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Autore: Mary_Julia_Solo    13/07/2016    1 recensioni
Saresti disposto a morire
per ottenere la verità?
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« Katharine lo guardò confusa, ma poi lentamente si alzò e, ignorando il dolore alla spalla, corse nel bosco, incespicando nelle radici e urtando i rametti bassi. Prima di allontanarsi troppo si voltò verso l’uomo in nero per controllare che non la stesse seguendo, che non si stesse solo divertendo con lei. Ma, lo vide ancora fermo dov’era prima, a guardarla correre via. All’improvviso Katharine si chiese chi fosse. Se davvero avesse voluto uccidere la sua famiglia. O tutti gli altri che probabilmente aveva ucciso. Si chiese se davvero fosse cattivo. Se davvero fosse senza cuore come lo credeva. »
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Nuovo personaggio, Steve Rogers
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo 3. - Memories
Un battito di cuore. Due battiti. Tre. Respirava ancora? Non ne era del tutto certo. Si sentiva soffocare, come se qualcuno gli stesse stringendo una mano intorno alla gola. Daphne era la figlia di Bucky? Del Soldato d’Inverno? Ma come…? Si era rinsavito in quel momento o… Scosse la testa e guardò Fury, ammutolito. L’ex-direttore mantenne la sua usuale calma. Steve non riusciva a capire come ci riuscisse. Quella notizia li metteva davanti a cose quasi inimmaginabili. Si voltò per cercare lo sguardo di Natasha e si accorse con stupore che la donna non era più li. Non era da lei scappare, indietreggiare davanti alle difficoltà. E se lei era scappata, lui non poteva fare altro. Non aveva nessuno su cui contare, e in quel momento ne aveva bisogno. Confuso, si alzò dalla sedia e corse fuori, per cercare la Vedova. Lo lasciarono andare, senza dire nulla. Era meglo così. Steve corse lungo il corridoio, cercando l’amica. Infine, la vide. Era ferma davanti all’enorme vetrata che dava sul prato. La raggiunse e, per l’ennesima volta, si stupì. Le lacrime solcavano il viso di Natasha, i suoi occhi erano rossi.
-Natasha? -chiamò il Capitano, notando che lei non si era per nulla accorta della sua presenza.
-Oh, Steve… -mormorò la Vedova, asciugandosi in fretta le lacrime.
-S-stai… Piangendo? -lei si voltò di scatto verso di lui, quasi con rabbia, ed esclamò:
-Io non piango mai! -ma nel dirlo strinse i pugni e distolse lo sguardo da quello di Steve. -Mi dev’essere entrato qualcosa negli occhi… -
-Nat. Non mentire. A me puoi dirlo. -se Natasha piangeva, la situazione doveva essere grave.
-Sai, a volte mi fai proprio arrabbiare, Steve! -quasi gridò la donna, facendo per andarsene. Ma, poi, tornò indietro e quasi si gettò tra le braccia dell’amico, che la strinse a sé, confuso come non mai.
-A me puoi dirlo Nat. Lo so che non sei senza cuore. Quello che è successo con Banner lo dimostra. -la Vedova strinse di nuovo i pugni, dietro la schiena del Capitano.
-Non c’è spazio per i sentimenti, in questo lavoro. -poi, sospirò e si allontanò un poco da Steve, per poi dire. -Lo conosco. Bucky. Quasi bene quanto te. Mi ha addestrato nella Stanza Rossa, mi ha fatta diventare l’assassina che ero. E che rimarrò sempre… -il suo sguardo smeraldino si perse nel vuoto per qualche secondo, ma poi continuò. -Ho imparato a conoscerlo. Ho capito che non era senza cuore. Che era umano. -sorrise, un sorriso sarcastico. -Troppo tardi mi sono accprta di essermi innamorata di lui. Eravamo nella stessa identica situazione. Ho visto quello che gli hanno fatto. Tutti quei lavaggi del cervello. Ho provato quello che gli hanno fatto. Perché l’hanno fatto anche a me. Perciò non… -si morse le labbra quasi a sangue. -Non riesco ad accettare che abbia una figlia. Spero solo che quella ragazza si sbagli. -Steve si sentì strano, più legato a Natasha di quanto non lo fosse pochi minuti prima. La abbraccio di nuovo e mormorò:
-Temo che non si sbagli, Nat. -
-Lo so… -rispose lei in un soffio, sentendosi una stupida ragazzina sentimentalista. Rimasero così per qualche secondo, poi Capitan America la lasciò andare e fece per andarsene. C’erano molte cose di cui doveva discutere con Daphne. La voce di Natasha lo fece voltare:
-Steve ? -fissò su di lei le sue iridi azzurre. -Mi è entrato qualcosa negli occhi. -lui annuì.
