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Autore: Dragon gio    28/07/2016    2 recensioni
Raccolta Stucky Superfamily con Peter Parker.
Peter era steso su un tavolo di acciaio, legato mani e piedi, mezzo nudo, il viso privo di maschera.
Era così pallido e immobile, che perfino il cuore di Bucky sussultò a quella vista.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Steve Rogers
Note: Movieverse, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The Soldier, The Captain & The Spider
I’ll be Right Here
 
 
Erano trascorse meno di tre settimane, dal momento in cui Steve Rogers aveva adottato ufficialmente e, legalmente, Peter. Il giovane si stava, lentamente, abituando alla sua nuova vita o almeno, questo sembrava all’apparenza.
Ovviamente, era grato a Steve e Bucky per tutto quello che stavano facendo per lui, ma Peter soffriva silenziosamente. Giorno dopo giorno, continuava a tenersi dentro mille emozioni. Temeva che se, fossero sfociate, avrebbero inondato e distrutto ogni cosa al loro passaggio.
 
Gli mancava sua zia May, gli mancava il suo quartiere, casa sua, la sua vera casa. Ma sorrideva e taceva. Non riusciva ancora a dormire bene, ma mentiva dicendo che stava alzato fino a tardi a studiare. Tornava a casa con più lividi e tagli ogni notte, ma minimizzava l’accaduto, affermando che incontrava sempre “tipi tosti”, quando invece era lui che, sempre più frustrato, cercava costantemente la rissa con qualunque delinquente.
Pensava di poter celare tutto quanto, come se indossasse sempre una maschera, la maschera di Spider Man che, si faceva burla dei criminali e li sconfiggeva con facilità. Ma più il tempo passava e più Peter capiva che stava finendo in un luogo più oscuro dei suoi incubi peggiori.
 
 
Una sera come tante, Peter si aggirava inquieto da un palazzo all’altro con indosso il suo sgargiante costume. Non se ne capacitava, ma pareva non essere sazio di tirare cazzotti. Si era occupato già di sventare diversi scippi, una rapina ad un locale e aveva dato una sonora lezione ad alcuni bulli. Ma non bastava. Non era mai sufficiente per placare il fiume di emozioni negative che montava in lui sempre più forte, sempre più intenso, fino a colmarlo di odio e astio. La mattina stessa, era arrivato pure al punto di azzuffarsi violentemente con un suo compagno di classe, Flash. Temeva che la notizia fosse giunta fino a casa Rogers e, dato che Peter non aveva voglia di subirsi una ramanzina dall’integerrimo Capitano, stava evitando di rincasare.
 
Si era accorto che il suo cellulare stava vibrando, da ormai dieci minuti. Così, stanco e nervoso arrestò il suo volteggiare da una ragnatela all’altra, fermandosi in cima ad un edificio.
Buttò quasi a terra lo zaino, con rabbia e, con la medesima furia prese in mano l’odiato telefonino. Sulla schermata, il nome “Steve” la faceva da padrone, con sei chiamate perse nel giro di pochi minuti.
Inspirò profondamente, preparandosi a mordersi la lingua, come era solito fare ormai, mentre rispondeva.
« Sì? »
« Peter! Meno male, ma dove sei? Perché non mi hai mai risposto?! » La voce, di norma pacata e profonda dell’uomo, riecheggiò molesta nelle orecchie del giovane.
« Va tutto bene, non ti agitare. Fra poco rientro. »
« Non posso non stare in ansia per te, Peter! Cerca di capire! »
« Sì, lo so. »
« No, non lo sai. Peter, ti ho già detto che devi essere a casa sempre prima delle ore 20:00! »
« Non sono ancora le 20:00 cavolo, ma che vuoi?! Ti ho detto che rientro fra poco, no?! Stai calmo! »
« Modera i termini, ragazzino. Sono il tuo tutore adesso, sei una mia responsabilità! »
« Non sei mio padre e se per te sono una seccatura, non temere, non dovrai più preoccuparti!! » Urlò con tutto il fiato che aveva, prima di interrompere bruscamente la telefonata.
 
Steve, dall’altro capo del cellulare, continuò a chiamare invano il suo nome. Tentò anche di richiamarlo, ma partiva la segreteria telefonica. Gettò sul tavolo il suo telefonino, portandosi disperato una mano al volto. Proprio in quel momento, Bucky fece il suo ingresso nel salotto. Era appena uscito dalla doccia e, quindi, si era perso tutta la discussione che i due avevano avuto. Si rese conto immediatamente però che doveva essere successo qualcosa di grave.
 
