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Autore: _ayachan_    20/04/2009    21 recensioni
A cinque anni dalle vicende de "Il Peggior Ninja del Villaggio della Foglia", che ne è stato delle promesse, dei desideri e delle recriminazioni dei giovani protagonisti?
Non si sono spenti con l'aumentare dell'età. Sono rimasti sotto la cenere, al caldo, a riposare fino al giorno più opportuno. E quando la minaccia è che la guida scompaia, quando tutt'a un tratto le scelte sono solo loro, quando le indicazioni spariscono e resta soltanto il bivio, è allora che viene fuori il carattere di ognuno.
Qualunque esso sia.
Versione riveduta e corretta. Gennaio 2016
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eroe della profezia'
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Penne26
16/03/2016
Capitolo ventiseiesimo

Bentornato




Non avevano mai smesso di seguirli, da quando erano partiti da Anka.
Jin non aveva più contato i giorni dopo aver parlato con sua madre, ma se si guardava indietro gli sembrava che fosse passata un'eternità dalla partenza. Tutto, tutto era diverso adesso.
Le tre ombre scivolavano silenziose da un albero all'altro, senza quella fluidità che avrebbe permesso loro di essere invisibili: erano stanchi, tutti quanti, e la fuga li aveva costretti a zigzagare più volte per evitare posti di blocco, villaggi e spedizioni di ricerca.
L'ordine di cattura contro di loro era stato diramato con rapidità sorprendente: non erano mai riusciti a dormire tranquilli per più di una manciata di ore, il che aveva portato la tensione a livelli elevatissimi. Alla fine Kakashi si era arreso all'idea che se volevano raggiungere Konoha sani e salvi avrebbero dovuto collaborare con Haruka, ma questo non voleva dire che la situazione tra loro si fosse distesa. Al contrario, ora nessuno parlava più a nessuno al di fuori delle necessità quotidiane. Anche Jin, che pure smaniava all'idea di conoscere sua madre, si era rinchiuso in un cupo mutismo rabbioso, rimandando le discussioni al rientro.
Mentre correvano, un ramo cedette sotto i piedi di Haruka e la fece precipitare nei cespugli di sotto.
Jin fu il primo ad accorrere, scoprendo che nella caduta un frammento di legno spezzato le aveva aperto un taglio sul braccio. Prima che potesse fare qualunque cosa Kakashi aveva estratto dallo zaino bende e disinfettante, tamponando subito la ferita.
«Servono dei punti» commentò, fasciandola rozzamente.
«Non siamo lontani dal confine» mormorò Haruka. «Ce la faremo.»
Jin sussultò sentendo attivarsi una delle pergamene di segnalazione che si era lasciato alle spalle.
«Dobbiamo andare, c'è qualcuno vicino» disse con urgenza, aiutando la madre a rialzarsi. «Prendi questa» aggiunse poi, tendendole una pillola per sedare il dolore della ferita.
«Non saremo al sicuro finché non saremo davanti a Naruto» disse Kakashi a quel punto, forzandoli a ripartire immediatamente. «La Nuova Radice avrà messo ai confini tutte le sentinelle che ha a disposizione per intercettarti.»
«Lo so» confermò lei. «E' da quando siamo partiti che cerco un modo per evitarli, ma non mi è venuto in mente niente.»
«Non possiamo evitarli. Siamo troppo stanchi, troppo pochi. Dobbiamo chiedere aiuto.»
«Non faremo in tempo.»
«Un modo c'è... Ma prima devo controllare dov'è Chiharu.»
«Chi?» chiese Haruka, ma Kakashi la ignorò per comporre una complessa serie di sigilli.
Senza che la loro corsa fosse rallentata, un uccellino dalle piume scarlatte si materializzò al loro fianco e li salutò con un cinguettio. Kakashi perse il ritmo per un istante, ma lo recuperò subito.
«Scopri dov'è Chiharu Nara» disse, e l'animale frullò via virando rapidamente.
«Cos'era quello?» chiese Jin corrucciato. «Non è una normale evocazione, i sigilli erano strani.»
«Quello è una cosa che faresti meglio a ignorare» sorrise Kakashi, ma le pieghe agli angoli del viso non si aprirono con le labbra. «Purtroppo non potevo farne a meno.»
Haruka lo fissò, mentre un sospetto si faceva lentamente strada. «Non sarà...» iniziò, ma Kakashi alzò una mano e bloccò tutti.
Poche centinaia di metri alle loro spalle, una carta-bomba di Jin saltò in aria disegnando una nube nel cielo terso.
«Via veloci!»


