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Autore: Notteinfinita    24/07/2016    3 recensioni
[Completa]
Una parola "Feeling", sette lettere e sette one-shot (più una bonus) incentrate sulla coppia Martin x Diana.
(raccolta di One-shot partecipante alla Dartin week indetta da EvelynWolfman)
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diana Lombard, Martin Mystère
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dartin Week 2016'
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Engage – impegno


Diana aprì il portone e sorrise al familiare panorama che le si presentò davanti agli occhi.

Da quando era diventata curatrice del Redpath Museum difficilmente riusciva a tornare a casa ma doveva ammettere che la sua cittadina le mancava, e non solo lei.

A quel pensiero alzò gli occhi sulla casa di fianco alla sua.

Finita la Torrington lei e Martin avevano proseguito gli studi ma, vista la poca attitudine allo studio del biondo, nessuno dei prestigiosi college che aveva accettato Diana aveva fatto lo stesso con Martin così i due erano stati costretti a dividersi.

Adesso che, inoltre, lavoravano entrambi lontani da casa vedersi era ancora più difficile e doveva ammettere che la cosa la faceva alquanto soffrire.

Emesso un profondo respiro, distolse lo sguardo da casa Mystere scese i tre gradini che portavano sul prato e si chinò a raccogliere il giornale.

Aveva solo due giorni per riposarsi e ricaricare le energie prima di riprendere a lavorare e non voleva passarli a intristirsi.

Volte le spalle alla strada tornò verso casa.

Aveva già poggiato la mano sul pomello della porta quando un clacsonare insistente la costrinse a girarsi.

Appena si fu voltata vide un suv nero parcheggiare sul vialetto di casa Mystere ed un largo sorriso le si aprì sul viso.

«Martin!» urlò, lasciando cadere il giornale per corrergli incontro e buttandogli le braccia al collo appena l'ebbe raggiunto.

Col viso affondato sul suo petto, aspirò l'odore della sua colonia. Adorava quel profumo o, per meglio dire, adorava quel profumo sulla sua pelle.

«Ciao Diana.» rispose Martin stringendola forte a se e sfiorandole la testa con un bacio.

Diana chiuse gli occhi per un secondo assaporando l'attimo che stava vivendo. Sarebbe voluta rimanere tra le sue braccia per sempre, lì si sentiva felice e al sicuro, ma purtroppo sapeva bene che non era possibile.

«Come se la passa il mio indagatore del mistero?» gli chiese, staccandosi da lui.

«Archeologo del mistero, vorrai dire.» precisò lui con aria finto offesa mentre raggiungeva il portabagagli e lo apriva.

Diana lo seguì sorridendo.

Ricordava ancora quando Martin aveva annunciato di voler studiare archeologia, erano rimasti tutti molto sorpresi; lui era sempre stato un “uomo d'azione”. Quando poi aveva aggiunto che si sarebbe specializzato in reperti fuori dal tempo era successo il finimondo.

Gèrard non l'aveva presa affatto bene, non vi vedeva un serio sbocco professionale. Martin però l'aveva fatto ricredere e pian piano, grazie anche alle conoscenze acquisite al Centro, era riuscito a raggiungere una posizione di prestigio e a smascherare molti falsi creati ad arte.

Con sguardo colmo d'orgoglio accarezzò la figura dell'uomo di fronte a lei. Era fiera di ciò che era diventato il suo scapestrato amico.

«Dai, ti do una mano.» propose, distogliendosi dai suoi pensieri.

«E va bene.» accettò Martin, porgendole una valigetta.

«Da quando in qua hai una ventiquattr'ore?» chiese Diana, stupita.

«Ho dovuto portarmi dietro delle scartoffie dal lavoro e non potevo farle spiegazzare.» spiegò, lanciando uno sguardo torvo all'oggetto in questione.

Diana ridacchiò, felice di vedere che sotto sotto rimaneva ancora il suo ragazzo ribelle.

Entrati in casa salirono in camera di Martin; ormai la usava di rado visto che per lavoro era sempre in giro ma suo padre aveva lasciato ogni cosa intatta.

Diana lanciò uno sguardo ai poster di film fantascientifici appesi alle pareti, sembrava passato un secolo dai tempi in cui lavoravano per il Centro.

«Vado a caricare la lavatrice.» annunciò il biondo sventolando una sacca stracolma di vestiti.

