Dopo
aver discusso con Lorenzo, Fred si diresse verso le camere di Lisa.
L’argomento
da affrontare era delicato, ma tacere era impossibile e furono pochi i
giri di
parole che il medico utilizzò per comunicare
all’amica che aveva notato le
macchie sul lenzuolo.
«In
questi casi, il parto viene di solito anticipato e le
conseguenze… potrebbero
essere particolarmente critiche.»
«La
mia creatura sopravvivrà?» domandò
semplicemente lei, senza guardare
l’interlocutore che si mostrò scettico a riguardo.
«Fred, tu dovrai badare a
Steve; Lorenzo non ne è in grado.»
La
contessa era tranquilla, pacata. «Voglio che tu vegli su di
lui come un angelo
custode; e se, da adulto, mio figlio non amerà Lucilla, tu
devi fare in modo
che non la sposi. Steve merita un Amore Vero.»
Fred
tacque, mesto, e allungò la mano per stringere quella magra
e debole di Lisa.
«Ho
già detto a Lorenzo che voglio esser seppellita in giardino,
in una buca molto
profonda. Senza lapidi, né altro. Senza nulla.»
In
situazioni del genere, sarebbe possibile pronunciare frasi di
circostanza,
nominare la speranza, le preghiere e i miracoli; tuttavia Fred sentiva
la
necessità di non mentire e di esser sincero, una volta per
tutte. Dunque
domandò a Lisa se avesse piacere nell’udire una
confessione.
La
contessa seppe finalmente di esser stata sempre amata, seppur in
silenzio, di
un amore puro e costante. Fred avrebbe voluto sposarla, ma aveva visto
in
Lorenzo un partito migliore per la ragazza e si era deciso a
cedergliela, come
anche il padre di Lisa aveva sperato. La donna ascoltò con
attenzione e pianse
di gioia, e quando Fred esclamò di sentirsi in un certo
senso colpevole, ella
rispose che evidentemente era così che doveva andare, che
era inutile chiedersi
cosa sarebbe accaduto, perché i “se”
servono a ben poco. «Io sono felice
comunque, Fred. Mi fa piacere sapere che mi ami, e mi fa piacere
saperlo ora.
Se tu avessi parlato prima, mi avresti tentata: avrei potuto tradire
Lorenzo, e
non mi sarei mai perdonata una cosa del genere.»
Quella
sera non fu possibile dirsi altro: la contessa avvertì
presto dei forti dolori
al ventre, i medici che Lorenzo aveva mandato a chiamare giunsero il
prima
possibile e, assieme a Fred, si barricarono nella camera della donna,
mentre il
conte pregava, in ginocchio, nel corridoio. Gli fu detto che bisognava
tentare
di far nascere il bambino, che non c’era scelta; Lorenzo non
ebbe neanche il
tempo di salutare sua moglie, che sapeva non avrebbe mai più
rivisto.
Il
mattino seguente, Steve aprì gli occhi e si rese conto che
era molto tardi;
strano, perché suo padre non amava che lo si lasciasse
dormire troppo, e mandava
sempre qualcuno a svegliarlo. Ora nella sua stanza non c’era
nessuno, ma
sentiva il rumore di passi e un sommesso chiacchierio provenire dal
corridoio;
inoltre, affacciandosi dalla finestra, notò la presenza di
un gruppetto di
persone, abbigliate in nero, in giardino.
Il
bimbo si vestì in fretta e lasciò la propria
stanza, deciso a scoprire cosa
stesse accadendo. Il castello era pieno di gente, che lo spiava con
tenerezza
senza aver tuttavia modo di avvicinarlo, dato che Steve correva alla
ricerca di
Fred, l’unico che, secondo lui, poteva aver voglia di
spiegargli cosa stesse
accadendo.
Fred,
che invidiava il conte per esser libero di esternare il proprio dolore
– cosa che
comunque Lorenzo non faceva - , aveva molto da fare, date le
circostanze; con
una fermezza che agli altri membri della servitù parve quasi
mancanza di cuore,
egli diede disposizioni per l’accoglienza dei visitatori e la
salvaguardia dell’ordine,
e aveva anche dato ordine che qualcuno andasse ad intrattenere Steve,
ma il
bimbo era stato più veloce ed era già in giro per
il castello, e fu nel
corridoio più vicino alle stanze della contessa che Fred
scorse, tra la folla,
il piccolo Ranieri.
