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Autore: aoimotion    13/07/2016    11 recensioni
1 - Più la guardava, più Nick si stupiva di quanto Judy Hopps fosse piccola.
5 - Nick tirò indietro le orecchie, leggermente offeso. «Le tue insinuazioni mi feriscono, Judy. Quale agente di polizia darebbe la colpa agli altri per la propria malasorte?»
11 - Nel buio, una voce a lei terribilmente nota sussurrò parole divertite ad un soffio dal suo orecchio. Judy si voltò di scatto e tentò di acciuffare le tenebre, ma ottenne solo di sbilanciarsi e finire col muso per terra.
«Nick!» gridò, al colmo della misura. «Vuoi darci un taglio, sì o no?»

13 - «Tu mi farai morire» le disse, sorridendo appena. «Sei una minaccia per la mia sanità mentale, Carotina.»
16 - Ma intanto le sue zampe erano già corse al telefono con l’urgenza di chi, annegando nell’oscurità, cerca disperatamente l’interruttore della luce.
20 - «È proprio questo il punto» le disse. «Che tu non capisci. Fino all’ultimo secondo, fino all’ultimo istante, tu non capisci.»
[Post-film] [I'm nothing but furry trash]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judy Hopps, Nick Wilde
Note: Raccolta | Avvertimenti: Furry
Capitoli:
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~Volpe~
27 - La fine dell’inverno


 
 







Non è abbastanza.’ Nick si svegliò con quel pensiero, ritrovando il soffitto un po’ lercio che aveva lasciato prima di addormentarsi. Tra le macchie di umidità e gli aloni preistorici, la volpe ebbe l’impressione di poter scorgere un volto, come un disegno, dal tratto incerto ma gentile, dipinto su una tela bianca. Sorrise, d’istinto, e allungò una zampa verso di esso… dandosi mentalmente dell’imbecille un attimo dopo averlo fatto.
La zampa che aveva teso verso il viso di Judy gli ricadde mestamente sul muso e Nick emise un piccolo, gutturale lamento.
 
Non era abbastanza; Nick continuò ad acquisirne sempre più consapevolezza, mentre si preparava ad uscire per recarsi al lavoro. In ogni gesto che compiva, in ogni movimento, in ogni vago e distratto pensiero, quella sensazione lo seguiva onnipresente e cresceva al punto che, sulla soglia di casa, Nick fu invece tentato di sbattere la testa contro la parete e rimanere in quello stato finché la mente non avesse smesso di sussurrargli quelle dannate parole.
«Deve essere la stagione» si disse, un brontolio uscitogli a forza tra le fauci digrignate per la frustrazione. «Passerà, Nick, passerà…»
Che fosse una previsione o solo una vana speranza, però, la volpe non avrebbe saputo dirlo. Di certo si augurava che fosse la prima, ma non ci avrebbe messo la zampa sul fuoco.
Alla fine, dopo quasi un’ora di tragitto – cinquantaquattro minuti di ‘smettila di pensare, smettila di pensare, smettila di pensare’ – Nick arrivò in ufficio… perlomeno ci arrivò il suo corpo, perché la testa lo aveva già preceduto nella tomba.
«Di quali disgrazie sei stato testimone prima di arrivare, Nick?» Judy, seduta ad una scrivania cinque volte più grande di lei, le orecchie leggermente piegate verso di lui come due simpatiche antenne e intenta a sfogliare un plico di fogli che doveva pensare almeno tre chili, inarcò un sopracciglio con fare ironico. «Vedo il dramma baluginare nei tuoi occhi.»
«Carotina, oggi non è giornata.» Nick si massaggiò le tempie, tentando di far tacere la voce interiore che minacciava di riprendere la parola. ‘Qualunque cosa tu sia, stai zitta.
«Oh, scusa.» La coniglietta gli lanciò un’occhiata perplessa, poi scosse brevemente il capo e rivolse la propria attenzione al mattone di cellulosa che teneva tra le zampe. «Non sarà tutta una tattica perché non hai voglia di andare negli archivi, vero?» gli chiese, sguardo meravigliosamente concentrato sul foglio di fronte a sé.