*


Hitoshi aveva controllato tutto il perimetro della casa di Naruto insieme alla sua copia, senza trovare la minima traccia di esseri umani oltre a loro. Alle prime luci dell'alba aveva chiesto di poter tornare a casa, ma il senso di disagio non si era allentato. Tutta quella faccenda non gli piaceva per niente: avevano catturato Yoshi, certo, ma qualunque cosa avesse fatto per sorvegliarli era stata fatta così bene che iniziava a temere che catturarlo non sarebbe stato sufficiente...
Quando rientrò incontrò Sakura che preparava la colazione. Dalle occhiaie sotto le palpebre era piuttosto chiaro che non aveva chiuso occhio.
«Hitoshi!» scattò non appena lo vide entrare dalla porta. Gli gettò le braccia al collo, e lui, stupito, si bloccò senza saper rispondere. «Stai bene? Com'è andata?» continuò lei, partendo subito con una visita agli occhi e le dita a misurare il polso.
«Mamma, ferma... Ferma!» sbottò lui a disagio, facendo un passo indietro. «Lasciami respirare!»
«Scusa» Sakura strinse le mani una all'altra.
«Lo abbiamo preso» disse allora Hitoshi, sistemandosi il colletto un po' sdegnoso. «E io sono stato quello che lo ha fermato appena prima che ci sfuggisse.»
«Sei stato male?»
Hitoshi crollò le spalle. Perché le madri medico non imparavano mai a gioire dei successi dei figli?
«Un po' di mal di testa, ma niente di invalidante.»
Sakura tirò un profondo sospiro di sollievo, rilassandosi impercettibilmente. Con un gesto stanco tese una tazza a Hitoshi e gli ordinò di bere un poco di tè prima di fare la doccia e riposare.
Hitoshi obbedì senza proteste, sedendosi al tavolo. Era insolito che lui e sua madre si trovassero soli: con tutti i fratelli in circolazione la casa era peggio di un porto di mare, e da quando a Fugaku era spuntato lo sharingan Hitoshi cercava di evitare gli incontri a quattr'occhi con gli altri membri della famiglia.
Oggi, però, qualcosa era cambiato.
Senza quasi rendersene conto, Hitoshi sospirò e le parlò come avrebbe parlato a Naruto.
«Mamma, ci aspettava» disse stringendo la tazza tra le mani. «Sapeva chi sono, sapeva che saremmo arrivati... In qualche modo ha aggirato le difese attorno a casa di Naruto, perché è stato lì che lui me ne ha parlato. Io e una sua copia abbiamo controllato il perimetro insieme, ma non abbiamo trovato mezza traccia. E' bravo, troppo bravo. Non è normale.»
Sakura si sedette al suo fianco, rabbuiandosi. Probabilmente la spia attorno al palazzo dell'Hokage seguiva Naruto anche fuori dall'ufficio. Avevano dato per scontato che trattandosi di Naruto se ne sarebbe accorto... invece probabilmente non era andata così. Forse la spia usava qualche nuovo ritrovato della tecnica ninja.
«Non è detto che Yoshi lavorasse da solo. Dobbiamo procurarci un linguaggio in codice» disse, cercando subito una soluzione. «E forse nemmeno questo sarà sufficiente... Chiederò agli Hyuuga di elaborare una strategia anti-spionaggio. Non lo so, forse anche Shikamaru dovrà aiutarci» Sakura si interruppe. «E' strano parlare di queste cose con te...»
«Anche per me» borbottò Hitoshi, a disagio. «E' la prima volta che non mi cacci via gridando che sono cose serie e non mi riguardano.»
Sakura rimase in silenzio, le mani attorno alla tazza e lo sguardo un po' distante. Hitoshi era diventato grande, era entrato nel suo mondo. Non un bel mondo, purtroppo, ma era lì, e lei non poteva più proteggerlo come avrebbe voluto...
Inspirò a fondo e lasciò uscire l'aria. Solo ora capiva quello che dovevano aver provato i suoi genitori, e la prospettiva della guerra alle porte non glielo rendeva più facile.
«Stai attento, ti prego» mormorò, tendendo una mano a prendere la sua.
Lui esitò. Avrebbe voluto parlarle dell'incontro con Sasuke e di come non lo avesse riconosciuto, ma qualcosa glielo impedì. Vergogna, forse, o riserbo. Alla fine decise di tacere e prese la mano che lei gli porgeva.
«Stai attenta anche tu, mamma.»

