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Autore: LadyBones    14/07/2016    5 recensioni
Dal testo:
[...] "Lascia che ti dica una cosa, Eleanor. Smettila di cercare di essere qualcuno che non sei solo perché credi di non essere abbastanza. Sono incredibilmente lusingata per quello che hai detto e dovrei ringraziarti, ma non lo farò perché tu non hai bisogno di somigliare a me. Va lì fuori e non aver paura di dimostrare ciò che vali, perché potresti rimanere sorpresa di quello che potrebbe succedere." [...]
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Howard Stark, Nuovo personaggio, Peggy Carter
Note: Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'We Are All Lost Stars Trying To Light Up The Sky'
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L’ultima volta che la mia strada aveva finito per incrociarsi con quella di Bucky, era stato tre mesi fa. Da allora avevo cercato di rigare dritto – per quanto mi fosse possibile. Stranamente, però, quella volta mi era risultato più facile del solito.



Aveva finito per dedicare anima e corpo allo studio, riuscendo a superare brillantemente gli esami. Le petizioni sui koala avevano dato i loro frutti, così avevo preso a occuparmi dei panda. Era stato difficile scegliere tra loro e i pinguini, ma alla fine aveva vinto la tenerezza dei primi – complice il fatto che mi ricordassero qualcuno di mia conoscenza. In tutto quello, aveva avuto persino il tempo di crearmi una vita sociale – lo so, il solo pensiero di essermi spinta fino a tanto aveva finito per far accapponare la pelle anche a me.



Insomma, avevo fatto quelli che potevamo benissimo definire degli ottimi miglioramenti. Certo, tutto quel cambiamento improvviso aveva finito per destabilizzare l’equilibrio delle persone che mi erano intorno. Mio nonno, per esempio, per quanto fosse incredibilmente felice per me – una domenica, nel bel mezzo del pranzo – aveva finito per chiedermi se forse non avessi contratto una qualche strana infezione. Mia nonna, al contrario, era stata molto più pratica e, non appena il nonno era andato a schiacciare il suo pisolino pomeridiano, aveva finito per chiedermi chi fosse il fortunato.



Ci avevo impiegato un secondo di troppo a capire ciò che intendeva – il tempo necessario per farmi andare di traverso il boccone di gelato al cioccolato e ammettere, così, la mia colpevolezza. Bontà volle che non si mise a scavare alla ricerca del nome di questo fantomatico ragazzo per cui avevo una cotta. Si limitò, semplicemente, a lanciarmi un’occhiata allusiva che ebbe la capacità di farmi rabbrividire.



Visto e considerato che – ultimamente – la mia vita era diventata un brivido continuo a completare l’opera ci aveva pensato Fury. Sì, proprio lui che – un giorno, di punto in bianco – non aveva finito per prendere l’iniziativa e darmi un colpo di telefono. Non si era presentato direttamente davanti la porta di casa per il semplice fatto che fosse impegnato a fare Dio solo sa che cosa – quell’uomo diventava sempre più criptico. Ovviamente, in quel momento non ero realmente interessata a dove fosse o a cosa stesse facendo, ma solo al fatto che non avesse finito per scoprire che cosa avessi combinato. Una semplice telefonata di cortesia – così l’aveva definita lui, perché ammettere di volermi controllare lo avrebbe, poi, fatto passare come il peggiore degli stalker. E, lui, alle apparenze ci teneva.



Nonostante tutto, però, risentire quella voce burbera aveva finito per farmi piacere. Stavo diventando schifosamente sentimentale, ma in mio favore c’era da dire che feci finta di nulla. Insomma, per quanto mi fosse mancato quell’uomo non lo avrei certo sbandierato ai quattro venti. Se lo avessi fatto me lo sarei ritrovato in due secondi nell’appartamento – luce puntata negli occhi come nei peggiori film polizieschi – alla ricerca di informazioni su quello che avevo combinato. Non vi era alcun dubbio che sarebbe riuscito a ottenere quello che voleva in meno di cinque minuti. Era davvero bravo in quello, o forse sarebbe stato il caso di dire che avrei finito per vuotare il sacco in men che non si dica. E, allora, addio vita sociale. Addio, tutto.