« Steve, tutto a posto? »
« No. Ho litigato con Peter e ora, non so nemmeno dove sia. » Ammise a fatica, la voce ridotta ad un sussurro roco e smarrito. Bucky corrugò la fronte, preoccupato quanto lui. Gli fu vicino in un attimo, sedendosi accanto a lui sul divano. Una mano portata gentilmente a stringere quella di Steve, tremava impercettibilmente.
« Avanti, vai. »
« Cosa? »
« Va fuori a cercarlo! »
« Io non… non ho la più pallida idea di dove sia, Bucky! »
« E questo è un problema, da quando? Non mi pare tu ti sia arreso così facilmente quando mi cercavi. »
« Era diverso. »
« No, non lo è! Vuoi bene a Peter, lo so, non mentire. »
« Certo che gliene voglio! Insomma, mi preoccupo per lui... »
« E allora che ci fai ancora qui? Alza quel culo muscoloso e corri fuori a cercarlo! »
« Da quando il mio sergente mi da ordini? »
« Da quando il mio capitano si comporta da imbecille! » Soffiò a pochi centimetri dalle labbra del biondo. Se fossero stati in altra situazione, probabilmente gli sarebbe saltato addosso strappandogli i vestiti, possedendolo su quel divano per ore. Ma adesso c’erano faccende più urgenti da sbrigare.
Steve scattò in piedi, recuperando rapidamente la sua giacca. Bucky rimase a osservarlo mentre usciva, rimanendo sulla soglia, trattenendo un grugnito malcelato. Se solo lui non fosse ancora confinato fra quelle quattro mura, a causa della sua lenta riabilitazione, lo avrebbe seguito senza indugio. Ma aveva giurato a Stark e Fury, che sarebbe stato fuori dai guai e che, se avesse disubbidito, Steve ne avrebbe pagato tutte le conseguenze. Tirò un pugno al muro riempiendolo di tante piccole crepe. Purtroppo non trovò altro modo per dar sfogo alla sensazione di inutilità che lo pervadeva.
 
 
La notte fu lunga e angosciosa per Steve, non smise un solo istante di cercare Peter. I suoi occhi si spostavano dai vicoli al cielo, sperando di veder comparire Spider Man, da un momento all’altro. Fece il possibile, diede tutto se stesso ma, senza qualcuno che lo aiutasse, fu tutto inutile. Stark non c’era, si trovava dall’altro capo del mondo per una missione e, Steve, non se se l’era sentita di disturbarlo. Però, verso le prime luci dell’alba, fu lo stesso Tony a contattarlo.
 
« Tony? »
« Ehi, Capsicle! Un uccellino mi ha detto che stai cercando Peter, quel monellaccio è scappato, giusto?! »
« Sì, esatto… ma tu come fai a… »
« Tranquillo, sto rientrando a New York! Lo troverò in un lampo, non temere! Tu intanto prenditi una pausa! »
« Sì, grazie. Grazie Tony. »
« Aha smettila, quando mi diventi sentimentale mi dai i brividi! »
Il petto di Steve venne scosso da una risata argentina, la prima da almeno dieci ore. Salutò Stark e riagganciò, poi cercò con lo sguardo una caffetteria, aveva bisogno di un caffè come non mai.
 
 
Seduto ad un bar, stava consumando una veloce colazione, gli occhi spenti mentre girava, come un automa, il cucchiaino nella sua tazza.
La mente attraversata da mille pensieri, uno più cupo dell’altro. Non era tipo da panorami catastrofici, eppure, non riusciva a far altro che pensare a Peter immerso negli scenari più orribili. Peter che era scappato all’estero, magari unendosi a qualche gruppo di giovani super eroi come lui. Peter che era stato ferito, e non poteva comunicare con lui. Peter che era stato catturato da qualche organizzazione segreta, come l’HYDRA, e ora lo stavano torturando o sottoponendo ad esperimenti atroci.
Strinse gli occhi, stanco, non riusciva a darsi pace. Da quando Peter era sparito, gli pareva quasi di non poter respirare per l’ansia, era la sensazione più sgradevole che avesse mai provato.
 
