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Autore: DanieldervUniverse    27/07/2016    7 recensioni
Yuna, l'evocatrice che si ama fin dal primo momento in cui la si incontra. Una ragazza forte e determinata, eppure sensibile e lieve come un fiocco di neve. Una ragazza che vuole salvare il mondo, impegnata in una missione suicida per fermare il demone Sin in nome di tutti gli abitanti di Spira, protetta dai suoi indomabili Guardiani. Ma chi sono questi Guardiani? Sono forse immagini scolpite nella nostra memoria, o sono spiriti erranti giunti per caso o seguendo un sogno? Mutevoli o radicati? Se i Guardiani di Yuna fossero diversi da quelli che conosciamo, sarebbe lo stesso? La storia cambierebbe?
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rikku, Yuna
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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A\N: Eccomi ritornato. Finiti gli esami ricomincia la stagione estiva di produzione serrata.

DII\N: Vedi se riesci a finire qualcosa, stavolta.

A\N: La tua negatività contamina la mia pazienza.


Il sole era già alto nel cielo, a metà del suo arco, quando il gruppo si mise in marcia.

Dopo il risveglio traumatico e svariati momenti d'imbarazzo Yuna e i suoi Guardiani erano riusciti a racimolare e loro cose e a darsi una pulita veloce, lavando via i segni delle fatiche della giornata precedente e della festa che ne era seguita.

Con un aspetto quantomeno presentabile, erano scesi in strada per racimolare dei viveri sufficienti a riprendere il viaggio, ma la riconoscenza della gente di Luka si era dimostrata troppo esuberante e così si erano ritrovati a portarsi dietro un carretto.

E indovinate un po chi faceva da bestia da soma?

Si, lui: Jecht.

Che tutto dire era in ottima forma rispetto ai compagni, e le sue capacità tanto intellettive quanto fisiche a piena carica, nonostante la baldoria della sera precedente.

Così il quartetto lasciò la città dello sport e si avviò sulla via Mi-Hen, puntando dritti verso il tempio di Djose, accompagnati da una vera e propria folla fino al ponte ascendente, dove si lasciarono alle spalle le voci e gli auguri di buona fortuna e tornarono al loro monotono vagare.

Nessuno parlò, per ore, mentre la strada scorreva sotto i loro piedi.

Gli unici suoni erano lo stridere del carretto sul terreno irregolare e il soffio del vento, a raffiche irregolari.

Yuna camminava avanti a tutti, portando solo una sacca da viaggio contente un paio di borracce e un cambio d'abiti per le emergenze (mettiamo caso incrocino qualcosa con gli artigli, sappiamo tutti -e lo sanno anche loro- che la legge dall'immaginario giapponese impone all'unica donna del gruppo di perdere vestiario a caso), lo sguardo alto e vigile; Kuja svolazzava sopra al gruppo, senza carico, spingendo i propri occhi più in là dei compagni per avvistare eventuali scaglie di Sin o viaggiatori (non che ci fosse molto da vedere a parte rovine e statue); Jecht proseguiva serio e instancabile trainando il carro pieno di risorse (da cui spuntava il suo spadone), sudando appena ma mettendoci tutto l'entusiasmo di cui era capace; Gabranth stava in fondo, portano lo zaino in cui custodiva la propria armatura e le sue spade: vestiva abiti civili da quando avevano lasciato Kilika, una paio di pantaloni rosso puro, che arrivavano sopra la vita come tipico di Spira, e un paio di stivali di pelle.

Quando ormai il sole stava chiaramente discendendo Kuja tornò con i piedi per terra, tergendosi il sudore dalla fronte con il braccio destro.

-Basta, non ce la faccio più- disse il mago, provato -Questo sole mi sta distruggendo.

-Per un Guardiano hai decisamente poca attitudine alla fatica ragazzo- osservò Jecht, arrestandosi al fianco del Jenoma.

-Ehi, fin ora ho volato veloce per coprire lunghe distanze e non ho mai viaggiato a passo di un mulo che traina un carretto- replicò Kuja, risentito.

