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Autore: Enedhil    02/07/2016    1 recensioni
"Ci sono storie che vengono narrate di Era in Era.
Storie che parlano di coraggio e fratellanza.
Storie che parlano di amicizia.
Storie che parlano d'amore.
E ci sono storie che raccontano di qualcosa troppo intenso e travolgente per essere espresso a parole.
Ricorda questa storia... perché tu ne sei parte."
Ogni anno, Re Elessar narra la propria storia al figlio Eldarion, la notte precedente il suo compleanno. Racconta dei viaggi che ha intrapreso, della speranza e dell'amore incondizionato di due creature immortali che lo hanno aiutato ad affrontare il Destino che gli apparteneva. Ma dopo vent'anni, il giovane principe di Gondor decide che è arrivato anche per lui il momento di seguire i passi del padre e visitare la Terra di Mezzo, andando contro i suoi ordini e cominciando proprio dal regno in cui è convinto di poter trovare quel coraggioso principe delle Verdi Foreste che, fin da fanciullo, ha ammirato attraverso le parole di quella magica storia.
[Seconda storia della serie "Dall'Oscurità Alla Luce"]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aragorn, Eldarion, Legolas, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dall'Oscurità Alla Luce'
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~ 4 ~

Un'altra lunga notte passò per il principe di Gondor, senza che il suo spirito riuscisse a trovare riposo. Quell'inquietudine per i fatti accaduti gli impedirono di rilassarsi e concedere alla mente un solo momento di tregua dalla miriade di pensieri che l'affollavano.
Era sceso alle prime luci del nuovo giorno per mettere qualcosa nello stomaco ma riuscì ad ingoiare solo pochi bocconi, così lasciò il palazzo ed uscì nei giardini.
Si allontanò quel tanto che bastava per trovare un angolo nascosto, sul lato est dell'immenso labirinto che aveva notato durante la sua prima esplorazione di quel luogo, e si sedette su di un grande masso levigato e dalla forma ovale.
Dopo essersi guardato attorno, prese la lunga pipa che aveva riposto sotto la casacca marrone e la riempì con l'erba celata dentro il sacchetto che portava legato alla vita.
Una rapida scintilla e avvicinò il legno sottile alle labbra, tirando una lunga boccata per poi gettare indietro la testa e rilasciare il fumo con gli occhi rivolti al cielo.
Forse in quel modo sarebbe riuscito a rilassarsi perché, dalla sera precedente, sentiva dentro di sé una sensazione crescente di agitazione e incomprensibile confusione ogni singola volta che rivolgeva i propri pensieri al Guardiano del Bosco che l'aveva riportato al sicuro nella montagna senza più aggiungere una parola.

Si sentiva confuso perché quell'elfo sembrava avere due personalità distinte dentro di sé.
Quella di combattente serio, devoto ai suoi compiti e rispettoso verso il proprio principe, e quella di creatura arrogante e provocatoria che usa il proprio fascino e la propria avvenenza per disorientare e portare a proprio vantaggio ogni situazione.

Si sentiva confuso perché aveva scorto, tramite quelle parole appassionate sull'amore, un lato della sua anima che non pensava possedesse, forse troppo nascosto dietro quell'atteggiamento sicuro di sé e disinteressato.

Si sentiva confuso perché quell'estrema vicinanza con quel corpo maschile che già aveva visto, senza nessun velo, sotto la pallida luce della luna, l'aveva turbato e scosso in un modo inaspettato che non riusciva a spiegarsi. E temeva quasi i suoi stessi pensieri in quella direzione, tanto da cercare di risolvere il tutto con la convinzione che l'atteggiamento di Lanthir nei suoi confronti non fosse altro che uno scherzo per spingerlo a lottare verbalmente come già era accaduto.
Non poteva credere che una creatura di tale splendore potesse seriamente avere un interesse fisico per uno come lui, un giovane uomo e per di più Mortale che di certo non aveva né la bellezza, né la luce di quel popolo eterno.

Tirò delle altre lunghe boccate e piegò un ginocchio, per rialzare la gamba e appoggiare il piede sul masso.
E per un attimo ripensò a quella frase:

Sì, desideri che sia il tuo amante?”

Cosa sarebbe accaduto se avesse risposto quel sì che gli era passato per la mente?
Probabilmente niente, l'elfo sarebbe scoppiato a ridere e avrebbe aggiunto qualche espressione colorita e provocatoria prima di riportarlo a palazzo come era successo.
E se invece lo avesse preso sul serio? Se l'avesse davvero trattato come un amante? Se fossero arrivati a scambiarsi qualcosa di intimo come quello che il Guardiano aveva diviso con quella bella fanciulla? Come sarebbe stato stringere quel corpo snello e muscoloso contro di sé? Quel corpo così simile al suo, in ogni particolare, se non per quel viso dai lineamenti fini, quegli occhi grandi e così chiari da poter scorgere nelle loro profondità il tempo che hanno potuto osservare, e quelle labbra morbide e vellutate che aveva sentito sfiorargli l'orecchio.

“Basta,” sospirò tra sé. “Basta adesso.”

Erano tutti pensieri sciocchi e inutili perché, nonostante la curiosità che poteva provare nei suoi riguardi, quella creatura immortale non era interessata a compiere nessun atto di quel tipo con lui, tanto quanto non lo era lui stesso di sperimentare qualcosa di così intimo, per la prima volta, con un altro appartenente al genere maschile.

Fece per riavvicinare la pipa e inspirare ancora una volta ma due mani gli bloccarono all'improvviso i polsi e si ritrovò immobilizzato e sbigottito quando, ancora una volta, quell'elfo protagonista delle sue fantasie, lo colse di sorpresa.

“Sì, dovresti proprio smettere, ragazzino!” esclamò Lanthir, inginocchiandosi sul masso dietro di lui. “Soprattutto quando tuo padre non è molto lontano da qui e potrebbe scoprirti.” Continuando a tenergli stretti i polsi, si chinò in avanti contro la schiena del principe di Gondor per arrivare con la bocca alla pipa e tirare una lunga boccata.

Eldarion deglutì e si sentì pervadere da un calore imbarazzante per quei pensieri che lo avevano tormentato. Non poté fare a meno di voltarsi verso di lui e osservare quel viso vicinissimo al suo, e quelle labbra socchiuse, posate su quel legno sottile come lui stesso aveva fatto fino a quel momento.

“Io non... sapevo fosse già sveglio,” mormorò e lo vide ripetere quell'azione senza poter fare niente per impedirlo. “E nemmeno sapevo che voi elfi fumaste!”

