Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: francoise14    14/07/2016    14 recensioni
Sulle parole della bellissima canzone di Renga "Guardami amore", un piccolo contributo per il secondo Love Day indetto da Orny81. 1779: Fersen è appena partito per l'America e André assiste impotente al dolore di Oscar. Alla fine deciderà di intervenire... ci ritroveremo così nella tragica alba di quel 14 luglio insieme a Oscar, tra rimorsi e dolci ricordi, dolore e speranza.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Di notte non si muore mai
 
 
Pensavi fosse stato un po’ più facile
Quello che tutti chiamano vivere
Ma quando sotto i piedi il mondo cade
Diventerà impossibile restare in verticale
 
Credevi nell’amore senza fine
Ma hai scoperto che anche il tempo è un limite
Non basteranno tutti i battiti del cuore
Quando diventa un’abitudine anche respirare
 
E resti ad aspettare
Sotto il temporale
La pioggia sa confondere le lacrime
 
Lacrime... André scosse la testa e d’impulso accartocciò il foglio scritto a metà, gettandolo sul fuoco… a seguire gli altri. In un gesto di sconforto, si scoprì la fronte passando una mano fra i capelli e sospirò: non ci riusciva. Erano ore che provava a imprimere sulla carta quello che avrebbe voluto gridare a lei, chiusa da giorni in un doloroso mutismo, ma gli sembrava di scrivere solo banalità, incapaci di toccare l’anima e di scuotere Oscar dall’apatia in cui era scivolata dopo la partenza di Fersen… o meglio, dopo la sua fuga.
A quel pensiero si alzò in piedi, stizzito, maledicendo in cuor suo il conte ormai salpato da Brest alla volta delle Americhe. Da una parte comprendeva ciò che lo aveva spinto ad andare via: il suo amore impossibile per la regina aveva sollevato una ridda di pettegolezzi e malignità, proteggerla dallo scandalo mettendo tra loro un oceano, gli doveva essere sembrata l’unica soluzione. Ci voleva coraggio a compiere una scelta simile… o era stato un atto di codardia? O forse era più vile lui che continuava a macerarsi nell’ombra?
Doveva soffocare l’amore: c’è gente che ama una persona tutta la vita senza che questa persona lo sappia. Aveva pronunciato quelle parole con severità, poche settimane prima, parlando con Oscar della sofferenza che paradossalmente quel grande amore sembrava aver portato nella vita di Fersen, e lo pensava davvero: se quel ragazzone alto un metro e novanta dallo sguardo di ghiaccio avesse fatto come lui, se si fosse accontentato di vivere accanto alla regina senza osare di più, allora… una smorfia colma di amarezza gli incupì il viso. Ma chi voleva prendere in giro! Fersen aveva oltrepassato il limite perché Maria Antonietta ricambiava i suoi sentimenti; se avesse avuto la sua medesima certezza, probabilmente avrebbe fatto altrettanto. Tuttavia, Oscar non lo amava, non lo avrebbe mai amato. Oscar amava lui.
André strinse i pugni in un moto quasi rabbioso, mentre il suo sguardo si soffermava sulle fiamme rossastre che ardevano nel camino. Sì, Oscar amava Fersen, anche se cercava di negarlo finanche a se stessa. L’aveva vista radiosa nei giorni successivi al provvidenziale ritorno del conte, intervenuto appena in tempo a salvarle la vita la notte dell'agguato, poi però aveva dovuto assistere impotente ai suoi scatti nervosi e alla tristezza che giorno dopo giorno aveva iniziato a offuscare il blu luminoso dei suoi occhi, da quando aveva compreso che la regina di Francia e l’affascinante aristocratico venuto dal Nord erano divenuti amanti. E lei, in virtù della sua decennale amicizia con entrambi e della rinomata lealtà, si era trovata coinvolta suo malgrado, facendo spesso da tramite, dispensando consigli e ascoltando in silenzio le  sofferte confidenze di due anime condanna all’infelicità.... ma a quale prezzo?