-Mi hai appena dato del mulo ragazzo?- chiese Jecht, lasciando andare il carico.

Gabranth si spinse oltre la barriera del carico, pronto ad intervenire, ma senza alcun rancore l'eroe diede un bacca possente sulla spalla del mago, stringendolo in un mezzo abbraccio -Hai fegato!

Dopo un iniziale momento di confusione Kuja si riprese e sgusciò rapido da sotto la presa, dandosi dell'idiota per aver insultato un suo idolo a causa della stanchezza.

-Sir Jecht, chiedo scusa per le mie parole poco rispettose, non era mia intenzione offendervi, ma le chiederei di tenere il livello di contatto fisico al minimo, se possibile- disse con un inchino il mago.

-Non c'è problema ragazzo, non sono tipo da portare rancore- rispose l'uomo, risollevando il carico -E ora mettiamoci in marcia...

-Ehi, avevo appena chiesto una pausa- protestò debolmente il Jenoma.

-È vero, fermarci un po più a lungo e rifocillarci appena non guasterebbe- gli fece eco Gabranth, affiancandosi al compagno.

-La decisione non spetta a me ragazzi- replicò Jecht, tornando a guardare davanti a se.

A quel punto i due Guardiani notarono Yuna, che li fissava immobile con le braccia incrociate poco più in là, senza dire una parola.

L'espressione sul volto era oscura, come se il peso lo portasse dentro quel giorno.

-E va bene, ci fermiamo ma solo per dieci minuti, non possiamo sprecare tempo e non possiamo appesantirci lo stomaco mentre ci aspetta una lunga marcia- acconsentì con riluttanza la ragazza, dopo un istante.

-Troviamo un posto all'ombra e sediamoci, così ottimizzeremo il recupero- continuò, dando loro le spalle e riprendendo la marcia.

-Cos'ha adesso?- chiese a bassa voce il giocatore agli altri due.

-Sembra turbata, forse pensa che abbiamo perso troppo tempo a Luka- rifletté Gabranth.

-Non mi viene in mente altro- convenne Kuja, confuso quanto il collega da quel comportamento.

-Sicuri che non sia qualcosa riguardo al padre?- chiese ancora Jecht -Stamattina, tra i fumi dell'alcool, mi ha chiamato papà.

-Sicuro che l'abbia fatto?- chiese immediatamente Kuja, l'unico ad avere una vaga idea di cosa potesse significare.

-Assolutamente.

-Di che stai parlando?- domandò Gabranth, all'oscuro della storia prima di Kilika.

-Ehi! Voi altri!- li richiamò in quel momento la ragazza, agitando la mano dalla distanza -Ho trovato un posto adatto! Muovetevi, non abbiamo tutto il tempo!

-Non fate parola con lei dei nostri timori, arrecarle ulteriori turbamenti potrebbe compromettere il nostro rapporto- si raccomandò il mago con gli altri due.

-Parla come mangi, ragazzo- replicò Jecht, afferrando senza tante cerimonie la sua spada e avviandosi.

-Ah, Sir Jecht? Ha dimenticato il suo carretto...- fece Kuja, confuso

-Non l'ho dimenticato, l'ho lasciato a voi.

La bocca del mago ebbe un'improvvisa dilatazione, accompagnata da un'alzata di sopracciglia del giudice.

-Vorreste forse negarmi il permesso di prendermi una pausa?- continuò Jecht, osservando le loro reazioni senza scomporsi.

La situazione rimase di stallo, finché Yuna non li richiamò una seconda volta.

-Coraggio, in due si fa metà della fatica- li spronò l'uomo, prima di tornare a camminare verso la giovane.

Kuja e Gabranth si scambiarono uno sguardo confuso, prima di sospirare rassegnati.

-Coraggio, è solo per un paio di decine di metri- disse il biondo, appoggiando la sua armatura sul resto del bagaglio ed apprestandosi a trainare.

Cinque minuti dopo...

Kuja esalò di sollievo lasciando andare il carico e crollando sulle ginocchia, sofferente.

Gabranth esalò, piegando la testa all'indietro, sentendo il sudore fin nelle mutande.

