Serie TV > The Walking Dead
Ricorda la storia  |      
Autore: Silvianap    17/07/2016    4 recensioni
[Dal testo] "Avrebbe voluto dirle di agire come quando indossava quella maschera dentro Alexandria. Avrebbe voluto urlarle ‘Lascia che ti scorra tutto addosso, come fa la pioggia sulla pelle!’ con lo stesso fervore con cui le aveva urlato contro pochi minuti prima. Ma qui non si trattava di maschere, né di impassibilità, questa era una questione più profonda e Daryl si ritrovò senza parole".
One Shot scritta per il "CARYL FANFICTION FEST" della pagina Facebook CARYL ITALIA.
Prompt: Scena sotto la pioggia.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Peletier, Daryl Dixon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Lascia che tutto scorra come la pioggia sulla pelle.

 

Non era così che doveva finire. Quella doveva essere solo una stupida spedizione per recuperare medicinali e magari altri beni di prima necessità.
Lei aveva insistito per essere presente, ma lui non era d’accordo. Perfino Rosita non era d’accordo. Eppure, non si sa come, alla fine si erano ritrovati in quel maledetto vecchio pick-up tutti e tre insieme alla volta di questo posto non troppo lontano, una farmacia.
L’aveva osservata, quel giorno. L’aveva incoraggiata, consolata. Aveva parlato con lei.
Aveva scoperto molte cose. Che quella era la prima volta che lei usciva da Alexandria da quando il mondo era andato a puttane, che aveva un fratello gemello, che non era ancora pronta ad affrontare la realtà del mondo esterno, ma anche che era una persona davvero testarda e davvero tosta.
Aveva però scoperto anche che la fiducia data alla persona sbagliata può ricontorcersi contro di te in un attimo e aveva capito che una scelta presa al momento giusto avrebbe salvato qualche vita. La sua vita, di sicuro.  

Avrebbe dovuto ammazzarlo, quel figlio di puttana. L’aveva detto anche a Carol mentre erano seduti su quegli scalini. “Avrei dovuto ucciderli”.
Lei dava per scontato che a causa della sua indole buonista e fiduciosa nel prossimo, non sarebbe riuscito ad uccidere delle persone a sangue freddo. Avrebbe dovuto farlo, però, prima che gli rubassero la moto e la balestra.
Aveva ritrovato la moto. Per la balestra… beh, avrebbe potuto trovarne un’altra e nel frattempo usare altre armi.
Ma quella mattina era uscito da Alexandria proprio con quella moto e con la sua balestra, riavuta poche ore prima. La stessa balestra che gli era stata rubata. Quella balestra che adesso vedeva sotto un’altra luce. Avrebbe preferito non riaverla indietro se avesse saputo come sarebbe poi tornata tra le sue mani.
Aveva seppellito quella che ormai poteva considerare un’amica. Aveva passato la notte sveglio aspettando che il sole sorgesse per partire e raggiungere proprio il posto dove quell’amica era stata uccisa, sulla strada che LUI aveva deciso di prendere per tornare a casa, con una freccia scoccata dalla SUA balestra, dalla persona a cui LUI aveva risparmiato la vita mesi prima. Da quel punto sarebbe partita la sua ricerca di vendetta.
Era colpa sua. Tutto quello che era successo era colpa sua. Poteva essere anche una missione suicida, per quel che gli importava. Doveva trovarlo e ucciderlo.

