Note della traduttrice: Stavolta preferisco lasciarvi subito al capitolo. Ulteriori note dopo l'epilogo <3
Capitolo 10
Un
raggio di luce già filtrava
attraverso le tende quando Shizuo riprese finalmente conoscenza. Il
ragazzo
controllò l’orologio e vide che erano le dieci di
mattina; si sentiva
fastidiosamente intontito, forse un effetto collaterale della
tonnellata di
antidolorifici che avevano usato per metterlo fuori combattimento. Si
sfiorò la
testa e sentì sotto le dita le bende che gli fasciavano la
nuca, mentre cercava
di ricordare gli ultimi avvenimenti. Aveva il presentimento che
qualsiasi cosa
fosse accaduto la maledetta pulce era coinvolta – niente di
sorprendente, dato
che si trovava in ospedale. Shizuo non veniva ricoverato molto spesso e
dubitava
che qualcuno all’infuori di Izaya sarebbe mai stato in grado
di spedirlo lì.
Vicino
alla porta della stanza
era seduto un uomo dai capelli scuri e ben piazzato, che sembrava
essere sul
punto di addormentarsi da un momento all’altro. Il biondo
gemette leggermente
mentre si tirava su, attirando l'attenzione dello sconosciuto.
«Chi
è lei?» domandò, confuso.
L’uomo gli rivolse uno sguardo un po’ impacciato
prima di rispondere.
«Il
tuo custode. Sarai tenuto
sotto sorveglianza per ventiquattr’ore»
cominciò, fermandosi subito dopo come
se non fosse sicuro di come continuare «Prevenzione
suicidi.»
«Cosa?»
chiese Shizuo,
sforzandosi di ricordare cosa fosse successo prima di svenire.
«Sei
saltato giù dalla finestra…
c’era un altro ragazzo, ha detto che è stato un
incidente, che sei solo caduto»
quelle parole richiamarono stralci di ricordi. Izaya era stato
lì, era caduto
dalla finestra e lui si era gettato dopo di lui, lo aveva stretto
contro il suo
petto e assorbito l’impatto. Ma perché?
«Sfortunatamente potrebbe aver mentito
e non vogliamo correre rischi.»
Mentito.
Giusto. Izaya gli aveva
mentito, gli aveva fatto credere che gli importasse di lui.
Perché diavolo gli
aveva creduto? Sapeva come era fatto Izaya, dopotutto.
«Era
qui fino a mezz’ora fa. È
rimasto con te tutta la notte, non ha nemmeno dormito. Però
quando il dottore è
entrato e ha detto che ti saresti svegliato presto mi sono voltato e
lui era
sparito.»
Era
rimasto? Shizuo non era in
grado di immaginarselo accanto al suo letto con intenti che non fossero
omicidi, ma all’improvviso una strana scena si fece strada
nella sua testa.
Vide Izaya seduto di fronte a lui, con il viso acceso da un sorriso,
che rideva
e lo prendeva in giro, che giocava con l’angolo del suo
piumone mentre parlava
senza sosta. Non era la sua immaginazione, realizzò, erano
ricordi. Izaya
davvero si era seduto su quel letto, aveva parlato con lui,
l’aveva
abbracciato. L’aveva baciato. Lo stomaco di Shizuo si
contrasse; non capiva
come quel bastardo manipolatore potesse essere la stessa persona dei
suoi
ricordi, lo stesso ragazzo che era indietreggiato di fronte a lui, che
era sembrato
sul punto di scoppiare a piangere da un momento all’altro,
con gli occhi
spalancati per lo shock e il dolore impresso sul viso. Lo stesso
ragazzo che
aveva imparato ad amare.
Shizuo
si ricordò di aver dato
per scontato che Izaya l’avesse ingannato, e di essere stato
certo che anche
quella scena fosse parte di uno schema più grande, come
avevano detto i suoi
amici, ma adesso che poteva ricordare anche il vecchio Izaya, quello
con cui
aveva combattuto per quasi dieci anni, non ne era più tanto
sicuro. Si
ricordava l’espressione dell’informatore quando gli
aveva detto che non sapeva
chi fosse, si ricordava di come avesse provato ad andarsene, di come
lui stesso
fosse stato convinto che non l’avrebbe più
rivisto, se non avesse fatto la
prima mossa. Ricordava quando l’aveva guardato negli occhi e
aveva visto le
mura attorno a lui cadere poco a poco, ricordava quel sorriso leggero
trasformarsi nel suo caratteristico ghigno.
