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Autore: Roberto_Yoda    19/04/2009    2 recensioni
Un ultimo addio tra vittima e carnefice. Nei capitoli successivi a quelli della vicenda di Hitomiko, Naraku riceve una visita da un fantasma del passato, rivive eventi da tempo trascorsi ...
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kikyo, Naraku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccoci

Ed eccoci. Non poteva mancare l’episodio speciale dell’anime (147 – 148), che è passato mille volte in un sacco di fic. Qua davvero siamo a livello di ricopiatura.

Spero, tuttavia, che vi possa piacere il mio sforzo di lavorare sulla “psicologia” dei due protagonisti.

 

 

Rinfresco la memoria per quelli che ne hanno bisogno. La parte d’episodio di cui vado a raccontare comincia dopo il salvataggio di Kaede dal demone millepiedi da parte di Inuyasha, e finisce quando il medesimo regala quella specie di “rossetto” a Kikyou un paio di giorni dopo.

 

Glossario.

 

Oneesama: riverita sorella maggiore;

 

Hinezumi no Koromo: la veste di Inuyasha;

 

Kotodama no Nenju: il Kotodama no Nenju è il rosario di controllo che Inuyasha ha da sempre e che, nello speciale, è stato stabilito sia stato fabbricato da Kikyou.

 

Nenju vuol dire “rosario”.

 

Kotodama è un concetto religioso che sta più o meno per “potere della parola”. I giapponesi credevano (come molte popolazioni, del resto) che la propria lingua fosse sacra (linguaggio degli Dei, direi quasi), e in quanto tale, avesse un potere.

Infatti, nei matrimoni o in altri eventi importanti, alcune parole venivano evitate mentre altre ripetute, così che il linguaggio “modellasse” la realtà per come la si desiderava (si ripetevano, perciò, parole di buon augurio e si evitavano quelle malaugurati).

Kotodama è la ripetizione sacra della parola al fine di “concretarla” nella realtà. E ovviamente, per converso, la rinuncia a pronunciare una determinata parola, conduce all’effetto contrario.

 

 

Tira vento. Kikyou odia queste giornate ventose. Quando questo vento spettina l’erba, sibila tra i rami, fa tremolare l’acqua nelle risaie, lei si sente come una stanza chiusa e vuota da tempo.

Però, oggi.

 

Sta seduta in mezzo al prato, una gamba ripiegata, l’altra un sostegno per il braccio destro.

 

E, come sempre da un po’ di tempo a questa parte, è consapevole del fatto che lui la sta fissando, anche in questo momento.

E’ uno sguardo diffidente. Prima era bellicoso e pieno d’intenti violenti. Poco per volta, è diventato scrutatore, curioso; adesso, quasi … non lo sa bene neppure lei. Però, sa come si sente quando lui è lì vicino.

Si sente … preziosa.

 

“Inuyasha. Sei qua, non è vero? Vieni. Siediti vicino a me, per favore.”

 

Fruscio tra i cespugli. Con la sua solita aria scontrosa, si avvicina, il passo pesante, e si lascia cadere sgraziato a un paio di metri da lei.

 

Lei tiene lo sguardo incollato all’orizzonte.

“Questa è la prima volta che ti parlo da così vicino, non è vero?”

 

E allora?”

 

Kaede mi ha detto che l’hai salvata.”

 

Dunque, è per questo che lo ha chiamato. Ovvio. Subito sulla difensiva, si prepara a ripetere quel che ha già detto alla bambina.

Mica l’ho fatto per loro! Era solo perché uno youkai qualsiasi non si prendesse quel che è mio di diritto!

“Bah! E’ stato solo …”

 

Non gli permette di finire.

Comunque, volevo ringraziarti.” China con eleganza la testa.

 

E adesso?! Sembra quasi. Cosa? Umile? Ah, è proprio tutta da ridere. Fa tanto l’arrogante. Adesso è costretta a riporre le arie! E accidenti! Chissà perché, dopo tutto questo tempo che aspettavo di farle ingoiare un po’ della sua presunzione, non ci trovo nessuna soddisfazione!

 

“Non fare qualcosa che ti si addice così poco!”

 

Stanno in silenzio un po’.

