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Autore: tenj_98    26/06/2016    1 recensioni
Con i polpastrelli sfiorò la vetrata limpida ed improvvisamente, come colta da un’inaspettata magia, i suoi capelli non erano più bianchi e soffici, raccolti in uno chignon ordinato, ma lunghi e scuri; le mani non le tremavano più ed il suo viso era ritornato liscio, paffuto ed allegro, vivo come un tempo. Indossava un grazioso vestito a fiori che le scopriva i polpacci ed era scalza. Rannicchiata in un angolo della casa sul pavimento, reggeva sulle ginocchia un vecchio libro che di tanto in tanto sfogliava senza un reale interesse…
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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A  te.
 
Memories
 
 
L’anziana signora si alzò faticosamente dalla poltrona su cui oramai era solita trascorrere buona parte del suo tempo. Le gambe deboli e stanche le tremavano ogni volta che provava a camminare senza l’ausilio del suo bastone, fedele compagno da anni, ma lei, ostinata e caparbia, non ci aveva mai badato granché. Preferiva di gran lunga contare sulle sue  forze come aveva sempre fatto. Non l’avevano frenata i rimproveri della sua unica figlia divenuta una bellissima e responsabile adulta, né tantomeno la brutta caduta avuta due anni prima, che l’aveva costretta per mesi  sotto costante osservazione dei medici.
Raggiunse con passi lenti e misurati la più grande finestra della casa e con due dita scostò la tenda di cotone bianco che la separava dal mondo esterno. Il sole del primo mattino le illuminò il viso stanco su cui presto nacque un sorriso appena accennato. Gli occhi lucidi contornati da piccole rughe non vedevano più bene come un tempo, eppure ciò non sembrava causarle alcun problema. Aveva vissuto in quella dimora sin da quando ne aveva memoria e ne conosceva ogni singolo difetto, buffo particolare, o nascondiglio segreto. Lì era cresciuta e con essa i suoi sogni, le sue prime esperienze, le delusioni… Non aveva bisogno certo della vista per sapere dove si stesse dirigendo esattamente!
Con i polpastrelli sfiorò la vetrata limpida ed improvvisamente, come colta da un’inaspettata magia, i suoi capelli non erano più bianchi e soffici, raccolti in uno chignon ordinato, ma lunghi e scuri; le mani non le tremavano più ed il suo viso era ritornato liscio, paffuto ed allegro, vivo come un tempo. Indossava un grazioso vestito a fiori che le scopriva i polpacci ed era scalza. Rannicchiata in un angolo della casa sul pavimento, reggeva sulle ginocchia un vecchio libro che di tanto in tanto sfogliava senza un reale interesse…
 
 
 