Non
poteva essere sicuro che non
fosse stata tutta una recita, ed ecco perché doveva scoprire
la verità.
Si
alzò dal letto con la testa
che gli pulsava leggermente, ma il dolore sbiadì di fronte
alla sua nuova
determinazione. Si vestì in modo un po’ maldestro
prima di dirigersi verso la
finestra, e si rese vagamente conto che saltando giù dal
settimo piano avrebbe
probabilmente causato un infarto a quella povera guardia, ma non gli
importava.
Doveva vedere Izaya. Doveva chiedergli qual era il suo vero volto.
Il
treno sarebbe stato
l’alternativa più logica per arrivare a Shinjuku,
ma il biondo non era certo conosciuto
per essere una persona logica, e infatti decise di correre fino
all’appartamento
di Izaya, approfittandone per scaricare i nervi lungo la strada. Sapeva
di non
avere la benché minima possibilità. Conosceva la
pulce da anni, e nemmeno una
volta aveva dimostrato di essere in grado di provare sentimenti che non
avrebbero causato dolore – sia fisico che emotivo –
ad altre persone. Ma non
poteva fare a meno di sperarci. Per tutta la vita Shizuo aveva avuto
difficoltà
a rapportarsi con gli altri: quelli che non si spaventavano per la sua
forza o
la sua reputazione dovevano comunque fare i conti con un altro grande
ostacolo,
la sua incapacità di fidarsi di se stesso. Ma Izaya aveva
ragione, non aveva
bisogno di qualcuno che lo proteggesse, Shizuo riusciva a ferirlo a
malapena
anche quando voleva farlo. L’incidente nel parco era stato un
eccezione – era
difficile crederlo, dopo aver recuperato i suoi ricordi
dell’informatore, ma
era vero. Shizuo non doveva preoccuparsi di controllarsi accanto a
Izaya,
poteva rilassarsi ed essere se stesso – specialmente ora che
avevano smesso di
provare a uccidersi a vicenda ogni volta che si incontravano.
Raggiunse
il condominio di Izaya
in circa venti minuti, realizzando che i suoi vestiti erano ormai
completamente
in disordine troppo tardi per potersene preoccupare, ma
cercò comunque di darsi
una sistemata specchiandosi nella vetrina di un negozio lì
vicino. Il
nervosismo che aveva soffocato durante la corsa era tornato, e non era
una
sensazione a cui era abituato. Nella sua quotidianità, prima
della perdita di
memoria, non c’era mai stato nulla in grado di provocargli le
classiche
farfalle nello stomaco. Decise che agire era l’unico modo per
non rischiare di
cambiare idea sul piano originale di affrontare Izaya ed estorcergli la
verità.
Magari nel contempo sarebbe anche riuscito ad accettare
l’idea che passare del
tempo con quella nuova versione dell’informatore, non del
tutto psicopatica e
un po’ meno rompipalle, non sembrava poi così
male. Effettivamente gli piaceva
più di quanto fosse in grado di spiegare senza sembrare il
personaggio di una
commedia romantica terribilmente scadente.
Shizuo
decise di non usare il
campanello, presumendo che Izaya probabilmente avrebbe provato a
fuggire se
l’avesse avvertito della sua presenza. Invece
trovò la scala antincendio e salì
fino al piano in cui abitava l’informatore. Dopo aver
strattonato la porta in
cima alle scale con un po’ troppo entusiasmo, rimuovendola
accidentalmente dal
telaio, si piantò di fonte all’appartamento di
Izaya, con ancora la maniglia in
mano e senza la minima idea su cosa fare. Bussò molto
più forte di quanto intendesse
fare e sentì il proprio pugno sfondare il legno e riempirsi
di schegge. Ritirò
la mano e rinunciò all’idea di presentarsi in modo
discreto.
«I
– za – ya – kun»
chiamò,
sembrando un po’ troppo simile al vecchio Shizuo. Si
schiarì la gola,
chiedendosi cosa avrebbe potuto aggiungere per suonare meno minaccioso.
