse Owen
«Salviamo
il mondo.»
«E
dimmi che cosa diventeremo... ho bisogno di sentirmelo dire.»
«Eroi»,
affermò Henry. Poi chiuse gli occhi. Nell’arco di
pochi secondi si addormentò.
[Stephen
King, L’Acchiappasogni]
- Bene, eccoti. Hai ricevuto il mio
messaggio. – disse Tremotino, quando Belle entrò
in negozio.
-
Sì, ma non capisco perché tanta
fretta... sta succedendo qualcosa? – Belle si
guardò in giro, cercando forse
qualche cambiamento nella disposizione degli oggetti. E in lui.
-
No, affatto. Ma tieni. – Le porse
un’ampolla. Il tempo stringeva. La luna era quasi al suo
apice, quindi doveva
fare in modo che lei se ne andasse il prima possibile.
-
Che cos’è?
-
Ti servirà per uscire dalla
città.
Belle
batté le palpebre, perplessa.
- Vado da qualche parte?
Lontano
dalla morte.
-
Dipende da te. Hai sempre
desiderato vedere il mondo. Beh... il mondo è proprio
là fuori. – Tremotino si
sorprendeva a parlare con una scioltezza che non si sarebbe mai
aspettato.
Credeva che la sua voce avrebbe tradito tutto quello che cercava di
tenersi
dentro. Il terrore. Il terrore di quel marchio infuocato sul polso. Il
terrore
che gli provocava la sola idea di tornare negli Inferi. Il Tartaro. Il
Tartaro
sarebbe stata la sua casa. Era sicuro che le poche buone azioni che
aveva
commesso non sarebbero bastate a salvarlo. E se anche non fosse finito
subito
nel posto peggiore, ci sarebbero state delle persone pronte a
tormentarlo.
Persone che aveva ucciso. Persone a cui aveva distrutto
l’esistenza. - Parti
appena puoi. Vedi tutte le meraviglie che hai sempre sognato. E quando
le avrai
viste tutte... allora torna. E raccontamele.
-
Perché non puoi venire con me? –
domandò Belle, continuando a fissarlo e aggrottando la
fronte, dubbiosa.
-
Ho delle cose da fare qui. E poi
credo che questo non sia il posto giusto per te, al momento. Hai
bisogno di un
po’ di tempo, ne sono sicuro.
-
Non credo che Emma verrà a
cercare me. E nemmeno Lily.
-
Non puoi sapere quali sono i
piani di un Oscuro. Sono sempre nascosti. Fidati di me, lo so bene. Non
voglio
che tu corra rischi inutili. – sentenziò,
energicamente.
-
È davvero questo... ciò che vuoi
che io faccia?
Lui
la strinse a sé e gli venne
spontaneo, ma si sentiva un impostore. Stava pensando a come terminare
il più
in fretta possibile quella conversazione, prima che tutti andasse a
rotoli. -
Sì. Voglio... voglio che realizzi il tuo sogno.
Belle
ricambiò la stretta e poi
prese le chiavi che Tremotino le stava porgendo.
-
Le chiavi dell’auto. – disse lui.
Le parole parvero echeggiargli nella mente con un fragore sinistro. Gli
sembrava
già di udire il rumore della barca di Caronte che fendeva le
acque del lago. Gli
sembrava di scorgere il baluginare degli occhi del traghettatore,
antichi come
il mondo e circondati dalle fiamme. - Goditi la vita, Belle.
Lei
prese le chiavi e aprì l’altra
mano, lasciando cadere l’ampolla.
Prima
che lui potesse intervenire,
era andata in pezzi e Belle aveva schiacciato alcuni frammenti sotto il
tacco
della scarpa.
-
Belle! – gridò lui, sbalordito.
-
Tu pensavi che mi sarei bevuta
tutto questo, vero? – Era una domanda, ma il suo sguardo
azzurro ora lo
accusava. - Perché, come sempre... credi di potermi
raggirare. Hai una grande
opinione della mia intelligenza...
-
No, io...
-
Ma è anche colpa mia, Tremo. Sono
io che ti ho permesso di pensare questo di me.
-
Belle, io cerco di proteggerti!
Tu non hai nessuna colpa...
-
Sì, invece! – lo interruppe,
superandolo e andando verso il bancone. – Quindi adesso mi
spiegherai che cosa
succede e perché ti stai liberando di me.
Ovviamente Belle non volle sentire
ragioni e si rifiutò di lasciare la città. Lo
disse con un tono che non
ammetteva repliche e Tremotino seppe che non sarebbe riuscito a
convincerla
nemmeno se l’avesse supplicata in ginocchio.