“Io non sono come gli altri,” ribatté il Guardiano, posando a sua volta lo sguardo sul giovane, ma subito vide quegli occhi azzurri abbassarsi con evidente agitazione. “Sembri stanco, non hai riposato questa notte? Eri troppo spaventato da quello che è successo?”

“No io... sì, qualcosa di simile. Avete trovato chi era?”

L'elfo accennò un sorriso e gli liberò le mani per scivolare a terra e mettersi davanti a lui.
“Stiamo per riunirci e discuterne con Legolas, ma qualsiasi cosa tu faccia in questi giorni, non ti allontanare troppo da palazzo e se proprio ti ostini a volerti dirigerti a nord, non ci andare da solo. Non posso starti sempre dietro a controllare ogni tuo passo.”

“Non te l'ho chiesto!” replicò subito Eldarion, riportando la pipa alle proprie labbra. “E non sono così sconsiderato come tu credi! Sono in grado di stare lontano dai pericoli.”

Lanthir alzò un sopracciglio a quell'affermazione e, spostando il mantello dietro le spalle con un gesto rapido, accorciò la distanza che li separava.
Cogliendo ancora una volta di sorpresa il principe di Gondor, appoggiò le ginocchia sul masso, ai lati delle sue gambe, e si mise sopra di lui, costringendolo col proprio corpo ad adagiarsi all'indietro.
“Tu non sei... in grado... ragazzino,” gli mormorò, posando entrambe le mani accanto alla sua testa. “Se sapessi stare lontano dai pericoli non ti saresti soffermato a guardarmi quella notte.” Cercò di trattenere un sorriso divertito nel vedere la sua espressione quando posò la schiena sulla pietra e allargò le braccia come per tentare di mantenere una certa distanza. “In tempi antichi ci sarebbe stata una punizione per un Mortale che osa posare lo sguardo su una creatura eterna in quella circostanza, lo sai?”

“Per fortuna quei tempi sono passati, altrimenti quanti Uomini avresti fatto punire a causa del tuo continuo piacere di esibire te stesso senza abiti addosso?” ribatté il giovane, sostenendo il suo sguardo. Si stupì di essere riuscito a trovare il coraggio di controbattere in quel modo ma provò un vago senso di soddisfazione nell'averlo fatto, anche se non era nella posizione migliore per iniziare una sfida verbale visto che si trovava in trappola tra la roccia e il corpo dell'elfo che non accennava a rialzarsi.
In realtà, avrebbe potuto sgusciare via facilmente perché non c'era nessun contatto forzato che lo tenesse fermo. Quel corpo immobile sopra di lui non lo sfiorava nemmeno, se non per le ciocche dei lunghi capelli biondi che erano ricaduti in avanti sul suo petto. Non era costretto a restare in quella situazione scomoda, tuttavia, non voleva allontanarsene.

“Quanti? Più di quelli che riusciresti a contare sulle dita di oltre cento mani,” rispose Lanthir, piegando i gomiti per avvicinare il viso al suo quando sentì il suo sospiro stupefatto. “Gli occhi degli Uomini si posano su di me da prima che tu, tuo padre o il padre di tuo padre nasceste, e bramano i miei su di loro da tempi ancora precedenti.” Respirò intensamente l'odore di fumo che lasciava le sue labbra e sorrise maliziosamente. “Sei davvero fortunato, Eldarion, figlio di Aragorn, perché in quelle epoche, solo per esserti intrattenuto in questa posizione con me, saresti stato ritenuto colpevole.”

“Colpevole... di cosa? Non ho fatto niente! Sei tu quello ad avermi bloccato così.”

“Non ti sto nemmeno toccando. Potresti allontanarti in qualsiasi momento,” continuò allora, spostando lo sguardo lungo il suo corpo. “Ma non vuoi farlo, altrimenti saresti già distante da me.”

“Sarei... sarei giudicato per intenzioni che non ho messo in pratica? Non è corretto,” sussurrò Eldarion, stringendo le labbra nervosamente. Quando incrociò di nuovo i suoi occhi gli sembrò di vedere una scintilla in quel limpido specchio d'acqua, una scintilla ardente che lo fece tremare. “Sei tu che... è il tuo corpo che mi ha spinto in questa posizione!”

“Ed è il tuo a tremare ogni volta che si trova vicino al mio,” gli bisbigliò l'elfo sulle labbra ma all'improvviso chiuse gli occhi ed aggiunse: “Eldarion, figlio di Aragorn,” e si rialzò lentamente, restando inginocchiato sopra di lui mentre con le mani si portava all'indietro i lunghi capelli.

“Perché mi chiami così?” gli chiese allora il giovane tirando un profondo respiro. “Perché ripeti sempre... figlio di Aragorn?”

Il Guardiano del Bosco scosse la testa e gli lanciò un'occhiata, respirando intensamente l'aria fresca del mattino.
“Per ricordare a me stesso chi sei,” mormorò debolmente. “Ora devo andare!” allungò la mano e prese quella del principe di Gondor che ancora stringeva la pipa. Lo tirò verso di sé, obbligandolo a rimettersi seduto e si chinò per poter tirare ancora una boccata, dopodiché osservò per qualche attimo il suo viso, oltre al fumo che si era alzato tra di loro, ed aggiunse: “A te l'onore di terminarla.”

“No,” esclamò Eldarion, girando la pipa verso di lui. “Finiscila tu! Consideralo un ringraziamento per avermi protetto ieri notte.”

Lanthir sorrise compiaciuto ma prima di aspirare, riportò lo sguardo su di lui.
“Apri la bocca,” gli sussurrò, fissandolo intensamente.
Appena vide il giovane eseguire quella richiesta, inspirò il fumo e, avvicinando le labbra alle sue fino quasi a sfiorarle, lo lasciò uscire con incredibile lentezza tra di esse. “Così l'abbiamo avuta entrambi.”

Il principe di Gondor resto fermò ad osservare quella creatura che, come se niente fosse, si rialzò dalla pietra e accennando un lieve inchino col capo, proseguì verso il luogo in cui era diretta.
Solo quando ormai era svanita tra gli alberi, lasciò uscire il fiato dai polmoni e tossì debolmente, passandosi poi una mano sul viso.
Non capiva.
Si sentiva uno stupido perché continuava a non comprendere quell'atteggiamento nei suoi confronti da parte di quell'elfo che appariva dal nulla, lo provocava e poi se ne tornava da dove era venuto senza dargli spiegazioni.
Ed ancora una volta a lui non rimanevano altro che che quelle domande senza risposta.

