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Autore: TimeFlies    04/07/2016    3 recensioni
Scarlett, diciassette anni appena compiuti e un segreto piuttosto scomodo da nascondere, non potrebbe essere più felice di stare nella sua adorata ombra, lontana da sguardi indiscreti e da problemi presenti e passati che non vuole affrontare.
Adam, riflessivo eppure anche avventato, ha sempre avuto un'innata curiosità e una gran voglia di sapere.
Quando vede Scarlett per la prima volta non riesce a fare a meno di sentirsi attratto dall'aura di mistero che la circonda. Vuole conoscerla, svelare ciò che si nasconde dietro quella facciata di acidità e vecchi rancori.
Tutti i tentativi della ragazza di allontanarlo da sé finiranno per avvicinarli ancora di più portandoli dritti ad un preannunciato disastro. O forse no, perché nei momenti di difficoltà possono nascere le alleanze più impensate, soprannaturale e umano possono trovare un punto d'incontro.
E quando il pericolo si avvicina, l'unica cosa che vuoi è avere qualcuno al tuo fianco. Poco importa se solo poco prima eravate perfetti sconosciuti, se lui è entrato nella tua vita con la grazia di un uragano, se non volevi niente del genere.
A volte, un diciassettenne un po' troppo insistente è tutto ciò che hai, è la tua unica speranza. E tu la sua.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Under a Paper Moon- capitolo 31


                                                         

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31. Scarlett

«Lo sapevo!» Scattò Beth quando la modella che le piaceva meno venne eliminata. «Te l’avevo detto che non avrebbe fatto strada.» Aggiunse prima di prendere una manciata di popcorn.
Sorrisi e scossi la testa. «Okay, okay, avevi ragione. E non te li mangiare tutti!»
Mi diede una spintarella scherzosa. «Fanno ingrassare, ti sto facendo un favore.»
Alzai gli occhi al cielo e rubai qualche popcorn dalla ciotola che aveva in mano. Eravamo l’una accanto all’altra sul divano di casa sua, nel suo salotto. Era una stanza luminosa, come piaceva a sua madre, con una grande finestra di fronte alla porta, mobili moderni dai colori chiari, pareti color crema e quadri dalle tinte vivaci. Tutta la casa di Beth era piena di luce e aveva uno stile molto moderno.
Mentre Beth mangiucchiava popcorn commentando la puntata, il mio cellulare vibrò. Lo presi dalla tasca dei jeans: c’era un messaggio di Adam. Diceva che aveva parlato con Sean e che era sopravvissuto. Mi morsi un labbro per nascondere un sorriso: l’effetto che mi faceva quel ragazzo era incredibile.
«Qualcuno di speciale?» Chiese Beth lanciandomi un’occhiata ammiccante.
Minimizzai la cosa con un gesto della mano. «No, niente di che.»
Il suo sguardo si fece eloquente. «Tesoro, hai sorriso e ti si sono illuminati gli occhi: questo non è niente.» Prima che potessi anche solo pensare ad una risposta che non mi mettesse troppo nei guai, lei aggiunse: «È un ragazzo, vero?»
Valutai per un attimo l’idea di mentirle, di dire che era un Tweet del mi autore preferito che annunciava la pubblicazione di un nuovo libro, ma ci ripensai: dovevo dirglielo prima o poi, ed ero piuttosto sicura che, se non avessi sfruttato quell’occasione, non l’avrei mai fatto. Così annuii preparandomi mentalmente alle conseguenze di quella decisione.
Elisabeth inarcò entrambe le sopracciglia, un luccichio malizioso che le attraversava lo sguardo. Posò i popcorn e mi rivolse la sua completa attenzione. «Voglio i dettagli, tutti.» Decretò.
“No, non li vuoi, fidati”, pensai tra me e me. «Ecco… Non è che lo conosca poi così tanto, però…»
«Però ti piace.» Concluse lei per me. «Come si chiama?»
Abbassai gli occhi torturandomi le dita. Forse non era stata un’idea così brillante decidere di dirle la verità. «Lui… uhm… Adam.» Bisbigliai con voce tanto bassa che faticai io stessa a sentirmi.
La sentii irrigidirsi e fui quasi in grado di vedere il sorriso scivolarle via dal viso. «Adam? Adam come?»