Steve,
abituato ad esser trattato con certi riguardi da tutti e con
particolare
affetto da Fred, fu stupito dal modo in cui egli lo trascinò
lontano da quel
posto e, quando furono giunti nuovamente nella camera del giovanissimo
conte,
questi assunse un’aria piuttosto offesa.
Frederick
Martin, nel corso della sua esistenza, era riuscito a rendersi utile in
svariati modi, aiutando la maggior parte della gente che aveva avuto a
che fare
con lui; con le parole, però, non era mai stato bravo. Anzi.
Steve
fu messo a sedere sulle ginocchia dell’uomo, che lo
abbracciò e gli rivelò,
senza troppi preamboli, che era successo qualcosa di molto brutto: la
madre si
era sentita male, avevano cercato di far nascere “il
fratellino”, ma tutto era
stato inutile. «Steve, tua madre è tornata in quel
posto dove, prima o poi,
tutti ci incontreremo ancora; il suo corpo è ancora in
questo castello, e se
vuoi puoi andare a salutarlo, tuttavia ti sconsiglio di farlo: ricorda
la tua
mamma per come era, allegra e sorridente, prima della gravidanza.
È meglio
così.»
Lorenzo
non seppe che suo figlio era stato delle ore chiuso in camera con Fred,
a
piangere contro il suo petto, e fu una fortuna: non avrebbe approvato.
Il conte
Ranieri, che di disperarsi avrebbe avuto più di un buon
motivo, imprigionava in
sé il proprio dolore e si mostrava serio, freddo ma educato
con chiunque gli si
avvicinasse. Il corpo della moglie lo guardava solo di sfuggita,
perché
preferiva conservare di lei un’altra immagine; con grande
sgomento dei più, il
conte fece sapere che la cerimonia funebre sarebbe stata privata ed
espresse il
desiderio di non vedere alcuno: nella chiesetta di Valgre furono dunque
presenti solo il vescovo, che celebrò di persona il rito, il
conte, Steve, e la
maggior parte del personale del castello, compreso Fred. Fu detto che
il corpo
sarebbe stato sepolto nel cimitero di una città vicina,
più grande e maestoso:
in realtà, la contessa fu sepolta nel giardino del castello,
in una buca
estremamente profonda e in una bara d’ebano, fatta realizzare
in una sola
giornata da un falegname del posto. In quel punto, fu piantato un
albero.
Lorenzo
e Stephen avevano vissuto, fino ad allora, come due estranei accumunati
da un
parente in comune; la morte di Lisa mise il conte dinnanzi
all’evidenza che,
tra lui e suo figlio, non ci fosse più nulla. Non sapendo
come rimediare,
decise semplicemente di spedire il bimbo in collegio e di lasciarcelo
fino ai
suoi vent’anni. L’idea di licenziare Fred non lo
sfiorò neanche, come del resto
il medico non considerò affatto la possibilità di
tornare in patria: il
castello aveva bisogno di un dirigente, per così dire, e
Fred era l’unico in
grado di gestirlo; Lorenzo lo sapeva, e Fred sapeva di poter essere
ancora utile
in quel luogo.
Paradossalmente,
Lorenzo e Fred si ritrovarono legati anche dopo la morte di Lisa, e fu
chiaro a
entrambi che, ormai, non si sarebbero separati più.
Prima
di lasciar partire Steve, Fred si recò da lui.
«Questi
anni voleranno, Steve. E poi, tornerai per le vacanze; vedrai posti
nuovi, e
avrai degli amici.»
Steve
non rispose; dalla morte della madre, sembrava essersi spento. Solo
quando l’uomo
espresse il desiderio di volergli fare un dono, il bimbo parve
ridestarsi un po’.
Fred
gli porse una collana molto semplice, ma dal ciondolo particolare: era
un rombo
che pareva di pietra, con inciso il nome Stephen.
«Ti
avrei regalato qualcosa di meglio, ma purtroppo non ne ho i mezzi, al
momento.
Questa collana mi è stata lasciata da mio padre, tempo fa.
Lui aveva il tuo
stesso nome, lo sai? Io non mi sono mai separato da questa catenina, ma
ora la
cedo volentieri a te. Indossala sempre, e sarà come avermi
vicino.»
Il
piccolo vide l’altro avvicinarsi e allacciargli al collo il
semplice gioiello.
Sembrava emozionato.
«Ma
Fred, è un regalo di tuo padre…»
«Ora
è tuo, Steve.»