-Strabiliante- commentò Jecht, in piedi con le braccia incrociate -Pensavo non sareste riusciti nemmeno a sollevarlo.

-Sir... Jecht...- fece Kuja, sentendo dolore persino a parlare, ma non riuscendo ad esprimersi oltre.

-Siete davvero il migliore- finì Gabranth, sospirando.

Vedendo il mago in difficoltà Yuna frugò nella sua sacca e gli offrì una borraccia, con cui il mago si dissetò quasi avidamente.

Ma fu solo per un attimo, ben cosciente che anche nelle situazioni più tragiche bisognava avere senso della misura.

Il sollievo dell'acqua lungo la gola gli diede modo di schiarirsi le idee.

Una volta che ebbe quietato la foga cieca offrì l'acqua a Gabranth, che a sua volta diede pochi rispettosi sorsi.

Yuna emise un sospiro sofferto e si sedette, stringendo subito le gambe al petto.

Si erano fermati all'ombra di un grosso rudere, fortunatamente potendo sedersi sull'erba verde con un po di muschio, piuttosto che sulla terra battuta della strada.

Il breve pasto fu un rifocillamento leggero, consumato in silenzio.

Jecht rimase in piedi, appoggiato al carro, consumando una forma di quello che noi chiameremmo formaggio, mentre gli altri tre, seduti l'uno affianco all'altra, consumarono qualche vaschetta di erbe tritate, dato che il 90% della dieta degli abitanti di Spira era a base di piante, data la vastità e la rigogliosità delle specie vegetali.

L'uomo adulto bevve con meno misura, ma fu giustificato visto lo sforzo a cui era stato sottoposto durante la giornata di marcia.

I raggi del sole cominciarono a tingersi presto di rosso, segnalando che mancavano poche ore al tramonto.

-Coraggio, rimettiamoci in cammino. Dobbiamo trovare un giaciglio per la notte o almeno un rifugio- ordinò Yuna rimettendosi in piedi senza esitazione.

-Se la memoria non m'inganna, e non lo fa mai, dovrebbe esserci una locanda a poco più di un'ora da qui- disse Jecht, stiracchiandosi.

-Meglio. Su forza, viaggiare al buio non è mai consigliabile- insisté la ragazza.

-Agli ordini- rispose Gabranth, alzandosi a sua volta.

Kuja non fiatò, turbato.

Credeva che Yuna avesse superato il trauma dell'abbandono di Cid dopo Kilika.

Perché era riaffiorato in quel momento, dopo una celebrazione di gioia, per giunta?

Il quartetto riprese la marcia, Jecht di nuovo alla guida del bagaglio, ma stavolta il giudice rimase al fianco dell'evocatrice.

L'atmosfera rimase tesa, permeata da quella negatività repressa.

Yuna non parlava, non voleva parlare, e seguendo il consiglio di Kuja neanche Gabranth era intenzionato a stabilire un contatto.

-Allora, ragazza... raccontami qualcosa della tua infanzia!- esclamò Jecht d'improvviso, facendo venire la pelle d'oca ad entrambi i ragazzi.

Il mago si voltò verso l'uomo ed iniziò ad agitare le mani come un disperato, senza fiatare per non farsi sentire da Yuna, ma l'uomo lo ignorò con un ghigno.

-Sono curioso. Sai mi dispiace essermene andato quando eri solo uno scricciolo- continuò imperterrito -Eri una bambina così allegra. Mi ricordo quando ci sedevamo attorno al fuoco la notte.

Gabranth si volse, segnalando al compagno di darci un taglio, mimando il gesto con la mano.

-Piccola, andiamo. Ti ho fatto fare il bagno nel fiume, dovresti ricordartelo: non ho mai visto tuo padre sbiancare così.

Kuja planò a terra, bloccando la visuale di Jecht sulla ragazza, e continuando ad agitarsi come se andasse a fuoco.

L'uomo si limitò a fare una smorfia, infastidito.

-Non ricordi niente? È stato per poco tempo, è vero- ammise con una punta di nostalgia, senza fermarsi -Ma sembravi così felice. Sembravamo una grande famiglia felice: noi omaccioni grandi e grossi, e tu la nostra piccola stellina...