Pregai mentalmente che le entità superiori mi venissero in aiuto, ma nessuno si presentò. Niente fulmini, niente sbalzi di corrente, assolutamente niente. Ero da sola contro una verità molto scomoda. Mi riempii d’aria i polmoni e sospirai. «Meyers. Adam Meyers.»
«Il mio ex.» Quella di Beth era un’affermazione pronunciata con voce talmente fredda e dura che sentii un brivido lungo la schiena. «Stai uscendo con il mio ex.»
«No!» Mi affrettai a dire. «Cioè, non ancora.»
Le sue labbra si piegarono in una smorfia. «Intendi che vuoi farlo?»
«Io… Non lo so, Beth, è… complicato.» Balbettai.
Lei sollevò il mento. «Senti, tra me e lui è finita, per quel che mi riguarda puoi uscirci, baciarlo, andarci a letto insieme… fare quello che vuoi. Solo, preferirei che me lo dicessi in faccia.»
Una parte di me stava morendo d’imbarazzo all’idea di andare a letto con Adam, ma l’altra era più che consapevole della delusione negli occhi di Beth. «Mi dispiace tanto… Avrei dovuto dirtelo, ma avevo paura di peggiorare le cose. E non sapevo proprio come fare.»
Distolse lo sguardo e la vidi serrare la mascella. Rimase in silenzio per diverso tempo, tanto che arrivai a pensare che stesse programmando come uccidermi. Quando tornò a voltarsi verso di me, però, sembrava piuttosto controllata. «Voglio essere sincera con te, mi da fastidio il fatto che vi vediate. Molto fastidio perché solo qualche settimana fa io e lui stavamo insieme, e io ne ero follemente innamorata, e…» Si bloccò e chiuse gli occhi per un secondo prima di sospirare pesantemente. «Senti, non voglio litigare con te per lui, non voglio che rovini anche la nostra amicizia, ma non posso accettarlo così, di colpo. Mi serve tempe per… metabolizzare la cosa, ecco.»
Annuii imponendomi di rimanere calma quando in realtà mi sentivo sull’orlo di un precipizio. Non avrei mai pensato che Adam, il ragazzo con gli occhi color tempesta che mi faceva dannare e stare bene nello stesso tempo, potesse in qualche modo intaccare il mio rapporto con Beth, l’unica cosa nella mia vita che era davvero normale.
«Sì, naturalmente.» Riuscii a mormorare. «E… mi dispiace non avertelo detto prima.»
Beth teneva lo sguardo fisso davanti a sé, l’espressione perfettamente controllata. «Dimmi solo una cosa. È cominciato prima, vero? Quando stavamo ancora insieme.»
Mi morsi il labbro fino a farmi male. «Io… credo di sì. Ma non ce ne rendevamo conto neanche noi.»
Fece un brusco cenno d’assenso prima di aggiustarsi una ciocca di capelli. «Già. Avevo intuito che c’era qualcosa, ma preferivo pensare di essere paranoica.»
«Elisabeth…» Comincia pur senza avere idea di cosa dirle.
«Preferisco saperlo, anche se in ritardo.» Mi interruppe per poi trarre un respiro profondo. «Te l’ho detto, mi serve del tempo.»
Mi sembrò di ricevere un pugno nello stomaco. «Certo, nessun problema.»
Mi lanciò una breve occhiata e fui certa di vedere una lacrima solitaria sfumata di nero dal mascara scivolarle sulla guancia.

Ero uscita da casa di Elisabeth sentendo una morsa gelida e spietata stringermi il cuore. Avevo deluso la mia migliore amica, la ragazza che consideravo una sorella. E per cosa? Per un mio stupido atto d’egoismo. Per una dannata cotta.
Mi strinsi nella felpa asciugandomi con un gesto stizzito una guancia. “E adesso sto andando dal ragazzo per cui potrei aver perso Beth”, pensai con amarezza. Era come essere divisa in due, da una parte l’amicizia storica con l’esuberante Elisabeth Levine, dall’altra un rapporto che non avrei saputo definire con Adam Meyers, il ragazzo dagli occhi color tempesta.
Calciai un sassolino prima di incamminarmi verso il parco dove io e Adam avevamo fissato tramite messaggio di incontrarci. In realtà avrei solo voluto stare da sola, crogiolarmi in quel dolore che in fondo sapevo di meritare. Ma non potevo.