Prima
di poter fare qualsiasi cosa, però, individuò un
paio di occhi cremisi che
spiavano dal buco a forma di pugno scavato nella porta. Nel silenzio
più
totale, Shizuo ebbe la netta sensazione che Izaya si stesse preparando
per
qualcosa, e per un attimo si domandò di cosa si trattasse,
prima di ricordarsi
che aveva appena preso a pugni la sua porta e lo aveva chiamato in modo
alquanto minaccioso, non molto dopo avergli urlato che era un maledetto
bugiardo. La sua diffidenza era più che giustificata.
«Ciao»
disse il biondo,
rabbrividendo internamente per quanto patetico doveva sembrare. Izaya
lo fissò,
sospettoso.
«Cosa
vuoi?»
Shizuo
notò che l’informatore non
era in vena di scherzi; non l’aveva nemmeno chiamato
Shizu-chan. Izaya si
spinse una mano contro la fronte per spostarsi i capelli dal viso.
Sembrava
stanco.
«Parlarti.»
«E
allora parla.»
«Non
qui. In casa.»
L’informatore
alzò un
sopracciglio, e una vena di scetticismo per un attimo
mascherò la spossatezza
della sua voce.
«Ti
sembro uno che ha voglia di
suicidarsi?»
«Non
ti farò del male.»
Izaya
rise piano, prima di
scuotere la testa e aprire la porta, mormorando “come ti
pare” a denti stretti.
Rimasero
in piedi per un po’,
l’uno di fronte all’altro, senza accennare un passo
verso l’interno
dell’appartamento, e Shizuo vide gli occhi
dell’informatore soffermarsi sulla
maniglia ancora stretta tra le sue mani.
«Hai
ingaggiato una crociata
contro le porte?» chiese, e sulle sue labbra apparse il
fantasma di un sorriso
prima che il ragazzo si voltasse e tornasse in casa. Il biondo lo
seguì,
borbottando delle scuse mentre appoggiava la porta divelta sul
pavimento e si
toglieva le scarpe prima di entrare.
«The?»
«Emh,
d’accordo.»
Il
ragazzo andò in cucina mentre
Shizuo si guardava attorno: il salotto era enorme ed elegante,
interamente
fatto di legno scuro e pelle. La portafinestra dietro la scrivania di
Izaya
riempiva la stanza di luce. Il biondo si sedette sul divano,
meravigliandosi di
quanto normale apparisse la
situazione – a parte le svariate porte distrutte.
Dopo
pochi minuti Izaya tornò,
posando le tazze sul tavolino da caffè e sedendosi quanto
più lontano da Shizuo
fosse fisicamente possibile condividendo lo stesso divano. Rimasero in
silenzio, bevendo lentamente il loro the. Il biondo era così
concentrato su
come iniziare la conversazione che dovevano avere da non notare lo
sguardo di
Izaya fisso su di lui, in un mix di sospetto e sorpresa.
«Lo
stai bevendo.»
«…
e allora?
«E
se l’avessi avvelenato?»
«L’hai
fatto?»
«No,
ma…» il ragazzo tacque di
nuovo. Era davvero strano che Shizuo si fidasse di lui, e quel
particolare si
andava ad aggiungere alla lunga lista di motivi per cui quello era
l’incontro
più bizzarro della sua intera vita – il che era
tutto dire. Era stato molto vicino
al biondo durante le ultime settimane, vero, ma quello era successo
prima che Shizuo
scoprisse che gli aveva mentito.
«E
allora sta’ zitto, pulce.»
L’informatore
sussultò. Pulce? Quel
soprannome risaliva al periodo
precedente alla perdita di memoria. Che diavolo significava? Se Shizuo
si fosse
davvero ricordato di com’era Izaya al liceo, di certo non si
sarebbe presentato
lì con un atteggiamento tanto civile.
«Non
capisco» ammise Izaya, prima
di riuscire a frenarsi.
«Oh»
esalò Shizuo, e
l’informatore riuscì quasi a intravedere il
cervello del biondo sforzarsi per
formulare una spiegazione, mentre il ragazzo cercava di concentrarsi
tirando fuori
la lingua. Izaya sorrise, pensando che ormai non aveva più
senso fingere che
non fosse carino.