Un singhiozzo improvviso interruppe il discorso, così come i gesti dei due ragazzi.

Yuna rimase immobile per un attimo, prima di mettersi a correre, allontanandosi in lacrime.

I tre rimasero sconvolti sul posto, esalando in silenzio.

-I miei complimenti, Sir Jecht- disse Kuja tra i denti prima di allontanarsi seguito da Gabranth, lasciando Jecht indietro.

“I miei complimenti davvero, Sir Jecht” pensò il vecchio veterano, rimproverandosi da solo.

-Yuna! Yuna Yuna Yuna aspetta!- la richiamò Kuja, riuscendo a superarla e fermarsi davanti a lei -Aspetti un attimo, non scappare.

La ragazza rimase sorda alle sue richieste e lo spostò di lato, facendo per sfuggire ancora prima che Grabranth potesse afferrarla per una spalla, stringendola forte tra le sue braccia.

-Non serve fuggire adesso- sussurrò, dolce ma tenendo una presa ferrea sul corpo di lei.

Kuja rimase in silenzio, impotente.

Lo feriva vedere Yuna così, e soprattutto lo feriva non sapere cosa fare.

Era già successo, ma stavolta era diverso: non era colto da rabbia irrefrenabile, ma solo da una tremenda tristezza.

Condivideva la sofferenza, ma questo era tutto quello che gli era concesso.

Yuna tentò di liberarsi dalla presa, ma quando capì di non avere possibilità di sfuggire si abbandonò al compagno, patetica e impotente quanto il mago al suo fianco.

Jecht rimase a distanza, lo sguardo nostalgico e sofferente, sempre fiero ed eretto ma con il cuore straziato.

-Ehi!

La voce rude e brusca fece voltare il gruppo.

Un quartetto di chocobo cavalcati da quattro Miliziani si dirigevano verso di loro, guidati da una testa rosa che ricordavano abbastanza bene.

-Comandante Farron- disse Gabranth, serio e rispettoso, quando il pulcino gigante della donna fu abbastanza vicino.

-Ah siete voi- replicò questa, facendo scorrere il proprio sguardo sul gruppo, indifferente.

-Ce ne avete messo di tempo- commentò -La via Mi-Hen è già stata chiusa.

-La vi... Perché?- chiese Kuja, facendosi avanti.

-Ordini dei Maestri di Yevon- fu la semplice risposta.

-Per quanto resterà chiusa?- domandò Gabranth.

-Non per molto- intervenne una voce imperiosa dall'alto.

-Ma per voi sarà sempre aperta Lady Yuna- continuò Golbez andando a posarsi al fianco dei Miliziani.

-Lord Golbez- disse con rispetto Lightning, facendo un lieve inchino verso l'uomo, alto quasi quanto lei sulla cavalcatura.

-C-che significa?- fece Yuna, asciugandosi le lacrime con il dorso della manica.

-Maestro Seymour e io abbiamo raggiunto la base delle operazioni tempo fa, ed essendo bene a conoscenza della vostra missione mi ha inviato da voi per assicurarvi un passaggio libero e sicuro- rispose il gigante, eseguendo il saluto rituale.

-Farete meglio a stare all'erta allora- intervenne una donna dai capelli rossi al seguito di Lightning -Di recente diversi chocobo sono spariti, sembra che qualcosa li stia predando. Una bestia sconosciuta.

-Non è sicuro restare all'aperto di notte. Fareste meglio a trovare un tetto sotto a cui nascondervi- aggiunse la comandante.

-Ci abbiamo già pensato- disse Jecht, rompendo il suo silenzio contemplativo, e guadagnandosi due occhiatacce da Kuja e Gabranth.

-Allora fareste meglio a sbrigarvi- rispose Lightning, volando la propria cavalcatura e spronandola, allontanandosi in fretta assieme ai propri compagni.


Yuna esalò un sospiro di sollievo, avvolta dalla calda acqua della vasca.