«Scar.» Mi sentii chiamare. E sapevo che c’era solo una persona che mi chiamava così.
Mi voltai pregando di non sembrare sull’orlo di una crisi di nervi. E Adam mi stava guardando con quei suoi occhi che erano un cielo illuminato dai fulmini. Sean, indecifrabile e cupo come sempre, era accanto a lui, con la sua inseparabile giacca di pelle. Stonava un po’ con la camicia blu di Adam, che aveva un qualcosa da bravo ragazzo.
Per puro paradosso, il peso che avevo sul cuore si alleggerì un pochino. Quando mi avvicinai, Adam accennò un sorriso, ma sapevo perfettamente che aveva intuito il tumulto che avevo nel petto. «Ehi.»
Sean non disse niente, si limitò a studiarmi per un attimo con quel suo sguardo profondo e indagatore. Neanche a lui era sfuggito il mio essere così combattuta, e come sarebbe potuto essere altrimenti? Era un licantropo attento e con l’istinto più che affinato. Di colpo mi ritrovai a pensare che fosse dannatamente irritante essere come un libro aperto di fronte a loro due.
«Sei vivo. O meglio, siete vivi tutti e due.» Commentai senza entusiasmo.
Adam però sembrava completamente concentrato su di me. «Stai bene?»
Distolsi lo sguardo imponendomi di mantenere la voce ferma. «Sì, perché non dovrei? Non sono io quella che ha discusso con un licantropo.»
«Sei arrabbiata.» Constatò Sean in tono misurato. «Arrabbiata e scossa.»
Avrei voluto urlargli in faccia che sì, lo ero eccome visto che il rapporto con la mia migliore amica era appeso ad un filo sottilissimo, prossimo al precipitare e distruggersi per colpa mia. Ma non lo feci.
Sean sembrò sul punto di aggiungere qualcosa, ma si bloccò all’improvviso. Si voltò di scatto verso il parco alla mia destra, i muscoli del collo tesi, lo sguardo concentrato. Un attimo dopo capii cosa aveva attirato la sua attenzione: c’era qualcuno non lontano da noi, e si stava avvicinando. Grazie ai sensi acuiti dalla licantropia ne percepivo i passi nell’ebra. Mi tornò in mente la mattina in cui i cacciatori mi aveva presa, il rumore dello sparo, il dolore lancinante ed improvviso… No, non poteva succedere di nuovo. Non l’avrei sopportato.
La persona che spuntò fuori dai cespugli, però, non sembrava così minacciosa.
Adam aggrottò lo fronte. «La ragazzina?»
Quasi contemporaneamente mi sentii dire: «Denise?»
La reazione di Sean, invece, fu un ringhio basso e rabbioso che mi aiutò a tornare con i piedi per terra. Lo guardai e mi sorpresi di quanta furia esprimessero i suoi occhi grigio-verde. Aveva sollevato il labbro mettendo in mostra le zanne e sembrava pronto ad attaccare.
Denise, al contrario, era terrorizzata. Indossava dei jeans sgualciti e macchiati e una vecchia felpa un po’ sformata. I lunghi capelli scuri erano arruffati e le ricadevano sugli occhi. Mi resi conto che le avevo dato qualche anno di troppo: poteva averne al massimo tredici, ma ero più propensa a pensare che ne avesse dodici o undici.
Con un altro ringhio, Sean fece per scattare verso di lei, ma Adam lo bloccò afferrandolo per le spalle.
«Lasciami! Non possiamo permettere che torni dai suoi a fare la spia.» Sbottò Sean senza togliere gli occhi da Denise.
Lei, dal canto suo, si rabbuiò. «Io non faccio la spia.»
Sean scattò subito, gli occhi accesi d’oro. «Come no! Tutti voi luridi bastardi siete delle…»
Grazie al cielo, Adam lo fermò prima che potesse continuare. «Falla finita. E datti una calmata.»
Mi voltai verso Denise, cauta. «Perché sei qui?»
Lei indicò Sean con mano tremante. «Lui ha mandato mio papà all’ospedale.»
La risposta del diretto interessato fu un ghigno trionfale. «Ha avuto quello che si merita. Lui e tutti gli altri.»