Per un attimo rammentò la notte in cui la giovane, incurante della pioggia e senza mantello, era andata da Fersen solo per riferirgli chissà quale importante messaggio di Maria Antonietta. Mosso dalla preoccupazione, André l’aveva seguita, e quando l’aveva incrociata sulla via del ritorno, le aveva premurosamente lanciato il mantello che aveva portato con sé, accontentandosi di un sorriso malinconico e grato. Un sorriso così triste che gli aveva trafitto l’anima.
Il nitrito di un cavallo attirò in quel momento la sua attenzione, distogliendolo da quelle cupe considerazioni; André si affacciò alla finestra e attraverso i vetri appannati vide Oscar rientrare a piedi, tenendo Cesar per le briglie. Camminava a testa bassa, assorta nei suoi pensieri… e purtroppo sapeva per colpa di chi.
In quel momento egli lo odiò. Odiò il conte di Fersen per essere entrato nelle loro vite in una fredda sera di gennaio, lo odiò per aver coinvolto Oscar nelle sue pene d’amore, illudendola forse di avere il tempo di sperare in un miracolo, lo odiò per averle spezzato il cuore in un’alba umida e caliginosa, annunciandole la sua imminente partenza e lasciando in mezzo alla strada solo la pallida ombra della donna che, poche ore prima, nel candore abbagliante dell’alta uniforme, aveva incantato Versailles con la sua fiera e altera bellezza.
Dopo quel drammatico addio, ricordò dolorosamente, Oscar si era lasciata condurre a casa senza proferire verbo. Di sua iniziativa André si era allora informato delle mosse del conte, arrivando addirittura a suggerirle velatamente di raggiungerlo a Brest per un ultimo saluto.  Come di consueto, era stato dunque solerte, rapido e soprattutto discreto, fingendo che nulla fosse cambiato tra loro… ma in realtà, qualcosa si era rotto per sempre. Di fronte a quegli occhi di mare divenuti improvvisamente spenti, mestizia e gelosia avevano avuto la meglio: si era allontanato rapidamente, con la scusa di doversi occupare dei cavalli, e dopo aver richiuso la porta, una stilettata lo aveva colpito in pieno petto.
Fersen, non morite!
Era il singulto soffocato di una donna innamorata, non la preghiera dell’amico o dell'integerrimo ufficiale. Una donna… Chissà, forse avrebbe dovuto essere riconoscente a Fersen per aver aperto il vaso di Pandora, per aver costretto Oscar a guardarsi dentro, inchiodandola alla realtà della sua vera  natura, quella che aveva sempre cercato di celare sotto la fredda corazza dell’uniforme.
André scosse la testa: quell'uomo era stato semplicemente cieco ed egoista, non doveva essergli grato di niente, anzi, qualcosa gli diceva che se fosse mai tornato, Oscar avrebbe continuato a soffrire a causa sua. Per un attimo si augurò allora che Hans Axel von Fersen rimanesse per sempre in quella terra lontana, pentendosi subito dopo della meschinità di quel desiderio:la frustrazione non poteva giustificare tanta acrimonia, anche se vedere Oscar in quelle condizioni, era diventata una lenta agonia che ogni giorno lo uccideva un po’ di più.
Ritornò a guardare fuori, André, mentre lei consegnava il cavallo a un inserviente e si  dirigeva verso casa. Per un attimo serrò la mascella, indeciso...
C’è gente che ama una persona tutta la vita senza che questa persona lo sappia… quella frase continuava a risuonargli nella testa. D’istinto aprì la porta e scese rapidamente le scale.
 
 
***
 
 
Ma guardami amore
Mentre canto la nostra canzone
Scusami amore
Se ogni tanto mi trema la voce
Ricordati amore che la vita è un raggio di sole
E di notte no, non si muore no, non si muore mai
 