Hitoshi dormì tutta la mattina e buona parte del pomeriggio, svegliandosi soltanto quando la fame lo costrinse a riempire lo stomaco.
In casa c'erano solo i suoi fratelli e i domestici, perché Sakura era di turno e suo padre ancora disperso al commissariato, così si fece preparare un pasto veloce e lo consumò nella sua stanza ripassando gli eventi di quella notte.
Era soddisfatto di sé stesso, cosa che avveniva con una rarità spaventosa: alla fine essere rimandato a casa gli aveva dato l'opportunità della vita, invece del disastro che temeva. Non avrebbe ucciso Chiharu, decise. Anzi, forse l'avrebbe anche ringraziata.
Ripensando a lei gli tornarono in mente una serie di inevitabili immagini collaterali, e un fremito gli corse lungo la schiena all'idea che presto sarebbe rientrata. Cosa sarebbe successo allora? Come si sarebbero comportati, cosa sarebbero diventati? Non avevano avuto occasione di parlarne, ma sapeva, era certo che lei fosse sensibile al suo fascino, o qualunque cosa fosse. Se aveva un'occasione era quella, e doveva sfruttarla.
Finì il pasto rapidamente, poi si vestì e andò dritto allo studio dell'Hokage. Voleva chiedere com'era andata la missione a Suna e voleva sapere quando sarebbero rientrati i compagni, ma voleva anche capire se la sua promozione ad Anbu era ancora valida o se Naruto si sarebbe rimangiato la parola.
Nonostante fosse piuttosto tardi lo studio dell'Hokage era affollato e in piena attività. Dando un'occhiata in giro Hitoshi intuì che gli Hyuuga erano stati mobilitati per elaborare una strategia anti-spionaggio e che la cosa era ritenuta urgentissima: messaggeri continuavano ad andare e venire portando involti dalle forme bizzarre, e Hitoshi capì che probabilmente avevano dislocato il quartier generale in diversi punti di Konoha per mettere in difficoltà chiunque li osservasse.
Per farsi ricevere da Naruto dovette attendere una mezzora; quando alla fine Koichi lo fece entrare, trovò nell'ufficio anche Shikamaru, sua madre e il vecchio Jiraya.
«Eccolo qua!» esclamò Naruto accogliendolo con un sorriso tirato. «Sei ancora tutto intero? Sakura mi sta mettendo addosso un sacco d'ansia!»
«Sono in perfetta forma, anche più del solito» assicurò lui, adocchiando le pile di documenti che ricoprivano ogni superficie libera. Sembravano persino più alte del solito. «So che non è il momento migliore, ma volevo sapere qualcosa della missione di Kotaro e Chiharu.»
«Ah, certo!» Naruto si tuffò sotto una pila di fogli ed estrasse un documento stropicciato. «E' andata benissimo, sono vivi e hanno recuperato la ragazza. Da oggi abbiamo di nuovo la Sabbia!»
Shikamaru, seduto contro il muro dietro la sedia dell'Hokage, gemette impercettibilmente. Il messaggio di Gaara non conteneva solo informazioni tattiche, ma anche una sgradevole parentesi riguardo a Temari. Affondò il naso nel faldone che stava leggendo.
«Quando tornano?» domandò Hitoshi, reprimendo una punta d'invidia per il successo dei compagni.
«Sono partiti stamattina, dagli tre giorni.»
«Non c'è speranza che Stupido sia rimasto ucciso in azione, vero?»
«Hitoshi!» esclamò Sakura, che aveva fatto lezione ad Akeru e non lo aveva trovato malaccio.
Naruto rise e scosse la testa. «No no, anche lui ha fatto bella figura. Purtroppo.»
«Dovreste migliorare i rapporti, ora che siete colleghi» ridacchiò Jiraya. «Ricordi che è un Anbu, vero?»
Sakura si irrigidì e fissò Naruto con insistenza.
«Sì... Ehm...» tossicchiò lui. «A proposito della tua promozione...»
«Non osare tirarti indietro» ringhiò subito Hitoshi. «Abbiamo preso Yoshi grazie a me!»
«Lo so, lo so!» Naruto gettò un'occhiata a lui e una a Sakura, schiarendosi la voce. «Però cosa me ne faccio di Chiharu e Kotaro senza di te? Siete il mio gruppo di punta, non posso mandarli in giro in coppia.»
«Non sono affari miei» sbottò l'Uchiha.
Naruto crollò le spalle mugugnando. Il suo piano per diventare la figura di riferimento di Hitoshi si stava già scontrando con l'invisibile muro di Sakura. Uscire da quella trappola sarebbe stato difficilissimo.
Shikamaru, dalla sua sedia, inarcò un sopracciglio e fece un lungo sospiro. Conoscendo le inesistenti capacità diplomatiche di Naruto, immaginava che non ne sarebbe venuto niente di buono.
Per il bene di sua figlia, dunque, decise di prendere in mano la situazione e tirò fuori il naso dai documenti.
«Va bene, allora. Naruto, prova a chiedere a Baka Akeru se è interessato a sostituire Hitoshi. Un ninja medico in un gruppo da tre è sempre un bel bonus, e gli Anbu ne hanno in abbondanza» disse con tono incolore. Hitoshi si irrigidì visibilmente. «Inoltre lui e Chiharu hanno già collaborato per quel fattaccio di cinque anni fa, giusto? Vanno piuttosto d'accordo.»