«Sebbene non muoia dalla voglia di seppellirmi vivo in quel posto pieno di polvere e incuria» replicò Nick, scandendo quella frase ad un ritmo tale da consentirgli di riprendere, nel frattempo, padronanza di sé, «il mio attuale malumore non ha nulla a che vedere con questo.»
Sarebbe stato logico, arrivati a quel punto, che Judy gli chiedesse cosa, allora, stava causando il suo malanimo; ma lei non lo fece. Si limitò ad annuire, senza staccare gli occhi dalla carta, e a chiedergli poco dopo se per caso non avesse in giro una penna da prestarle, ché la sua a forma di carota l’aveva lasciata a casa per sbaglio – «e vedi di non dire nulla che valga la pena di registrare, Nick, perché il non poterlo fare mi spezzerebbe il cuore» gli disse, quando lui le porse una biro nera. Nel farlo, le loro dita si sfiorarono appena; la volpe rabbrividì e si ritrasse come se si fosse appena ustionata. Ma neppure lì Judy si diede pena di alzare gli occhi, e lui non poté far altro che essergliene grato: quella mattina non era nelle condizioni di sostenere neppure se stesso, figuriamoci il suo sguardo.
 
Quando infine giunse il momento di spostarsi negli archivi, Nick ringhiò… e nel farlo strabuzzò gli occhi, confuso dal suono che lui stesso aveva appena prodotto. Sollevò la testa dal legno della scrivania, su cui aveva praticamente giaciuto per due ore di fila, e si guardò intorno spaesato.
«Nick?» Judy gli si avvicinò, perplessa.
«Ho ringhiato?» le chiese, ancora più perplesso di lei.
Judy scrollò le spalle. «Ah, se non lo sai tu…»
La volpe inclinò il collo da una parte e sbatté le palpebre un paio di volte, come se di colpo non fosse più sicuro di niente e il mondo gli fosse diventato estraneo.
«Neanche io muoio dalla voglia di scendere di sotto.» La voce di lei lo raggiunse come un’eco distante, tanto che sul momento faticò a carpirne il significato. «Ma tu… sembra che la sola idea di farlo ti dilani l’anima.»
In effetti, rifletté Nick, la sua anima era dilaniata. Non dal pensiero di andare agli archivi a cercare file riguardanti mammiferi la cui stessa esistenza era tuttora oggetto di accese discussioni al dipartimento di polizia – quello era niente più che un ciuffo di insalata incastrato tra i denti – ma da qualcos’altro… quello stesso qualcosa che aveva cominciato a blaterare fin dal primo momento in cui, quella mattina, Nick aveva avuto la brillante idea di riaprire gli occhi e concedersi alla vita frenetica di Zootropolis.
Non è abbastanza’ riattaccò la vocina. ‘Di più, Nick, di più…
«Di più cosa?» chiese la volpe, esasperata, agitando le grandi zampe scure nell’aere circostante… salvo poi realizzare di aver sbagliato canale di comunicazione.
Judy lo squadrò, come se si trovasse in presenza di qualche strana e bizzarra creatura. «Nick… tu sei proprio sicuro di star bene, sì?»
«No» mugugnò lui, metà cervello impegnata nella decomposizione e l’altra metà a cercare un modo per uscire da quella situazione nel modo più dignitoso possibile – e anche la fattibilità della fuga era qualcosa sulla cui esistenza si sarebbe potuto discutere a lungo, senza arrivare ad una conclusione.
«Allergia alla polvere? Alla fatica?» gli sorrise in modo provocatorio e Nick sapeva che avrebbe dovuto risponderle per le rime, ma tutto ciò che riuscì a fare fu a stento sopprimere il brivido che voleva raspargli via la spina dorsale. Forse sarebbe dovuto ritornare a casa, dopotutto. Rimanere lì, con lei, era rischioso; era pericoloso. Era…
«Uh.» Il flusso di pensieri venne tranciato di netto, estirpato alla radice, reciso senza pietà quando Judy gli appoggiò una piccola, delicata zampina sulla guancia.
«Non ti ho mai visto così sconvolto prima d’ora.» La preoccupazione nella sua voce era come miele, versato in un latte che già di per sé era più dolce di qualunque cosa avesse mai assaggiato in vita sua. «Scusami, non volevo prenderti in giro… se non ti senti bene non preoccuparti, ci penso io a fare quelle ricerche. Vuoi rimanere qui a riposare, Nick? Posso portarti un tè, se vuoi.»