Nonostante stesse parlando delle persone che mi avevano quasi uccisa, fui colpita dalla durezza delle sue parole. In fondo, erano comunque umani, avevano dei sentimenti. Non ne avevamo dimostrati molti, ma sapevo che li avevano.
Un po’ mi dispiaceva per quella ragazzina, però c’era anche il rancore per quello che mi avevano fatto i cacciatori. L’idea di mostrarmi scontrosa e piena di rabbia come Sean, però, non mi sembrava giusta, così cercai di essere un po’ più gentile, anche perché Denise sembrava molto impaurita. «Non dovresti essere… a casa?»
Lei abbassò lo sguardo con aria colpevole. «Sì… Ma mia zia non mi piace molto…»
Sean borbottò qualcosa e Adam gli rispose a bassa voce con quello che sembrava un ammonimento.
«Beh, non dovresti andartene in giro da sola, però: è pericoloso.» Dissi cercando di usare un tono calmo e accondiscendente.
«Lo so.» Replicò Denise stringendo le labbra. «Ma volevo sapere cos’era successo: tutti gli amici di papà sono in ospedale e mia zia è molto arrabbiata.»
Lanciai un’occhiata a Sean: aveva davvero mandato tutti quei cacciatori all’ospedale? Come diavolo aveva fatto? C’erano fin troppe cose di lui che ancora non sapevo. «Okay, ma noi non possiamo aiutarti. Tuo padre… lui si è comportato male con noi.»
«Si è comportato male?» Sbottò Sean. «Ti ha quasi fatto ammazzare, Scarlett, quello lì è un sadico.»
Cercai di ignorarlo: dovevo allontanare quella bambina. E subito. Adam poteva essere veloce e pronto quanto voleva, ma contro un licantropo arrabbiato poteva fare poco. «Senti Denise, non dovevi venire da noi. Non… non è giusto. Tuo padre e i suoi amici sono persone di cui noi non ci fidiamo e non vogliamo avere contatti con voi.»
«Mi ucciderete?» Chiese lei guardandomi con gli occhi spalancati.
«Noi non…» Cominciai.
«Se non ti levi dai piedi subito potrei anche farci un pensierino.» Commentò Sean coprendo la mia voce.
Denise sollevò il mento in segni di sfida. «Io non voglio andarmene. Voi avete fatto del male al mio papà! E lui non vi ha fatto niente.»
Dalla gola di Sean proruppe un ringhio basso e profondo che mi fece accapponare la pelle. Fece per slanciarsi in avanti, riuscii quasi a vedere i suoi muscoli che scattavano, ma, in qualche modo, Adam riuscì ad afferrarlo prima che potesse raggiungere la ragazzina. Si ritrovarono l’uno addosso all’altro, Sean con gli occhi dorati e le zanne in bella mostra, Adam con le labbra serrate per lo sforzo di trattenerlo. Rimasi a guardarli, incredula e confusa. Non riuscivo a muovermi.
Sean borbottò qualcosa di sconnesso tra i ringhi mentre continuava a spingere per liberarsi. Adam tenno duro, cosa che mi sembrava quasi impossibile per un altro licantropo, figuriamoci per un umano.
«Dannazione, lasciami, ragazzino!» Sbottò Sean. «Io devo… devo…»
Adam lo spinse indietro quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi. «Isaiah.» Disse semplicemente.
Sean trattenne bruscamente il fiato e si bloccò di colpo. Adam ne approfittò per prenderlo per le spalle e farlo indietreggiare di un paio di passi. Tempo un secondo e Sean si riprese del tutto.
Puntò lo sguardo su Adam, la mascella contratta, il respiro spezzato. «Non è la stessa cosa.»
«Sì invece.» Ribatté Adam. «Anche lei è innocente, non ha colpa per quello che ha fatto suo padre.» Poi a voce più bassa aggiunse: «Non essere come loro, non abbassarti al loro livello.»
La rabbia bruciava ancora negli occhi di Sean, sembrava un fuoco divampante, ma, con mia grandissima sorpresa, lui distolse lo sguardo e smise di lottare per liberarsi. Com’era possibile che quel nome l’avesse colpito tanto? Chi era Isaiah? Scossi la testa per schiarirmi le idee: le domande senza risposta aumentavano, ma adesso avevo altro di cui preoccuparmi.