-Certo, Natasha. -disse semplicemente, poi si avviò verso la sua camera, pensando. Forse Bucky era ancora salvabile, dopotutto. Però aveva appena ucciso Katharine. C’era qualcosa di molto strano. Due volte non l’aveva uccisa, quando ne aveva la possibilità, e dopo quasi trent’annidalla prima volta, l’aveva fatto. Ma perché? E poi l’Hydra era ormai crollata. Non avrebbe più dovuto esistere nessun Soldato d’inverno. Sovrappensiero, Steve entrò nella sua stanza, e si ritrovò davanti Daphne, seduta sulla sua sedia, con il suo taccuino aperto sulle ginocchia. La ragazza alzò lo sguardo su di lui e sorrise.
-Capitano. Mi dispiace essermi intrufolata qui ma Fury mi ha detto di aspettarla, dopo avermi guidata fino a questa stanza. Mentre la aspettavo ho trovato questo quadernetto e perciò… -Steve annuì. La sua rabbia verso quella ragazza era scomparsa. Ora rimaneva solo curiosità. Daphne era intelligente. Arrivare a capire di essere la figlia del Soldato d’Inverno da informazioni minime era notevole.
-Non fa niente Daphne. -rispose l’uomo, sorridendo. -Sono io che mi devo scusare con te. Mi dispiace di averti attaccata. -abbassò lo sguardo, aspettando una risposta da parte della ragazza.
-Capisco che fosse arrabbiato. È stato un mio errore. Non sono abituata a trattare con delle persone con dei sentimenti. -Steve sollevò un sopracciglio, in una muta domanda. -Penso che abbia sentito quello che mia madre mi ha detto nell’ultimo messaggio che mi ha lasciato. Sono stata presa di mira dai miei coetanei da quando sono piccola. Nessuno sopportava che io non avessi un padre. Se lui fosse stato morto o i miei avessero divorziato avrebbero capito, ma così… Le loro menti inferiori non arrivavano a capire che mia madre non era una prostituta. Ma non è solo per questo. Ho dovuto farmi le ossa. Imparare a rialzarmi. Tutti mi hanno sempre odiata. Sono sempre stata più intelligente, troppo per la mia età. Troppo avanti rispetto a loro. E siccome sono sempre stata gracile, non perdevano un secondo per farmela pagare. -sorrise mesta e osservò Steve, che capiva perfettamente come lei si sentiva. Non era bello essere poco considerati. -Ma nella vita ho quasi sempre avuto un obiettivo. Come mia madre. Il suo era vendicare la sua famiglia, il mio scoprire chi fosse mio padre. Da quando sono stata abbastanza grande per intendere e volere ho compreso che mio padre non era morto. Pensai che fosse scappato all’inizio. Che fosse un codardo. Lo chiesi a mia madre, e lei mi rispose che lui non era un codardo, che era l’uomo più coraggioso che avesse mai conosciuto, ma che era stato costretto ad andarsene. Ed ora capisco, ora sì. -chiuse gli occhi e una lacrima le scivolò lungo il viso pallido. -Ma non sono venuta da voi per la morte di mia madre. Quando lei ha menzionato lo S.H.I.E.L.D., ho compreso che avrei potuto capire la verità su mio padre, cominciando a comprendere quella su mia madre. Non ho trovato io lo S.H.I.E.L.D., lui ha trovato me. Fury mi ha trovata. Mi ha mostrato il fascicolo su mia madre, e lì ho capito. Poi ho voluto parlare con lei. -Daphne si fermò e si leccò le labbra secche dal troppo parlare. -Forse può dirmi qualcosa su chi era mio padre, perché sono certa di non saperlo. -
Capitan America la osservò per qualche secondo, un poco sconcertato da quella storia, pensando a cosa dire. Ma capiva. Tutti avevano un obiettivo nella vita. Il suo era stato distruggere l’Hydra, e c’era riuscito, e ora era salavare Bucky. Aiutare sua figlia poteva essere un buon inizio. Deglutì e poi disse:
-Hai guardato i miei disegni. -più un’ affermazione che una domanda, ma Daphne rispose comunque.
-Sì. E devo dire che ha un talento, davvero. - il quaderno si era chiuso, perciò la ragazza lo risprì sull’ultima pagina, sul disegno che Steve aveva appena terminato. -Ho visto che ha disegnato il Soldato d’Inverno… -il Capitano allungò una mano verso di lei, che gli porse il taccuino, senza dire nulla.
-Questo taccuino mi fu dato da Peggy Carter, -commentò Steve, mentre cercava la pagina giusta. -la fondatrice dello S.H.I.E.L.D., quando tornai nel mondo dei vivi. Lo tenne per settant’anni, tutto il tempo in cui rimasi congelato, per questo è così rovinato. -mostrò il disegno che aveva trovato a Daphne. -Riesci a capire chi è. Mi dispiace, il tempo lo ha rovinato, non si vede molto bene. -la ragazza prese il quadernetto e osservò il disegno. Poco dopo scosse la testa. Il soldato ritratto non le diceva praticamente niente. -Dimmi, quante immagini del Soldato d’Inverno hai visto? -domandò allora il Capitano.
-Poche. E tutte con la maschera. -Steve le fece segno di guardare di nuovo il disegno. Daphne abbassò lo sguardo sulla carta.