 
~ * ~

Sul lato opposto della Verde Foresta, un altro appartenente alla stirpe Mortale si ritrovava in una situazione simile. La mente oppressa e scombussolata da dubbi che si erano insinuati all'improvviso a causa di una visione alla quale, forse, non avrebbe dovuto assistere.
Aveva lasciato da poco le sue stanze, spinto dalle voci di una riunione non prevista col principe e gran parte dei Guardiani del Bosco, e la curiosità di conoscere a cosa era dovuta l'aveva fatto camminare velocemente per raggiungere il luogo dell'incontro, oltre i giardini che delimitavano l'entrata del palazzo nella montagna.
Ma prima di mettere piede nella radura, i suoi occhi scorsero qualcosa che mai si sarebbe aspettato di vedere, o che, probabilmente, fino a quel momento, aveva negato a se stesso.

Vide Legolas parlare sommessamente con un altro elfo che, a prima vista, dall'abbigliamento semplice, doveva essere uno degli scudieri. Aveva lunghi capelli di un biondo molto scuro che gli raggiungevano i fianchi, legati in due punti dietro la schiena, ma da quella distanza poteva scorgere solo vagamente il suo viso che, oltretutto, teneva chinato in avanti con un atteggiamento rispettoso e quasi sottomesso.

Vide Legolas alzare una mano per accarezzargli la guancia, poi portare anche l'altra su di lui per fargli rialzare la testa e sorridergli mentre continuava a mormorargli quel qualcosa che non poteva udire.

Vide Legolas avvicinarsi ulteriormente a lui e lentamente inclinare di lato il volto per posare le labbra sulle sue.
Vide quel bacio crescere di intensità mentre l'altro elfo posava con fare insicuro le mani sui fianchi del proprio principe e si stringeva a lui.

Vide le mani di Legolas scivolare lungo il corpo di quell'elfo, passare sulla sua schiena e raggiungere le curve dei glutei ed intanto spingerlo all'indietro contro il tronco di un albero.

E quando vide le mani di quell'elfo percorrere lo stesso tipo di percorso sul corpo di Legolas, si voltò.

Non volle vedere altro.

Si era sentito curioso, eccitato, geloso, allibito, infastidito, infuriato, deluso.

Per un lungo momento guardò fisso nel vuoto per tentare di comprendere tutte quelle sensazioni che si erano susseguite senza dargli il tempo di assimilarle una alla volta, ma d'un tratto percepì dei movimenti alla propria destra e vide quell'elfo dai lunghi capelli legati dietro la schiena, passargli a pochi passi di distanza senza però notarlo.
Ma lui riuscì a notare invece il sorriso sulle sue labbra sottili e i luminosi occhi grigi.

Non si rese conto di quanto tempo passò immobile in quel punto mentre con le orecchie udiva vagamente le voci dei Guardiani che si erano riuniti nella radura e sopra a tutte, quella del principe del Reame Boscoso che era in grado di zittirle per riportare il silenzio e l'ordine.
Richiami, esclamazioni, domande, risposte, un dialogo continuo al quale però la sua mente sembrava non voler partecipare, troppo impegnata a dare un senso ad altro.

Fino a quando, nella quiete che infine si era ricreata, quella voce autoritaria riprese quel tono dolce che aveva imparato ad amare, e si fece improvvisamente più vicina.

“Sei qui! Mi aspettavo che partecipassi anche tu alla riunione.”

Spostò lo sguardo in quella direzione e vide Legolas avvicinarsi a lui con un lieve sorriso sul viso.
“Non ho diritti o doveri in questo regno e nessuno mi ha invitato ad unirmi a voi,” rispose acidamente e stringendo quasi involontariamente i pugni sui fianchi.

“Mi dispiace, pensavo fossi stato informato,” mormorò l'elfo, fermandosi di fronte a lui, incuriosito da quel tono di voce inconsueto. “Non riguarda solo il mio regno. Ieri notte è stato avvistato qualcosa lungo il confine nord ovest ma ancora non conosciamo il suo aspetto. Fino a quando scopriremo di cosa si tratta, ho dato ordine di portare le armi a chi si addentra nella Foresta, oltre ad aver raddoppiato i turni di guardia.”

Aragorn aggrottò per un breve attimo le sopracciglia, scosso ulteriormente da quella notizia poco rassicurante, ma subito quell'inquietudine che si era creata un percorso nel suo cuore prese di nuovo il sopravvento.
“Allora prenderò mio figlio e ripartiremo per Minas Tirith il prima possibile.”

“Come?” sussurrò Legolas, socchiudendo le labbra stupito da quell'affermazione e dall'intonazione apparentemente indifferente che aveva usato. “Veramente ho dato ordine che nessuno entra od esca dai confini perché pensavo che qui sareste stati più al sicuro.” Fece un passo verso di lui cercando di incrociare i suoi occhi. “Vuoi davvero partire?”

“Dovrei restare?” ribatté all'istante l'uomo, sostenendo il suo sguardo. “Posso proteggere mio figlio meglio di quanto possa fare un amico che si dichiara tale ed invece si prende gioco di me.”

Il principe del Reame Boscoso spalancò gli occhi blu perplesso e non poté fare altro che scuotere la testa confuso.
“Cosa significa? Di cosa stai parlando?”

“Non lo sai?”

“No, Estel, non lo so! Non so di cosa stai parlando né perché usi questo tono accusatorio nei miei confronti! Quindi dimmelo e forse allora potrò risponderti.”

“Mi hai mentito,” bisbigliò il re di Gondor con un sorrisino nervoso. “Avresti semplicemente potuto dirmelo e avrei capito, senza doverlo vedere davanti ai miei occhi.”

“Cosa?”

“Quel tuo... amico!” rispose alzando la voce e indicando il punto in cui li aveva scorti poco prima, ma poi si corresse. “No, non amico. Quel tuo amante... compagno... non lo so cos'è per te, visto che non me ne hai parlato.” Vide l'elfo abbassare le palpebre con un pesante sospiro. “Ecco, ora hai compreso. Ti costava così tanto dirmi la verità quando te l'ho chiesto ieri notte?”

“Tu... mi hai chiesto...”

“Ti ho chiesto se avessi trovato una principessa... un principe, non fa differenza! Hai trovato qualcuno, ma invece di rivelarmelo, mi hai mentito.”

“Non ho mentito!” esclamò Legolas passandosi le mani sul viso per calmare quell'agitazione che l'aveva inaspettatamente scosso per quella discussione che non si aspettava di dover affrontare. “Non ti ho mentito, Estel! Mi hai chiesto se qualcuno avesse rapito il mio cuore e la risposta è quella che ti ho dato. Nessuno mi ha preso il cuore e nessuno potrà mai farmi provare quelle sensazioni che...”