Oscar si versò da bere e iniziò a scuotere lievemente il calice panciuto, guardando pensierosa il liquido rubino ondeggiare al suo interno. Quante volte aveva ripetuto quel gesto, insieme a lui... e ora non le restavano che ricordi. Non c’era più la sua risata a scaldarla nelle lunghe e buie serate d'inverno, né quei suoi occhi chiari e trasparenti a mozzarle il respiro, ogni volta che indolenti e lontani si posavano su di lei... tutto era perduto. Era sola con i suoi demoni e le sue paure, ma forse era quello il suo Destino.
Si disprezzò. Continuava a struggersi per un uomo che non era mai stato suo, fingendo egoisticamente di non vedere il dolore della donna alla quale aveva dedicato con affetto e devozione gli ultimi dieci anni della sua vita, eppure... eppure la sua regina aveva la consolazione di essere amata: non soffre forse più chi ama senza essere riamato?
Qualcuno bussò alla sua porta. Con orgoglio, allora, Oscar ricacciò indietro le lacrime che insolenti le pungevano già gli occhi e andò ad aprire.
“André... che ci fai qui?” domandò freddamente, dissimulando il proprio stupore di fronte al volto terreo del giovane.
“Sono venuto a vedere se hai bisogno di qualcosa” replicò asciutto lui.
“Come puoi vedere, non mi serve niente, grazie” ribatté bruscamente Oscar. Di fatto, lo stava congedando senza neanche fargli varcare la soglia del salotto.
“E invece a me sembra che il fuoco abbia bisogno di legna, non hai notato?” insisté André, muovendo un passo in avanti.
“Posso fare da sola” fu la cocciuta replica.
“Sicuramente, ma non ti compete e potresti mettermi nei guai. Pensa se ti cadesse quel pezzo di tronco sul piede... Ti faresti male seriamente, non potresti andare a Corte per un mese e tuo padre non me lo perdonerebbe mai” osservò lui serio, indicando il grosso ceppo che sporgeva dal secchio.
Di fronte all’assurdità di quella considerazione, Oscar lo guardò interdetta. Il volto di André era impassibile, ma non le sfuggì il lampo d’ironia che per un attimo gli aveva acceso lo sguardo. Suo malgrado, si ritrovò a ridere sommessamente.
“Dai entra... Non sia mai che debba sentirmi in colpa oltre che ritrovarmi con un piede rotto!”
André sorrise a sua volta e varcò la porta, dirigendosi verso il camino. Con disinvoltura afferrò alcuni pesanti pezzi di legna e li sistemò nel focolare, avendo cura di ravvivare la fiamma, mentre lei si avvicinava alla finestra portando il calice alle labbra.
“Ecco, così dovrebbe andar bene. Non dovresti sentir freddo” mormorò, voltandosi appena in sua direzione.
“Grazie André” replicò lei con voce incolore, posando il bicchiere ormai vuoto sulla piccola consolle.
André la guardò senza parlare. Tutta la foga e la rabbia che lo avevano condotto in quella stanza erano di colpo scomparsi di fronte a lei ma... Dio, come avrebbe voluto stringerla tra le braccia e strapparle quell'uomo dal cuore!         
“Oscar...” la chiamò allora d’impulso.
“Sì?” fece lei distrattamente, continuando a guardare fuori.
“La vita è troppo breve perché la sprechi come stai facendo tu”
A quelle parole Oscar sgranò gli occhi e si voltò indietro di scatto.
“Che cosa vorresti dire?” proruppe sdegnata.
“Quello che ho detto. Sono giorni ormai che continui a essere l’ombra di te stessa, presto o tardi se ne accorgeranno anche gli altri, compreso tuo padre. E come ti giustificherai, allora?” ribatté lui in tono di sfida.
“Non so di cosa stai parlando...”
“Oh, sì che lo sai, Oscar… ma tieni presente questo: puoi continuare a commiserarti, ma ciò non cambierà di una virgola quello che è accaduto e che potrebbe accadere”.
“Taci, André. Parli così perché non sai quello che si prova a…” la voce le tremò e abbassò lo sguardo.  
André per un attimo esitò: lui lo sapeva, invece, lo sapeva eccome... ma non era il momento delle confessioni, quello, forse non sarebbe arrivato mai. Ricacciò in gola quelle parole che avrebbe tanto voluto pronunciare e incurvò le labbra in un sorriso malinconico. “Io so che lui tornerà…”
Oscar scosse il capo, sopraffatta dall’emozione. “No André, lui non tornerà… stanotte l’ho sognato, sai? Era al buio, disteso a terra, il volto esangue… lui non tornerà” e meccanicamente afferrò la bottiglia versandosi nuovamente da bere.
“Era solo un sogno, Oscar… e potresti averlo anche mal interpretato. L’oscurità, la notte… non necessariamente sono collegate alla morte… ” replicò lui nel tono più rassicurante e pacato possibile “Anzi, ti dirò … a me la notte è sempre piaciuta: non ne ho mai avuto paura, neppure da bambino. Ricordo che i primi tempi in cui ero qui a Palazzo spalancavo la finestra della mia camera per contemplare il cielo stellato, perché era uguale a quello di casa mia; e allora immaginavo che i miei genitori fossero gli astri più luminosi e che vegliassero su di me: di notte non poteva quindi capitarmi niente di male. Di notte, per me, non si moriva mai” concluse sorridendo.
Oscar restò in silenzio, turbata, con il calice in aria. Di fronte a quello struggente ricordo, al dolore di quel bambino lontano le sue pene sembravano di colpo ben poca cosa. Si sentì una stupida: Fersen ancora non era morto e lei si comportava come se lo fosse. Era semplicemente altrove. André invece, a parte sua nonna, aveva visto morire le persone a lui più care e lei era tanto presa dai suoi insignificanti problemi da dimenticarlo. André intanto si era avvicinato; lentamente sollevò una mano, quasi avesse voluto accarezzarle il viso… si limitò a sfiorarle le dita, mentre le sfilava il bicchiere per posarlo sulla consolle di rovere bianco.
“Tornerà. Tornerà da te”
 