La cosa che però Daryl non aveva calcolato era la possibilità di trovare la strada bloccata.
Bloccata da una sparatoria.
Sentì una serie di colpi di pistola mentre era ancora in lontananza e decise così di rallentare la sua corsa ed accostarsi vicino agli alberi che segnavano il limite tra la strada e i campi di fianco a lui. Appena spense il motore sentì più chiaramente un’altra serie di colpi, poi silenzio.
Scese dalla moto in fretta, la nascose bene tra gli alberi e, impugnata la balestra, si avviò verso il punto dove secondo lui era avvenuto il fatto. Se la sparatoria era stata provocata da quegli stronzi, per trovarli avrebbe soltanto dovuto seguire la strada, camminando sempre dritto lungo il ciglio.
Sentiva il sangue scorrere veloce nelle vene e ribollire dentro di sé dalla rabbia, quella rabbia che lo stava spingendo a camminare molto velocemente, quasi a correre.
Ma quando in lontananza sentì una voce, quella voce, si bloccò di colpo.
“Ti vedo! Vieni fuori! Lentamente!”.
Il sangue che gli stava dando potenti scariche di adrenalina all’improvviso si gelò e Daryl sentì una fitta al cuore. Continuava a ripetersi che non poteva essere vero, che l’aveva immaginata.
Un’altra voce rispose subito dopo, in risposta alla prima tremendamente familiare per lui.
“No, credo proprio che passerò!”.
Accelerò i passi d’istinto e non appena riuscì a salire la leggera collina di fronte a lui, assistette ad una scena che lo fece bloccare e poi vacillare. Letteralmente.
Carol. Era lei, quella che aveva sentito era davvero la sua voce. Si stava muovendo lentamente di fronte ad un pick-up, sul quale poteva contare tre morti. Lei era armata di pistola e sembrava stare bene, ma cosa diavolo ci faceva in quel posto, così lontana da Alexandria?
Solo qualche istante dopo si rese conto di un’altra persona accucciata vicino alla ruota dello stesso pick-up e sembrava che si stesse nascondendo proprio da lei.
Tutto quello che accadde nei cinque secondi successivi fu così veloce che quasi gli sembrò impossibile. Il tipo si alzò di scatto urlando e Daryl ebbe soltanto un attimo per riuscire a vedere il coltello che impugnava quando si scagliò contro Carol. Lei sparò, poi per un momento rimasero entrambi immobili, a pochissimi centimetri di distanza.
L’uomo armato di coltello cadde subito dopo a terra, ferito gravemente allo stomaco, morente. Carol si poggiò al pick-up, con la pistola ancora in mano, mentre con la mano libera si stringeva il fianco sinistro.
Non ci volle molto tempo prima che il suo maglione cominciasse a macchiarsi di sangue, il sangue che proveniva dalla ferita che quell’uomo era riuscito comunque ad infliggerle.
Ogni millimetro di tessuto insanguinato aveva un effetto diverso su Daryl, sempre peggiore. Si ritrovò a correre verso di lei e a prenderla tra le braccia prima che potesse pian piano lasciarsi cadere a terra.
In quel preciso istante, nell’istante in cui i loro corpi si toccarono, Daryl sentì alcune gocce di pioggia cadergli addosso. Stava iniziando a piovere.