L'uomo si avvicinò minacciosamente a lui e lo fissò ad occhi stretti.
“Non parlare di sensazioni! Mi sono bastate quelle che ho provato io nel vederti con lui!”

“E allora cosa...” fece per ribattere l'elfo ma subito vide l'amico allontanarsi di nuovo, scuotendo la testa. “Cosa vuoi sentirti dire? Che a volte trovo conforto nel dividere il mio letto con qualcuno? Bene, è così! E sinceramente pensavo che già ne fossi a conoscenza visto che più volte ne abbiamo parlato!”

“Non m'importa, lascia stare!”

“Sì che ha importanza invece, a quanto sembra!” continuò allora quando Aragorn, restando voltato di spalle, appoggiò le mani sui fianchi. “Altrimenti non saresti qui a parlarmi con quella... assurda gelosia! Sei mio amico, Estel, non sei il mio compagno, non ti devo spiegazioni su ciò che avviene nelle mie stanze.” Strinse le labbra, rendendosi conto delle parole pronunciate solo in quell'istante e istintivamente si avvicinò ancora a lui, percependo il suo respiro rapido e quello spirito irrequieto che sembrava tenesse a bada. “Avanti, guardami, non comprendo cosa ti turba.” e appoggiò una mano sulla sua spalla, restando però allibito dalla reazione dell'amico.

L'uomo si voltò di scatto e lo spinse all'indietro con forza, alzando l'indice verso di lui.
“Non mi toccare!” gli gridò, avanzando poi per raggiungerlo. “Non mi toccare o ti giuro che non rispondo più delle mie azioni!”

Legolas scosse lentamente la testa ma poi tirò un profondo respiro e sostenne il suo sguardo con la stessa determinazione.
“Cosa vuoi fare? Colpirmi?” gli afferrò il polso e glielo allontanò all'istante. “Vuoi lottare con me ancora una volta per un motivo futile come questo?” gli parve di scorgere una scintilla in quell'azzurro che lo stava fissando e senza poterne fare a meno, aggiunse: “Sei ancora geloso di me? Vuoi che questa... irrazionale gelosia ti porti di nuovo a terra ricoperto di sangue?” vide chiaramente l'angolo delle sue labbra tremare come per nascondere un sorriso e sospirò. “Le mie guardie saranno qui ancora prima che tu riesca a vibrare un colpo, non è come a...” ma all'improvviso si sentì sospinto all'indietro con violenza ed alzò un sopracciglio sorpreso. “Fai sul serio?”

“Mi hai mentito!”

Una spinta.

“È un atteggiamento infantile, Estel! Basta!”

“Dovevi dirmelo!”

Un'altra spinta.

L'elfo fece per ribattere nuovamente ma venne allontanato con violenza ancora una volta, così, dopo aver alzato per un breve attimo lo sguardo al cielo, rispose con lo stesso vigore a quei colpi.
Uno dopo l'altro fece tornare il compagno al punto iniziale senza mai smettere per un istante di guardare quegli occhi chiari che sembravano bruciare non solo dall'ira e dalla delusione, ma anche da qualcosa di ben diverso e molto più pericoloso.

“Ho detto... basta!”

Con un grido e un'ulteriore spinta lo scagliò contro un tronco e fece immediatamente dei passi indietro per poterlo osservare. In quel momento dei richiami preoccupati risuonarono vicino a loro.

“Mio signore! Cosa accade?”
“Principe Legolas, vi serve aiuto?”

L'elfo lanciò un'occhiata ai due Guardiani sopraggiunti di corsa dopo aver intravisto, tra gli alberi, quello scontro inaspettato e scosse la testa, continuando però a guardare l'amico che, nel frattempo, aveva stretto nuovamente i pugni come se si stesse preparando a reagire a quell'attacco.

“No, va tutto bene. Ora lasciateci soli. Andate a svolgere i compiti che vi ho assegnato.”

I due nuovi arrivati si scambiarono uno sguardo esitante quando percepirono le evidenti intenzioni del loro principe che, al movimento dell'uomo, rispose rialzando a sua volta le mani in posizione di difesa, ed uno di essi mormorò:
“Ma mio signore, è il sovrano di Gondor!”

“Non per me,” rispose Legolas, accennando un lieve sorriso quasi divertito. “Andate ora!”
Attese fino a quando le due guardie, arrendendosi all'ordine impartito, svanirono rapidamente da dove erano giunti, ed allora proseguì, alzando la voce: “Non è così, Aragorn? Non sei re di fronte a me.”

E a quelle parole Aragorn sorrise.
Ad un tratto quella insulsa discussione scaturita dal nulla e tramutatasi in uno scontro gli sembrò insensata tanto quanto quell'accecante gelosia che l'aveva mosso ad agire in quella maniera vergognosamente infantile.
Se ne rese conto e per un attimo pensò di chiedere perdono ma nonostante quella consapevolezza, continuava a provare un misto di irritazione e invidia per quello che Legolas si stava scambiando con quell'altro elfo, pur essendo solo qualcosa di palesemente fisico, e così si ritrovò a cedere alla debolezza dell'animo umano.

“Sono stato suddito dei tuoi occhi da quando ci siamo incontrati,” gli sussurrò, ricordandosi le esatte parole che quella lontana notte a Minas Tirith aveva pronunciato. “Ma quegli stessi occhi mi hanno mentito, posandosi su di me allo stesso modo in cui rivolgono la loro attenzione a qualcuno del quale non mi hai rivelato l'esistenza.”

“Allo stesso modo?” ripeté l'elfo allibito. “Non ho mai...” strinse i denti e impulsivamente si parò davanti a lui, puntandogli l'indice sul petto. “È il tuo cuore ad essere diviso in due, Estel, non il mio! Io non ho mai, in tutti questi anni, concesso le mie attenzioni, i miei sguardi o... il mio corpo a qualcuno come accade con te! Ma ancora...” sospirò, accennando un sorriso esasperato “...ancora tu insisti con questa gelosia verso qualcosa di inesistente. Quanto tempo dovrà ancora passare perché tu comprenda? Cosa...” alzò anche l'altra mano e aprì le dita come a volergli afferrare la tunica per scuoterlo fino a riportare un po' di senno nella sua mente. “Cosa devo fare?” attese qualche istante in silenzio ma non ottenne risposta se non quell'espressione indispettita sul viso dell'amico che non accennava a svanire, ed allora perse il controllo e compì quel gesto che fino ad allora era rimasto solo un pensiero.
Chiuse le dita sull'abito color del cielo notturno che il re di Gondor indossava e lo strattonò contro di sé.
“Vuoi che mi comporti con te allo stesso modo in cui agisco con gli altri?”