«Dunque,
ehm, diciamo che mi sono
svegliato e… mi sono ricordato tutto. Prima del treno, dopo
il treno – non sono
un dottore, ho marinato quasi tutte le lezioni di biologia al liceo e
non ho
idea di come funzioni questa… questa cosa.
E non m’importa nemmeno, sai – è solo
che…» sospirò per la frustrazione,
incapace di esprimere a parole quello che voleva dire «Celty
ti ha visto fuori
dall’ospedale ed è venuta da me e ha cominciato a
chiedermi se stavo bene, e
cosa avevi cercato di fare – diavolo, ha detto che era
sorpresa che fossi
ancora vivo e mi sono incazzato,
sai?
Perché, dannazione, mi piacevi» Izaya
trasalì nel sentirlo usare il passato
«Non so spiegartelo, mi sentivo… connesso a te.
Più che a chiunque altro. Il
pensiero che fosse tutto un inganno, che per te fosse stato solo un
gioco…»
Izaya
non riusciva ad accettare
il fatto che Shizuo si ricordasse di lui: quello era il ragazzo che gli
aveva
tirato addosso qualsiasi cosa gli fosse passata per le mani, che lo
aveva
inseguito, che aveva proclamato a gran voce il suo odio per lui, e
nonostante
questo gli parlava con quel tono gentile, quasi intimo, e il suo
linguaggio del
corpo era rilassato, malgrado fossero così vicini. Era
ancora lo Shizuo che
aveva imparato a conoscere durante le ultime settimane.
«Ma
quando mi sono svegliato,
quando mi sono ricordato di te, di come eri prima… non ne
ero più tanto
sicuro.»
«Di
cosa?»
«Che
fosse solo un gioco.»
La
gravità di quello che Shizuo
stava dicendo si abbatté con violenza su di lui. Izaya non
sapeva cosa
rispondere. Poteva scegliere se mentire o rendersi vulnerabile,
ammettendo di
aver ceduto a qualcosa che riteneva ben al di sotto del suo livello, di
aver
sviluppato quei famosi sentimenti in grado di eclissare la ragione.
Per
un momento tentò disperatamente
di tornare al suo personaggio.
«Beh,
dipende…» cominciò, ma
Shizuo lo interruppe subito.
«Basta
stronzate, Izaya.»
Izaya
prese un profondo respiro.
I suoi sentimenti per Shizuo non eclissavano la ragione –
effettivamente, dopo
l’eclisse il sole ritorna. Invece i suoi sentimenti per
Shizuo la distruggevano
completamente, la ragione.
L’annichilivano, senza alcuna possibilità di
tornare indietro. Tirò fuori il
coltello dalla manica e lo lanciò attraverso la stanza; il
biondo non trasalì
nemmeno quando la lama si conficcò nel muro alle sue spalle,
ma rimase
concentrato sul ragazzo seduto di fronte a lui. Izaya lo
guardò con la coda
dell’occhio e il cremisi incontrò di nuovo
l’ambra.
«Non
era un gioco» rispose a
bassa voce.
Rimasero
in silenzio per un po’,
cercando entrambi di capire quello che significava per loro e di
stabilire
quale sarebbe stato il passo successivo. Alla fine Izaya si
alzò e riportò la
sua tazza in cucina, sebbene fosse ancora mezza piena,
perché aveva bisogno di
fare qualcosa per distrarsi da quella che, essenzialmente, era stata
una
dichiarazione. Shizuo lo seguì, appoggiandosi allo stipite
della porta mentre
continuava a fissarlo.
«Ne
sono felice» disse, attirando
l’attenzione di Izaya. L’informatore
esitò, ma si avvicinò a lui «Diavolo,
non
sarà facile – lo sai anche tu – e
dovremmo risolvere un sacco di cose, ma…» si
interruppe, incerto. Non era un uomo di molte parole –
preferiva di gran lunga
l’azione – quindi si spinse in avanti,
afferrò il polso di Izaya e lo catturò
gentilmente in un abbraccio. Quando sentì le braccia
dell’informatore
avvolgersi attorno alla sua schiena, spostò le mani sul suo
viso, sollevandolo
verso l’alto per un bacio che disse tutto quello che non
riusciva a esprimere a
voce.