Quando il suo cellulare squillò, ci mise pochi secondi per rispondere, il cuore in gola « Pronto? »
« Ehi, sono Tony! Ho trovato il nostro bimbo ragno! »
« Dove? » Cercava di mantenere un tono piatto, controllato. Ma in realtà, era completamente terrorizzato da cosa gli avrebbe detto Stark.
« E’ qui con me. Vieni alla torre! »
« Arrivo immediatamente, non farlo andare via! »
« Tranquillo, anche volendo non può. »
« Cosa?! Che gli è successo?! » Ogni buon intento di apparire calmo, scemò. Era scattato in piedi, facendo cadere la sedia con violenza dietro sé. Ignorando gli occhi stupiti dei clienti della caffetteria, prese a camminare freneticamente verso l’uscita, spalancando con malagrazia la porta.
« Ma no, niente… un tipo, a cui sta molto a cuore voglio precisare, ha ecceduto nel punirlo e gli ha fatto un occhio nero. »
« Stark, per l’amor del cielo, che è successo a Peter?! »
« Dannazione Rogers, quanto sei lento a capire! Volevo evitare di dire esplicitamente che ho dato un pugno al tuo figlioccio, ma va bene! L’ho fatto! »
« Tu cosa?! »
« Posso dire in mia difesa, che stava tentando la fuga! Una cosa tira l’altra, e… ci siamo azzuffati! »
« Ok, non aggiungere altro. Arrivo! » Emise un lungo sospiro – quasi – sollevato. Meglio ritrovarlo con un occhio nero e l’orgoglio ferito piuttosto che a pezzettini o non rivederlo più.
Con questo pensiero si diresse rapidamente verso la Stark Tower, dove, raggiunse poi nel grande salone al piano terra, Tony.
All’entrata venne accolto dalla voce metallica di Friday, che gli dava il benvenuto. Dentro la stanza, vi erano Tony, con ancora indosso la sua armatura, e Peter, seduto in un angolo del divano, vestito con abiti civili.
Era rannicchiato su uno dei grandi cuscini, lo sguardo riverso verso il pavimento e una borsa del ghiaccio sull’occhio destro.
 
« Bene! Il papino è arrivato! Questo significa, che io posso togliermi di torno! » Tony si incamminò verso l’uscita, incrociando Steve, che lo frenò bloccandolo per un braccio.
« Tony… »
« Senti, mi dispiace per l’occhio nero, ok?! Dopo potrai farmi tutte le ramanzine che vuoi, ma ora… » Spiegò zelante il miliardario, voltandosi per indicare Peter « Lui ha bisogno di te. E non parlo dell’invincibile Captain America, io parlo di Steve Rogers! E’ di lui che ha, davvero, bisogno adesso. » Detto questo, gli posò con fare amichevole una sonora pacca sulla spalla, prima di abbandonare la sala, chiudendosi la porta alle sue spalle.
 
Steve indugiò a lungo, le mani in tasca e l’aria afflitta di chi non sa come iniziare una conversazione. Sorprendentemente, fu Peter a spezzare l’imbarazzante silenzio.
« Sei così incazzato con me, da non trovare niente da dirmi? »
« Linguaggio, Peter… » Sbottò immediatamente il biondo, ma poi si ricordò di cosa gli avesse consigliato Tony. Di chi realmente aveva bisogno Peter in quel preciso istante. Quindi scosse il capo, dandosi dello stupido e, poi, eliminò con poche falcate la distanza che li divideva. Andò a sedersi accanto al giovane, non gli sfuggì il suo irrigidirsi e tirare indietro i piedi, come se non volesse essere toccato da lui.
Alzò lo sguardo verso il volto del ragazzino, indicando l’occhio offeso « Ti fa male? »
Per tutta risposta, Peter fece spallucce, roteando gli occhi, scocciato. Non ne voleva sapere di guardalo in faccia, per ora almeno, e Steve accettò a malincuore la cosa.
« Lo sai, ero molto preoccupato per te. So benissimo di essere solo un tutore e niente altro, e che a volte sono asfissiante con tutte le regole e la disciplina. »
Ancora, Peter lo ignorava, nulla sembrava cambiato nella sua postura a parte quel frenetico mordicchiarsi le labbra sottili.
« Ma… capisco perché ti sei comportato così. So cosa vuol dire rimanere soli al mondo. Senza genitori o parenti, credimi, lo so. Vorresti che tutti la smettessero di guardarti con quello sguardo colmo di pena, che la piantassero di trattarti come se tu avessi bisogno di aiuto. »
Un fugace spostamento delle pupille, questa volta ci fu. Per un istante, gli occhi color nocciola di Peter si posarono in quelli azzurri di Steve. Quest’ultimo gli sorrise, tentando di mantenere più a lungo quel contatto.
« So che stai male Peter. Non dire di no, io lo vedo che sei triste. Quando pensi che nessuno ti stia guardando, tu sei triste. » Le parole, scivolavano gentili e calde, nelle orecchie di Peter, abbattendo una dopo l’altra le barriere che si era costruito negli ultimi tempi.
« Ti manca la tua vecchia vita, vero? Adesso è dura, lo so, ma credimi se ti dico che presto starai meglio. Perché sei forte Peter, e non mi riferisco alla tua super forza. Hai un buon cuore e dai sempre tutto te stesso per gli altri, spero tanto che tu non perda mai queste qualità. »
Gli occhi di Peter, ormai lucidi, erano ancorati alle iridi azzurro cielo del Capitano, pronto a cedere del tutto.
« Non sono arrabbiato con te, per quanto è accaduto stanotte. Sono felice che tu stia bene, però ti prego, non farlo mai più. Ho perso dieci anni di vita almeno… »
Dopo l’ultima frase, Peter si sporse verso Steve, venendo accolto dal suo abbraccio. Con il viso nascosto nell’ampio petto dell’uomo, si lasciò andare ad un pianto silenzioso, ma liberatorio. Tutto il peso che si era trascinato dietro nelle ultime settimane, svanì lentamente, cadendo assieme alle lacrime che gli bagnarono le guance per lunghi minuti.
Steve lo tenne stretto a sé, carezzandogli piano la schiena, per calmarne i sussulti incontrollati. Le labbra posate sui capelli del ragazzino, che gli sussurravano dolcemente di lasciarsi andare, che sarebbe andato tutto bene. Fra un singhiozzo e l’altro, Peter ripeté all’infinito che gli dispiaceva.
 