“Tu
pensavi che mi sarei bevuta tutto questo, vero?”
Lo
sperava. Lo sperava per il suo
bene. Belle meritava di vivere la propria vita.
Meritava
anche un uomo migliore di
lui.
La
campanella del negozio trillò.
Udì la porta sbattere e poi un rumore di passi.
-
Siamo chiusi! – disse, entrando
in negozio.
Ma
non erano dei clienti qualsiasi.
Erano Emma e Regina. E non avevano l’aria di chi se ne
sarebbe andato senza
discutere.
-
Per favore, andatevene.
-
No. Non ci arrenderemo senza
combattere. – gli rispose Regina. – Scommetto che
ci sono molte persone
nell’Oltretomba che sarebbero felici di rivederci.
-
Ce lo siamo meritato. E non ha
importanza. Non ci sono alternative.
-
Forse sì, invece. – ribatté Emma.
– Ma ho bisogno di alcune cose. Per affrontare Lily. Prendere
tempo.
-
Lily non intende fare del male a
lei, signorina Swan. Lei sopravvivrà. E anche Henry e
Malefica. Anche se
andasse da Lily disarmata...
-
Ma potrebbe servire a Regina. Sa
benissimo che ci sono gli altri Oscuri a cui pensare. – Emma
Swan aveva in
mente qualcosa, quello era chiaro. – Io devo recuperare
Excalibur.
-
L’unico modo in cui Excalibur
potrebbe esserci utile sarebbe se Emma...
-
Se Emma trasferisse in se stessa
tutta l’oscurità. E usasse la spada per
distruggerla. – concluse Regina, per
lui. Lo fece con voce forzata, come se dovesse vincere una grande
resistenza
interna per cacciar fuori le parole.
Capì.
Emma Swan avrebbe voluto
trasferire quell’oscurità in Zelena, ma la strega
non era più a disposizione.
-
Uccidendosi. – disse Tremotino.
Non
risposero.
C’era
una strana energia fra quelle
due. Qualcosa che non riuscì ad afferrare. Qualcosa di
nuovo. Quando entravano
in scena insieme, dimostravano una certa sintonia. Come due facce della
stessa
medaglia. Come se potessero dare il meglio di loro solo quando agivano
in
tandem. Ma quella sera c’era una vibrazione diversa.
-
Di che cosa avete bisogno? –
chiese l’ex Oscuro.
Regina
aggrottò la fronte. – Non
vuoi fare un accordo?
-
No. – Lui scosse il capo.
Emma
gli fece un elenco di
incantesimi che potevano essere utili, se non per fermare Lily, almeno
per
guadagnare tempo. Tremotino cercò il necessario e diede le
ampolle a Regina.
-
Sei molto coraggiosa, Emma Swan.
– commentò. E lo pensava sul serio. Lui non
avrebbe mai avuto il coraggio di
farlo, di sacrificare la propria vita. Era già abbastanza
terrorizzato da quel
marchio.
Emma
si limitò ad un breve cenno
del capo ed uscì dal negozio. Regina fece per andarle dietro.
-
Non lo farai. – disse Tremotino.
Regina
si fermò con una mano sul
pomolo della porta. Si voltò. – Come?
-
So che cosa vuole Emma. Avrà
bisogno di aiuto, per questo siete venute qui insieme. Vuole che tu...
– Punto
l’indice contro di lei. – Vuole che tu usi
Excalibur... per ucciderla.
Regina
aveva una strana sensazione
di febbre. Si umettò le labbra ed ebbe
l’impressione di avvertire ancora il
sapore di quelle di Emma... che la baciavano come se non avessero mai
desiderato altro.
Scacciò
quei pensieri. - Emma mi ha
chiesto di... di rispettare la promessa che le ho fatto a Camelot. Non
c’è
altra soluzione.
-
No, non c’è. Ma non sarai tu a
farlo. Non sei in grado, Regina.
-
E cosa te lo fa pensare?
-
Non sei più quel genere di
persona. – Tremotino la scrutò. Le sorrise.
– La Regina che ho conosciuto molto
tempo fa... quella che ho forgiato... l’avrebbe fatto. La
Regina che conosco
ora... no.
-
Forse non mi conosci così bene. –
Ma la sua voce suonava distante alle sue stesse orecchie, mentre si
sentiva
pervadere da un senso di gelo.
-
Oh, mia cara, è proprio perché so
chi sei che ti dico questo. – Tremotino le voltò
le spalle, andando dietro al
bancone. – Ma sappi una cosa: se vuoi davvero andare fino in
fondo, tira fuori
quella parte di te in grado di uccidere qualcuno che ama.