Aragorn deglutì tentando di trovare le parole che quella domanda gli aveva fatto perdere.
Ripensò a ciò che aveva visto e che gli aveva fatto smarrire la ragione ma non riuscì a darsi una risposta.
Non era quella sola unione carnale che desiderava avere con lui, era tutto quell'insieme di ardenti sensazioni che aveva provato dentro di sé quando si erano concessi quei rari momenti di eterna passione durante i quali i loro due spiriti si fondevano in quel corso di bruciante luce.
Pochi momenti in tanti lunghi anni.
Solo il ricordo di quegli avvenimenti lo fece avvampare e dalle sue labbra uscì solo un sospiro che però venne inteso come una conferma dal principe di Bosco Atro.

“Se basta questo per farti smettere di agire in quel modo sconsiderato...”

A quella frase, l'uomo si scosse dai propri pensieri ma non fece in tempo a controbattere che si ritrovò sospinto con violenza contro uno degli alberi che li circondavano.

“È questo che vuoi?”

Udì quella nuova domanda e sbatté le palpebre, incrociando lo sguardo luminoso dell'elfo, e vide chiaramente l'ardore celato dietro quelle iridi blu.
“Io non...” tentò di rispondere ma tentennò incerto e di nuovo venne attirato e spinto con tanta forza da colpire con la nuca il tronco. Si lasciò sfuggire una lamento, stringendo un istante gli occhi ma poi continuò: “Non voglio altro che la verità!” glielo gridò sul viso, afferrandogli i polsi. “Dimmi soltanto che c'è qualcuno a cui concedi le tue attenzioni!” Li allontanò con un gesto rabbioso, respingendolo al tempo stesso all'indietro. “E spiegami perché non ti fai problemi a intrattenerti con lui dove tutti possono vederti quando invece per una semplice carezza o un abbraccio noi dobbiamo nasconderci!”

“Perché...”

“Dimmelo!”

Legolas incurvò le sopracciglia cercando a sua volta un modo per spiegare razionalmente tutto quanto ma alla fine, l'unica cosa che gli passò nella mente fu quella più ovvia.
“Perché...” ripercorse lentamente la breve distanza che li divideva, mormorando con un filo di voce “...sciocco Mortale geloso, quando bacio lui o chiunque altro, non succede...” alzò le mani sul suo viso e gli bisbigliò sulle labbra “...questo!” e le incatenò con le proprie in un bacio che divenne fin da subito intenso e appassionato.

Aragorn non attese un solo istante per cingergli la vita appena lo sentì vicino e quando il sapore dell'elfo si riunì col suo, soffocò un sospiro nella sua bocca.
Quel forte calore che da tempo bramava gli pervase il corpo, facendolo tremare prepotentemente, mentre vide davanti a sé l'accecante luce sprigionata dalla pelle diafana del compagno.
Bevve da lui con ardore, come se da un momento all'altro si aspettasse di venirne privato ma al contrario sentì le mani di Legolas salire tra i capelli e stringersi tra di essi come per cercare un sostegno.
Ed allora perse inevitabilmente quell'apparente controllo che ancora possedeva e percorse la schiena del compagno con energiche carezze fino a raggiungere la sua testa. Affondò le dita di una mano nelle sua lunga chioma e fece scivolare l'altra sotto quei fili dorati per posare il palmo contro il suo collo nudo.
In quell'istante entrambi gemettero l'uno contro le labbra dell'altro, scossi violentemente da una bruciante lingua di fuoco. I respiri iniziarono a farsi ansimanti mentre il bacio riprendeva quell'andamento incredibilmente possessivo e sensuale.

Poi improvvisamente una voce distante che stava però acquistando vicinanza...

“Padre!”

Legolas spalancò gli occhi incredulo e discostò leggermente il viso da quello dell'amico.
“Tuo figlio...” bisbigliò “...sta arrivando.”

“No,” gemette all'istante l'uomo, con lo sguardo perso in quel mare argentato che si trovava davanti. “No, no, no,” lo ripeté più volte come se facendolo quella situazione potesse cambiare benché sapesse fin troppo bene che, purtroppo, non era così.
Sentì il corpo dell'elfo che tentava di allontanarsi e la sua voce debole e disperata che però tradiva tutta quella convinzione.

“Aragorn, lasciami! Lasciami... dobbiamo... dobbiamo smettere. Devi lasciarmi... sta arrivando!”

“No, non ce la faccio,” mormorò con un tono affranto, sfiorandogli il viso col proprio. “non ci riesco... non voglio.” allora udì a sua volta quel richiamo.

“Ada? Padre, dove sei,?”

La supplica di Legolas che cercò di riportarlo alla realtà,
“Aragorn... ora!”

Strinse gli occhi e annuì, allontanando di scatto le mani dall'elfo che, all'istante indietreggiò con un andamento però barcollante che lo costrinse a fermarsi e posare un ginocchio e le mani a terra per ritrovare un certo contegno. Il principe di Gondor sbucò da dietro gli alberi.

“Oh, siete qui! Cosa... cosa è successo?” esclamò allibito spostando lo sguardo su di loro nel notare quelle espressioni a prima vista sconvolte e disorientate. “Ho sentito alcuni Guardiani che parlavano di voi ma... mi sembrava assurdo che mio padre e il suo migliore amico stessero lottando.”

“No, hanno... hanno interpretato male,” rispose Aragorn passandosi una mano sul viso per poi piegarsi in avanti come se dovesse recuperare il fiato dopo una lunga corsa. “Stavamo solo discutendo.”

Legolas annuì, cercando di sorridere in modo rassicurante al giovane come se in realtà non si sentisse stravolto da quella violenta e bruciante ondata di potere della quale aveva potuto assaporare solo un minuscolo assaggio.
Lentamente si rialzò in piedi e si avvicinò a lui, guardando solo per un brevissimo istante l'uomo al quale stava donando ancora una volta, incondizionatamente, la propria luce solo con un bacio.
“Hanno semplicemente interpretato male la situazione, non ti preoccupare,” disse dolcemente. “Era solo una discussione animata tra amici. Può succedere che le voci si alzino in maniera incontrollata ma sai bene che per nessuna ragione farei del male a tuo padre o lui ne provocherebbe a me.”