Era l’agosto del 1953 e Diana non ricordava di aver mai provato tanto caldo come in quell’estate. Se solamente avesse potuto, sarebbe rimasta volentieri tutto il giorno in biancheria intima, ma la sua severa madre non ne sarebbe stata certo contenta, per cui si era dovuta accontentare di indossare il vestito più leggero che aveva trovato nel suo armadio, appartenuto alla sorella anni prima.
La giovane sbuffò spazientita quando una ciocca di capelli le ricadde sul viso, infastidendo la sua lettura e decise che per quella mattina si sarebbe fatta bastare solamente venti pagine.
Si alzò per riporre il libro al suo posto nella libreria di famiglia e fece per dirigersi nella sua stanza, quando un inconfondibile suono la costrinse a bloccarsi di scatto e a sgranare gli occhi. Non c’erano dubbi: quella era una chitarra e lei sapeva bene a chi apparteneva. Si voltò e con un genuino sorriso corse alla finestra spalancata. Si affacciò sporgendo quasi tutto il suo corpo, rimanendo in equilibrio solo sulle punte dei piedi. I capelli le svolazzavano da un lato e dall’altro e se sua madre l’avesse vista affacciata così pericolosamente probabilmente le sarebbe venuto un attacco di cuore, ma non le importava: lei doveva ascoltare.
Lui era lì, nel garage appartenente alla villa di fronte, e come da abitudine stava accordando la chitarra. Il suo volto sembrava più sereno del solito e di tanto in tanto si fermava per appuntare qualcosa su di un foglio.
La ragazza incrociò le braccia sul davanzale e vi poggiò sopra la testa. Il sorriso non era ancora del tutto scomparso e i grandi occhi vivi erano puntati sulla scena che si stava svolgendo come da quotidiano. 
I capelli del ragazzo gli coprivano gran parte del viso leggermente chinato verso il suo strumento, ma Diana non aveva bisogno di guardarlo per sapere come fosse fatto. Conosceva bene i suoi grandi occhi verdi,  magnetici, dalla forma sottile ed elegante, che le avevano sempre ricordato quella dei felini, le labbra rosa carnose che tante volte aveva sognato di baciare nel buio della sua stanza, i lineamenti delicati del volto, o il modo in cui si scostava i capelli dagli occhi quando diventavano troppo lunghi.
Quel giorno era seduto sul cofano della macchina e sembrava concentrato sul suo lavoro. Pizzicava con estrema delicatezza le corde della sua amata chitarra da cui provenivano suoni dolci o più decisi, a seconda di ciò che attraversava la sua anima.
Trascorsero solo pochi minuti prima che egli si rialzasse, si sistemò la tracolla sulle spalle. Diana lo vide sollevare il capo e chiudere gli occhi. Immediatamente tutto attorno a lei si riempì della sua voce e non udiva altro che quella melodia, poiché il canto allegro del ragazzo si stava lentamente appropriando  di ogni singola parte del suo essere. Ne era certa, non aveva mai ascoltato niente di più bello! Non era solamente l’infatuazione di un’adolescente a parlare, no. Diana amava la musica e ciò che Lui faceva era l’esempio più puro di tale arte. La voce era pulita e chiara, priva di qualunque inutile artifizio che al tempo pareva andare molto di moda. Persino il modo in cui suonava la sua bellissima chitarra era altrettanto perfetto. Non un errore, non un cenno di stanchezza sul suo viso. Ogni volta che lei lo osservava, sembrava automaticamente finire in un mondo ad altri sconosciuto, di cui egli era padrone assoluto e da cui sembrava non voler mai più tornare indietro. Il suo viso non era mai tanto rilassato come in quei momenti e le mani, leggere come il vento, sembravano a stento sfiorare le corde. Chiunque lo avesse visto suonare se ne sarebbe probabilmente innamorato, poiché egli rappresentava tutto ciò che all’occhio umano viene definito semplicemente “bello”, e così era capitato anche a Diana. Non che lui si fosse mai reso conto dello strabiliante effetto che provocava nel suo cuore e in  quelli di chi lo ascoltavano anche solo per caso, distrattamente.
La ragazza avrebbe trascorso volentieri le sue ore in piedi, affacciata alla finestra, per potersi beare di quelle meravigliose esibizioni.
Quel giorno stava suonando una canzone nuova che le ricordava tanto il sole d’ estate e le faceva venir voglia di ballare fino a sentire dolore ai piedi. Era allegra e musicale, differente da quelle che soleva proporre di solito, ma ugualmente emozionante.
Diana muoveva i piedi a tempo, il sorriso dolce sempre presente, e lui suonava e risuonava la stessa canzone ad occhi chiusi, muovendo di tanto in tanto il capo per accompagnare le note.
Le sembrò trascorsa un’eternità quando finalmente il ragazzo decise di posare la chitarra in un angolo del buio garage e prendersi una pausa.
Come richiamata la sua attenzione, egli alzò il viso puntando gli occhi dritti in quelli emozionati della giovane ancora affacciata le cui gote ben presto si colorirono di un delizioso rosso. Incerta, lo salutò con un cenno della mano che lui ricambiò con una strizzata d’occhio ed un sorriso divertito.
Diana stava per chiudere le finestre e scappare via, profondamente imbarazzata per essere stata colta sul fatto come una bambina sorpresa a rubare le caramelle dalla mensola più alta nella cucina, quando la sua voce la chiamò per nome nel tentativo di ricevere attenzione.
La ragazza si affacciò nuovamente ma con più cautela ed attese che egli attraversasse il vialetto per ritrovarsi proprio sotto la sua finestra.
‹‹Stasera suono in piazza. Fa caldo e ci sarà molta gente che avrà voglia di passeggiare. Voglio rendere la loro serata più divertente e stavo provando qualche canzone. Verrai?›› le rivelò, una mano poggiata sulla fronte per ripararsi dal sole ed il sorriso cordiale che appariva ogni qual volta dovesse rivolgersi ad una persona.
La giovane, esaltata dall’invito, gli assicurò che ci sarebbe stata e quando egli si fu allontanato si accertò di chiudere per bene le finestre prima di liberare tutta la sua euforia in un urlo.
 