Perché se esiterai...
ti sarà fatale. Sarà fatale a te e anche alla tua
famiglia.
David camminava rapido e sicuro,
con una mano sull’elsa della spada, pronto ad affrontare
anche tutti gli
Oscuri. Killian lo seguiva di malavoglia.
-
Vuoi fermarti, amico?
-
Non adesso, Uncino.
In
mezzo alla strada, proprio
davanti a loro, comparvero tre... Coccodrilli incappucciati. Un attimo
prima la
via era libera, ora gli Oscuri erano proprio là. Erano
venuti a prenderli.
Nimue
regalò ai due un sorriso
beffardo. – Avete fretta, per caso?
David
e Killian riuscivano a
scorgere gli altri due tirapiedi. Quello a destra aveva dei folti baffi
rossi.
Quello a sinistra una faccia larga, i lineamenti marcati e crudeli, la
pelle
simile a quella di Tremotino, verde oro.
-
Lasciate che vi dia una mano. È
il momento di farla finita. – Nimue sollevò
entrambe le mani.
I
marchi sui loro polsi
sfrigolarono e si incendiarono. Killian e David lanciarono grida
stupefatte,
mentre il mondo intorno a loro diventava bianco e svaniva nella luce
accecante.
Malefica entrò nella camera della
figlia e cominciò a riordinare gli indumenti gettati alla
rinfusa. Non aveva
idea del perché lo stesse facendo, ma intuiva che, qualunque
cosa fosse
successa, non avrebbe più dovuto preoccuparsi di quel
disordine.
Trafficava
da appena cinque minuti
quando sentì le gambe molli come gelatina e dovette sedersi
sulla sedia accanto
alla finestra. La vista del letto disfatto nel quale Lily non dormiva
da
giorni, la luce malaticcia gettata dai lampioni in strada... le
sembravano
tutte cose crudeli. Come l’assenza di Lily. Come
l’idea di essere stata
costretta a riempirla di oscurità per salvarle la vita. Una
parte di lei era
convinta di aver commesso un terribile errore, eppure quale madre
avrebbe
lasciato morire il proprio figlio? Quale madre l’avrebbe
fatto?
Si
portò un mucchio di magliette al
viso per cancellare la vista della stanza vuota. E sentì
l’odore di Lily. L’odore
dello shampoo che usava. L’odore del bagnoschiuma al muschio
bianco.
Oh,
era terribilmente ingiusto.
Forse,
come madre, se lo meritava.
Se lo meritava, certo, ma era troppo crudele.
Malefica
gettò via le magliette e
uscì dalla stanza.
Tutti i marchiati si ritrovarono
davanti al lago. Gli Oscuri richiamati da Lily stavano a pochi metri da
loro,
in fila e in apparente attesa.
-
Neve! – gridò David.
Lei
sollevò appena la testa. Era
pallida, con i polsi chiusi nelle pesanti catene, che abbracciavano il
tronco a
cui era legata. Aveva almeno una decina di ferite sparse sul corpo,
nessuna
mortale, ma tutte dolorose e sanguinanti.
-
Che cosa diavolo le hai fatto?! –
urlò David a Lily, quando la vide avviarsi verso di loro,
con Excalibur in
pugno.
-
Non preoccupati, principe. Non
l’ho ferita con questa spada. – Lily la
sollevò e lama mandò un barbaglio
argento, colpita dai raggi della luna, ormai all’apice.
Regina
si guardò intorno. Henry non
c’era. Tastò le ampolle che aveva in tasca per
assicurarsi che fossero ancora
al loro posto.
-
Dov’è Roland? – chiese a Robin.
-
Al sicuro con le fate. Si
occuperanno anche di Neal. – rispose, mettendosi accanto a
lei.
-
Quindi è davvero la fine. –
sentenziò Tremotino, occhieggiando gli Oscuri.
-
Sì. – disse Lily. Poi puntò la
spada verso il lago alle loro spalle. – Guardate. Ecco il
vostro passaggio per
l’Oltretomba. Giusto un tempo.
Una
nuvola di fumo bianco si
allargò sulla superficie dello specchio d’acqua,
portando con sé un’ombra nera.
La barca guidata dal traghettatore, Caronte.
-
Lily! – gridò Emma, facendosi
largo tra gli Oscuri e raggiungendo gli altri. – Lily, ti
prego, aspetta.
In
quel momento, tutti udirono un
ruggito. Si alzò un vento improvviso, che scosse le chiome
degli alberi e
increspò le acque.