In quel caso, poi, avrei dovuto fare i conti con Tim.



Già, Tim.



Da quando quella mia folle avventura con il Soldato d’Inverno era giunta al termine, avevo finito per rafforzare quella stramba amicizia. Forse era stato per via del fatto che mi ero improvvisamente ritrovata sola, oppure semplicemente perché avevo deciso – per una volta – di lasciarmi andare un pochino. Insomma, se Bucky era riuscito a fidarsi di una perfetta sconosciuta e lasciarla entrare in quel casino che era la sua vita, allora perché non avrei potuto fare anche io lo stesso?



Ci vuole parecchio coraggio a fare quello che lui aveva fatto con me, perché rendersi vulnerabili agli occhi di qualcuno non era mai semplice. Se poi ci aggiungiamo il fatto che lui fosse anche un assassino, le cose si complicavano sicuramente. Ciò nonostante aveva accettato il rischio, quello di finire per mostrarmi qualcosa che non mi sarebbe piaciuta finendo per farmi scappare a gambe levate. Io, però, ero rimasta ben piantata al mio posto, quindi non potevo fare altro che sperare che Tim facesse lo stesso con me.



Non che nascondessi un passato da serial killer, no. Ciò, però, non toglieva il fatto che quello che avrebbe potuto vedere avrebbe potuto non piacergli. Fino ad allora non mi ero certo esposta più di tanto. Tutto sommato, però, le cose mi erano andate bene per una volta nella vita.



Perché ne ero così sicura?



Semplice, perché quella era il terzo fine settima di fila che io e Tim finivamo per uscire a dirigerci in una delle tante feste del campus. Avevo dovuto rinunciare al mio amato Netflix, certo, ma non era stato poi così malvagio come avevo sempre creduto. D’accordo, all’inizio mi ero sentita come un pesce fuor d’acqua fino a quando non ci avevo preso la mano. Ero passata, così, dal far parte della tappezzeria al stringere qualche conoscenza, fino a sentire persone pronunciare il mio nome senza che realmente le conoscessi. Giuro che il tutto non era dovuto al me che mi ubriacavo e facevo cose di cui poi non avevo memoria. Beh, karaoke a parte, ma in quel caso il ricordo era particolarmente vivido, sì.



Non solo nella mia mente a quanto sembrava, ma anche in quella degli altri ragazzi che finirono per salutarmi calorosamente non appena misi piedi all’interno della stanza quella sera in compagnia di Tim.



La prossima volta che decido di salire su un palco e cantare, per lo meno accertati che la canzone non sia di dubbio significato.



Lo aveva finito per sussurrare in direzione del mio accompagnatore, mentre continuavo a sorridere e salutare da una parte all’altra. La dura vita universitaria.



Ti avrei fermato, se solo mi avessi fatto presente che la canzone che volevi cantare si intitolava “Bitch”.



D’accordo, avrei dovuto menzionare quel piccolo dettaglio, ma stiamo pur sempre parlando di me. Tim, tu hai il sacro dovere di mettermi un freno ogni qualvolta sono in procinto di mettermi in situazioni poco… confortevoli. Quindi, a precauzione, tu fermarmi sempre.



Lo dissi convinta prima di allungare la mano in direzione di un piccolo bicchierino. Forse, se avessi bevuto un sorso di punch avrei per lo meno potuto ingranare meglio la serata. Ero proprio sul punto di versarmene un po’, quando qualcuno non finì per bloccarmi il braccio. Quando sollevai lo sguardo e incrociai quello di Tim non potei fare altro che sollevare gli occhi al cielo.



Sono felice che tu abbia recepito il messaggio.



Gli risposi sarcastica, prima di vederlo ridacchiare. Mi ritrovai a scuotere la testa sconsolata, alla fine dei conti me l’ero andata a cercare. Per lo meno in tutto quel cambiamento qualcosa era rimasto inalterato, il che non mi dispiaceva. La mia era stata una specie di evoluzione – in meglio o in peggio che fosse – ma ero rimasta pur sempre me stessa. Sorrisi soddisfatta a quel pensiero, prima di avvertire il respiro caldo di Tim vicino al mio orecchio.