«Ok, io allora disfo la valigia.» propose lei.

Era un compito che in passato si era accollata spesso, visto che di solito i suoi bagagli erano un guazzabuglio di vestiti messi a casaccio.

«Grazie, sei un tesoro!» esclamò Martin, mandandole un bacio con la mano prima di uscire dalla stanza.

Scuotendo la testa Diana si avvicinò alla valigia, poggiata sul letto, e la aprì.

Con un moto di stupore afferrò il cartellino con i dati del proprietario e lo controllò: non c'erano dubbi, era la valigia di Martin ma non sembrava la sua.

Non solo all'interno c'erano eleganti completi da uomo ma, inoltre, erano ordinatamente piegati e non buttati alla rinfusa.

Con un vago senso di perdita che le stringeva lo stomaco, sfiorò gli abiti. Non era più il suo pazzo compagno di avventure della Torrington. Era un uomo e non sarebbe mai stato suo.

Fatto un bel respiro, tolse il primo completo dalla valigia; subito sotto fece capolino la copertina di un fumetto di fantascienza.

Ridacchiando lo prese e lo poggiò sul comodino per poi aprire l'armadio e appendervi il vestito.

Tornata alla valigia riprese il suo lavoro e, in breve, rimasero solo alcune magliette e boxer.

Una volta si sarebbe imbarazzata di fronte a certi articoli ma non era più una bambina quindi si limitò a prenderli e a trasportarli sulla cassettiera.

Dopo averli poggiati aprì il primo cassetto, da sempre quello che Martin usava per la biancheria, e stava quasi per sistemarli dentro quando una scatolina attirò la sua attenzione.

Non avrebbe voluto curiosare ma resistere le fu praticamente impossibile.

Appena l'ebbe aperta si trovò davanti ad uno splendido solitario.

Non le ci volle molto per riconoscere in quell'anello lo stesso che aveva visto al dito della madre di Martin nelle varie foto disseminate per la casa.

Era strano che Gérard l'avesse lasciato lì. Conservava con cura quasi maniacale ogni oggetto appartenuto alla defunta moglie e quello non era di certo un posto sicuro, sopratutto visto che in casa era presente una cassaforte con allarme collegato alla stazione di polizia.

In cerca di una spiegazione, sbirciò nuovamente dentro al cassetto e così vide un biglietto poggiato sul fondo.

Avvicinatasi alla porta, controllò che Martin non fosse di ritorno (non era proprio il caso che la trovasse intenta a curiosare tra le sue cose) ma i rumori provenienti dal piano di sotto la rassicurarono, era ancora impegnato.

Con mani leggermente tremanti aprì la busta ed estrasse il biglietto.

Non sapeva perché ma temeva ciò che vi avrebbe trovato scritto.

Immediatamente riconobbe la scrittura alte e spigolosa di Gérard e una piccola parte di se sperò vi fosse scritto di portarlo a riparare perché magari la pietra si era allentata.

Con un misto di timore e di speranza iniziò a leggere.


Figliolo, nella tua ultima chiamata mi hai detto di averne bisogno.

So che tua madre sarebbe felice di saperlo al dito della tua futura sposa invece che chiuso in un cassetto.

È un passo importante e mi dispiace non essere lì ma so che tu e Alexia sarete felici di avere la casa tutta per voi.

Vi auguro il meglio per la vostra vita insieme.

Con affetto,

papà.”


Diana sentì le gambe cederle e dovette tenersi alla cassettiera mentre rileggeva il biglietto nella speranza di averne frainteso le parole.

Purtroppo non ci potevano essere dubbi sul significato di quelle parole: Martin aveva intenzione di chiedere ad Alexia di sposarlo.

Sentendo gli occhi pizzicare, Diana li sbatté velocemente, l'ultima cosa di cui aveva bisogno era di farsi trovare con gli occhi lucidi.

Con gesti impacciati cercò di rimettere il biglietto dentro la busta con l'unico risultato di farlo volare sotto il letto.

Poggiato l'anello sulla cassettiera si chinò a raccogliere il cartoncino maledicendo la sua goffaggine.

Quando si fu rialzata, si trovò davanti Martin che la fissava con una strana espressione in viso.

«Scusami, non volevo curiosare, solo che stavo sistemando le tue cose e aprendo il cassetto l'ho trovato.» cercò di giustificarsi, porgendogli il biglietto.