Hitoshi sentì il gelo scendere lungo la schiena all'idea che Baka Akeru andasse piuttosto d'accordo con Chiharu e lo sostituisse nel gruppo Sette. Baka e Chiharu si odiavano! Non andavano d'accordo. E di sicuro non avrebbero mai e poi mai collaborato, per non parlare di quel che ne avrebbe pensato Kotaro!
Per un attimo pensò che diventare Anbu in quel momento sarebbe stato un tragico errore. Poi, però, ricordò che diventare Anbu era il suo sogno più grande, subito dopo l'ottenimento dello sharingan.
A salvarlo intervenne un indignatissimo Naruto, che senza capire niente di quello che sottintendevano i discorsi di Shikamaru si inalberò subito: «Non ce lo voglio Stupido nella mia squadra! Sei pazzo? Hitoshi, tu non molli il gruppo, punto! Ci sarà sempre tempo per fare l'Anbu, considerati abilitato ma non in servizio!»
Sakura sospirò visibilmente di sollievo, Shikamaru guardò Hitoshi di sottecchi.
Hitoshi esitò ancora, combattuto. «Beh... in realtà Baka e Chiharu si odiano» chiarì. «Anche senza di me...»
«Non credo si odino poi tanto» lo interruppe Shikamaru, che voleva concludere in fretta. «Lui ha firmato un contratto di custodia praticamente folle per riportarla a casa contro il parere dei medici di Suna. Se devo essere onesto la cosa mi puzza parecchio.»
«Che contratto? I medici volevano che restasse là?» chiese Hitoshi ansiosamente.
A Jiraya bastarono tre secondi per fare due più due, e di colpo scoppiò a ridere fragorosamente. «Sarebbe quasi carino, se non fosse un Uchiha!» esclamò additandolo allegramente. «Così palese!»
Hitoshi avvampò e si irrigidì tutto, ma il primo a rispondere fu Shikamaru: «Ehi, non voglio allusioni su mia figlia dall'autore delle peggiori porcate nella biblioteca di Konoha.»
«Akeru non si sarebbe preso la responsabilità di riportarla indietro se ci fossero dei rischi» intervenne Sakura, adocchiando l'indignazione negli occhi del Sennin e temendo una rispostaccia. «E' un ninja medico della squadra Anbu, e in parte li ho addestrati io, non dimenticatelo. Sempre a proposito degli Anbu, Hitoshi, credo che in questo momento siano ben bilanciati. Abbiamo più bisogno di te come membro del gruppo sette. Poi, quando la situazione si sarà calmata, parlerete degli Anbu...»
Shikamaru sbuffò impercettibilmente: nessuno sapeva se la situazione si sarebbe calmata. Sakura stava giocando sporco, e quel cretino di suo figlio ci sarebbe anche cascato. Ma a diciotto anni erano tutti così annebbiati dagli ormoni?, si chiese, evidentemente dimentico del fatto che i suoi, di ormoni, a diciotto anni lo avevano reso padre. Tanto più che, per come conosceva Chiharu, non avrebbe mai degnato di uno sguardo uno dei boriosi Uchiha, e tanto meno Baka Akeru, che si era evidentemente fatto manovrare da sua figlia perché non voleva restare sola con Temari.
Ogni tanto anche Shikamaru sbagliava.
«Bene! Allora torni nel gruppo!» esclamò Naruto cogliendo la palla al balzo. Poteva conquistare Hitoshi anche senza regalargli la promozione, in fondo... Non avrebbe sopportato di avere a che fare con Baka troppo spesso.
Hitoshi strinse le labbra. «Voglio essere il capo» sbottò. «Sono al livello di un Anbu, dopotutto!»
«Se volete me lo porto in viaggio e gli insegno un po' di umiltà» propose Jiraya.
«Non sei mai stato umile» gli fece notare Naruto.
«Posso ricordarvi che abbiamo un mucchio di lavoro?» sbuffò Shikamaru dal fondo. «Per favore!»
Hitoshi si schiarì la voce. «Infatti... Volevo chiedere se Yoshi ha parlato.»
Sakura lanciò un'altra occhiata di avvertimento a Naruto, e lui si ricompose obbediente. «Hitoshi, ti siamo grati per il contributo che hai dato alla sua cattura, ma capisci che da questo punto in poi le informazioni sono strettamente riservate. Se avremo ancora bisogno di aiuto sarai il primo che contatteremo.»
«Se fossi Anbu...»
«Non te lo diremmo comunque» troncò Sakura, che comunque cercava di tenere il figlio ai margini dell'azione, se proprio non poteva tenerlo fuori. «E di certo non qui» aggiunse in tono di rimprovero, ricordando implicitamente ai presenti che potevano essere ancora sotto controllo.
«Se hai del tempo libero ti posso dare un paio di consigli per recuperare la tua bella» rise Jiraya. I triangoli gli piacevano da impazzire, aveva già una mezza idea per un nuovo libro...
«Non ho mai tempo libero» ringhiò Hitoshi.
«E neanche noi» si inserì Shikamaru, chiudendo il documento che stava leggendo e fregandosi la fronte stancamente. «Resto ancora stanotte per vedere se riesco a dare una mano agli Hyuuga. Domani mi presti un rospo, Naruto? Vado a vedere cosa è preso a Temari e iniziamo a coordinarci con la Sabbia.»
«Hitoshi, vai a casa» disse Sakura al figlio, troncando sul nascere altre possibili discussioni. «Resti a riposo fino al rientro dei tuoi compagni.»