«Non mi serve un tè» riuscì a biascicare, mentre il respiro gli si accorciava e così la vita. «Mi serve…» ‘Non è abbastanza, Nick. Hai bisogno di più, di più, di più…’ «… Ecco, io…»
Se in quel momento qualcuno avesse indetto una gara di patetismo, lui l’avrebbe vinta a zampe basse. Si odiò per questo, ma ciò non bastò a scuoterlo dall’inabilità che lo aveva fatto prigioniero; i sentimenti che provava gli si erano sedimentati in gola e non riuscivano a venire fuori, neppure con tutti i suoi sforzi di cavarseli fuori di bocca. Era così frustante che avrebbe voluto rosicchiare la scrivania e graffiarla fino a lasciarle su solchi profondi come crepacci.
Il naso di Judy tremò appena. «Sì, dimmi. C’è qualche problema?»
Nick deglutì miseria. «Carotina» cominciò, «io credo… suppongo, diciamo così…»
«Uh-uh?» Judy annuì, invitandolo a proseguire, i suoi grandi occhi viola che tentavano di indagargli il cuore.
«…» La volpe allargò le braccia, senza alcun preavviso – neppure per se stesso – e chiuse Judy in un abbraccio talmente stretto da temere, per un breve istante, di averle fatto male.
Si ritrovò così, a stringerla a sé, il cuore che gli martellava nelle orecchie e il respiro corto e singhiozzante, mentre il muso si avventava con voracità sul collo di lei e ne inalava l’odore; non avrebbe potuto rimanere così a lungo, lo sapeva… c’era il rischio che perdesse ulteriormente il controllo di sé, ma Judy emanava un profumo così buono che il naso, invece che allontanarsi da lei, premette ancora più ostinatamente sul suo collo, annusandolo con una tensione quasi disperata. ‘Non basta, Nick, ancora non basta…
Sì, doveva decisamente essere la stagione. Marzo era sempre stato un mese dannato per lui.
Finalmente, Judy osò: «Nick…?» Si limitò a pronunciare il suo nome, e bastò quel suono ad amplificargli i pensieri fino a renderli un vociare confuso e indistinto. Di riflesso, Nick affondò ancor di più il viso nel pelo di lei e la sentì tremare.
«Scusa» le disse, «possiamo rimanere così per un po’?»
Nessuna risposta, il che significava… ? D’altronde Judy non stava opponendo alcuna resistenza, quindi forse, forse quella situazione non le dispiaceva.
… Non le dispiaceva essere stata abbracciata da lui in quel modo così improvviso e brutale…? Oh, per l’amor del cielo, se ci pensava… se vi si soffermava… oh no, no, no… in che razza di guaio stava andando a cacciarsi… il pensiero che Judy potesse provare piacere in quella situazione era troppo per lui, non potevano rimanere così, doveva staccarsi, doveva…
Eppure, anziché staccarsi, Nick la sollevò da terra e se la portò in grembo, senza allentare l’abbraccio neanche per una frazione di secondo. E neppure lì lei si oppose e la faccenda stava assumendo contorni sempre più torbidi e le sue viscere erano diventate una poltiglia e ogni fibra del suo corpo aveva preso fuoco, un fuoco che neppure tutta l’acqua del mondo avrebbe mai potuto estinguere.
Era intossicante il piacere che la vicinanza così stretta di Judy gli stava provocando, al punto che arrivò genuinamente a chiedersi come avesse potuto vivere fino a quel momento senza sentirla su di sé, i morbidi contorni del suo piccolo corpo pressati contro il proprio; come si potesse condurre un’esistenza da soli, un unico corpo e un’unica anima, senza urlare di dolore per l’assenza di una seconda metà con cui condividere ogni cosa – il respiro, il battito, lo spazio vitale.
«Lo sai, vero…» Nick strofinò il naso contro di lei, trattenendo a stento la voglia di leccarla, «che se non protesti, potrei tenerti così per sempre?»
«Se la cosa ti fa piacere…» La sentì prendere un profondo respiro e aggiustare la posizione delle gambe, per poter stare più comodamente a cavalcioni su quelle di lui. Avrebbe voluto gridare.