Credo che il mio amico sia ancora rintanato nella sua camera, al piano di sopra. Ti spiace se andiamo a cercarlo?



Tim mi aveva parlato a lungo di questo suo fantomatico amico. Una specie di genio della fisica, o qualcosa del genere. Insomma, un tipo abbastanza strambo il che detto da me era praticamente un eufemismo. Ciò nonostante mi ritrovai ad annuire, curiosa di fare finalmente la conoscenza di questo Eddie. Uno dietro l’altro, salimmo l’intera scalinata fino a ritrovarci al piano di sopra. E – imboccato il corridoio sulla sinistra – ci fermammo davanti la porta di una di quelle stanze. Su di essa vi era un cartello con su scritto “vietato entrare”. Si prospettava un tipo parecchio amichevole, pensai mentre scivolavo all’interno della stanza.



Quella camera era un disastro. Mia nonna avrebbe rischiato un embolo se avesse provato a mettere piede lì dentro, persino io avevo qualche problema in quel momento. Non sono mai stata una così grande fan dell’ordine, ma direi che i boxer sull’abat-jour erano troppo anche per me. Per non parlare di un cartone di pizza semi pieno abbandonato in un angolo. Insomma, quale persona sana di mente lascerebbe della pizza mezza mangiucchiata ad ammuffire? Da qualche parte ci doveva pur essere una legge scritta che vietava a chiunque di fare una cosa del genere. Lanciai uno sguardo pieno di scuse in direzione di quella povera pizza, prima di concentrarmi sul soggetto di cotanto caos.



Era un ragazzotto dai capelli rossicci –arricciati sulle punte – tarchiato, con un paio di occhiali puntellati sul naso. Stava smanettando su un computer e a stento si era voltato a salutarci. Solo quando aveva terminato di digitare freneticamente sulla tastiera, si era girato verso di noi allargando le labbra in un sorriso soddisfatto e alquanto raccapricciante – ma quello dipendeva dai punti di vista.



Ehi Eddie, cosa ci fai ancora qui? Ti stai perdendo la festa di sotto.



Aveva esclamato Tim lasciando scontrare le sue nocche contro quelle dell’amico. Al suono di quelle parole, Eddie finì letteralmente per illuminarsi.



No amico, la vera festa è qui. Ce l’ho fatta finalmente!



Ancora con quella storia?



Si erano lanciati in una conversazione che sembrava incredibilmente interessante, se solo avessi saputo di cosa stessero parlando. Mi ritrovai, così, a tossire appena per richiamare l’attenzione di entrambi. Era stato troppo egocentrico? Può darsi, ma la mia curiosità andava nutrita.



Oh tu devi essere Eleanor, ho sentito molto parlare di te.



Forse attirare l’attenzione non era proprio stata una buona idea. Mi ero, infatti, ritrovata a sorridere impacciata. Tim, invece, aveva finito per spostare il peso da un piede all’altro in evidente imbarazzo. Non avevo potuto fare altro che fare quello che mi riusciva meglio, cambiare discorso.



Di cosa stavate parlando?



Di qualcosa di impossibile.



Aveva risposto Tim che, evidentemente, aveva finito per riprendersi attirandosi un’occhiataccia da parte dell’amico.



Ti dico che ci sono riuscito, non è più impossibile come credevamo…



Sai vero che questa è una follia?



Mi spiace davvero interrompervi ma… cosa sarebbe impossibile?



Avevo dovuto intromettermi, di nuovo. Stavo dando davvero un ottima prova della mia educazione, ma non potevo farci niente se quei due avevano la capacità di punzecchiare la mia curiosità senza mai arrivare al nocciolo della questione.




Viaggiare nel tempo.



Eddie lo aveva praticamente sputato fuori con tutto l’orgoglio che aveva in corpo e la mia mascella per poco non si era slogata. Aveva seriamente detto viaggiare nel tempo? D’accordo, non ero certo la persona adatta nel dire cosa fosse o non fosse possibile visto che il mio ultimo coinquilino praticamente aveva preso a sprangate il termine “impossibile”... ma viaggiare nel tempo? Sul serio?



