Film > Alice nel paese delle meraviglie
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Autore: Fiore del deserto    21/07/2016    6 recensioni
L’autunno è colorato, matto e, al contempo, saggio. Il momento perfetto per tenere conto di ciò che abbiamo fatto, di ciò che non abbiamo fatto, e di ciò che vorremmo fare il prossimo anno. Le foglie variopinte sono le fiaccole che illuminano la via delle decisioni, il profumo della pioggia aiuta a ricordare antichi impegni. E la coscienza di Alice verrà messa a dura prova con il bivio che le si para davanti, tra una vita di sogni e tra la fredda realtà, le fantasie di una bambina e le responsabilità di una giovane adulta. E' tempo di decidere, Alice.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Alice e il Cappellaio'
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Ciao a tutti!
Per farmi perdonare, ho deciso di pubblicare un nuovo capitolo di seguito. Scusate se il capitolo è corto, ma il prossimo sarà abbastanza lungo XD
Nel capitolo precedente ( dopo aver ricevuto minacce... no, non fate quella faccia: sto scherzando XD ), ho voluto solo darvi un piccolo insegnamento: non sempre le persone che sembrano buone nascondono intenzioni malvagie. A volte, le persone che sembrano buone... sono davvero buone.
E in questo nuovo capitolo io, anzi, il Cappellaio, vi darà un secondo insegnamento.
Quale?
Non ve lo dico XD
Un BACIONE e BUONA LETTURA!
 

 
 
Alice si asciugò gli occhi e guardò nuovamente il Cappellaio.
Pochi secondi e i due si erano come letti nel pensiero.
Nei loro cuori si promisero che avrebbero fatto di tutto per mantenere fede alla promessa che avessero fatto a Castagna.
E non solo loro, ma anche tutti gli altri.
Tutti quanti giurarono a sé stessi che avrebbero lavorato sodo affinché i desideri di Castagna divenissero reali.
 
E così era stato, soprattutto grazie alle spese contribuite da parte della Regina Bianca.
Nel giro di qualche giorno e il castello dell’ormai ex Conte Gwyneth era stato interamente ristrutturato: non vi era una sola traccia di nero e, al posto di quel cupo colore, regnava un sobrio colore molto chiaro.
Il giardino si estendeva in una vasta gamma di rose di ogni colore, con molti gigli sparsi qua e là, decorato anche da fontane scolpite artisticamente in ogni dettaglio.
All’interno del castello c’era tutto quello che Castagna avesse chiesto: nei piani superiori vi erano le camere da letto, decorate con tante tende variopinte e con morbidi letti coperti da lenzuola sempre pulite; il resto delle sale comprendevano botteghe di vario genere, da quelli di falegnameria a quelli per sarte, poi vi erano anche delle grandi cucine dove ognuno era libero di preparare degli ottimi piatti o, semplicemente, per sfamarsi accomodandosi nell’immensa sala dove consumare i pasti.
Da quando la ristrutturazione del castello era terminata, il Cappellaio, Alice e gli altri si erano dati un gran da fare e gli ospiti non mancavano mai. Ne arrivava sempre almeno uno al giorno.
Era così bello, pensavano, poter aiutare gli altri e conobbero anche loro la sensazione che provasse Castagna quando era consapevole di sentirsi utile donando un grande sorriso agli altri. Era meraviglioso.
La fatica non pesava a nessuno di loro quando vedevano sorridere le persone alle quali avevano offerto aiuto.
Mirana, infine, ebbe un’eccellente idea: avrebbe fatto in modo che quel castello diventasse una vera e propria casa per chi avesse bisogno di aiuto, sfruttando il patrimonio di Castagna e gran parte del proprio per pagare tutte le spese. I meno abbienti, i vagabondi e i disoccupati non potevano che esserne più felici: pochi giorni e a Marmorea non vi era più un solo povero.
Uomini e padri di famiglia avevano trovato in quel castello dei lavori onesti come falegnami, cuochi o giardinieri, così come le donne, le quali, la maggior parte, lavorava nelle cucine e nella bottega per sarte.   
Mirana si sarebbe presa tutta la responsabilità di quel castello, così da poterlo tenere al sicuro da ogni male e – per prevenire eventuali incidenti come aveva fatto in passato il Conte Gwyneth – da ogni forma di sopruso. Chi, dopotutto, meglio di lei?
A Castagna sarebbe piaciuto molto, dovevano aver pensato il Cappellaio e tutti gli altri.
Chissà se da qualche parte era Castagna riuscisse a vedere tutto quello che avevano fatto per lei? Se lo avesse fatto, probabilmente, li avrebbe abbracciati tutti ad uno ad uno, con un meraviglioso sorriso stampato in volto.
 