Carol percepì un dolore acuto, ma non riuscì subito a capire da dove provenisse. All’inizio era addirittura convinta che fosse tutto frutto del suo cervello, un conseguenza psicologica alla carneficina che aveva appena provocato. Le fitte di dolore che avvertiva al fianco, però, erano reali, tutt’altro che psicologiche.
Si stava pian piano lasciando scivolare a terra mentre osservava l’uomo che stava morendo accanto a lei, per causa sua. Un altro. Un’altra persona che andava ad incrementare il numero di anime a cui aveva tolto la vita.
La sua attenzione era talmente focalizzata su quell’uomo e sul dolore velocemente in espansione sotto il palmo della sua mano che non si rese minimamente conto della figura che stava correndo verso di lei finchè non la strinse forte tra le braccia e non mise una mano sulla sua, sul fianco dolorante.
Cercò di divincolarsi dalla stretta. Se questo era un altro di quei maledetti che erano diretti ad Alexandria, doveva assolutamente fermarlo prima di essere uccisa da lui. Non le importava minimamente di essere ammazzata così a sangue freddo e anzi, forse era proprio quello che cercava in quel momento, qualcuno che ponesse fine alla sua vita e che quindi le portasse via tutto il dolore che stava provando per quello che aveva fatto fino a quel momento. Tutto questo però veniva dopo, non poteva permettere a nessuno di avvicinarsi ad Alexandria per fare del male ai suoi amici, alla sua famiglia.
Ma quando quell’uomo parlò, Carol si bloccò immediatamente. “Ehi ferma, ferma! Sta ferma!”.
Il dolore al petto che provò in quel momento, al suono di quella voce, superò il dolore fisico e le fece bruciare gli occhi.
Perché era lì? Perché lui era lì? Perché proprio lui? Avrebbe reso tutto più difficile!
“Perché sei qui? Eh?! Cos’è successo? Che diavolo credevi di fare? Volevi farti ammazzare?!” chiese lui repentinamente, con quel tono di voce che usava di rado, solo quando era davvero molto preoccupato.
“Lasciami andare!” urlò Carol, e l’unica sua reazione in quel momento, dopo tutte quelle domande, fu provare a divincolarsi di nuovo dalla stretta per fuggire il più lontano possibile da tutto, da lui. Fuggire soprattutto per non farsi vedere in lacrime.
“Sta’ ferma! Fammi controllare la ferita!” le disse Daryl.
Ferita? Era ferita e non se n’era accorta? Si calmò di nuovo e spostò lo sguardo sulla sua mano e quella di Daryl strette al suo fianco sinistro. Una macchia di sangue, proveniente proprio dal fianco dolorante, si stava espandendo sul suo maglione.
In quel momento si accorse anche che stava piovendo e che la pioggia aumentava sempre di più. Carol pensò subito che quella era una cosa davvero buona in una situazione totalmente schifosa. Grazie all’aiuto della pioggia battente poteva lasciarsi andare e piangere per la frustrazione senza che Daryl se ne potesse accorgere.
“T-tu non dovresti essere qui! Sul biglietto ho scritto che non volevo essere cercata!” gli urlò contro, continuando a rifiutarsi di guardarlo negli occhi. Lo sapeva, lei lo sapeva. Se lo avesse guardato, tutto si sarebbe complicato in un attimo.
“Biglietto? Quale biglietto? Che stai dicendo?” chiese lui a sua volta. “Torniamo a casa, devi medicarti”.
“No! Vi ho scritto che me ne sarei andata ed è quello che sto facendo! Ora lasciami” disse lei, stavolta rimanendo immobile. Aveva capito che divincolarsi non sarebbe servito a niente, forse stando ferma sarebbe riuscita a liberarsi dalla sua presa più velocemente.
“Si può sapere cosa diavolo stai dicendo? Porca puttana, hai rischiato di morire, lo sai?!”. Daryl era alterato, ma a quanto pareva non sapeva niente del biglietto. E se non sapeva niente del biglietto, cosa ci faceva lì fuori, così lontano da Alexandria e sotto una pioggia così forte?

Daryl non capiva, non riusciva proprio a capire.
A Carol non importava di essere ferita, ormai lei non era più la persona che conobbe anni prima e lo sapeva anche lui. Aveva adottato questo travestimento, questa “maschera” per mimetizzarsi con l’ambiente in cui vivevano e sembrava che tutto le scorresse addosso.
Sentendo le parole di Carol rimbombargli nella testa, la rabbia salì prepotente dentro di lui, ma stava effettivamente mettendo a fuoco quello che lei gli stava urlando. Continuava a parlare di questo biglietto e del fatto di volersene andare. Oh no, non glielo avrebbe permesso! Non poteva andarsene così di punto in bianco!
Sapeva bene che quei giorni erano molto difficili per tutti loro e lei era una di quelli che soffrivano di più. Ormai da tempo se n’era accorto, gli era bastato osservarla, osservare i suoi comportamenti per capirla, per capire tutto, anche se le cose erano cambiate. Una volta lei gli permetteva di guardarla negli occhi e lui le permetteva lo stesso, di tanto in tanto. Ma questo non succedeva da tempo e quando finalmente Daryl ci riuscì qualche giorno prima, dopo essere riusciti a ritrovare lei e Maggie che erano state rapite, incrociando il suo sguardo si accorse che tutto era di nuovo cambiato. Lei stava lentamente affondando in un oblio e si stava lasciando andare in balìa di sé stessa. Quando le chiese se stava bene e lei gli rispose di no, lui si sentì crollare e la prese tra le braccia, ma vide anche uno spiraglio, in quell’oblio, una fiammella che ancora bruciava dentro di lei. Una richiesta d’aiuto inespressa a voce, un grido d’aiuto silenzioso ma assordante.