Regina
guardò il cielo e vide il
drago piombare su di loro. Il vento era provocato dallo sbattere delle
sue
grandi ali membranose. Il corpo ricoperto di scaglie nere era un
proiettile
scagliato a tutta velocità.
-
A terra! – urlò Uncino.
Malefica
spalancò le fauci e gettò
un’onda di fuoco sul gruppetto di Oscuri. Nimue
deviò le fiamme, che tinsero
gli alberi di una luce sanguigna. Il drago si allontanò dal
luogo dell’attacco,
descrivendo un ampio arco in aria.
-
Lily, non è ancora troppo tardi.
Puoi fermarti. – disse Emma. – Ricordi quello che
ti ho detto a Camelot? Io non
ti volterò mai le spalle. Ti aiuterò.
-
Nessuno può aiutarmi, Emma.
Regina
estrasse una delle ampolle
dalla tasca della giacca e le scagliò contro il contenuto.
Un liquido azzurrato
la raggiunse, corrodendo il tessuto della giacca di pelle nera che
indossava.
Gridò, quando la pozione sfrigolò contro la
pelle, ma non lasciò la spada. Menò
un fendente nel vuoto, producendo un’onda d’urto
che li fece cadere tutti, come
tanti birilli.
Il
drago, intanto, atterrò presso
il lago fronteggiando gli Oscuri.
-
Lily... è ora di smetterla. –
disse Regina, tirandosi su.
-
Abbiamo appena cominciato.
-
Non puoi davvero uccidere
un’intera famiglia.
-
E perché no? – Si appoggiò la
lama di Excalibur su una spalla.
-
Te ne pentirai. E nel tuo caso...
pentirti vorrebbe dire convivere con le tue colpe per
l’eternità.
-
Anche tu dovrai farlo. Tutti voi.
Nell’Oltretomba. Ci sono un sacco di persone che vi
aspettano. Avrete molto da
fare. Non vi annoierete mai.
Il
drago ruggì ed eruttò fuoco. Gli
Oscuri stavano costringendo Malefica ad arretrare.
-
Guarda laggiù, Lily. Tua madre
sta combattendo contro gli esseri che hai richiamato. –
Regina fece un passo
verso Lily, con le mani bene in vista. Emma era vicino a lei. Poteva
sentire il
suo respiro accelerato. – Vuoi che le facciano del male? So
che c’è del buono
in te. Altrimenti avresti marchiato tutti.
-
Già. Gli Oscuri sanno che non
devono fare del male a mia madre. Così come sanno che non
devono fare del male
ad Henry. – Il tono di Lily possedeva una strana inflessione.
Era calmo e anche
rassegnato. C’era molta stanchezza nella sua voce.
– Io elimino solo chi se lo
merita.
-
Prendi me, allora. – intervenne
David. – Prendi solo me. Lascia andare mia moglie.
-
Un’offerta interessante. Non ti
preoccupare, verrà anche il tuo turno.
-
So bene che cosa significa
lottare contro l’oscurità. –
ricominciò Regina. – Credimi. Ho passato anni
nell’oscurità.
Mi ha consumata...
-
Oh, hai passato anni nell’oscurità?
– la interruppe Lily, ridendo. – Io ho passato la
vita intera nell’oscurità! Ovunque
andassi l’oscurità era con me, mi seguiva.
Qualsiasi decisione prendessi mi si
rivoltava contro. E questo è accaduto perché
qualcuno ha avuto la brillante
idea di maledirmi! È anche per questo che adesso siamo qui!
-
Abbiamo commesso tutti degli
sbagli. – disse Regina. – Ma se ci ucciderai... non
ti sentirai meglio. La vendetta...
non mi ha mai fatta sentire meglio. E una volta... era
l’unica cosa che
desideravo. Pensavo che mi sarebbe bastata. Che mi avrebbe resa felice.
Ma non
è così.
La
luna era al suo apice. I raggi
si riflettevano sulla superficie del lago. La barca del traghettatore
avanzò di
qualche metro. Con una lentezza esasperante, ma anche implacabile. Il
lungo
bastone con cui Caronte spingeva in avanti l’imbarcazione
fendette le acque.
Tremotino lo fissò, sconvolto dai cerchi di fuoco che
lampeggiavano sul volto
antichissimo del demone. Rivolse nuovamente l’attenzione agli
Oscuri. Uno di
loro lo guardava con insistenza. Era l’uomo con i capelli e i
baffi rossi. Rothbart.
-
È tempo. – sentenziò Nimue.
Strinse i pugni e levò la testa al cielo, che ora era
sgombro, a parte qualche
straccio di nube. Le fredde stelle ricambiarono il suo sguardo, come
occhi
indifferenti di un altro mondo. Alzò una mano e
gridò un paio di parole in una
lingua abietta che solo lei conosceva. Uno spicchio di foresta prese
fuoco all’istante.