«Non dirmi così» la supplicò, la sanità mentale che andava a brandelli secondo dopo secondo, le zampe irrequiete che fremevano per accarezzarle la schiena, i fianchi, il viso, qualunque cosa.
«Hai cominciato tu» rispose Judy, a voce così bassa da essere quasi inaudibile. «Io ero preoccupata per te, e tu mi hai preso… e mi hai messo su di te… e mi stai stringendo come se fossi un tesoro prezioso… cosa vuoi che ti dica, Nick?»
«Che sono una bestia selvaggia» scherzò, ma l’idea lo graffiò come un artiglio maligno. «Che sto esagerando o… non so, che non ti piace, o che…»
«Ma sarebbero tutte bugie.» La sentì afferrargli i lembi della camicia e chiuderli in due piccoli, nervosi pugni. «Dalla prima all’ultima, tutte bugie.»
Il cervello di Nick si sciolse, e con esso ogni rimasuglio di dubbio o remora. «Judy… non…» Le sue zampe corsero al suo viso, mosse da un’urgenza primitiva, e lo costrinsero ad alzarsi. «Posso…?»
Judy annuì. «Puoi fare quello che vuoi.» E quella frase fu tutto ciò di cui aveva bisogno.
Nick cominciò a leccarla: prima le guance, poi il mento, senza osare sfiorarle le labbra. Ogni lappata era come bere l’acqua più pura e fresca, e lui aveva più sete di quanto avesse mai realizzato. Come aveva fatto a tenerla a bada fino a quel momento? Doveva aveva trovato la forza di…
«… Qui» le sentì dire, in un tenue sussurro, mentre dischiudeva appena la bocca. «Qui… per favore.»
«Intendi… dentro
La coniglietta annuì e chiuse gli occhi, la faccia arricciata da una tenerissima smorfia imbarazzata, e Nick seppe di aver appena fatto il sorriso più sincero della sua vita. Le si avvicinò alla bocca, piano e cauto, e lentamente… lentamente… vi si insinuò, la lingua che ad ogni millimetro in più dentro di lei diventava sempre più calda, bramante e umida.
Judy emise un sospiro e rafforzò la presa alla sua camicia. Poi, quando Nick cominciò a leccarle il palato – era così ruvido, oh santo cielo, così meravigliosamente ruvido a contatto con lui – quel sospiro si tramutò in un gemito soffocato e, se solo fosse stato possibile, le viscere già liquefatte della volpe si sarebbero sciolte ancora di più.
Ma non fu quello a fargli perdere l’autocontrollo; fu invece quando lei osò ricambiare quel gesto, usando la propria lingua per solleticare quella di lui, che Nick smarrì completamente qualunque punto di riferimento.
Nord, sud, est, ovest… non esistevano più. Judy era l’unica direzione verso cui valesse la pena di camminare. «Se… s-se fai così…» Nick si abbandonò dentro di lei, lasciando che la coniglietta giocasse con quel delicato e sensibile muscolo, glielo succhiasse, dentro la sua minuscola cavità orale, glielo mordicchiasse – e ad ogni morso un decilitro di sangue fluiva tutto verso il basso, nel punto in cui il corpo ne sentiva più il bisogno.
Lui era più grande di lei e aveva il terrore, toccandola in preda al furore come era sul punto di fare, di arrecarle del male senza volerlo. Di morderla, di graffiarla, o semplicemente di spaventarla con qualche movimento troppo brusco. Perciò, quando si sentì sul punto di prenderla e assaltarla con tutta l’anima… con uno sforzo immane, si costrinse a staccarsi da lei, ansante e pulsante e per l’amor di dio, se solo non fossero stati in ufficio– «N-non puoi» annaspò, tenendole saldamente le spalle. «Non credo che… potrei…» Vide un rivolo di saliva colare lentamente dagli angoli della bocca semi-aperta di Judy e lo catturò con una lunga, assetata lappata, dimenticando così qualunque cosa volesse dire prima di quel momento. Poggiò una zampa sulla pettorina di lei, la graffiò – dopo avrebbe avuto tutto il tempo per pentirsene – e ringhiò di frustrazione. Avrebbe dato qualunque cosa per poter tastare quello che c’era sotto…
«V-vuoi che… la tolga?» Judy chiese, guardandolo di sottecchi, l’imbarazzo mortale che rendeva le sue guance più rosse, più calde.