 
 
L’anziana tolse le dita dal vetro con una certa nostalgia e come d’incanto tornò alla realtà. Il sorriso non era ancora sparito dal suo viso, ma questa volta stava scuotendo la testa divertita, ricordando  le buffe reazioni di una sé decisamente più giovane e più ingenua.
Oh, ricordava bene la sera in cui era andata ad assistere al concerto del suo innamorato! Ricordava di aver indossato uno dei più bei vestiti di sua madre e di essersi fatta sistemare i capelli dalla sorella. Ricordava persino di averle rubato il rossetto rosso che era riuscita a comprare dopo ore di lavoro e di esserselo messo in un vicolo isolato della città, poco prima di raggiungere la piazza. Alla fine quella sera la gente si era riunita così numerosa attorno al palco che lei non era riuscita a scorgerlo, ma aveva comunque potuto godere della sua meravigliosa musica, della sua voce per gran parte della notte. Non le era interessato sapere se egli l’avesse intravista o meno, le importava solo aver potuto partecipare ad un suo concerto per la prima volta da quando si conoscevano.
La signora lasciò scorrere gli occhi sulla strada asfaltata che la separava ancora da quella casa in cui ormai non viveva più nessuno da tempo. Il sorriso si spense come il fuoco flebile di una candela in una notte di tempestosa e il ricordo di quello che ancora oggi definiva il giorno più brutto della sua vita le tornò alla mente, graffiante e doloroso come se fosse stata costretta a riviverlo ancora.
 
 
 