Sasuke si prese un tè caldo in bicchiere di plastica al posto della cena. I distributori del commissariato in quei giorni gli avevano salvato la vita, ma di certo non lo aiutavano a prendere la risoluzione di tornare a casa. Per sua fortuna aveva talmente tante cose da fare che i suoi subordinati non trovavano strano vederlo sempre in giro: anche in quel momento sapeva che erano appena arrivati dispacci dai quartieri bassi e un ordine di coordinamento con gli Hyuuga per la faccenda della spia, e che avrebbe dovuto analizzare tutto entro l'indomani.
Grattandosi distrattamente il collo rientrò in ufficio con la testa piena di dati e congetture, ma non fece in tempo a sedersi che qualcuno bussò alla sua porta.
Quasi sussultò vedendo entrare Ryuichiro.
«Buonasera. Sono mortificato per l'ora, ma non riuscivo mai a trovarla a casa e allora ho pensato...» il ragazzo si strinse nelle spalle timidamente.
«Non preoccuparti. Vieni, siediti. Ho molto lavoro in questi giorni...» Sasuke si affrettò ad accomodarsi dietro la scrivania, frugando tra le carte per trovare posto al suo tè. «Mi dispiace, non ho pensato ad avvisarti.»
«Non era necessario» si affrettò ad assicurare Ryuichiro, sedendosi di fronte a lui con un po' di disagio. «Anzi, mi scuso per essere tornato così presto. E' che mia madre... non è stata molto bene, abbiamo avuto delle spese impreviste...»
«Non hai bisogno di spiegare» lo interruppe Sasuke. «Per domattina sarà tutto sistemato.»
Ryuichiro tacque, fissandolo quasi tristemente. «Non mi piace quello che faccio» ammise piano. «Ma non so che altro fare. Nessuno mi dà un lavoro, e mia madre si rifiuta di trasferirsi altrove. Vuole...»
Continuare ad approfittarsene, pensò Sasuke, ma non lo disse. Dopotutto se Ryuichiro non trovava lavoro né accoglienza al Villaggio era colpa degli Uchiha: nessuno si fidava di lui. Anche Kakashi lo considerava un sorvegliato speciale; aveva chiesto espressamente a Sasuke di tenerlo d'occhio, perché chissà mai che Akatsuki o il paparino non avessero elaborato un piano macchinoso per mettere di nuovo in pericolo il Villaggio... Sasuke scrollò la testa per smettere di pensarci.
Itachi, il vecchio Itachi, si era lasciato alle spalle una scia destinata a durare parecchi anni.
«Per la mia famiglia non è una difficoltà» disse in tono pacato. «Se lo fosse ti avrei avvisato.»
Ryuichiro sorrise. «Qualche tempo fa ho avuto occasione di parlare con sua moglie. E' una buona madre, non so come faccia a stare dietro a tutti i suoi impegni. Forse è grazie al suo aiuto.»
Sasuke si irrigidì in preda al senso di colpa. Il suo aiuto? Stava evitando di tornare a casa, di occuparsi dei suoi doveri di sostituto Hokage, di seguire l'allenamento dei suoi figli... Stava trascurando un mucchio di cose.
«Ho detto qualcosa di sbagliato?» chiese Ryuichiro gentilmente.
Sasuke scosse la testa e si schiarì la voce, cercando un modo per congedarlo, ma il ragazzo lo precedette.
«So che non dovrei permettermi...» iniziò esitante. «Ma penso che dovrebbe tornare a casa, questa notte.»
Sasuke lo guardò. E per un istante al suo viso si sovrappose quello del fratello, tanti anni prima, un'intera vita prima... Il fratello grande che lo mandava a dormire quando si allenava troppo a lungo, che gli dava colpetti sulla fronte quando si lamentava, che gli mostrava pazientemente i suoi errori...
All'improvviso il peso di quello che stava facendo gli crollò addosso tutto insieme, e le sue spalle si piegarono sotto il ricordo dei rimproveri di Naruto, della solitudine e del senso di colpa.
«Sì...» sussurrò, esausto, fissando il tè che fumava. «Penso che seguirò il tuo consiglio.»