«Non è una buona idea» mormorò lui, ma i suoi artigli continuavano comunque a torturare quello spesso strato protettivo, desiderando solo di potersene disfare.
«Niente di tutto ciò è una buona idea… ma se il risultato è questo» gli prese il muso, lo avvicinò a sé e gli scoprì i denti con l’ausilio delle dita, «allora, ti prego… abbi solo pessime idee d’ora in poi…» E detto ciò cominciò a lasciare dei piccoli, teneri baci sulla sua dentatura, sulle gengive, sulle labbra nere tese verso gli estremi della bocca, su tutto ciò che incontrava al suo passaggio – e Nick giurò che niente e nessuno gli aveva mai rubato il respiro come stava facendo lei, nel modo con cui lo stava facendo lei.
 
 
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Judy sprofondò nella panchina del parco, la faccia nascosta tra le zampe e le orecchie talmente basse che sembrava non dovessero alzarsi mai più. Accanto a lei, Nick non riusciva a smettere di sorridere come un’imbecille. «Quindi tu sapevi» la stuzzicò, per l’ennesima volta, prima di passarle un braccio attorno alle spalle e attirarla a sé per baciarle la fronte. «Coniglietta acuta…»
«Finiscila» protestò, cercando vanamente di sottrarsi a lui. «Quando mai te l’ho detto…»
«Ma non c’è niente di cui vergognarsi.» In realtà sì, pensò Nick; c’era eccome da vergognarsi… per quanto sapeva essere meravigliosa quella piccola creatura grigia. «La trovo una cosa adorabile, Carotina.»
«Hai riso per dieci minuti suonati quando te l’ho confessato» insistette lei.
«Perché l’alternativa era saltarti di nuovo addosso.» La volpe si guardò intorno e, accertatosi che non c’era nessuno nei paraggi… le leccò la guancia una, due, tre volte e poi si staccò, per non rischiare di lasciarsi andare di nuovo – stava già compiendo un notevole sforzo per accantonare l’idea di toccarla lì, nel parco deserto, e non poteva mettere troppo a dura prova la sua resistenza. «Oppure… mi stai dicendo che l’avresti preferito, uh?»
«No!» Judy riemerse dalla vergogna solo per fulminarlo con lo sguardo. «Q-quello che è successo oggi è… è stato sufficiente, grazie.»
«Quindi, se ti dicessi che non accadranno più cose simili… a te starebbe bene?»
Vide un lampo di terrore balenare nei suoi occhioni viola e si morse la lingua per impedirsi di assaltarla di nuovo. «Io… io intendevo che era sufficiente per… oggi.» Il terrore si trasformò ben presto in una nuova ondata di vergogna e Judy tornò ad appallottolarsi sul legno della panchina.
«Il modo in cui riesci a fare a pezzi la mia dignità mi sconvolge ogni volta.» Nick alzò lo sguardo al cielo della prima sera e tirò su una consistente boccata di ossigeno. «Se penso che sei pure andata a documentarti sul periodo in cui le volpi vanno in calore… per l’amor del cielo, Judy. Per l’amor del cielo
La piccola palla di pelo chiamata Judy Hopps mugugnò: «Non ripeterlo più… ti prego.»
«Sarà dura dimenticarmi di questo succulente particolare» rispose Nick. E poi aggiunse: «Ehi, Carotina?»
«… Che c’è?»
«Puoi… puoi guardare un attimo da questa parte?»
Lentamente, Judy cacciò fuori la testa dall’agglomerato di pelliccia e lo sbirciò con circospezione. «Dunque?»
«No, intendo… girati verso di me, per favore.»
«È un’altra delle tue trappole?»
«No, lo giuro. Sono mortalmente serio.»
La coniglietta sospirò e girò il busto verso di lui. «Ecco qui–»
Nick le afferrò i fianchi, la tirò a sé e poggiò con urgenza le labbra su quelle di lei. Judy non si divincolò, ma lui sentì comunque il bisogno di mantenere la presa, come se temesse che da un momento all’altro potesse svanirgli da sotto gli occhi.