«Avevo comunque intenzione di dirtelo.» rispose Martin nervosamente, attendendo la sua reazione.

«Bé, congratulazioni!» esclamò Diana, odiandosi per il tono falso della sua voce.«Adesso però devo andare, ho una relazione da finire e inviare al museo.» mentì, non poteva rimanere lì ad ascoltare i progetti del suo amico per la grande proposta.

«Pensavo saresti rimasta almeno per un caffè. Avevo già acceso la macchinetta.» protestò, deluso.

«Mi dispiace, non posso proprio e poi scommetto che avrai tantissime cose da preparare!» rispose, cercando di apparire elettrizzata all'idea. «Io ho finito di sistemare i tuoi vestiti. Allora in bocca al lupo!» disse, abbracciandolo e baciandolo sulla guancia.

Nonostante si rendesse conto di quanto fosse masochista, si trattenne qualche secondo di più a contatto con la sua pelle inspirando il profumo del dopobarba che amava tanto, quasi volesse imprimerselo nella mente per sempre.

«Ciao Martin.» sussurrò, sentendo la voce venirle meno per poi precipitarsi giù per le scale senza dargli il tempo di obiettare.

Percorsi i pochi metri che la separavano da casa sua, Diana raggiunse la sua stanza e vi si chiuse lasciandosi cadere sul letto.

Non poteva crederci, Martin avrebbe sposato Alexia, le sembrava impossibile.

Certo, sapeva che stavano insieme ma il pensiero che arrivassero al matrimonio non l'aveva mai sfiorata.

«Brava stupida, cosa pensavi che un giorno lei sarebbe evaporata e sarebbe scomparsa nel nulla?» si chiese sarcasticamente mentre le lacrime, ribellandosi al suo comando, continuavano a scenderle copiose lungo le guance.

Ricordava ancora il giorno in cui l'aveva conosciuta.

Era alla riunione per il decimo anno dal loro diploma alla Torrington e stava chiacchierando con Jenny quando ad un tratto le aveva visto sgranare gli occhi.

Si era girata di scatto e aveva visto Martin venirle incontro con una ragazza accanto a se.

«Ma quella è la tua fotocopia!» aveva esclamato Jenny quando, dopo averle salutate e avergliela presentata, i due si erano allontanati per continuare il giro della scuola.

Non aveva potuto obiettare nulla. In effetti Alexia era di altezza e corporatura simili ai suoi, aveva i capelli del suo stesso colore ed anche il taglio era simile. L'unica cosa che differiva era il colore degli occhi che, invece di essere verdi erano marroni.

Per mesi si era arrovellata sul perché lui avesse scelto una ragazza così simile a lei ma alla fine si era convinta che probabilmente non lo aveva neanche notato visto che in lei vedeva solo un'amica e non una donna.

Cullata da questi tristi pensieri, Diana si accoccolò sul letto e lasciò che gli occhi le si chiudessero. Non voleva vedere un altro minuto di quel triste giorno.


Solo nella sua stanza Martin si lasciò cadere a sedere sul letto, stringendo tra le mani la scatola dell'anello, sentendo un vago senso di colpa stringergli il cuore.

Non sapeva perché ma si era sentito a disagio nel dire a Diana della sua decisione e, in effetti, l'argomento “Alexia” difficilmente veniva fuori nelle loro conversazioni. Lei gli chiedeva notizie solo se il suo nome saltava fuori e lui, a sua volta, la nominava solo se non poteva farne a meno; anche se non sapeva spiegarsi il perché di questa sua reticenza.

Con un sonoro sospiro, allungò la schiena sul materasso e si portò una mano a coprirgli gli occhi.

Rimpiangeva un po' la sua vita dei tempi della Torrington, all'epoca era tutto più semplice; forse un po' più pericolosa ma decisamente più semplice.




Il rimbombo di un tuono fece svegliare Diana di soprassalto.

Non si era alzata per pranzo e non sapeva neanche che ore fossero.

Nella penombra della stanza sbirciò la sveglia posta sul comodino.

Erano quasi le ventuno.

Sicuramente in quel momento Martin e Alexia erano al ristorante, magari lui stava già attendendo nervosamente che lei finisse di mangiare per farle la grande proposta.

Diana cacciò la testa sotto le coperte, avvilita.

Una volta sposato di certo si sarebbe allontanato da lei e lo avrebbe perso anche come amico.