Feroce e concentrata, Nimue incendiò una fetta dopo
l’altra fino a formare un
anello di fiamme che tagliò fuori Malefica. Il drago mosse
qualche passo per
superare il muro di fuoco, ma il potere la respinse. Emise un ruggito
basso e
frustrato. Nimue continuò a fissare l’anello,
soddisfatta, per alimentare la
magia.
Un
globo di luce sfrecciò dalla
mano di Emma e colpì il primo Oscuro in pieno petto. Nimue
vacillò, ma non
perse l’equilibrio.
-
Finiscili. Adesso. – disse Nimue
a Lily.
Lily
sollevò la spada.
Emma
si frappose fra lei e il resto
del gruppo.
-
Levati dai piedi, Emma. – le intimò
Lily.
Lei
lanciò un’occhiata a sua madre,
che cercò di sollevare il capo, ricambiando il suo sguardo.
Aveva occhi opachi
e febbricitanti. Il fuoco le sibilava intorno, minacciandola.
-
Dammi quella spada. Sistemerò tutto
io. – disse Emma.
-
Credi di poter risolvere tutto con
il tuo solito tono ragionevole? Non è così che
funzionano le cose. Questa è una
mia scelta.
-
Questa non è una tua scelta! È
l’oscurità.
Ti sta usando!
-
Lo ha sempre fatto. L’ho
combattuta, ci ho provato... ma è stato inutile. Non puoi
lottare contro l’oscurità.
Non contro questa oscurità. Per quanto tu possa essere
forte... ti inghiotte. Con
te farà lo stesso, Emma.
-
Non è vero! Non è sempre stato
così! A Camelot mi hai aiutata e hai creduto in me!
Lily
avvertì la pressione della
mente di Emma. La pressione che cercava di costringerla ad abbassare le
barriere. Emma usò tutta la forza che aveva. Lily la stava
bloccando, ma lei continuò
a spingere, a scavare... per arrivare oltre il muro.
-
No... basta, Emma. – disse Lily.
Non
era abbastanza. Aggredì di
nuovo le strenue difese erette intorno alla mente di Lily.
Aprì una breccia.
Lily si piegò su un ginocchio.
Un
fiume di immagini la avvolse all’improvviso,
scorrendo nella sua coscienza.
“La
maledizione...”.
“Deve
essere spezzata. E sarà Emma
a farlo. Tuttavia è ancora presto. Passeranno parecchi anni
prima che il suo
destino si compia. Il suo e... il tuo”.
“Il
mio?”
“Questa
non è stata l’ultima volta,
Lily”. L’Apprendista si voltò di nuovo,
incrociando i suoi occhi sbarrati e
ripieni di furia. “Tu ed Emma siete legate e così
sarà per sempre. Un giorno la
rivedrai. Emma sarà la Salvatrice, ma
l’oscurità incombe per tutti.
L’oscurità...
minaccia chiunque”.
Lily
la respinse. Tentò di controllare il torrente di ricordi, ma
la loro forza era
soverchiante.
“Perché
sei fuggita?”
Anche
allora erano davanti ad un
lago. Era giorno e avevano appena usato la carta di credito del padre
di Lily
per fare la spesa in un supermercato.
“Una
ragazzina che viveva con me,
Cecilia... è stata adottata. L’ho vista salire su
una Station Wagon... con una
coppia perfetta. E in quel momento ho capito che nessuno mi
guarderà mai come
quella coppia guardava lei. Sono troppo grande. Ho perso la mia
occasione...
non aveva senso continuare a restare lì e
sentirmi...”
“Invisibile?”
Era
proprio la parola che cercava.
“So
che cosa significa vivere in un
posto dove hai l’impressione che a nessuno importi di te, che
nessuno riesca a
capirti...”
“Ehi,
che cos’hai sul polso?”
Lily
mostrava la voglia a forma di
stella impressa sul suo polso. “Non so... cosa sia successo.
Ce l’ho sempre
avuta. Mi piace pensare che sia una specie di simbolo in stile... Harry
Potter,
più o meno”.
“Come
se tu fossi... unica e
speciale”.
“Sì,
lo so. È stupido”.
“No,
non è vero”.
Lily
scattò in piedi e caricò, la spada levata contro
di lei, dimenticandosi di
erigere nuove barriere contro la sua invasione.
“Promettiamoci
di restare amiche. Qualsiasi
cosa accada non ci sarà niente che non potremo
superare”.
“Okay.