 

Beh? Me ne posso anche andare, no? Ormai hai detto quel che avevi da dire. Congedami e facciamola finita.

 

“Inuyasha, io come ti sembro? Ti sembro umana?”

Che cosa vedi, quando mi guardi per tutte quelle ore, senza stancarti mai?

 

Che? Di cosa stai parlando?!” Comincia ad agitarsi; lei vede bene che si sta innervosendo. Questa strana confidenza, non la capisce, e in special modo perché viene da lei. Ma lei decide di continuare. Ci vuole una strana forma di coraggio, per gettare alle ortiche ogni cautela. Sente un peso ai polmoni, come se l’aria fosse all’improvviso diventata più difficile da respirare. Con uno sforzo, trova il fiato e prosegue.

 

“Non posso mostrare a nessuno le mie debolezze. Non posso esitare. Perché, in quel preciso momento, un qualunque youkai potrebbe approfittarne per attaccarmi e impadronirsi della Shikon no Tama.”

“Sono umana, ma non posso permettermi di agire come un essere umano.

“Tu e io siamo simili. Tu, che sei uno hanyou; umano solo per metà. E’ per questo che non sono riuscita a ucciderti.”

 

“Stai cercando delle scuse?! Falla finita; non sembri neanche tu!”

 

Subito si alza in piedi e si gira, sprezzante. Sta per andarsene. Qualcosa lo ha turbato parecchio; che cosa, non sa. Ma è infastidito, teso. Forse è una trappola. Forse …

 

Lancia un’ultima occhiata in tralice alla miko, già pentito della propria reazione.

 

Che stupido! Magari, invece, Kikyou stava cercando di dirgli qualcosa di importante. Quanto tempo è passato, dall’ultima volta che qualcuno gli ha parlato, se non per insultarlo o minacciarlo? E lui ha rovinato tutto. Proprio non riesce a controllarsi, né a fidarsi.

Di certo, adesso sarà arrabbiata. I suoi lineamenti saranno contratti. Ora lo caccerà via con qualche parola dura. E per questo non potrà prendersela con nessuno, tranne se stesso … e sa già che, nonostante questo, le risponderà in malo modo … e …

 

E il suo viso è liscio, e dolce. I suoi occhi sono caldi. E nel suo sorriso malinconico, neppure l’ombra, oh!, neppure l’ombra di un rimprovero.

 

“Come immaginavo, non sembro neppure io, non è vero?”

 

Quanto mi batte il cuore nel petto, adesso. E lo stomaco. E’ tutto un nodo! Cos’è questa? E’ paura? Paura di cosa? Io, che affronto potenti youkai, che ogni giorno purifico un gioiello antico e pieno di pericoli misteriosi.

Io, che ho accompagnato bambini in questo mondo, tirandoli fuori, urlanti e scalcianti, dalle pance delle loro madri. Io, che ho accompagnato giovani e vecchi fuori del mondo, abbattuti dalle malattie e dal tempo, a volte cercando di curarli, a volte tenendo semplicemente loro la mano, mentre morivano.

Io, che ho imparato a controllare tutte le mie emozioni, e a tenerle in ordine, come fili ben tesi sulla trama e l’ordito della mia anima.

 

Cos’è questa paura? Adesso che lui mi guarda.

 

E questa voce dentro di me?

 

Ti prego, Inuyasha, oh ti prego, ti prego, guardami! Guardami!!

 

Per favore. Inuyasha.

Guarda me. Vedi me!!

 

E mentre lei, seduta a terra, si lascia guardare, lui la guarda.

 

Kikyou si alza. Inuyasha è silenzioso.

“Inuyasha …”

 

Le manca la voce. Tante parole le frullano in testa; ma non trova null’altro da dire.

 

Cosa … ?”

 

“No. Niente.”

 

Senza che nulla cambi nella sua espressione gentile, Kikyou si allontana.

 

Inuyasha resta immobile. Che fare? Sa che è successo qualcosa di molto importante; di fondamentale. Un momento preziosissimo gli è stato regalato. E’ stato fatto entrare.

Cosa vuol dire?

Non lo sa; ma sa che è stato scelto per entrare in un luogo proibito a chiunque altro. Nella mente gli sorge l’immagine di una stanza, chiusa da tanto, tanto tempo; dalla quale passa un solo filo di luce. E se adesso non sarà capace di … di cosa?