Più Daryl la osservava sotto quella pioggia e più si rendeva conto che non stava trattenendo la persona che conosceva, ma soltanto l’involucro che la conteneva. Quella persona gli mancava, gli mancava il fuoco vivo che sprigionava e da cui era attratto.
“Se non sai niente del biglietto allora perché sei qui? È impossibile che tu mi abbia seguita, sono stata attenta a non attirare l’attenzione e tu non eri nei paraggi mentre me ne andavo…” disse Carol. Stava tremando, continuava a non guardarlo in faccia e ogni tanto provava a muoversi per fare in modo che lui allentasse la presa su di lei. Ma Daryl non ne aveva la minima intenzione. Era convinto che se l’avesse lasciata non solo sarebbe scappata, ma sarebbe anche morta a causa della ferita non curata, si sarebbe dissanguata piano piano.
Perché era lì? Il peso di tutto quello che era successo gli ripiombò addosso come un macigno. Denise era morta a causa sua, lui doveva trovare quei figli di puttana che erano scappati il giorno prima per ucciderli tutti, Dwight soprattutto.
Ma non appena la consapevolezza dei fatti tornò da lui, dolorosa come uno schiaffo violento, le ultime parole di Denise rimbombarono nel suo cervello.
Sarei potuta andare con Tara. Avrei potuto dirle che la amo ma non l’ho fatto, perché avevo paura. Ecco che cos’è stupido! Non lo è venire qui fuori, non lo è affrontare i miei guai. E mi fa stare uno schifo vedere che voi non ci proviate neanche, perché siete forti e siete intelligenti e siete due brave persone e se non vi svegliate… e affrontate i vostri…

Doveva aiutare Carol, gli aveva chiesto aiuto, magari inconsapevolmente. Lei stava scappando, lui doveva darle una ragione per restare. Doveva svegliarsi e affrontare la situazione. Avrebbe vendicato Denise, ovviamente. Probabilmente quello stronzo sarebbe tornato per cercarlo e riprende sia la sua moto che la sua balestra.
Ma in quel momento, sotto quella pioggia fredda, Daryl capì che doveva salvare Carol come lei aveva fatto con lui, in passato.
“Lo stavi cercando, non è vero? L’uomo che l’ha uccisa” disse lei, dopo che entrambi erano rimasti in silenzio per qualche secondo. Lui rimase fermo a fissare la macchia di sangue che continuava ad allargarsi sotto le loro dita e strinse la presa su di lei.
“Daryl, solo perché ieri ti ho detto che avevi ragione quando hai detto che avresti dovuto ucciderlo, non significa che adesso puoi uscire da solo a rischiare la vita per vendicarti di lui…” gli disse Carol, e dopo un sospiro continuò “…quindi ora lasciami andare. Torna a casa, al caldo, e riposati”.
Un’ondata di rabbia prese di nuovo possesso di Daryl quando parlò. “Si, beh anche tu stai rischiando la vita qui fuori! Non lo vedi questo sangue? Questo è il tuo sangue!” le disse, alzando la mano sinistra insanguinata davanti ai suoi occhi.
“Che intenzioni hai? Vuoi andartene e vuoi morire da sola? Essere uccisa, è questo che vuoi? Guardami!” e così dicendo la scosse, rimettendo la mano sulla sua ferita.