Non ascoltarlo Lenny, dice solo un mucchio di idiozie. Si è convinto di essere in grado di aprire una specie di varco. Ci lavora praticamente da mesi, ma l’unica cosa che è riuscito ad aprire fino ad ora è stata una lattina di fagioli.



Esatto, fino ad ora!



Gli aveva fatto eco Eddie che, come una freccia impazzita, aveva preso a muoversi da una parte all’altra della stanza.



Hai presente cosa sia un wormhole?



Mi ero ritrovata a scuotere la testa. Non ero mai stata una cima nelle materie scientifiche, ma quella storia stava decisamente iniziando a incuriosirmi così gli feci cenno di continuare mentre con una mano zittivo Tim che era già pronto a partire all’attacco.



D’accordo, un wormhole non è nient’altro che un cunicolo spazio-tempo. È un po’ come se fosse una scorciatoia per raggiungere un altro universo. Teoricamente esistono due tipi di cunicoli, ma io mi sono concentrato sull’intra-universo.



Intra… che?



Gli avevo fatto eco, mentre Tim – arresosi – aveva finito per lanciarsi a peso morto su una delle poltrone, non prima di averla liberata da vestiti e scartoffie varie.



Intra-universo. Collega due punti nell’universo, ma in tempi differenti. Tutto quello che serve sono onde gravitazionali e materia esotica. So che detto in questo modo sembra incredibilmente semplice, ma vi posso assicurare che non lo è.



Oh, ti credo sulla parola. Sussurrai consapevole di avere gli occhi spalancati più di quanto fosse umanamente possibile.



Che diavolo sarebbe la materia esotica? Te la sai appena inventata per fare colpo?



Lo prese in giro Tim, ridacchiando. Eddie era già sul punto di controbattere agguerrito, ma avevo finito per bloccarlo prima che fosse troppo tardi.



Sai, cosa? Meglio non continuare con i paroloni scientifici o rischio il mal di testa. Piuttosto, come facciamo a sapere che dici sul serio?



Ah, le vecchie care abitudini – pensai. Basta una piccola scintilla e, boom, il fuoco della curiosità finiva per divampare e travolgermi letteralmente.



Sì, Lenny ha ragione. Come facciamo a sapere che non ti sei inventato tutto? Insomma, ci sei mai entrato in uno di questi cosi?



Beh – no, ma potrei aprirne uno adesso.



A quelle parole io e Tim ci ritrovammo a fissarci – occhi negli occhi – finendo per decidere di concedergli il beneficio del dubbio. Per lo meno fu quello che feci io. Tim, in realtà, era chiaramente convinto che Eddie stesse semplicemente sparando un sacco di cavolate. Fu per questo che non si preoccupò più di tanto mentre l’amico si mise a lavoro. Si era praticamente concentrato talmente tutto che aveva finito per ignorarci completamente per quella che era parsa un’eternità.



Visto quanto ci aveva impiegato avevo iniziato a credere, seriamente, che fino a quel momento in realtà si era illuso di poter fare ciò che diceva. Fino a quando Eddi non riuscì a compiere la magia. Mi ritrovai a sgranare gli occhi per la sorpresa quando non vidi una specie di varco gelatinoso di colore viola aprirsi esattamente al centro della stanza. Tim balzò in piedi come scottato, spostando lo sguardo da una parte all’altra della stanza in modo compulsivo.



Non è…



Sussurrò con un filo di voce, prima di venir interrotto da Eddie, sistemato accanto alla sua scrivania – le braccia incrociate al petto, e un sorriso a trentadue denti a illuminargli il volto.



… possibile?



Fu in quel momento che smisi di ascoltare quello che i due ragazzi avevano preso a dirsi. Qualsiasi cosa fosse, al momento, non mi interessava affatto. Tutta la mia concentrazione era rivolta a quel varco, o quello che fosse il suo dannato nome. Cosa ci sarebbe stato dall’altra parte? Se qualcuno di noi, in quel momento, avesse finito per varcarne la soglia, dove sarebbe andato a finire?