Denise aveva seguito con muto stupore tutta la scena e in quel momento sembrava impressionata e confusa quanto me.
Trassi un respiro profondo. «Denise, senti, devi andartene, okay? Andartene e non cercarci più. Questa storia è pericolosa, molto pericolosa. Potresti farti male anche tu.»
Lei mi guardò da dietro alcune ciocche di capelli che le erano ricadute sugli occhi. «Perché non possiamo essere amici, andare d’accordo?» Fece un cenno timido verso Adam e Sean. «Lui mi piace, perché dobbiamo litigare?»
Rimasi senza parole per un attimo: in effetti, un po’ di ragione ce l’aveva. Perché c’era questa faida tra cacciatori e licantropi? Anzi, perché le persone avevano sentito il bisogno di creare i cacciatori? Poi mi ricordai che Denise aveva detto che uno dei due ragazzi al mio fianco le piaceva, e diventai sospettosa di colpo: non avevo nessun diritto, su nessuno dei due, ma se quella piccoletta aveva messo gli occhi su Adam…
Denise chinò la testa e calciò un sassolino. «Anche tu mi piaci e mi dispiace che mio papà ti abbia fatto male. A volte lo fa, e dice che è perché quelle persone sono cattive. Ma tu non sembri cattiva.»
“Prova a dire un’altra volta che ti piace Adam e vediamo quanto sono cattiva”, pensò una parte di me. Grazie al cielo era piccola, così la ignorai e riuscii a tornare razionale. «Anche… anche a me dispiace per quello che tuo padre mi ha fatto. Non avrebbe dovuto. Nessuna delle persone a cui ha fatto ciò che ha fatto a me è cattiva. Sono solo… diverse.»
I grandi occhi scuri di Denise si soffermarono su di me e per un attimo mi ricordarono quelli di Beth. «E non possiamo diventare amici? Se tu perdoni papà possiamo andare d’accordo, giusto?»
Mi strinsi le braccia al petto col terribile presentimento che la mia voce avrebbe tremato. «No, Denise, non possiamo. Tuo padre… Gli uomini come lui hanno portato troppo dolore e cattiveria alle persone come noi. Non si può semplicemente perdonare e andare avanti. Neanche chiedere scusa può servire. Questa è una cosa troppo grande e troppo dolorosa per noi.»
Lanciai un’occhiata ai due ragazzi al mio fianco: Sean si era calmato e anche se Adam lo teneva ancora per le braccia, non sembrava più così desideroso di saltare alla gola della ragazzina. Anzi, la guardava con un’espressione impassibile in viso, gli occhi grigio-verde che sembravano di ghiaccio tanto erano duri e freddi.
«Ne sei sicura?» Domandò Denise con l’innocenza tipica dei bambini.
Non sapeva cosa aveva fatto suo padre, non conosceva tutto il dolore che i suoi gesti avevano provocato in me e in tanti altri, non immaginava neanche la crudeltà degli uomini che considerava amici di famiglia. E non poteva essere altrimenti. Solo che faceva male.
Scossi la testa e guardai da un’altra parte sentendo le lacrime pizzicarmi gli occhi. «Sì Denise, non si può solo fare pace. C’è troppo dolore e troppa rabbia.»
Sembrò delusa dalla mia risposta. «Okay…»
Trassi un respiro tremante. «Adesso… adesso dovresti andare. Tua zia sarà preoccupata per te.»
Lei annuì senza un briciolo d’entusiasmo. «D’accordo. Non possiamo più rivederci, vero?»
«No.» Dissi sorpresa che la mia voce non fosse diventata flebile e insicura. «Non possiamo. E tu non devi cercarci più.»
«E sarebbe preferibile se evitassi di dire a tuo padre e ai suoi amici dove siamo.» Aggiunse Adam osservandola cauto.
Denise lo guardò per un attimo, confusa. «Non devo dire niente?»
Mi inginocchiai davanti a lei per guardarla negli occhi. «No, Denise. Non devi dire niente a nessuno. Me lo prometti?»
Lei lanciò un’occhiata ai due ragazzi accanto a me e mi resi conto che quello che stava guardando era Sean, non Adam. «Sì, te lo prometto.» Decise infine.
Inconsapevolmente, tirai un sospiro di sollievo. «Bene. Ora vai però, tua zia sarà in ansia.»