Sì. Promesso”.
“Per
sempre”.
“Per
sempre”.
Lily
non abbassò la spada. Emma ritirò la manica della
sua giacca per mostrarle la
stella che aveva disegnato sul polso.
-
Lo vedi? Io non l’ho mai dimenticato, anche se ci siamo
separate. – disse Emma.
Piangeva davvero, adesso. Aveva le guance rigate di lacrime. Eppure
sorrideva
anche. - Non c’è niente che non possiamo superare.
-
Mi stai ingannando! È quello che fanno tutti gli Oscuri!
– gridò Lily, ma la
sua voce era debole. Spezzata. Perdeva sicurezza.
“Quello
che intendo fare, lo farò
anche per il bene di Henry. Di tutti”.
“Ma
tu sei la Salvatrice, no? Tu
sei superiore a tutto questo”.
Emma
andò molto vicino a Lily.
“Sono la Salvatrice, ma sono anche l’Oscuro. E ho
bisogno di Merlino. Il piano
di riserva è necessario. Devo coprirmi le spalle. Non
possiamo fallire e
riprovare perché non avremo un altro momento per riprovare.
Artù sta aspettando
che i miei genitori riportino il pugnale. Se non sospetta ancora
niente,
inizierà molto presto”.
Si
allontanò da lei, dirigendosi
verso l’uscita.
“Sai
una cosa, io so che cosa vuol
dire lottare contro l’oscurità. L’ho
sempre dovuto fare”, disse Lily,
costringendola a fermarsi. “Tutta la mia vita è
stata oscura e tu lo sai bene.
Non sarà mai come la cosa che si è impossessata
di te... ma mi ha fatto fare
delle cose. Non mi permetteva... di controllarmi. L’Oscuro
sta facendo lo
stesso con te. Se lo ascolti, perderai il controllo”.
-
Quando stavo facendo la cosa sbagliata, tu hai cercato di convincermi a
non
farlo. Quella volta ho usato i tuoi ricordi per prendermi
ciò di cui avevo
bisogno. – Emma era vicinissima. Avrebbe potuto allungare una
mano e toccarla. –
Ora... li sto usando per aiutarti a capire... voglio ricordarti quello
che hai
detto anche a me, quel giorno. Quello che io... non ho voluto
ascoltare.
“Mi
ripeto sempre che
non cederò all’oscurità.
Però ho già ceduto. Ho già ferito te e
volevo ferire
mio figlio”.
“E
avresti potuto
uccidermi poco fa. Sarebbe stato facile. Eppure hai deciso di
risparmiarmi.
Come hai fatto... quando mi hai trovata. Questo vuol dire che puoi
vincere la
tua oscurità”.
“Mi
sono fermata perché
qualcuno mi ha fermata...”
“Ti
saresti fermata
comunque”.
“Non
credo”.
“Regina
ti ha dato una mano, va
bene? Però la decisione spettava a te. Se io fossi stata al
tuo posto avrei
sparato. E un attimo fa ti avrei uccisa. Ma tu sei migliore di
così”.
Lily
si prese la testa fra le mani e lasciò cadere la spada. Emma
si affrettò a
prenderla e poi si chinò davanti all’amica,
appoggiandole una mano sul collo perché
sollevasse la testa.
-
Ci penserò io.
Gli
occhi di Lily erano sbarrati e iniettati di sangue. - Che cosa vuoi
fare, Emma?
-
Già. – disse Nimue, venendo avanti. –
Che cosa pensi di fare? Non puoi fermarci!
È tardi, ormai!
-
Non è tardi.
Un’insospettabile
riserva di energia divampò dentro di lei. Dopo la battaglia
mentale contro Lily
si sentiva frastornata e non era sicura di potercela fare, ma
riuscì a
richiamare il potere dai più profondi recessi del suo
essere. Attinse da una
coscienza più antica e vasta della sua. Le sue dita si
strinsero intorno all’elsa
di Excalibur e sollevarono l’arma. La tenne in orizzontale
davanti al proprio
viso. Si era messa davanti a Lily come a farle da scudo.
Excalibur
fiammeggiò di luce rossa, la lunga lama percorsa da una
vampa senza calore.
Prima
l’incredulità e poi la rabbia deformarono i
lineamenti di Nimue. Con un ringhio
sprezzante, puntò il dito indice contro Emma, ma la spada la
respinse e la
costrinse ad inarcare la schiena.
Nimue
emise un rantolo. E il suo corpo divenne trasparente. Sotto non
c’erano più né ossa
né carne, ma solo un turbinio tenebroso. Nimue si
lacerò dalla testa ai piedi,
liberando l’oscurità che si divise in tanti rivoli
neri, pronti a fuggire se la
spada non li avesse fagocitati.