Erano trascorse due precise settimane dal concerto, ma Diana faceva ancora una terribile fatica a smettere di parlarne con tutti. Quel pomeriggio sua madre ne aveva avuto abbastanza al punto di inventarsi una commissione qualunque per lei in uno dei negozi più vicini, pur di essere lasciata in pace per un po’ di tempo.
La ragazza stava camminando come al solito con la testa fra le nuvole, quando si sentì toccare il braccio da qualcuno. Si voltò di scatto e la sorpresa nel ritrovarsi proprio lui di fronte fu talmente evidente  da farlo sorridere apertamente.
‹‹Scusami Diana, non volevo spaventarti››, si preoccupò di precisare, poi continuò.
‹‹Ce l’ho fatta!›› esordì, prendendole entrambe le mani fra le sue e facendola arrossire per lo stupore.
‹‹Ce l’ho fatta! Erano mesi che cercavo di convincere i miei genitori che questa sarebbe stata un’ottima scelta per il mio futuro e finalmente loro hanno ammesso che è vero.››
La sua espressione era euforicamente felice e gli occhi lucidi erano un altro accenno alla felicità che stava provando in quel momento. Diana sorrise d’istinto, ma aggrottò le sopracciglia incapace di comprendere ciò di cui stesse parlando.
‹‹Parto per l’America!›› le rivelò con un tremore emozionato nella voce.
La prima reazione della giovane fu quella di sgranare gli occhi increduli.
‹‹A-America? Per quanto? Perché?›› domandò debolmente.
D’improvviso un masso pesante nel suo stomaco le impedì di respirare e la sensazione di un nodo che le stringeva la gola ed il cuore si fece opprimente.
‹‹Oh, se Dio vuole per sempre affinché io possa realizzarmi lì come musicista! Sai, l’America è così grande, piena di prospettive…›› il ragazzo si bloccò non appena ebbe notato l’espressione affranta della sua giovane dirimpettaia. Questa volta toccò a lui aggrottare le sopracciglia incerto.
‹‹Non sei felice per me?›› domandò con un tono  dubbioso.
Diana si costrinse a mandare giù quel pressante nodo che le vietava di parlare ed assunse il più bello dei sorrisi. All’interno di sé, avrebbe giurato di aver appena sentito il suo cuore emettere l’ultimo battito. Credeva che da un momento all’altro avrebbe chiuso gli occhi e non si sarebbe più risvegliata, tanto il dolore di quella notizia era stato forte ed improvviso.
“Per quale assurdo motivo sta capitando questo a me?” era la domanda che continuava a ripetersi incessantemente nella sua mente, mentre la bocca dava fiato ad altre parole gentili: ‹‹Ma certo che sono felice per te!››
Il luminoso sorriso del ragazzo ricomparve orgogliosamente sul suo volto, accompagnato da una risata appena accennata.
‹‹Scriverò canzoni. Tantissime! Ne scriverò una anche su di te, Diana, che per lungo tempo sei stata il mio unico pubblico da quella finestra…››
La giovane sgranò gli occhi ancora una volta per la sorpresa.
‹‹Tu sapevi?›› domandò incerta, prima che una lacrima traditrice le scivolasse lungo la guancia, rivelandogli i sentimenti che aveva a lungo coltivato e che lui sembrò comprendere solamente ora.
L’espressione del ragazzo si fece immediatamente più seria un attimo prima di aprirsi ancora ad un sorriso, questa volta più malinconico.
La sua mano corse ad asciugare quella lacrima solitaria, mentre l’altra si posò con delicatezza sulla sua schiena. La attirò a sé un po’ incerto.
‹‹Oh…›› disse soltanto. Segno di aver finalmente capito ciò che Diana provava da tempo immemore.
‹‹Io vivrò la mia vita appieno, proverò a realizzare ogni mio singolo sogno a prescindere da quelli che saranno gli ostacoli e non scorderò nulla di ciò che mi sono lasciato dietro. Se sia giusto o sbagliato il cammino che sto per intraprendere solo il tempo potrà rivelarmelo, ma non avrò rimpianti, te lo assicuro. Voglio che tu viva la tua vita allo stesso modo, Diana. Non avere rimpianti, realizza te stessa, i tuoi sogni, senza dimenticare il passato. Vivi appieno ogni giorno!›› le sussurrò guardandola dritta negli occhi che a quel punto non riuscivano più a smettere di versare lacrime amare.
Lei annuì debolmente un attimo prima di percepire entrambe le mani del ragazzo sul suo viso. Le sue labbra si premettero delicatamente su quelle di lei in un dolce ed impacciato bacio.
Diana chiuse gli occhi stringendosi al suo corpo e accolse tutte le sensazioni di quel momento. La sua bocca era calda e gentile, dolce, la assaporava pazientemente e le dava il tempo di abituarsi a sé. Le sue nocche le asciugavano le guance umide ed i capelli morbidi le sfioravano la fronte di tanto in tanto, mossi dal vento.
Quando si separarono il dolore le sembrò un po’ meno acuto, ma ancora presente, rinchiuso in uno scomparto del suo cuore che non sapeva di avere.
Lui la guardava con dolcezza.
‹‹Se il mio destino non fosse stato questo, avrei imparato ad amarti come hai fatto tu con me ogni giorno, ne sono sicuro. Sarai sempre presente  in un angolo del mio cuore. Te lo prometto, non ti dimenticherò Diana.››
 
 
 
Da quanto tempo non sentiva il sapore di quelle lacrime? L’anziana signora aveva dimenticato l’ultima volta che aveva pianto per quel ragazzo.
Quello era stato l’ultimo giorno che lo aveva visto. Non aveva  più saputo niente di lui, ma in cuor suo sapeva che era riuscito a diventare ciò che aveva sempre desiderato di essere. Sapeva che la felicità aveva raggiunto anche la sua vita, seppur lontano dalla sua casa.
 
Diana aveva mantenuto la sua promessa. Aveva vissuto appieno la sua vita, senza rimpianti. Era divenuta una brillante donna di carriera, aveva sposato un brav’uomo che aveva amato, seppur in modo completamente diverso, e da cui aveva ricevuto amore. Avevano avuto assieme una splendida bambina che col tempo era cresciuta ed ora le somigliava talmente tanto che a volte le sembrava di guardarsi allo specchio e di vedere riflessa la se stessa di tanti anni fa.
Non aveva mai dimenticato il suo primo amore, né aveva mai smesso di considerarlo tale. Era certa che un giorno si sarebbero finalmente potuti riabbracciare e allora sarebbero stati insieme ed avrebbero vissuto la vita che da giovane aveva tante volte sognato infantilmente. Lui, la sua musica, le avevano insegnato come vivere, ma non aveva mai avuto modo di ringraziarlo per quell’immeritato regalo.
Un giorno l’avrebbe rivisto, aveva un debito con la vita e lo avrebbe baciato di nuovo come la loro prima ed unica volta. Non ne era sicura, ma i sogni non muoiono mai.
 

 

 
Fine.
  
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