In teoria dove dovrebbe condurre questo tunnel?



Lo chiesi ad alta voce, senza neanche rendermene conto.



Beh, bisognerebbe entrarci per scoprirlo.



Ma tu non ci sei mai entrato, giusto?



Eddie aveva finito per scuotere la testa alla mia domanda. Mi ero ritrovata a lanciare un’occhiata in direzione dei due ragazzi, prima di tornare a guardare davanti a me. Mi morsi il labbro inferiore, trattenendo involontariamente il respiro.



E se…



In quel momento mille domande vorticavano nella mia mente a una velocità impressionante. Il mio cuore batteva talmente tanto forte che, se non fossi stata così impegnata a fissare quella macchia viola, avrei avuto paura che potesse schizzarmi fuori da un momento all’altro.



E se...



Quella dannata domanda continuava a tormentarmi. E se attraversato quel tunnel fossi riuscita a tornare indietro? Mi sarebbe bastato tornare indietro di qualche anno, anche solo per dieci minuti. Il tempo necessario per rivederlo un’ultima volta. Una soltanto – me la sarei fatta bastare.



E se lo facessi io per te?



A quella domanda entrambi i ragazzi scattarono sull’attenti. Si lanciarono un’occhiata prima di tornare a guardare nella mia direzione. Tim aveva cambiato espressione improvvisamente, consapevole che non avevo detto quelle parole tanto per dire.



Lenny non credo che sia una buona idea. Non sai che cosa c’è dall’altra parte, e se finissi per perderti?



Tecnicamente, non correrebbe quel tipo di rischio. Non sappiamo dove quel tunnel porta, ma nel tornare indietro tornerebbe esattamente qui. In questo tempo, in questa stanza.



Quindi sarebbe fattibile?



Certo, dovrai solo accertarti di essere esattamente nello stesso punto in cui sei arrivata.



Tutto qui?



Gli avevo chiesto sotto lo sguardo esterrefatto di Tim. Si era portato una mano sulle labbra, prima di afferrarmi per un braccio e trascinarmi in un angolo della stanza, stando ben attento a non sfiorare minimamente quella massa gelatinosa.



Ti ricordi quando meno di un’ora fa mi hai chiesto di fermarti se mai ti fossi ritrovata sul punto di fare qualcosa di stupido? Beh, questo è qualcosa di davvero stupido, Lenny.



Sì, ho un ricordo molto vivido di quel momento. Adesso, però, stiamo parlando di un viaggio nel tempo.



Che oltre a essere stupido e anche estremamente pericoloso?



Correrò il rischio allora.



Certo, come quella volta che hai aiutato Captain America.



Sollevai gli occhi al cielo, esasperata. Quella mezza storia che gli avevo raccontato sapevo che avrebbe finito per tormentarmi per il resto dei miei giorni e, infatti, avevo dannatamente ragione.



Ok, punto primo ho davvero aiutato Captain America per quanto mi è stato possibile. E punto secondo, ho bisogno di farlo. Lo so che non puoi capire e ti ringrazio per esserti preoccupato per me, ma se non lo faccio me ne pentirò per il resto dei miei giorni.



Non avevo mentito. Quella era la pura e semplice verità. Magari quello non era un vero varco temporale e io avrei finito per perdermi, o – peggio – disintegrarmi, ma era un rischio che avrei volentieri corso per cinque minuti di felicità.



Che cosa devo fare?



Prendi quest’orologio, l’ho sincronizzato con il mio. Non appena sarai dall’altra parte il portale si chiuderà, ma non preoccuparti perché tra dieci ore esatte io lo riaprirò. L’unica cosa che tu devi fare è trovati nello stesso punto in cui sei arrivata.



Ok, sembra facile.



Sussurrai sorridendo, improvvisamente nervosa. Afferrai quell’orologio appuntandolo sul polso, cercando di fare respiri profondi. E io che mi ero convinta che le mie follie erano giunte al termine – povera illusa. Feci un passo incerto in direzione di tutto quel viola, prima di bloccarmi.