Eldarion strinse le labbra spostando lo sguardo da uno all'altro come insicuro se accettare quella risposta o controbattere perché quell'istinto di cui si fidava, gli diceva che non era come i due volevano fargli credere. C'era qualcosa nei loro occhi e nel loro atteggiamento che non lo convinceva e immediatamente si chiese se non fosse lui la causa di quel loro litigio, visto che al suo arrivo, entrambi erano rimasti in silenzio e visibilmente scossi.
“Davvero non... non c'è nessun problema?”

“Sì, Eldarion. Ora torna a palazzo,” ribadì il re di Gondor, avvicinandosi di qualche passo al figlio. “Il principe ed io dobbiamo parlare di ciò che sta accadendo qui.”

“Non è più sicuro,” ribatté subito l'elfo pur comprendendo che l'amico si stesse riferendo a ben altro. “I Guardiani hanno avvistato un probabile nemico lungo i confini, ed anche se è ancora distante, è meglio che non ti allontani troppo da solo.”

“Sì, lo so,” rispose Eldarion sovrappensiero, ancora immerso nelle sue deduzioni ma poi scosse la testa. “Voglio dire, ho immaginato fosse successo qualcosa. Resterò vicino allora.” Con quelle parole si voltò verso Legolas sorridendo. “Posso passare del tempo nella biblioteca, più tardi?”

“Puoi fare ciò che desideri nel mio regno,” mormorò il principe del Reame Boscoso rispondendo al sorriso ed istintivamente alzò una mano e gli accarezzò teneramente una guancia. “Fa solo attenzione quando lasci la montagna.”

Il giovane socchiuse le labbra stupito nel sentire la pelle dell'elfo incredibilmente più calda, quasi bollente, rispetto alla volta in cui era stato accarezzato al suo arrivo ma subito la voce del padre lo esortò di nuovo ad allontanarsi.

“Eldarion, va ora!”

Così sospirò e chinò la testa in segno di saluto, ritornando sul sentiero che l'avrebbe di nuovo condotto all'entrata della montagna.

Legolas lo seguì con lo sguardo per un lungo momento e solo quando fu certo che non fosse più nelle vicinanze, riportò gli occhi sul compagno, fermo a pochi passi da lui.
“Hai avuto una risposta alla tua domanda? Ora ti è chiaro il motivo per cui non posso comportarmi con te come se fossi un semplice amante?”

“Non sarebbe giunto qui se non avesse sentito quelle due guardie.”

“Non importa!” lo interruppe subito, scuotendo la testa. “Non possiamo lasciarci andare a questa... bruciante e pericolosa passione con lui qui, non è giusto. Lui è tuo figlio e non può comprendere il sentimento che ti lega a me. Lo vedrebbe solo come un torto nei confronti di sua madre e ci odierebbe entrambi. E tu non vuoi questo come non lo voglio io.” Lo vide chinare la testa con un sospiro abbattuto. “È un attimo, Estel. Un solo attimo che può cambiare ogni cosa. Se perdiamo il controllo in quell'attimo sbagliato...” lasciò la frase a metà, in sospeso, come se non fosse necessario continuare.

Ed Aragorn annuì lentamente, rialzando lo sguardo oltre le spalle dell'amico con un debole sorriso rassegnato.
“Perdonami per la mia folle gelosia, è solo che, ora ancora di più, provo realmente invidia per quell'elfo o per chiunque altro possa passare quei momenti con te, e non è per gli atti fisici che vi scambiate ma...” sbuffò, portandosi le mani sui fianchi “...non credo sia per ciò che fate ma perché lo puoi fare con loro e non con me.” Ne alzò poi di scatto una verso di lui come con l'intenzione di fermare una qualsiasi risposta. “E sì, lo so che è sciocco ma come dici sempre, sono solo un Mortale con sciocchi sentimenti che lo fanno agire in maniera sconsiderata!”

“Pensi che sarebbe stato più facile se tra noi ci fossero stati solo quegli atti carnali?”

“Sì, lo penso, o almeno credo che sarebbe compreso con più facilità. Sia da mio figlio che da chiunque altro appartenente al tuo popolo.”

“Forse è come dici,” mormorò l'elfo riflettendo qualche istante prima di proseguire, tenendo lo sguardo fisso sul viso dell'amico. “Ma non lo scopriremo mai perché mai sarà così.” Respirò profondamente. “Io perdo me stesso, il mio spirito, il mio cuore, la mia mente, la mia luce, ogni singola parte di me quando ci uniamo in quel modo e... questo attimo di eterno che ci scambiamo, non potrà mai essere come...” cercò le parole corrette ma poi sorrise “...quell'attimo di lussuria che passo con un amante. Noi non... non potremo mai essere amanti, Aragorn.”

L'uomo sostenne il suo sguardo per un lunghissimo momento in silenzio, comprendendo ogni singola frase perché lui provava esattamente lo stesso, sebbene fosse spesso spinto da dubbi e incertezze. Ed infine gli sorrise, annuendo con un'espressione divertita sul viso.
“Beh, in altre circostanze avrei dovuto rammaricarmi nel sentire delle parole simili come risposta.”

“Cosa? Che non potremo mai essere...”

“...amanti, esatto. Ma pronunciate da te, in questo modo...” sospirò “...sono una delle cose più belle e dolci che qualcuno mi abbia mai detto.”

L'elfo alzò un sopracciglio incerto ma poi si lasciò sfuggire una debole risata.
“Devo rientrare a palazzo ora. Mi stanno aspettando.”

“Io resto ancora un po' qui. A più tardi.”

Aragorn strinse le labbra e lo seguì con lo sguardo fino a quando svanì tra gli alberi. Allora si appoggiò di schiena ad un tronco e si lasciò scivolare seduto a terra con un profondo respiro.
Si sentiva stordito, esaltato, eccitato e insoddisfatto come raramente gli era successo.
Il suo spirito fremeva impaziente per quel breve istante durante il quale aveva potuto nuovamente godere di quella luce e il suo corpo bruciava per quell'assaggio di passione che però non si era potuto concedere.
Un fuoco acceso con alte e intense fiamme lasciate però a bruciare senza che nessuno le spegnesse.
Un fuoco che può affievolirsi fino a svanire, o che può continuare ad ardere spinto dal desiderio di ciò che non è possibile appagare.