E forse, sotto sotto, era davvero ciò che temeva.
Quando si staccarono, avevano entrambi il respiro pesante. «A… avevi detto che non era una trappola!» lo accusò, puntandogli contro un dito tremante. «Bugiardo!»
«Beh» si difese Nick, «teoricamente non ho mentito.»
«Ma praticamente sì.»
«Un pochino, forse. Sono pur sempre una volpe, dopotutto.» Si sporse verso di lei e le raccolse il viso tra le zampe. «E tu sei così bella che è impossibile non stuzzicarti.» Le lasciò un ultimo, lungo bacio sul nasino e poi si mise in piedi con un singolo movimento – se non si fosse scollato da quella panchina al più presto… ah, se non si fosse scollato. «Ti accompagno a casa, dai.»
«Se hai in programma di trattenerti da me, Nick, temo di doverti dare una brutta notizia.»
«Non è mia intenzione stuzzicare le sensibili orecchie dei tuoi vicini, Judy» la rassicurò, benché l’idea di trattenersi da lei per la notte era… ‘no no no no no cancella cancella cancella–’ «fortuna che almeno a casa mia non ci sono di questi problemi.»
«… Cosa stai implicando?» Judy lo raggiunse e gli si parò davanti, gli occhi colmi di pudica incredulità. «Stai già pensando a quando io… a quando noi… f-faremo…»
Noi. Che dolce suono aveva quel pronome. «L’idea ti turba, mia cara?»
Era davvero sleale a farle quelle domande, però. Si vedeva lontano un miglio che Judy stava morendo di imbarazzo, ma proprio non gli riusciva di non prenderla in giro. In qualche modo doveva pur prenderla, maledizione.
«N-non è che mi turba… è che parlarne così, con tanta leggerezza… insomma, ecco, non è che io sia ferrata in questo genere di cose…» Judy abbassò gradualmente il tono della voce finché non divenne un bisbiglio che Nick sentì più con la mente che con le orecchie.
«È parte del tuo curriculum» le disse. «Essere ottusa, intendo.»
«Non è colpa mia se non ho esperienza in questo campo…»
«Certo, così come non è colpa mia se mi fai venire una voglia matta di…» ‘E morditi questa lingua, imbecille.’ «… Niente, non farmi aggiungere altro. Ogni secondo che passa divento sempre meno incline al dialogo e sempre più incline a fare… altre cose.» Si mise una zampa sulla bocca e cominciò a camminare verso l’uscita del parco, con Judy che ben presto lo affiancò.
Qualche istante dopo… lei gli prese la zampa libera. Nick smise di muoversi e si voltò verso di lei, trovando ad accoglierlo un’occhiata interrogativa. «Uh? Qualcosa non va?» gli domandò.
«Perché mi hai afferrato la zampa…?»
Judy spostò lo sguardo da lui alla zampa in questione. «Perché volevo… tenerti per la zampa?» azzardò, tornando a fissarlo.
«Intendi… intendi zampa nella zampa?»
«Ehm, sì?»
Qualcuno mi aiuti…’ «Oh. Oh
«Se non vuoi…» Judy fece per lasciarlo, ma lui rinforzò la presa per impedirglielo.
«Certo che voglio» esclamò, come se avesse minacciato di togliergli l’aria. «Certo che voglio, sciocca coniglietta…» E avrebbe voluto questo e altro, purché arrivasse da lei… ma non lo disse, perché non erano ancora usciti dal parco e l’inverno era appena finito e c’era ancora margine per saltarle addosso, farle a pezzi i vestiti e– «… andiamo via da qui, per favore, prima che io perda del tutto la ragione.»
Sarebbe stata una lunga, lunga primavera.










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Angolino dell'autrice:
Vi voglio solo dire tre cose:
1) questo capitolo l'ho scritto tutto oggi come una pazza;
2) nel scriverlo sono morta un numero inquantificabile di volte;
3) esiste una parte che "approfondisce" quello che succede in ufficio, ma l'ho tagliata perché sono stronza non mi piaceva, era troppo diretta e io preferisco le cose soft... ma non si sa mai che magari non lo pubblichi come capitolo 27.5...
E insomma... scusate ma adesso devo andare a lanciarmi nel più vicino cassonetto...
   
 
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