Quindi tecnicamente dovrei…



… saltarci dentro, sì.



Concluse per me Eddie, dandomi una pacca sulla spalla. Sorrisi appena, prima di voltarmi in direzione di Tim che aveva preso a fissarmi come un cane bastonato. Mi spiaceva dovergli fare quello, ma se mai fossi tornata indietro mi sarei fatta perdonare in qualche modo. Quanto meno avrei avuto dieci ore per pensare bene a come fare.



Se non dovessi tornare, per favore, dì ai miei nonni che gli ho voluto bene.



Oh no, lo farai tu stessa quando sarai tornata tutta intera qui.



Aveva finito per sorridermi, anche se quello aveva finito per somigliare più a una smorfia che ad altro. Annuì con un lieve cenno del capo tornando a guardare davanti a me. Con quello mettevo ufficialmente fine alla promessa che avevo fatto, sapendo che stavo per imbarcarmi in un vero e proprio mare di guai – niente di nuovo, insomma.



Scusa, Buck.



Lo avevo sussurrato con un filo di voce, finendo per saltare dentro l’ignoto.

 

 

 


 


 

***


 

 

 



 

Bisognava ammetterlo, i viaggi nel tempo nei film erano molto più avvincenti di così. Il mio era stato caotico. Sembrava come se fossi stata risucchiata all’interno di un’aspirapolvere per un tempo indefinito. Potevano essere passati cinque minuti, come un’eternità e per me non avrebbe avuto alcuna differenza. Avevo finto per precipitare in un vicolo sudicio – le mani a bloccare la caduta, il volto a pochi centimetri dall’asfalto. Tirai un sospiro di sollievo, quanto meno ero tutta intera il che era un buon segno, no?



Mi sollevai lentamente, ma ciò non impedì a un’ondata di nausea di travolgermi con un violenza tale che dovetti chiudere gli occhi per alcuni secondi. Quando, finalmente, quella sensazione era scemata mi ero convinta a muovermi lanciando un’occhiata a tutto quello che mi circondava. Quella decisamente non era la stanza di Eddie, quindi questo voleva dire che effettivamente aveva funzionato. Per lo meno ero atterrata da qualche parte, dovevo solo capire dove.



Lanciai un’occhiata in direzione del cassonetto, ai suoi piedi vi era un giornale arrotolato. Mi affrettai a raccoglierlo, curiosa di sapere in che anno fossi finita. Trattenni il respiro – senza neanche rendermene conto – per tutto il tempo che impiegai per srotolare quel pezzo di carta. Quando posai lo sguardo sulla data – in cima, a destra – i miei occhi finirono per riempirsi di lacrime.



Merda.



Lo aveva sussurrato a denti stretti, frustrata. Dio – si poteva essere più stupidi di così? Lanciai con violenza il giornale contro il cassonetto, avertendo il rumore sordo di quando qualcosa finiva per terra.



Ero finita nell’anno sbagliato.


















 


 


NdA:

Ciaoooo a tutti. :)

Come promesso eccomi di nuovo qui. Inizio con lo scusarmi per il ritardo, purtroppo non mi è stato proprio possibile pubblicare prima di adesso. Spero, però, di essermi fatta perdonare e cosa più importante che questa storia vi sia piaciuta tanto quanto la prima. Non mi dilungo molto, ma volevo dirvi alcune cose importanti. Prima di tutto, questa storia si compone di soli tre capitoli ma non per questo dovrete disperare, anzi... :) Secondo se qualcuno di voi fosse sfuggita c'è un piccolo intro prima della storia originale che vi consiglio di leggere, se non lo avete ancora fatto. Vi lascio il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3440482&i=1. 
Ultima cosa, ma non per questo meno importante: settimana prossima, purtroppo, sarò costretta a pubblicare di venerdì causa esami e probabilmente credo che continuerò a pubblicare ogni venerdì e cercherò di essere il più puntuale possibile, promesso. <3
Detto questo, vi lascio sperando di poter avere qualche vostro parere e vi lascio appuntamento alla prossima settimana. 
Un bacione. 
- LadyBones. 


   
 
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