Carol stava ancora tremando, piangendo e sapeva bene che tutta questa situazione non si sarebbe risolta e questa rabbia da parte di Daryl non sarebbe svanita finchè non si fosse decisa a guardarlo negli occhi.
Non ne poteva più, voleva soltanto andarsene. Non le importava nemmeno più di farsi vedere in lacrime. Così, con un’enorme sforzo, finalmente girò la testa verso di lui e lo guardò. I loro occhi azzurri si incontrarono e nello sguardo di Daryl vide tutta la rabbia del momento, ma non ci vollero più di tre secondi per notare che la sua espressione stava cambiando e stava diventando sempre più addolorata. Quando la rabbia nei suoi occhi scomparve del tutto Carol parlò, lasciando che il pianto che aveva preso possesso di lei si sfogasse in singhiozzi liberi.
“Io non posso andare avanti così! Non ce la faccio! Da quando tutto è cominciato ho ucciso trenta persone, Daryl! Trenta! E per proteggervi tutti dovrei farlo ancora e ancora! Non posso farlo, quindi non posso continuare a proteggervi”. Le parole uscivano libere dalla sua bocca come la pioggia dal cielo e le lacrime dai suoi occhi.
Quei singhiozzi stavano scuotendo Daryl fin dentro le ossa. Avrebbe voluto dirle di essere impassibile, che tutti loro avevano fatto cose orribili fin dall’inizio dell’Apocalisse. Avrebbe voluto dirle di agire come quando indossava quella maschera dentro Alexandria. Avrebbe voluto urlarle ‘Lascia che ti scorra tutto addosso, come fa la pioggia sulla pelle!’ con lo stesso fervore con cui le aveva urlato contro pochi minuti prima. Ma qui non si trattava di maschere, né di impassibilità, questa era una questione più profonda e Daryl si ritrovò senza parole.
Come aveva fatto Carol a nascondere tutto questo dolore per così tanto tempo? E come aveva fatto lui a non accorgersi di niente? Aveva lasciato che lei scivolasse nel buio e che perdesse ogni aggancio alla vita. Poteva ancora rimediare?

Daryl si ritrovò a chiudere gli occhi, incapace di sopportare la vista di tutto quel dolore ma, dopo un profondo sospiro, riuscì comunque a dire qualcosa che prese di sorpresa anche sé stesso.
“Non ti lascerò affrontare tutto questo da sola. Tu non sei sola. Non ti lascerò andare via”.
Per quanto possibile, Carol cominciò a singhiozzare più violentemente e strinse le braccia intorno al suo collo, afferrando tra le mani i suoi capelli ormai zuppi d’acqua. Lui rispose all’abbraccio immediatamente, tenendo però una mano sempre salda sulla ferita sanguinante. Poi la prese in braccio, recuperò lo zaino che lei aveva con sè e la portò lontano, sotto uno degli alberi vicini a dove aveva lasciato la moto.

“Hai qualcosa per medicarti, in questo tuo zaino?” le chiese mentre camminava e ancora la teneva tra le braccia. Carol rispose con un cenno d’assenso e poi poggiò la testa sul suo petto.
Si ripararono, per quanto poterono, e lasciò che Daryl le curasse la ferita. Era davvero brutta e le faceva parecchio male.
Nello zaino aveva anche del disinfettante e, prima che Daryl potesse usarlo sul taglio, lei portò velocemente una mano in tasca in cerca del crocifisso che da qualche giorno portava sempre con sé, per avere una sorta appiglio nel momento del dolore, ma nella tasca non c’era più.
“Farà male” le disse Daryl con una voce cupa ma calma, pronto con in mano del tessuto imbevuto di disinfettante. E poi, come se avesse percepito in qualche modo il disagio che Carol stava provando per aver perso il crocifisso, lui le offrì la mano libera, da stringere per sopportare meglio il dolore. Le offrì un appiglio, le offrì una speranza.
In quel momento, sotto quel temporale, Carol si rese conto che Daryl le stava salvando la vita. Con quella mano le stava offrendo la vita e stringerla significava accettare l’offerta, vivere e accettare l’aiuto che lui voleva darle.
Lo guardò negli occhi e lui ricambiò lo sguardo.
Poi strinse.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Walking Dead / Vai alla pagina dell'autore: Silvianap