Naraku annuisce tranquillo.
“Oh, suvvia, Kikyou. Davvero ti sei scomodata a venire da me per parlarmi di cose che ricordo perfettamente e che appartengono ormai a un passato sepolto? Così mi deludi. Ho già affrontato tutto questo. Ho lottato e ne sono emerso. Trionfante.”
“E chi sei mai tu, Kikyou, per potermi parlare con tale presunzione delle indisciplinate passioni del cuore umano? Che cosa resta, quando queste si raffreddano fino a spegnersi? Ciò che rimane è solo il tedio banale di vite che si sarebbero smarrite, anche se io non fossi passato a confonderne il percorso. Di cosa mi accusi, mia nemesi? Credi davvero che dal vostro sogno di felicità non vi sareste svegliati, tu e Inuyasha, se non fosse stato per me? Quanto ti sbagli!”
“Quanto tempo sarebbe dovuto passare, prima che lui rimpiangesse quel che era stato e non sarebbe potuto mai più essere? E tu? Davvero non ti saresti sentita mai stretta, nella tua vita comune?” “Kikyou, renditene conto. Tutto ciò che esiste è fatto per imbozzacchire e putrefarsi. Ma io, e solo io, ho potuto fare per voi ciò che sarebbe stato altrimenti impossibile: io ho reso il vostro amore immortale e immutabile, perfetto nella sua mirabile fissità, esente dall’umiliazione della decadenza del tempo che sbriciola tutte le cose.”
“E tu, per questo, Kikyou, dovresti solo ringraziarmi.”
Kikyou sorride paziente, come se stesse ascoltando un brusio fastidioso.
“Naraku, vedo che la tua abilità non si è appannata, nonostante tutto.” Ribatte con fare misterioso. “Ma tu sai bene, o almeno ricordi, che è proprio questo il giusto prezzo da pagare alla vita. Proprio quel prezzo che ti fa così paura. Non cercare di addossare, né a me né a Inuyasha, debolezze che sono le tue, mio assassino.”
“Certo, sarebbero venuti giorni quali quelli di cui mi parli. Ma ce ne sarebbero stati tanti altri. E noi li avremmo condivisi tutti.”
“Kikyou, ti prego, risparmiami queste sciocchezze. Presto o tardi, vi sareste dovuti accorgere delle bugie nelle quali vi nascondevate entrambi. Se non fosse stato per me, tu, e persino lui, vi sareste accorti della debolezza di quel che chiamavate ‘amore’. Cos’hai mai trovato nello stupido Inuyasha, Kikyou? Lo amavi? Non credo. Era pietà, la tua. Ti faceva tanta pena, quel povero, smarrito hanyou? Tanto da arrogarti il diritto di decidere quel che sarebbe stato meglio per lui? Da una donna come te, mi sarei aspettato di meglio.”
“Davvero lo credi, Naraku? Se vuoi saperlo, le mie ragioni furono molto più semplici e
umili. Lui mi ha sempre vista, Naraku. Ha sempre visto al di
là di tutte le mie maschere. Non so se la ragione sia che è stato
costretto a indossarne per secoli, per nascondersi
dagli altri e da se stesso. So solo che, davanti al suo sguardo, sono sempre
stata indifesa. Quella finzione di vita perfetta che mi costringevo a recitare
davanti a chiunque, non lo ha mai ingannato. E se non mi fossi potuta
specchiare nei suoi occhi, quante cose non avrei
saputo di me stessa!”
“Fu grazie a lui, sai, Naraku,
che per la prima volta seppi di essere … bella. Sì.
Bella, e desiderabile. E che scoprii anche che non c’era niente di male, in
questo, nulla di cui vergognarsi, niente da nascondere.”
“Se non fosse stato per lui,
forse, l’occhio di Onigumo
che mi frugava giorno dopo giorno mi avrebbe convinta che essere bella fosse solo
una maledizione, una disprezzabile vanità.”
“Ma
queste cose le sai bene anche tu, non è vero, Naraku? Perché
lo odi così tanto? Perché c’è lui, nei tuoi pensieri? Perché non suo fratello Sesshoumaru? Non sarebbe un
avversario più alla tua altezza?”
“Forse perché, nonostante ogni tuo nuovo corpo, al di là di tutti i tuoi travestimenti, nei suoi occhi hai sempre visto ciò che sei veramente. La tua irriducibile bruttezza, mio assassino; non sei mai riuscito a nasconderla a Inuyasha, non è vero? E i suoi occhi, Naraku. Se tu potessi, glieli strapperesti dalle orbite, o sbaglio?”