Quel pomeriggio, dopo che Mirana aveva annunciato l’appropriamento del castello, il Cappellaio aveva proposto limpidamente ad Alice di venire con lui per prendere un tè.
Mally e il Leprotto erano entusiasti, era da molto tempo che non prendevano un tè tutti insieme, ma il Cappellaio fece “no” con l’indice.
Educatamente, disse loro che voleva prendere il tè solo con Alice.
Mally e il Leprotto sbuffavano e brontolavano.
Alice, invece, si era insospettita, ma aveva accettato ugualmente.
Il Cappellaio prese Alice per mano e, in silenzio, si incamminarono verso il Mulino dove era solito prendere il tè. Per tutto il viaggio non aveva detto una sola parola.
Alice aveva taciuto davanti a quegli occhi pieni di vivacità, ma, allo stesso tempo, seri.
Non sapeva se fosse preoccupato o nervoso.
Camminavano a passo veloce e non ci misero molto ad arrivare.
Una musica stonata echeggiava e Tarrant si era reso conto che il giradischi era ancora in funzione. Il Leprotto doveva averlo sicuramente dimenticato. Il Cappellaio spostò la puntina di lettura e fermò la musica.
Poi cercò sotto quel tavolino un disco adatto. Lo trovò e rimise la puntina di lettura, in modo da riprodurre una melodia diversa. Era calma e dolce.
Poi ritornò da Alice e le offrì gentilmente la sedia al capotavola, il posto degli ospiti come lui la definiva, facendola accomodare sulla poltrona ottomana senza schienale.
Afferrò una teiera e le versò il tè già di per sé pronto e caldo.
Alice non si era azzardata nemmeno di immaginare come fosse possibile che quel tè fosse pronto al punto giusto, senza la necessità di essere preparato, poiché in quel mondo le meraviglie e le sorprese erano così tante che non c’era mai il tempo di farsi delle domande.
Ad ogni modo, Tarrant le offrì anche un dolcetto, poggiandolo accanto alla tazza che fumava per quel liquido bollente e ambrato.
Successivamente, si mise al suo solito posto, dall’altra estremità del capotavola, sulla sua poltrona di velluto preferita. Versò il tè anche sulla propria tazza e, alzando un mignolo, iniziò a sorseggiare.
Alice fece lo stesso, dopo aver dato una soffiata per raffreddare la calda bevanda.
- Mi manca Castagna. – disse lei a bruciapelo.
- Manca anche a me. – ammise il Cappellaio – Ma in compenso, stiamo facendo un buon lavoro, non credi? –
Alice annuì e il Cappellaio continuò a parlare.
- Tu credi che ci stia guardando? –
Alice poggiò la tazza sul tavolo e raccolse le idee.
- Sono sicura che sarà molto fiera di noi. –
- Non ancora. – disse il Cappellaio posando la propria tazza – Non abbiamo ancora fatto abbastanza per renderla effettivamente fiera di noi. -
- Perché? – Alice piegò la testa di lato – In cosa abbiamo mancato? –
Il Cappellaio le donò uno sguardo che Alice non riuscì a definire. Sembrava enigmatico, forse anche furbo e furtivo.
- Lo sai qual è il modo migliore per dimenticare ogni affanno? – domandò il Cappellaio e Alice si chiese cosa c’entrasse quella domanda con la loro conversazione e, di colpo, la voce di Tarrant aveva assunto un timbro tipico di quando si recita una filastrocca – Quando la tristezza mi ha distratto, io per dimenticar... rido come un matto! – e il Cappellaio, inspiegabilmente, aveva iniziato a sganasciarsi dal ridere come se avesse ascoltato una storia molto buffa.
Alice era solo confusa, ma a farle perdere l’attenzione dal Cappellaio era stata un’altra sorpresa fuori dal comune: la poltrona dove era seduta, i tavoli con le teiere, tazze e dolci, le sedie e il Cappellaio seduto sulla propria poltrona... avevano iniziato a sollevarsi da terra.
Alice si spaventò di poco e si appoggiò ai braccioli, stringendo saldamente.
Il Cappellaio continuava a ridere di gusto fino a che non furono sufficientemente in aria.