 
~ * ~

Il sole tramontò, permettendo alle ombre di scendere tra le alte fronde della Verde Foresta, ma quella notte non era come le altre.
Nell'aria si respiravano timori, incertezze, inquietudini e quella vaga ma pressante consapevolezza che presto qualcosa, nel bene o nel male, sarebbe cambiato.
La maggior parte dei Guardiani erano a pattugliare i confini, suddivisi in gruppi come era stato espressamente ordinato dal principe per poter far fronte a quella sconosciuta minaccia che sembrava avvicinarsi.
I rimanenti, che invece avevano terminato il loro turno per quel giorno, stavano comunque all'erta nei giardini e nei luoghi dove si recavano per passare il tempo perché in pochi potevano trovare vero riposo.
Ed uno di questi ultimi, uno dei capitani dei Guardiani del Bosco, si aggirava tra i corridoi del palazzo come alla ricerca di qualcosa, o di qualcuno.
Era inquieto, come tutti probabilmente, ma quella sua agitazione aveva presto assunto dei contorni inaspettati.
Si era ritrovato a percorrere rapidamente la distanza che lo separava dalla biblioteca solo perché aveva udito voci che volevano il principe di Gondor in quel luogo, ed era lui che si era reso conto di stare cercando.
Perché voleva essere certo che non si fosse cacciato in qualche guaio.
Perché voleva avere la sicurezza che fosse protetto nella montagna e non fuori nella foresta come la sera precedente.
Perché era suo dovere assicurarsi che l'erede al trono degli Uomini non fosse in pericolo.
Perché voleva... semplicemente vederlo?

L'ultima considerazione lo fece sorridere mentre silenziosamente discostava la porta ed entrava nel luogo dove il suo popolo aveva raccolto ogni genere di informazione scritta e illustrata, risalente a millenni e millenni precedenti.
Forse era quella la realtà. Lo stava cercando solo per vederlo, solo perché si divertiva a stare con lui e a provocarlo... solo perché gli piaceva.
Gli piaceva quel ragazzino insolente che sembrava volere la ragione in ogni situazione ma che tremava quando solo accorciava la distanza che, difficilmente, riusciva a tenere da lui.
Ripensò all'ultimo scambio di battute che avevano avuto quella mattina e si morse debolmente il labbro. Aveva ripetuto a molti altri giovani quelle frasi, ma Eldarion era stato il primo a ribattere con quel tono sarcastico e apparentemente sicuro.
Quel ragazzino, il figlio di Aragorn, riusciva a tenergli testa come solo il padre aveva fatto in passato e continuava a fare, per questo gli piaceva.
Era una sfida, e non si era mai tirato indietro di fronte a niente e a nessuno, il suo spirito combattivo lo spingeva a continuare, mentre la ragione lo esortava a desistere.

Per questo motivo si fermò dietro ad una delle alte colonne di pietra liscia quando lo scorse, intento a prendere alcuni libri dagli scaffali e a portarli al tavolo dove aveva acceso delle candele.
Restò immobile ad osservarlo mentre il giovane si chinava sul ripiano, restando in piedi, per sfogliare le pagine alla ricerca di qualcosa che solo lui poteva conoscere.
E il suo sguardo prese a vagare lungo il suo corpo, sulle gambe snelle e le cosce muscolose che la corta tunica grigia scura non nascondeva, sulla curva dei glutei e la schiena inarcata leggermente all'indietro in quella posizione provvisoria che il principe di Gondor aveva assunto, posando i gomiti accanto al libro e allargando le gambe.

Lanthir arricciò le labbra in un sorrisino e appoggiò la mano sulla colonna, accanto al proprio viso, quasi cercasse di poterlo scorgere meglio senza farsi notare.
Lo vide rialzarsi lentamente e darsi una spinta per sedersi sul tavolo con gli occhi fissi su quel volume che sembrava aver attirato la sua attenzione.
Ed allora pensò distintamente che, se quello a pochi passi da lui, fosse stato un giovane qualunque, non avrebbe esitato un solo istante a raggiungerlo e a provocarlo con un comportamento lussurioso fino a farlo cedere e costringerlo ad atti di sfrenata passione su quello stesso tavolo.

Ma non poteva.

Avrebbe anche solo desiderato accorciare quella distanza ora, per guardarlo da vicino e suscitare in lui una qualche reazione a delle frasi che potevano portare ad un ulteriore scontro verbale ma in quel momento lo vide sorridere, un sorriso insicuro e quasi imbarazzato, mentre con una mano si tirava indietro i riccioli scuri, liberando quel viso che, se non fosse stata per la poca luminosità della stanza a poterlo trarre in inganno, avrebbe affermato con sicurezza che si era tinto di un rosso vivo.

No, non poteva avvicinarsi.

Avrebbe fatto qualcosa di troppo azzardato, qualcosa che si era prontamente vietato nel momento in cui aveva conosciuto il suo nome e la sua discendenza, qualcosa di proibito dalla ragione che, ogni giorno che passava, diventava però più attraente, e lui non era mai stato bravo a seguire delle regole e a resistere agli impulsi della seduzione.

Così si voltò e, lentamente come era giunto, lasciò la biblioteca per incamminarsi lungo il corridoio e raggiungere un luogo dove avrebbe potuto restare solo, e dove i suoi occhi non si sarebbero posati su tentazioni che potessero invogliarlo ad agire in modo sbagliato.

Uscì nei giardini e rialzò sul capo il cappuccio del lungo mantello che portava, e si fermò, aggrottando preoccupato le sopracciglia.

Qualcuno lo stava seguendo.

Un'ombra che si confondeva facilmente tra quelle ricreate dalla notte e che, abilmente, aveva percorso i suoi passi da quando aveva lasciato quella stanza.
Restò in ascolto con gli occhi fissi davanti a sé come se potesse percepire col proprio spirito il tipo di minaccia alla quale poteva essere sottoposto, ma alla fine sorrise.
Non c'era malvagità in quell'ombra che astutamente aveva eluso i suoi sensi fino a quell'istante, ma solo l'esperienza di chi, da tempo, sapeva come muoversi veloce e silenzioso per non essere scorto e non attirare attenzione.

Ed allora proseguì, spinto ulteriormente dalla curiosità di conoscere gli intenti di quella figura che, stretta nel proprio mantello scuro, non si fece lasciare indietro.

 
~ * ~

Eldarion si lasciò sfuggire una lieve risata che però cercò immediatamente di soffocare, stringendo le labbra, come se in quel luogo fosse obbligatorio il silenzio anche se non c'era nessun altro impegnato in ricerche.
Girò alcune pagine e si soffermò su un'altra illustrazione cercando poi di decifrarne la descrizione scritta con quei caratteri elfici che sua madre gli aveva insegnato a riconoscere.
Si era recato nella biblioteca con l'intenzione di immergersi per qualche ora nell'antica storia della Terra di Mezzo, ma mentre percorreva gli alti scaffali, la sua mente lo sospinse alla ricerca di un tipo di storia diversa, quegli avvenimenti che Lanthir gli aveva accennato quella stessa mattina.
Voleva scoprire se fosse stata solo una presa in giro o se quello di cui aveva parlato fosse veramente accaduto.
Ma sfogliando un libro dopo l'altro, si imbatté in molti aneddoti alquanto più interessanti che catturarono completamente la sua attenzione, tanto da non notare il principe del Reame Boscoso che, silenziosamente, l'aveva raggiunto.