Agli
altri Oscuri toccò la medesima sorte. Videro il cerchio di
fiamme estinguersi e
il loro corpi sgretolarsi. Cornelius si strappò la maschera
a forma di teschio.
Dietro di essa si celava una faccia brutale e piena di cicatrici. La
bocca era
aperta, ma invece di parole ne sgorgò un ululato
terrificante. Rothbart inveì
contro tutto il mondo, prima di trasformarsi in fiumi di nera
oscurità ed
essere risucchiato.
Excalibur
li imprigionò dentro di sé. Emma venne
scaraventata all’indietro e la spada le
sfuggì, infliggendole una scarica che le percorse il
braccio, paralizzandola
per qualche istante.
Regina
raccolse la spada. Era terribilmente pesante.
“Ma
sappi una cosa: se vuoi davvero
andare fino in fondo, tira fuori quella parte di te in grado di
uccidere
qualcuno che ama. Perché se esiterai... ti sarà
fatale. Sarà fatale a te e
anche alla tua famiglia”.
-
Presto, Regina. Gli Oscuri non rimarranno intrappolati a lungo.
– Emma si alzò,
scrollando il capo. Vedeva la lama pulsare e capiva bene che presto
l’oscurità
si sarebbe riversata di nuovo all’esterno.
-
Emma! – gridò sua madre. Le catene si erano
dissolte e Neve strisciava sull’erba
per raggiungere la figlia. David accorse in fretta.
-
Emma, no! Non farlo! – urlò Uncino.
-
State indietro! Non c’è altra soluzione!
– gridò Emma.
Regina
impugnò l’elsa con entrambe le mani. Le braccia
tremavano per lo sforzo. Un maglio
le penetrò nel cervello, annebbiandole la vista. Ma alla
fine sollevò la spada
sopra la testa, puntando la lama contro il petto di Emma.
I
loro occhi si incontrarono. Verde e nocciola. Per un attimo ebbe
l’impressione
di vedere se stessa dall’alto, come se non fosse
più dentro al proprio corpo,
ma si stesse librando in aria. Si vedeva con Excalibur in alto, la lama
pronta
a colpire. Lily inginocchiata sull’erba.
Regina
non scorse alcuna traccia di paura nello sguardo dell’altra.
C’era
determinazione. Durezza. Voleva davvero che lei lo facesse. Che la
distruggesse, eliminando quindi l’oscurità una
volta per tutte.
“Non
sei più quel genere di persona. La Regina che conoscevo
molto tempo fa
l’avrebbe fatto. La Regina che conosco ora... no”.
Regina
esitò.
Tremotino
aveva ragione,
naturalmente.
Aveva
ragione.
-
Mio Dio... – mormorò, rendendosi
conto di ciò che stava per fare. Abbassò le
braccia. Era spossata. Un rivolo di
sudore le scivolò lungo il viso andando a posarsi sul labbro
superiore, sulla
cicatrice.
Lily
le sottrasse le spada. - Non puoi,
Emma. Devo essere io a morire. Tutto questo è stata opera
mia.
-
No. Non è questo che meriti.
-
Nemmeno tu! La tua famiglia ha
bisogno di te!
-
Ti ho portata io a questo! Sono
stata io ed io distruggerò l’oscurità.
– Emma tese una mano verso di lei. –
Aiutami a farlo.
Lily
prese quella mano e la strinse
forte. Il palmo della sua era caldo. L’elsa di Excalibur
stava bruciando. E
stava diventando sempre più pesante. Gli Oscuri imprigionati
si agitavano nella
lama. Sentiva uno sciabordio di voci. Imprecazioni. Grida. Profezie di
vendetta. Rimbalzavano nella sua testa. Cercavano di acciuffarla, di
far
breccia dentro di lei.
-
Non voglio... – mormorò Lily. –
Non è giusto.
-
Lo è, invece.
Lily
abbassò la testa ed Emma fece
in modo che gliela appoggiasse qualche istante sulla spalla. Lily vide
se
stessa attraverso gli occhi dell’altra. Un’ultima
volta. Era come guardare in
uno specchio magico. Vide la se stessa di adesso, con la spada in
pugno, e vide
la ragazzina che era stata, quella che guardava il mondo come se fosse
una cosa
totalmente ingiusta, quella che si aggrappava al suo ciondolo quando
gli incubi
la svegliavano nel cuore della notte, quella che ammirava la sua voglia
a forma
di stella, quella che aveva disegnato una stella simile sul polso di
Emma...