Lei fece un piccolo cenno d’assenso, lanciò un ultimo sguardo a Sean e corse via nel parco. Chissà come aveva fatto a trovarci… Forse mi aveva seguita, o aveva seguito Adam e Sean, o magari era stata solo una coincidenza.
Rimasi a guardare i cespugli in cui era sparita, ancora inginocchiata sul cemento del marciapiede. Mi sentivo uno strano miscuglio di emozioni nel petto, tensione, rabbia, dolore, ma anche un po’ di sollievo. Mi venne quasi voglia di piangere, ma mi trattenni: odiavo farlo, mi sapeva di debolezza.
Qualcuno mi sfiorò la spalla. «Scar…»
Alzai lo sguardò e incrociai gli occhi blu tempesta di Adam che mi studiavano preoccupati. Abbozzai un sorriso per tranquillizzarlo e lasciai che mi aiutasse a rimettermi in piedi.
«Va tutto bene?» Chiese con voce dolce.
Annuii e mi scostai una ciocca di capelli dal viso. «Sì, tutto okay.»
La mia risposta non l’aveva convinto, lo capii subito. Lanciò un’occhiata a qualcosa alle sue spalle con aria pensierosa e quando seguii la direzione del suo sguardo mi resi conto che stava guardando Sean. Se ne stava in piedi a pochi passi da noi, le braccia abbandonate lungo i fianchi, l’espressione indecifrabile come sempre, gli occhi grigio-verde persi nel vuoto.
«Ti riporto a casa?» Domandò Adam riportando tutta la sua attenzione su di me.
Si stava mordendo il labbro, e nonostante tutto quello che era successo, era una sua abitudine che adoravo.
«Sì, grazie.» Mormorai prima di fargli un piccolo sorriso incerto.
Lo ricambiò anche se con una punta di tensione. Poi si voltò verso Sean. «Senti, noi andiamo… Ti serve un passaggio?»
Sean aggrottò leggermente la fronte e si girò appena verso di noi senza guardarci. «No, non ce n’è bisogno. Io… credo che farò due passi.»
Adam annuì anche se lui non poteva vederlo. «D’accordo. Allora… ci vediamo.»
Sean non rispose, continuava a fissare gli alberi davanti a sé con aria distratta. Dopo averlo osservato per un attimo, Adam si decise a voltarsi e farmi cenno di andare. Ci incamminammo fianco a fianco e per un attimo pensai che avremmo fatto tutta la strada a piedi. Non era un problema, la casa di Beth non era troppo lontana dalla mia e quello era un percorso che avevo fatto molto spesso.
«Ho parcheggiato qui vicino, spero non ti dispiaccia camminare un po’.» Mormorò Adam guardando il marciapiede.
«No, nessun problema.» Lo rassicurai. Un angolo della sua bocca si sollevò appena in un sorriso. Mentre camminavamo la sua mano sfiorava la mia e dovetti reprimere più volte l’impulso di stringerla.
Non volevo ammetterlo, ma l’incontro con Denise mi aveva lasciato addosso una strana inquietudine, una sensazione sgradevole che non mi spiegavo e che, sommata al dolore e al rimorso per quello che era successo con Beth, mi opprimeva il petto. Solo dopo diversi minuti mi accorsi di avere lo sguardo di Adam addosso, e che sembrava preoccupato per me. Quando me ne resi conto, però, era tardi per fingere che fosse tutto a posto.
«Vieni qui un attimo.» Disse con voce roca prima di prendermi per mano e trascinarmi in un vicolo che non avevo notato.
Si trovata a lato di un condominio di mattoni rossi e la sua posizione lo nascondeva agli occhi di molti. Non era il posto migliore per parlare con qualcuno, ma apprezzai molto quella sua preoccupazione. Mi ritrovai con la schiena quasi contro il muro e con Adam davanti a me, così vicino che sentivo il suo respiro sfiorarmi la pelle. E, per la centesima volta, pensai che era davvero bello. Troppo, per stare con un disastro ambulante come me.
Nessuno di noi due lo disse ad alta voce, ma quando lui aprì le braccia non esitai a stringermi contro il suo corpo. Non aveva motivo di starmi accanto, né di sopportare tutto quel casino soprannaturale per me, eppure lo faceva comunque. Nascosi il viso nell’incavo del suo collo sfiorandogli, involontariamente, la gola con le labbra. Come in risposta, lui aumentò appena la stretta su di me e sentii le sue mani che mi accarezzavano la schiena con movimenti lenti e gentili.