Se non sarà capace di essere ciò che è, nonostante tutte le sue abilità di segugio e battitore, forse non riuscirà più a trovare questa pista. Sa solo che non vuole permetterlo. E non lo permetterà!

E senza neppure rendersene conto appieno, sente una forza misteriosa e sconosciuta, ma familiare allo stesso tempo. Echi di un potere e di un retaggio perduti, che aspettano solo una chiamata.

 

… Kikyou …

 

La sua bocca si apre; la sua lingua si scioglie come se ogni suo dubbio o insicurezza fosse stato bruciato in un attimo solamente.

 

“Kikyou! Domani mattina! Presentati qui, domani mattina!”

 

Kikyou ode la sua voce, ma è come se la sentisse per la prima volta. E’ talmente stupita, da girarsi con un’espressione sorpresa, quasi convinta di trovare qualcun altro al posto di Inuyasha.

 

Perché la sua voce è chiara, ferma e il suo tono, non è quello di uno sperduto hanyou che trova rifugio nelle foreste da chissà quanto tempo.

 

Il suo è il tono di un comando che non ammette repliche o ripensamenti. E’ l’eco di potere di una creatura millenaria abituata a dettare legge su molti mondi. E’ l’inflessione di generazioni e generazioni di daimyo che si aspettano che i propri ordini siano eseguiti rapidamente e senza tentennamenti.

 

Come se ci fosse … qualcosa alle sue spalle.

 

E’ solo per brevissimi attimi.

 

Incrociando la sua espressione sorpresa, Inuyasha arrossisce, distoglie lo sguardo e ritorna l’impacciato hanyou di sempre. Ma.

 

“E’ solo che ho qualcosa da darti, ecco.”

 

“Davvero? Bene. Perché anch’io voglio darti qualcosa, Inuyasha.

 

Cosa?! E’ la Shikon no Tama?!”

 

Mentre l’incanto durato quei pochi battiti di cuore si scioglie, Kikyou fatica a trattenere una risata mentre gli risponde “Ovviamente no!”.

 

 

 

La sera.

Kikyou sta maneggiando con cautela le perle del rosario, impregnandole una per una del proprio potere spirituale.

 

E’ già da qualche tempo che pensava di imporre a Inuyasha il vincolo del Kotodama no Nenju; ora si è convinta che il momento sia quello giusto. Eppure è stranamente sulle spine. Certo, in parte si sente in colpa, come se stesse approfittando della sua fiducia. Ma c’è dell’altro.

 

Percepisce, più che sentire, Kaede che si avvicina, e apre gli occhi un attimo prima che la sorellina parli.

 

“E’ un Kotodama no Nenju? Oneesama, lo stai preparando per Inuyasha, non è vero?”

 

Kikyou annuisce.

 

“Sì. Lo so, può sembrare un’azione disonesta, ma è per il suo stesso bene. Per impedirgli di fare qualcosa di stupido o di sbagliato, di cui potrebbe pentirsi.

 

Forse è un po’ sulla difensiva. Ma vagliando il proprio animo, come le è stato insegnato a fare fin da bambina, Kikyou non avverte nessuna malizia dentro di sé. Farebbe volentieri a meno di tutto questo; ed è sicura che, più tempo passerà, più remota diventerà l’eventualità che sia costretta ad usare il Kotodama no Nenju.

 

Glielo porrà al collo, e Inuyasha si arrabbierà tantissimo! Quando si accorgerà di non riuscire a toglierselo, ah!, farà una di quelle sue facce che crede tanto minacciose! E, sì, certo, le terrà il muso per un bel pezzo …

 

Kaede resta lì accanto, stupefatta. Illuminato solo dalla lieve luce di una fiammella, il volto di Kikyou sembra irradiare poco a poco una gioia trattenuta a stento.

 

“Ora. Quale potrebbe essere la parola di comando?”      

 

E, davvero, confida in se stessa a sufficienza da essere convinta di non dovere mai e poi mai fare uso del Kotodama no Nenju. Così, un pochino per volta, lui finirà per perdonarla … e così … così?

 

Dal fondo della mente, dove si era sforzata di relegarlo, un ricordo chiarissimo emerge e si impone alla sua attenzione.