“Non pensavo di trovarti veramente qui!”

Quella voce lo fece sobbalzare e istintivamente richiuse il volume e lo nascose dietro la schiena, posandolo tra gli altri ancora presenti sul grande tavolo.
“Legolas!” esclamò, deglutendo poi con nervosismo come se fosse stato colto a compiere un'azione illecita. “Non ti avevo sentito!”

“L'ho notato,” ribatté l'elfo sorridendogli e avvicinandosi a lui lentamente.

“Credevo... credevo stessi cenando con mio padre.”

“Non lo vedo da questa mattina,” sussurrò debolmente a quella domanda, stringendo le labbra per poi proseguire, tentando di cambiare discorso. “Hai trovato ciò che cercavi?” si mise vicino a lui e con lo sguardo scrutò i libri presenti, alzando poi un sopracciglio. “Sei interessato all'amore, principe di Gondor?”

“Come? No io... cioè sì ma... no, volevo dire...”

“Non sentirti a disagio per questa tua curiosità,” gli mormorò allora con un sorriso dolce e comprensivo. “Mi ricordi tuo padre alla tua stessa età quando giunse qui. Aveva appena conosciuto tua madre e si sentiva attanagliato da mille dubbi e insicurezze sull'amore fisico.” Allungò una mano e sfogliò distrattamente qualche pagina con una debole risata. “Ma la sua curiosità non si limitava ai libri, ricordo ancora le sue domande disinvolte e insistenti.” Alzò lo sguardo sul giovane con un sospiro divertito. “Dovresti chiedere a lui se desideri avere delle risposte.”

Eldarion lo ascoltò con un'espressione allibita sul viso che ormai bruciava per la vergogna ma quando incrociò i suoi occhi non poté fare a meno di sorridere a sua volta, scuotendo la testa.
“Oh no! È l'ultima persona a cui mi rivolgerei. Non posso parlare con mio padre di...” indicò con la mano il libro che l'elfo aveva aperto “...quello! Ho sempre ascoltato con interesse la storia del suo incontro con mia madre ma non ho la minima intenzione di conoscere come... mi hanno dato la vita.” Rise nervosamente passandosi le mani sul viso. “Qualsiasi domanda gli farei, lui per rispondermi penserebbe a mia madre e... no, sono cose che non desidero conoscere. Va bene così, preferisco restare nell'ignoranza.”

Legolas socchiuse le labbra a quella risposta e rise debolmente, richiudendo il libro e mettendosi di fronte a lui per guardarlo.
“Sì, posso comprendere ciò che dici, ma non temere quello che la tua mente e il tuo corpo ti spingono a voler conoscere. L'amore fisico e spirituale è come il corso di un fiume: nasce timidamente, scorre impetuosamente e sfocia nel profondo ed eterno mare.”

“Vorrà dire che cercherò di costruirmi una barca e percorrerò quel fiume,” mormorò il giovane alzando le spalle e unendo le mani tra le ginocchia. “Spero solo di terminare presto la... costruzione.”

“Non avere troppa fretta, o quei flutti ti potrebbero riportare bruscamente a riva.”

Il principe di Gondor annuì e respirò profondamente prima di continuare.
“A dire il vero, la mia intenzione era di scoprire se alcuni fatti che ho udito fossero reali, ma ancora non ho trovato niente a riguardo in questi volumi.”

“Parlamene! Forse posso esserti d'aiuto.”

“Beh è... è vero che in tempi remoti un Mortale poteva essere punito se posava lo sguardo su una creatura immortale in un momento di intimità o se si intratteneva con essa in atteggiamenti... equivoci?”

L'elfo aggrottò lievemente le sopracciglia nel sentire il giovane porgli quella domanda tutta d'un fiato e subito si chiese come mai avesse potuto venire a conoscenza di quegli accadimenti. Fece qualche passo e si appoggiò di schiena ad una delle colonne, incrociando le braccia sul petto.
“È successo molto tempo fa, prima che tra i nostri due popoli si creasse l'Alleanza che ancora ci unisce, quando c'era ancora diffidenza e timore delle nostre diversità e i vincoli d'amore e fratellanza tra le nostre razze non erano compresi. I tempi ora sono cambiati fortunatamente e ne hai la prova ogni giorno davanti ai tuoi occhi.”

“I miei genitori, sì.”

“Sono curioso di sapere da chi ne hai sentito parlare però.”

Eldarion abbassò subito lo sguardo e scivolò giù dal tavolo, voltandosi per riprendere i libri con l'intenzione di rimetterli al proprio posto.
“No, nessuno, solo... voci. Non ricordo nemmeno quando le ho udite.”

Legolas lo osservò attentamente, convinto da quel comportamento ansioso che stesse mentendo e in quell'istante un fugace pensiero gli attraversò la mente, spingendo i suoi sospetti verso l'unica persona che conosceva in grado di allietarsi nel mettere in difficoltà e confusione le menti dei Mortali.
“Hai già terminato le tue ricerche?” gli chiese allora quando lo vide dirigersi agli scaffali per riporre i volumi.

“Sì, per questa sera credo di sì,” rispose il giovane senza però guardarlo. “Vorrei uscire da qui almeno per un po' ma so che non mi è permesso, quindi non posso fare altro che tornare nelle mie stanze.”

“Non ti è permesso andare nel bosco da solo ma...” iniziò l'elfo, accennando un sorriso quando finalmente incrociò per un breve istante i suoi occhi “...non sei solo. Ti posso accompagnare io se desideri restare per qualche ora sotto le stelle.”

“Davvero? È fantastico!” esclamò subito il principe di Gondor ed il suo viso si illuminò. “Voglio dire, grazie! Se non ti è di troppo disturbo.”

“Se non avessi potuto, non te l'avrei proposto. Vieni con me, devo solo indossare le mie armi e poi potremo andare dove desideri.”

Eldarion gli sorrise e lo seguì all'istante col cuore colmo di gioia per poter passare del tempo col coraggioso principe delle Verdi Foreste che tanto aveva ammirato da bambino.

 
~ * ~
   
 
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