-Lui è il Soldato d’Inverno. -la ragazza lo guardò stupita. -Lo so, non sembra lui. -
-No, infatti. Sembra… Normale. -il Capitano intanto si era alzato e frugava in un cassetto della sua scrivania.
-Perché lo era. Non è sempre stato un assassino. -mentre parlava le porse una foto. Era in bianco e nero, un rovinata su tutti i lati e un po’ segnata dal tempo, ma si vedeva perfettamente. -Lo so, non è il massimo, ma per ora è tutto quello che posso mostrarti. -
-Risale alla seconda guerra mondiale, non è vero? A quando sei diventato Capitan America. -Steve annuì e poi, con un sorriso triste, disse:
-Lui è tuo padre. Quando ancora non era il Soldato d’Inverno. Si chiamava, -parlare di lui al passato, come se fosse irrecuperabile, gli faceva male, ma in quel momento sembrava il modo più giusto. -James Buchanan Barnes, Bucky per gli amici. Era un sergente della 107 divisione. Ed era il mio migliore amico. -Daphne alzò lo sguardo sul Capitano, stupita.
-Il suo migliore amico? Cosa capitò poi? -Steve non si sentiva di rispondere. Non voleva dover spiegare tutto dall’inizio, quindi domandò:
-Sei mai stata allo Smithsonian di Washington? -
-Una volta forse, molto tempo fa, con mia madre. Ma perché? -Daphne non capiva molto bene quella domanda.
-Molto tempo fa non ero tornato. -si limitò a dire Capitan America, prendendo la giacca dallo schienale della sedia e alzandosi, subito seguito dalla ragazza. -Quando mi sono scongelato hanno creato una sezione del museo dedicata a me. Lì forse troverai risposte. -continuò Steve, mentre percorrevano i corridoi dello stabilimento degli Avengers. Daphne non fece altre domande. Stava pensando. Non pensava che arrivando allo S.H.I.E.L.D. avrebbe trovato qualcuno che conosceva tanto bene suo padre. Non si era mai interessata alla storia di Capitan America o adirittura dell’America in generale. Sapeva a malapena quando era stata firmata la dichiarazione di indipendenza o l’anno del crollo delle torri gemelle. Aveva vissuto la maggior parte della sua vita in Inghilterra, e poi, un anno prima, sua madre aveva deciso di tornare negli States, a Los Angeles. Forse credeva di essere finalmente al sicuro. Ma si sbagliava. All’improvviso Daphne si sentì meno sola. Per lei era stato uno shock comprendere che il probabilmente più pericoloso assassino del mondo era suo padre. Ma capiva che Steve Rogers non avrebbe mai davvero potuto credere a quello che era successo -a quello che avevano fatto- al suo migliore amico. Steve e Daphne uscirono nell’aria troppo calda di quel pomeriggio di novembre, e, con tranquillità, il Capitano si avvicinò ad un auto posteggiata lì vicino. Con calma aprì la portiera, e, mentre armeggiava con i cavi del cruscotto, si voltò verso Daphne e disse:
-Mi dispiace, ma io possiedo solo una moto. Quindi… -tornò un attimo a concentrarsi sul suo lavoro. -dovremo prendere quest’auto. -
-Da quando Capitan America ruba le automobili? -domandò la ragazza, sorridendo divertita.
-Non… Non la sto rubando. È di Natasha. -si giustificò l’uomo, mentre si sistemava sul sedile del guidatore. -La prendo in prestito. -Daphne fece il giro del mezzo e aprì la potiera dall’altra parte, quella del passeggero.
-Non avrebbe semplicemente potuto chiederle le chiavi? -
-Così non sarebbe stato divertente. -rispose ghignando Steve. Premette il piede sull’accelleratore e partì lungo il viale.
-Non sono sicura che sia una buona idea. -esclamò Daphne guardando preoccupata l’orario sul suo telefono rigato. -Quando arriveremo a Washington sarà un poco improbabile che troveremo lo Smithsonian ancora aperto. -lanciò un’occhiata oltremare al Capitano, che sorrise.
-Tranquilla. Dopotutto… Sono Capitan America. -di nuovo riuscì a strappare un sorriso alla ragazza di ghiaccio. -Ah, dammi pure del tu. E chimami Steve. -aggiunse, prima di concentrarsi sulla guida. Daphne osservò il cielo chiaro oltre il finestrino, sorridendo. In pochi -quasi nessuno- avevano il potere di farla ridere. Si accorse di essere simile al Capitano. Non sapeva perché. Però, in fondo avevano uno scopo comune. Trovare James Buchanan Barnes.
 
Angolo autrice:
Prima di tutto, mi scuso per eventuali errori di battitura
Bene, questo capitolo è più noioso degli altri, non trovate? Well, I'm sorry, prometto che il prossimo sarà meglio!
Nessuno mi odi per il fatto che Natasha rivela di essere innamorata del nostro James (non so perchè dovreste ma magari shippate (?) la Brutasha, la Clintasha o la Romanogers)
Vabbè, grazie di aver letto e alla prossima! :) ^^
   
 
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