 
***
 
 
Proteggimi dalle paure tuo scudo
Quelle spade non aspettano un minuto
Ma se il nemico sarà forte chiedi aiuto
Nessuna guerra è stata mai vinta da un solo uomo
 
E ogni sogno che risponde l’universo
Per questa notte puoi dormire sul mio petto
I nostri cuori insieme formano un esercito
Senti il mio battito sotto al tuo battito
Senti il mio battito sotto al tuo battito
Senti il mio battito sotto al tuo battito
 
Sembra il fragore di un tuono la voce della folla… la voce della libertà. Apro gli occhi, sfinita da una notte senza sogni, sopra di me un fazzoletto di azzurro tra le mura grigie che delimitano il vicolo. Un colpo di tosse mi squassa le ossa... dove sei, André?
“Guardami Oscar” mi hai sussurrato appena una notte fa, la notte più bella della mia vita… la notte in cui mi hai continuato a ripetere tra baci e carezze che non mi avresti abbandonato mai, che il nostro amore sarebbe stato più forte di tutto, che l’indomani un’altra alba avrebbe sorpreso ancora i nostri corpi allacciati nel dolce languore dei sensi e dell’anima… perché, mi hai bisbigliato, lambendomi la pelle col calore delle tue labbra, di notte non si muore mai.
E invece di notte si muore, André, e questo sole è sorto senza trovarci insieme. Non c’è più il tuo cuore a battere furioso sopra il mio. Soffoco un singhiozzo… perché, André? Perché hai voluto nascondermi le tue condizioni, pur di proteggermi? Perché non ti sei confidato con me prima... quanta sofferenza hai nascosto, quanta amarezza in questo anni pur di starmi accanto?
Se penso a quanto tempo ho perduto, alla mia ostinata infatuazione per Fersen, alle mie stupide lacrime... Avevamo una vita davanti, ora c’è il tuo sangue sulle mie vesti. Pioggia e lacrime  hanno lavato soltanto le mie mani sporche di te. Mi stringo il mantello di Alain sulle spalle, appoggio la testa all'indietro sul muro di pietra... Ho freddo in questa mattina di luglio.
“Comandante, comandante! Ma che fate qui...presto alzatevi!”
È la tua voce André...la tua voce?! Mi volto in un ultimo barlume di lucidità, la febbre deve esser risalita...e ti vedo. Vedo il tuo volto gentile, il verde profondo dei tuoi occhi, la ciocca ribelle che pietosa nasconde la mia colpa; vedo le mani che mi hanno fatto vibrare l’anima. Schiudo le labbra in un sorriso, ma... non sei tu. Non è tuo quello sguardo scuro e leale, non è tuo quel volto allungato e virile... Non sei tu.
“Comandante, il popolo sta andando alla Bastiglia!”
“Sì, lo sento Alain...lo sento” mormoro stanca. Sono tanto stanca, André...
In un attimo Alain è accanto a me. S’inginocchia e mi prende le mani, la sua voce si fa carezza.
“Voi non lo sapete, vero?”
“Cosa dovrei sapere, Alain?” dico con voce atona, guardando nel vuoto.
“André ce l’ha fatta, comandante... ce l’ha fatta”
Sgrano gli occhi, inebetita.
“Quel dottorino...quello che si era accorto che ancora respirava... è riuscito a rimuovere il proiettile e a fermare l’emorragia. È debole, ha perso tanto sangue... ma ha superato la notte, comandante!” continua Alain tra entusuasmo e commozione.”Quando sono tornato dalla riunione con Bernard, Rosalie è corsa a dirmelo... ma non vi trovava. Vi ho cercato tutta la notte, ma pensavo che foste tornata lì ormai”
“È vivo quindi, Alain? È vivo?” bisbiglio con la voce ormai rotta dal pianto, ancora incredula.
“Andate da lui...” mi esorta dolcemente. “Andate dal vostro André”
“Questo è tuo” riesco soltanto a dire in preda all’emozione, sfilandomi istintivamente il mantello. Non sento più freddo, né stanchezza, né dolore... sento solo di essere tornata a vivere.
Mi alzo in piedi, barcollo solo per um attimo sulle gambe malferme. Alain mi sorregge pronto con uno sguardo greve. Lui ha capito... lui sa.
“Buona fortuna comandante” si limita però a mormorare “Abbiate cura anche di voi”
“Grazie Alain... E buona fortuna anche a te”
 