«Che c’è che non va, Scar?» Chiese a bassa voce. «Non stai così solo per Denise, vero?»
Chiusi gli occhi stringendo senza rendermene conto la sua camicia tra le dita. «Ho litigato con Elisabeth prima di venire qui.» Ho litigato con lei per te.
Si bloccò per un attimo, prima di stringermi a sé. «Mi dispiace, Scar, davvero.» C’era rimorso vero nella sua voce, una nota dolorosa che mi sorprese. Doveva aver intuito qualcosa, non c’era altra spiegazione. «Non voglio che tu…» La sua voce si spense per un attimo e lo sentii deglutire. «Non voglio che tu la perda, credimi. Se c’è qualcosa che posso fare…»
Scossi la testa aprendo gli occhi lentamente. «No, tranquillo. È una cosa tra me e lei. Si risolverà, spero.» Mi schiarii la gola. «Che vi siete detti tu e Sean?»
Fece correre le dita tra i miei capelli. «Abbiamo parlato un po’ e siamo giunti ad una conclusione valida per tutti e due. Qualcosa che ci mette d’accordo.»
Aggrottai la fronte, sorpresa: davvero avevano trovato qualcosa che andava bene ad entrambi? Ma, soprattutto, cosa aveva messo fine ai loro litigi, almeno per il momento? «E quale sarebbe questa conclusione?»
Si scostò appena da me e mi picchiettò con l'indice sul naso. «Tu. Sei il nostro territorio neutro, diciamo.»
Mi lasciai sfuggire un sorriso. «Davvero? Perché io?»
«Perché entrambi vogliamo proteggerti.» Spiegò. «E discutere di continuo non aiuta a farlo, quindi abbiamo fatto una specie di tregua.»
«Per me?» Mi sembrava impossibile che qualcuno avesse fatto una cosa del genere per me.
«Sì, per te. Sei il nostro obbiettivo comune. E sei anche la mia…» Si interruppe e distolse lo sguardo mordendosi il labbro.
Rimasi a guardarlo, incredula, anche se in realtà non aveva detto nulla. Ma era bastata quel “mia” a farmi venire i brividi. E tanta curiosità. Cosa rappresentavo per lui? Una specie di sorellina da proteggere? Un’amica? Una fonte di informazioni sulla licantropia?
«È meglio andare adesso.» Aggiunse lui guardando tutto tranne me.
Sciolse delicatamente l’abbraccio, ma, prima di allontanarsi ulteriormente, mi infilò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Le sue dita indugiarono per un secondo sulla mia guancia e vidi le sue labbra schiudersi appena, però riprese il controllo di sé come faceva sempre e fece un passo indietro. Dentro di me maledissi il suo essere così riflessivo e padrone di sé, ma cercai di non darlo a vedere.
Abbozzai un sorriso e ricominciammo a camminare fianco a fianco. Quando, per l’ennesima volta, provai l’impulso di prenderlo per mano e intrecciare le dita alle sue, realizzai che, in effetti, volevo davvero che mi considerasse più di una semplice amica. Sì, volevo essere qualcos’altro per lui. Qualcosa di più importante.



SPAZIO AUTRICE:  Ehilà!
Mi dispiace averci messo tanto ad aggiornare, ma ultimamente sono stata un po' impegnata. Comunque, eccoci qui!
Voglio assolutamente ringraziare Christine23 che mi sta dando una mano con questi ultimi capitoli leggendoli in anteprima per darmi un parere <3 Dovreste passare dal suo profilo perché è una scrittrice bravissima *-*
In questo capitolo Scar e Beth hanno avuto un confronto non proprio piacevole che le ha allontanate. Riusciranno a fare pace? Entrambe devono fare i conti con dei sentimenti piuttosto importanti adesso.
Abbiamo anche rivisto Denise, che sarà importante a modo suo: spingerà un certo personaggio a fare una certa cosa. Che farà arrabbiare un altro personaggio. No, non mi piace mettervi ansia, assolutamente.
Bien, penso di aver detto tutto. A presto <3

TimeFlies
  
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