Infine
Lily la trafisse. Spinse
Excalibur nel corpo di Emma.
La
lama insanguinata uscì dalla sua
schiena.
Qualcuno
lanciò un grido. Ma non
Emma. Emma non emise neanche un suono.
Lily
chiuse gli occhi ed estrasse
la spada.
Quando
alzò ancora lo sguardo su
Emma, si accorse che era tornata normale. Emma
era di nuovo Emma, con i suoi capelli
biondi, il maglione bianco, i jeans scuri infilati in un paio di
stivali. Gli stessi
abiti che aveva quando aveva usato il pugnale per salvare Regina.
Erano
entrambe di nuovo normali.
Excalibur
si sgretolò.
Della
spada non rimasero altro che granelli di polvere nera, che
precipitarono sull’erba
e si dissolsero.
Emma
scivolò in avanti e Lily ne accompagnò la caduta.
Stava piangendo anche lei e
il peso del corpo dell’altra la trascinò
giù.
-
Lily. – disse Emma, sfiorandole la guancia. Sorrideva e
pronunciò alla
perfezione le sue ultime parole. La sua voce era chiara e limpida.
– Ti voglio
bene, Lily.
I
paramedici misero il corpo senza vita di Emma su una barella e poi lo
coprirono
con un telo bianco.
Tutto
quello che era avvenuto dopo la sua morte era confuso. Regina rivedeva
le
immagini come una serie di istantanee. Lei che sollevava Excalibur.
L’esitazione,
quella che poteva costarle cara. La consapevolezza che non sarebbe mai
riuscita
ad ucciderla. Lily che lo faceva al posto suo. Lily che veniva spinta
via in
malo modo. Ricordava l’uncino scintillante del pirata pronto
ad abbattersi sull’amica
di Emma. Ricordava Tremotino che colpiva Killian alla nuca con il suo
bastone. Mano
Monca che finiva lungo disteso, con ancora quell’espressione
furiosa che gli
deformava i lineamenti. Malefica che accoglieva la figlia tra le sue
braccia. I
singhiozzi della ragazza. David che sollevava Emma. La testa bionda che
ricadeva all’indietro. Il grido di Biancaneve. Si era portata
le mani al volto
e l’urlo era arrivato tra le dita socchiuse. Un urlo
così pieno di orrore e
sbigottimento che Regina temette che la sua mente fosse partita.
Forse
anche la sua, di mente, stava partendo.
Regina
intuiva di dover dire qualcosa, di dover reagire in qualche modo a
quelle urla.
Ma non poteva. Aveva perso le forze.
“E
Henry? Chi penserà
ad Henry?”
“Tu.
Lui sarà con te”.
Cosa
avrebbe detto ad Henry? Cosa gli avrebbe raccontato?
“Ha
già perso suo
padre, Emma! Non può perdere anche sua madre. E mi
odierà! Mi odierà non appena
farò ciò che mi chiedi”.
“No.
Non lo farà. Ci
penserò io”.
Si
avvicinò alla barella. Chiese ai due paramedici di aspettare
e poi scostò il
telo. Il volto di Emma era immobile e sereno. Quasi stesse solo
dormendo.
“Certo!
Sei l’unica che
può preoccuparsi, vero? Ci sono persone che tengono a te,
qui, Emma!”
“Te
l’ho detto. Non abbiamo scelta!”
Uncino
le aveva rimesso al collo la catenina con l’anello.
“E
Henry? Chi penserà
ad Henry?”
“Tu.
Lui sarà con te”.
Regina
aprì le mani, con i palmi rivolti verso l’alto.
Tremavano. Tremavano come
quando, a Camelot, aveva rivissuto la morte di Daniel.
“Ricordi
la promessa
fatta a Camelot? Che avresti fatto tutto il possibile per eliminare
l’oscurità?
Ho bisogno che tu mantenga quella promessa. E devi giurarmi che non lo
dirai a
nessun altro”.
Comparve
la giacca di pelle. Quella rossa. Quella che Emma adorava.
Gliela
appoggiò sul petto. Le dita sfiorarono il suo mento e una
ciocca di capelli
biondi. Era ricaduta maldestramente sul viso e lei, dopo un istante di
esitazione, gliela scostò.
Infine
la ricoprì con il telo e lasciò che il corpo
venisse portato via.
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Angolo
autrice:
Eccoci
arrivati al penultimo capitolo. Dopo questo c’è
solo l’epilogo.
Non
allarmatevi. La storia prevede un seguito. Spero comunque che abbiate
apprezzato questa season 5A rivisitata da me, nonostante abbia deciso
di non
concluderla bene.