- Ma cosa... – Alice era sempre più basita – Com’è possibile? –
- Non è divertente? – ridacchiava il Cappellaio.
Alice non riusciva a rispondere. Non che soffrisse di vertigini, ma quella situazione era alquanto strana.
Il Cappellaio, al contrario, si era sentito a suo agio. Non solo. Si alzò dalla poltrona e prese a camminare sopra i tavoli.
Questo è proprio matto! Doveva avere pensato Alice.
Il Cappellaio, sorridente, si era avvicinato a lei e le offrì la mano.
- Vieni, Alice. –
Alice scosse il capo, aveva un po’ paura di cadere.
- Non temere. – sorrise più largamente il Cappellaio – Non ti faccio cadere. Fidati di me. –
Alice, a quel punto, non poté rifiutare. Si sarebbe fidata del Cappellaio anche se gli avesse detto che sott’acqua fosse possibile respirare.
Gli afferrò la mano e, coraggiosamente, salì anche lei sopra i tavoli. Accidentalmente, un suo piede urtò contro una tazza e la fece cadere al suolo.
- Mi dispiace. –
Il Cappellaio ridacchiava divertito.
- Non fa niente. –
Dopodiché, con la propria mano destra prese la mano sinistra di lei, sollevandola fino alla sua spalla. Le poggiò mano destra sulla schiena e, uniti i piedi, il Cappellaio iniziò ad effettuare una lenta danza sopra quei tavoli fluttuanti.
Alice temeva di cadere, ma era disposta a fidarsi del Cappellaio, continuando a danzare tra le note della musica prodotta dal giradischi.
- Alice, Castagna ci ha insegnato una cosa molto importante. –
Alice lo guardò negli occhi mentre continuavano a danzare, senza preoccuparsi di gettare per terra le tazze e i dolci.
- Oggi ci siamo, domani chi lo sa? – una piccola piroetta – Per questo motivo, mia cara, dobbiamo fare tutto quello che ci sentiamo di fare finché ne abbiamo il tempo. –
Alice non aveva detto una parola e sapeva che il  Cappellaio avesse detto la verità.
Un’altra piroetta e altri passi a destra.
- Ti ho lasciata andare via già troppe volte. Troppe volte ho sbagliato. – continuava il Cappellaio – E ancora una volta il destino mi ha dato la possibilità di rivederti. –
Il Cappellaio aveva interrotto la danza e la guardò nel più profondo degli occhi.
- Ed ora non voglio più perdere altro tempo. –
Alice non capì a cosa si riferisse il Cappellaio.
Si allontanò di poco da quel piacevole contatto fisico e, senza preoccuparsi di stare sopra i tavoli lontani da qualche metro da terra, si inginocchiò davanti a lei e le prese ambo le mani.
Alice ebbe una morsa al cuore. Il Cappellaio si leccò le labbra nervosamente, ma era deciso più che mai a non fermarsi.
- Alice, mia cara, è per questo motivo che ti chiedo... vuoi diventare la mia sposa? –
Alice fu colta da un forte batticuore, arrossì e impallidì insieme.
Si coprì le labbra con una mano, non credeva alle sue orecchie.
Il Cappellaio la guardava speranzoso, con l’ansia che lo divorava temendo una risposta negativa.
Alice si buttò addosso a lui, stringendogli il collo con le braccia e baciandogli la guancia.
- Sì, Cappellaio! Voglio essere la tua sposa. –
Il Cappellaio, con il cuore in estasi dalla gioia, abbracciò Alice a sua volta.
Non aveva nessuna intenzione di lasciarla andare.
Lentamente, i tavoli scesero fino a che non toccarono terra.
Tra le foglie che fluttuavano, con un vento non molto freddo dell’Autunno, la stagione che rivelasse con tutta la sua saggezza quali fossero le nuove vie aperte per le proprie vite, Alice e il Cappellaio non si lasciarono da quell’abbraccio e, per coronare il tutto, unirono le loro labbra in un bacio carico di affetto sincero, mentre i loro cuori palpitava di un sentimento puro e forte.
Avevano esaudito l’altro desiderio di Castagna.
 
  
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