 
***
 
 
Guardami amore
Mentre canto la nostra canzone
Scusami amore
Se ogni tanto mi trema la voce
Ricordati amore
Che la vita è un raggio di sole
E di notte no, non si muore no, non si muore no, non si muore mai.
 
La stanza è inondata di luce quando arrivo da te. Mi fermo sulla soglia, ancora attonita… ma sono qui, André. Ora sono qui.
Perdonami se sono stata vigliacca, se non sono rimasta a lottare, se mi sono abbandonata alla disperazione e alla paura.
Mi avvicino tremante al tuo capezzale, ti sfioro una mano… è gelida; ma il tuo collo pulsa, André, e sento il tuo respiro levarsi piano: sei vivo. Il pericolo di infezione non è scongiurato, lo ha detto anche il dottore… ma tu sei forte e so che ti riprenderai. Adesso non voglio pensarci… non voglio pensare al rantolo che mi graffia la gola, non voglio pensare al tuo occhio. Domani affronteremo nuove battaglie, sostenendoci a vicenda, senza più bugie, senza menzogne; oggi conta solo il regolare e impercettibile movimento del tuo petto .
Lacrime di sollievo mi rigano allora le guance mentre cado in ginocchio davanti a te, affondando il volto sul lenzuolo candido. Ho un sussulto quando avverto improvvisamente le tue dita tra i capelli..
“Oscar… sei tu?” mormori piano.
Mi asciugo gli occhi d’impulso e con un sorriso avvicino il mio volto al tuo.
“Sì, sono io. Mi vedi, ora?”
“Ora sì… “
“Hai dolore?” chiedo preoccupata, notando la smorfia che per un attimo si dipinge sul tuo volto contratto.
“Un po’… ma non mi importa. Mi basta sapere di essere vivo… e di riuscire ancora a vederti” mi rispondi flebilmente accennando un sorriso
“André…” riesco solo a bisbigliare ma poi cedo all’istinto e cerco le tue labbra per un dolce bacio. Mi stacco appena, il tempo di vedere il tuo sguardo illuminarsi e di sussurrarti che avevi ragione... che quel bambino aveva ragione, André, di notte non si muore mai.
 
 
Ricordati amore
Che la vita è un raggio di sole
E di notte no, non si muore no, non si muore no, non si muore mai.
Ma guardami amore
Mentre canto la nostra canzone
Scusami amore
Se ogni tanto mi trema la voce
Ricordati amore
Che la vita è un raggio di sole
E di notte no, non si muore no, non si muore no, non si muore mai.
 
 
 
   
 
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