EPILOGO
Celty
spostò lo sguardo da Shizuo
all’ex-arcinemico/nuovo-fidanzato del suo migliore amico,
divisa tra la
preoccupazione e la confusione. I due ragazzi si erano accomodati sul
divano di
Shinra, e il fatto che si fossero seduti così vicini
l’uno all’altro sembrava
una fortuita casualità, ma non lo era. Il braccio di Shizuo
era accidentalmente finito sullo
schienale
dietro le spalle di Izaya, e la mano di Izaya si era accidentalmente
posata sulla coscia di Shizuo. Non si lasciavano
mai andare a pubbliche dimostrazioni di affetto, ma erano sempre un
po’ più
vicini del normale – specialmente di quello che era normale per loro. Erano passate due settimane da
quando avevano tacitamente deciso di cominciare una relazione, e
sebbene non
l’avessero comunicato né a lei né a
Shinra, la sospettosa carenza di risse in
grado di distruggere una città intera e
l’improvvisa passione di entrambi per
sciarpe e magliette a collo alto aveva spinto la motociclista a
invitarli a
casa loro. Gli occhi di Shinra erano letteralmente schizzati fuori
dalle orbite
quando erano arrivati insieme.
Era
divertente che tutti
sapessero che quei due si odiavano – erano stati loro stessi
a gridarlo ai
quattro venti – e nessuno sapesse che si amavano. Il loro
affetto era più
silenzioso, ma anche più potente; non che fosse un segreto,
ma non andavano in
giro a raccontarlo. Pensavano che la città se ne sarebbe
accorta da sola. Celty
non poteva dire che l’informatore le piacesse poi tanto, ma
quando ci pensò su
realizzò che forse non avrebbe potuto immaginare un compagno
migliore per
Shizuo – e nemmeno per Izaya – ora che avevano
finalmente smesso di lottare.
Erano entrambi potenzialmente pericoloso, e non solo quando cercavano
di
esserlo: Shizuo non sapeva controllare la sua forza, ed entrambi
avevano un
talento innato per farsi dei nemici, che avrebbero potuto utilizzare un
loro
potenziale partner come merce di scambio. Nessuno però
avrebbe potuto
affrontare quei pericoli come loro. Certo, era preoccupata per quel
lato
manipolatore di Izaya ed era assolutamente terrificata al pensiero di
cosa
sarebbe successo se avessero litigato, ma alla fine c’era
solo una cosa che
voleva sapere.
[Siete
felici?]
sollevò lo
schermo per permettere a entrambi di leggere il messaggio e li
guardò mentre si
scambiavano un’occhiata e sorridevano – solo un
minimo incresparsi delle
labbra, ma l’espressione più sincera che aveva mai
visto sui loro visi.
«Non
grazie a questo idiota»
rispose Izaya, voltandosi verso Shizuo con un ghigno «Ha
cercato di preparare
la cena l’altra sera. Sono fortunato ad avere ancora un
appartamento.»
Il
biondo lo zittì con una lieve
spallata.
«Oh,
piantala. Non è colpa mia se
il tuo allarme antincendio è ipersensibile.»
«Il
fumo era nero.»
«Ehi,
scusa tanto se per una sera
volevo che cenassimo con qualcosa di diverso dal cibo da asporto.
Sembra che
alla fine tu non sia bravo in tutto, eh?»
Continuarono
a bisticciare finché
non se ne andarono. Il mignolo di Izaya era fermamente agganciato alla
tasca
dei pantaloni di Shizuo. Celty li guardò, con
un’ondata di calore che si faceva
strada dentro di lei.
Sì pensò sono felici.
Note della traduttrice: Ed eccoci al finale. Che dire, spero tanto vi sia piaciuto. Per me questa storia semplicissima e allo stesso tempo così dolce è stata una piccola perla da leggere e un gran divertimento da tradurre <3 Prossimamente posterò un altro paio di traduzioni su questo fandom, entrambe ad opera di threesmallcrows ("After the story era" e "Latchkey"). Sono entrambe molto pesanti e di gran lunga diverse da Aletheia - trattano tematiche molto forti - ma ve le consiglio caldamente, anche in inglese, perché veramente stupende.
Grazie per aver seguito fin qui e alla prossima!