 

Non dimenticare. Non innamorarti. Non permettere a uomo di amarti. Se mai dovessi incontrare un tale uomo, sappi, morirai di una morte innaturale.

 

La paura penetra nella sua anima come una lama. E’ diversa dalla paura che provava questo pomeriggio; completamente diversa. Tutto quel che è, tutto ciò che le è stato insegnato a essere, leva un gelido avvertimento. La strada che sta per imboccare è un pericolo. La miko dentro di sé la afferra alla gola. Quel che sta accadendo va impedito. Va fermato finché è ancora possibile.

 

“Ora che ci penso. Tsubaki mi ha posto sul capo una maledizione. Strano! Una miko quale sono io, che percorre un sentiero insanguinato, non dovrebbe aver paura di affrontare una morte innaturale.

 

Sorride a se stessa. Ha paura, invece. Non ne ha mai avuta tanta, neppure quando i suoi genitori sono morti e lei, senza un lamento, si è impegnata per farsi carico di tutti i propri doveri, di miko e di sorella maggiore.

Le cose si stanno muovendo troppo in fretta! Un sigillo. Le serve un sigillo. La miko che percorre il sentiero insanguinato, le sussurra la soluzione.

 

“Il Kotodama sarà …amore’.”

 

 

 

La mattina dopo, entrambi sono arrivati puntuali all’appuntamento.

Nel palmo di Inuyasha, una conchiglia.

 

“Cos’è?”

 

“Non ho alcun motivo per tenerlo. Perciò lo do a te.

 

Kikyou apre delicatamente la conchiglia.

Resta immobile a fissare la terra rossa all’interno. Il cuore comincia a batterle all’impazzata.

 

“Le sole cose che mia madre mi lasciò furono questo, e l’Hinezumi no Koromo.”

 

“Tua madre, era umana?”

 

“Beh. Sì.”

 

Un calore che nessun addestramento può trattenere le si diffonde dal petto verso le membra e tutto il corpo.

 

Mi ha … vista?

No, non è possibile! Eppure

 

La voce fredda della miko protesta. Che restituisca subito questo inutile feticcio di vanità! Immediatamente!

 

“Non posso accettare qualcosa di così prezioso, Inuyasha. Io …”

 

La voce prende a tremarle. Cos’è questa confusione, questa confusione meravigliosa che le fa quasi girare la testa?

E questi scricchiolii? Gli scricchiolii di una gabbia gelida, fatta di ghiaccio crudele …

 

“Non preoccuparti. L’Hinezumi no Koromo è più che sufficiente.

 

Oh, Inuyasha!

Cosa mi succede? Dunque, era così semplice capire? No, che stupida. Sei tu … tu, che sei un cacciatore!

 

E’ in un tale stato di grazia, che i pensieri le sfuggono, diventa incoerente, parla, ma senza neanche sapere cosa sta dicendo. Questo non è da lei, no, non è da lei, è assurdo, non ha senso, è stupido, bello, folle, magnifico!

 

“Mi dispiace così tanto, Inuyasha. Non avevo idea che ti fosse così prezioso, e l’ho perforato con le mie frecce tante di quelle volte.”

 

Quasi non si è resa conto di avergli preso tra le mani la manica.

 

Calmati!

, lo farò … tra un minuto, ecco; solo un minuto ancora.

 

“Ah! Non preoccupartene! Piuttosto, tu cosa mi hai portato?”

 

Il mondo è un guazzabuglio impazzito. D’istinto, infila la mano nella manica dell’hitoe.

 

Prende il Kotodama no Nenju tra le dita sottili. Adesso è il momento. Basterà porre il sigillo, e poi, tutto tornerà come prima, su quella strada diritta e serena che conosce così bene.

 

In fondo, non è difficile decidere.

 

Solleva la testa a cercare il viso di Inuyasha. Sorridendo imbarazzata, la voce ancora vibrante d’emozione, scaccia dalla testa la protesta muta della miko.

 

“Scusami, Inuyasha. Io … ecco, l’ho dimenticato.

 

E quasi non sente le sue stesse parole, coperte dal fragoroso rumore di una gabbia di ghiaccio finalmente fracassata.

 

  
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