Sakura era rientrata quando tutti i suoi figli erano già a letto da alcune ore, sfinita dall'estenuante giornata di lavoro, e aveva pensato di prepararsi un tè per distendere i muscoli prima di andare a dormire.
Era così stanca che non aveva nemmeno la forza di pensare. Si sentiva schiacciare dalla responsabilità, sentiva che l'indomani, senza Shikamaru, sola con Naruto, non avrebbe più retto: sarebbe crollata, avrebbe parlato di Sasuke, e Naruto avrebbe fatto una scenata, avrebbe cercato di intromettersi, tutto si sarebbe complicato...
Non aveva la forza di sopportarlo. Era stanca di combattere da sola. Non era più una ragazzina piena di energie, non riusciva ad affrontare di nuovo la fuga di Sasuke. Non più.
Finché, senza preavviso, davanti a una tazza di tè a malapena tiepida, proprio allora vide rientrare Sasuke.
E allora
silenzio.
La tazza sul tavolo, la teiera sul fuoco spento, le sedie in ordine e i bicchieri a sgocciolare. Il lampadario che pendeva dal soffitto al centro della stanza.
Sasuke entrò senza fare rumore. Tenendo lo sguardo basso, com’era sua abitudine, raggiunse la teiera e si versò una tazza di tè. Sedette accanto a Sakura, allo stesso lato del tavolo, e fissò le mani strette alla ceramica.
Silenzio.
Il cuore di Sakura batteva pesantemente.
Sasuke si era seduto. Voleva parlarle, ma di cosa?
Silenzio.
Lui alzò lo sguardo, incontrò quello di lei.
Ancora silenzio, per un lungo, infinito, pesantissimo attimo.
Infine la sua voce.
«Sono tornato.»
Sakura rilassò i muscoli con cautela. Abbassò gli occhi, nascondendoli nel vapore che saliva dalla tazza di tè. Annuì.
«Bentornato.»
La voce leggermente incrinata, la vista incerta, il nodo alla gola. Niente era a posto, davvero niente; non bastava ripresentarsi a quel tavolo perché ogni cosa acquistasse senso...
Ma Sasuke era lì. Dopo tanto tempo, dopo tanto scappare, era di nuovo lì, da lei.
Domani avrebbe pensato al da farsi. Quella notte voleva che restasse così, sospesa.