La “locanda” a cui Jecht li aveva indirizzati sembrava piccola, poco più che una stazione di servizio per i viaggiatori, ma data la sua vicinanza a Luka era dotata di ogni tipo di comfort, e di fronte a Yuna non avevano neanche chiesto il permesso prima d'infilarla nel bagno caldo.

L'eroina di Luka e la figlia di Braska: una vera e propria celebrità.

La ragazza era sempre stata umile, non si sarebbe mai permessa di accettare quel tipo di trattamento se non costretta, ma al momento le ondate di gratitudine la stavano attraversando dalla punta dei capelli a quella dei piedi.

Quel bagno caldo la stava rimettendo in sesto, aveva persino lavato via buona parte dei brutti pensieri.

La giornata di marcia era stata estenuante non tanto per la fatica, quanto per lo stress mentale a cui si era sottoposta.

Sentendo la malinconia tornare, si sollevò grondante dal suo “letto di piacere”, frustrata per aver rovinato quella pace che l'aveva così bene accolta.

Prese un panno, che le avevano appositamente preparato, e si cinse il corpo con grazia e delicatezza.

La sua forma sembrava così esile e fragile, persino ai suoi occhi.

Uscì dalla vasca con passo leggero, lasciando qualche piccolo torrente d'acqua di scivolare lungo le sue eleganti gambe.

Il pavimento era riscaldato, c'era una sorgente termale che scorreva sotto lo stabile, garantendo una forma di riscaldamento perfettamente funzionante.

Yuna rimase per un istante a fissarsi le punte dei piedi, la sua mentre distratta dalle ombre celate dai suoi occhi; poi scosse il capo, passandosi i capelli umidi dietro le orecchie, e si avviò nella stanza affianco.

Era quasi come una sauna, la temperatura mantenuta da alcune pietre magiche.

Era sia un comfort per gli interessati, quanto un modo sicuro per asciugarsi.

Sembrava un controsenso, ma era diventata una forma di godimento popolare, sudare per asciugarsi.

Ma il tepore della stanza era equivalente a quello del bagno, quindi si evitava di subire uno shock dall'abbassamento della temperatura una volta fuori dall'acqua.

Yuna si sedette in un angolo, stringendo le proprie ginocchia al petto, come durante la sosta.

Le tornarono in mente le parole di Jecht, sul loro essere una famiglia felice.

Ricordava bene la nuotata nel fiume, era talmente piccola che se non fosse stato per Jecht la corrente l'avrebbe portata via.

Le sue immense mani... una volta le aveva detto che era talmente piccola che poteva raggomitolarcisi dentro senza problemi.

Ricordava bene anche quelle notti attorno al fuoco, fin troppo brevi.

Ricordava le calde mani di Braska, suo padre, che la teneva sul suo grembo.

Ricordava lo sguardo sempre serio di Auron, taciturno e sincero, che l'aveva tenuta in braccio solo una volta, prima di andarsene per sempre.

Ricordava lo sguardo tenero di Jecht, che la cullava quasi fosse figlia sua.

Ricordava l'elmo animalesco di Ricard, che le aveva insegnato i colori del cielo.

Ricordava la voce morbida di Dorgann, mentre la portava in giro sulle sue spalle.

E ricordava il viso sereno di Cid.

Non sorrideva molto spesso quando c'erano gli altri, ma una volta rimasi soli... ricordava sempre lo scintillio del suo viso.

C'era stato quando aveva paura, c'era stato quando aveva fatto la sua prima nuotata da sola, c'era stato quando aveva imparato a scrivere, c'era stato quando aveva imparato a leggere, c'era stato quando aveva imparato a ballare, c'era stato quando le veniva da piangere, c'era stato quando aveva avuto paura.

C'era sempre stato.

-Allora dove sei papà?- singhiozzò, abbandonandosi ad un pianto dirotto.

Da sola, senza nessuno, abbandonata...

YUNA X GABRANTH

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A\N: Okay, l'ho tirata anche troppo. Basta con i piagnistei.

DII\N: Senti... Nah, che importa. Alla prossima. Ciao.

A\N: EHI! Lo dov...

  
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