Il pensiero le fece salire un groppo in gola.

Si era rassegnata all'idea che lui non avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti e aveva deciso di non rivelarglieli così da non rovinare il loro rapporto ma il pensiero di doverlo perdere anche come amico era davvero troppo.

Con un gesto stizzito buttò via le coperte e si mise a sedere sul letto.

Se doveva perderlo tanto valeva tentare il tutto per tutto.

Alzatasi dal letto, si liberò del vestiti che portava e si fiondò sotto la doccia. La battaglia che stava per affrontare richiedeva la sua massima concentrazione, non poteva essere mezza addormentata.

Finito di prepararsi afferrò le chiavi ed uscì di casa dirigendosi di corsa verso la sua auto frustata da una pioggia incessante.

La loro era una piccola città, non c'erano molti locali e, se conosceva bene Martin, di certo aveva prenotato nel ristorante dove trentacinque anni prima suo padre aveva chiesto a sua madre di sposarlo.

Entrata in auto, avviò il motore ed accese i fari.

Aveva già inserito la retromarcia quando un'ombra sotto il portico di casa Mystere attirò la sua attenzione.

L'ennesimo lampo illuminò la strada a giorno permettendole di riconoscere l'uomo seduto sui gradini sotto la pioggia.

Preoccupata, spense l'auto e corse da lui.

«Martin, che ci fai qui? È successo qualcosa?» chiese, dimentica anche lei della pioggia che la stava inzuppando.

«In effetti si. Alexia mi ha lasciato.»

Sentendo quelle parole Diana sentì il cuore balzarle in petto. Forse non tutto era perduto.

«Lei doveva raggiungermi a casa e poi da qui saremmo andati al locale con la mia macchina invece mi ha detto che faceva tardi e che ci saremmo visti direttamente al locale.»

Vedendolo così afflitto Diana si sedette accanto a lui per fargli avvertire il suo conforto anche se una parte di se non poteva fare a meno di gioire.

«Quando sono arrivato lei era già seduta al tavolo. Appena l'ho raggiunta mi ha detto che doveva parlarmi.» continuò a raccontare scuotendo leggermente la testa all'inseguimento dei suoi stessi pensieri. «Ha detto che sapeva perché eravamo lì, le avevo parlato spesso di quel locale, ma che non le sembrava assolutamente il caso che chiedessi a lei di sposarla quando il mio cuore apparteneva ad un'altra di cui lei era solo una sosia.»

«Cosa intendeva?» chiese Diana, sinceramente confusa.

«Alexia voleva farmi una sorpresa facendosi trovare già qui stamattina al mio arrivo ma ha forato una gomma e così quando è arrivata io ero già a casa. Ci ha visto abbracciarci e secondo lei l'avrei scelta solo perché ti somiglia.»

Diana si sentiva stordita. Una parte di lei pregava che Alexia avesse ragione ma un'altra, quella razionale, le diceva che non poteva permettere che i due si lasciassero solo per il suo egoismo.

«Ma che ci fai qui? Valla a cercare e spiegale che si sbaglia.» lo incitò anche se la sola idea che lui corresse da lei la faceva morire.

«Non c'è nulla da spiegare. Alexia aveva ragione, anche se io non me ne sono reso conto fino a stasera. Lei è una ragazza straordinaria ma non è al suo dito che voglio vedere quest'anello.» disse, tirando fuori la preziosa scatolina dalla tasca della giacca.

Diana lo guardava in preda all'incertezza, sapeva quali parole aveva appena pronunciato ma non era sicura di averne compreso il significato.

«Bada bene, non ti sto domandando di sposarmi qui su due piedi ma ti sto chiedendo se sei disposta a frequentarmi come qualcosa di diverso dal tuo amico di infanzia.» le chiese, guardandola finalmente negli occhi.

Incapace di trattenersi oltre, Diana gli gettò le braccia al collo, felice.

«Oh, si Martin, si!» esclamò con la voce rotta dal pianto, nascondendo il viso sulla sua spalla.

Felice ed emozionato Martin la strinse a se.

Finalmente si sentiva completo.




Nota dell'autrice: Qualcuno potrà essersi chiesto cosa centri questa ff con la parola impegno. Dovete sapere che in inglese fidanzamento si dice engagement così, previa autorizzazione di EvelynWolfman, ho deciso di interpretare il prompt in questa accezione.



  
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