*


L'evocazione di Kakashi ricomparve dal nulla, facendo trasalire Jin e Haruka.
«Chiharu Nara è a quaranta chilometri a sud, diretta verso il Villaggio della Foglia» annunciò posandosi a terra.
Kakashi imprecò a mezze labbra, fermandosi per tirare fuori la cartina.
Quel giorno avevano riposato meno del previsto, perché avvicinandosi al confine avevano dovuto fare più attenzione. I mercenari mandati alla loro ricerca si erano moltiplicati e sparpagliati, e adesso dovevano fare lunghe deviazioni per non incontrare nessuno che fosse allettato dalla taglia sulla loro testa.
Kakashi aveva sperato che Chiharu fosse a già Konoha, possibilmente vicinissima a suo padre: in quel modo avrebbe potuto informare Naruto della situazione e chiedere rinforzi per eliminare le sentinelle della Radice. Ma se Chiharu era lontana quanto lui la faccenda si complicava... I suoi segugi non sarebbero riusciti a oltrepassare lo sbarramento di Roccia e Radice, e non si fidava abbastanza dell'altra evocazione per chiederle di rischiare la traversata. Cosa era andato storto nella missione di Loria per farli tardare così?
«Dovremo aspettare il confine» mormorò, mentre Jin illuminava debolmente la cartina e Haruka faceva da schermo perché la luce non filtrasse tra gli alberi. Ormai era buio. «In quanti viaggiano con Chiharu?»
«Altri quattro shinobi.»
«Quattro?» ripeté Kakashi, chiedendosi chi fosse rimasto ferito nella missione. Ma non aveva tempo di preoccuparsene, e accantonò il problema. «Chiederemo anche il loro aiuto, quando arriverà il momento» mormorò ripiegando la cartina. «Deviamo verso sud, cerchiamo di avvicinarci al gruppo che viene da Suna.»
Jin e Haruka annuirono. Il braccio ferito di Haruka continuava a sanguinare in mancanza di punti, la fame e la stanchezza li rendevano più lenti, più vulnerabili.
Kakashi guardò entrambi, chiedendosi se ce l'avrebbero fatta.
Con desolazione, si accorse di non saperlo.







* * *

Buongiorno a tutti!

Capitolo schifosamente Uchihacentric, lo confesso.
Però Hitoshi sta riacquistando un pochino di dignità (forse)
e sinceramente lo preferisco così, piuttosto che emo e disperato.

Nel prossimo capitolo continua la scia Uchiha,
MA
il terribile capitolo 28,
che ho riscritto mille volte perché è pieno di combattimenti,
è dietro l'angolo...

Che finalmente si avvicini la scena del prologo?

Grazie a tutti voi che siete arrivati a leggere fin qui.
Un abbraccio.

Alla settimana prossima!

  
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