Quando si fu placato, finalmente fu in grado di articolare meglio le parole.
« Scusami, io non mi comporterò mai più così, te lo prometto. Se vorrai punirmi, capirò… »
« Bé Peter, mi dispiace ma sei, decisamente, in castigo. Niente più internet e fumetti per un mese. »
« Ok… » Replicò mogio il giovane, ma purtroppo sapeva di essere in torto e di non poter ribellarsi alla scelta di Steve.
«Vedila come una lezione di vita, e non come una punizione. » Il biondo portò una mano sulla spalla di Peter, stringendo appena la presa, per far comprendere al giovane che nemmeno lui era felice di ricorrere a certi mezzi ma che la disciplina lo avrebbe aiutato a maturare e riflettere.
« Capitano, sei davvero senza cuore! Ma non lo sai che per un ragazzo, al giorno d’oggi, rimanere senza internet per un mese è come uccidergli la vita sociale?! Faresti prima a farlo arruolare nell’esercito! » Esclamò la voce allegra di Tony, alle loro spalle. L’uomo, che si era cambiato, si avvicinò ai due, con in mano un paio di bottigliette d’acqua naturale. Ne lanciò una a Peter e l’altra a Steve.
« Tony, ti ringrazio, ma se non facessi così non sarebbe una punizione! E poi, se proprio si annoierà, potrà sempre aiutare con le pulizie di casa. »
« Oh santo cielo! Non gli farai anche lavare i piatti e fare il bucato, spero! »
« Quello lo faccio già di mio, signor Stark… ci sono dei turni da rispettare in casa… » Ribadì Peter, bevendo un sorso d’acqua dalla bottiglietta.
« Ricordami di non venirti mai a trovare, Capsicle! »
« Tranquillo Tony! Non ti farò indossare un grembiulino rosa, se è questo che temi! Puoi venire a trovarci quando vuoi, Peter ne sarebbe felice! » La mano di Steve, si mosse automaticamente verso la spalla esile di Peter e, il ragazzino, ricambiò il gesto con un timido sorriso.
« Umh, ci farò un pensierino allora. » Replicò infine Tony, non nascondendo la sua gioia nel vedere che i due avessero fatto pace.
 
Dopo qualche altro scambio di battute fra Tony e Steve, il giovane ammise di essere esausto ed espresse il desiderio di rincasare.
« Grazie di tutto, signor Stark… » Peter allungò una mano che venne stretta con piacere dall’uomo dinanzi a sé.
« Ti ha fatto un occhio nero, e lo ringrazi?! » Esclamò, fintamente offeso, Steve. Alche, Tony si mise sulla difensiva immediatamente.
« Disse il Capsicle che lanciò in testa a questo povero ragazzo, un container! »
« Ehi, io stavo rischiando la pelle! Non hai idea di quanto picchi duri, Peter! »
« Sì, so che vuoi dire! In effetti, anche io ho rischiato di venir linciato! Questo piccoletto pelle e ossa fa paura quando si arrabbia! »
Peter aveva abbassato lo sguardo, imbarazzato e mortificato all’ennesima potenza. Sapeva bene di essersi meritato pienamente l’occhio gonfio che gli doleva, aveva attaccato senza pietà Iron Man in un attimo di collera. Stark si era solo difeso in fondo.
« Mi dispiace… tanto… » Ebbe solo la forza di balbettare, sempre a capo chino e le guance che andavano a fuoco.
« Fa niente, bimbo ragno. Basta che d’ora in poi non scappi più di casa! Altrimenti, lo zietto Tony dovrà sculacciarti di nuovo, chiaro?! »
« Chiaro… »
Peter si avviò verso l’uscita, mentre Steve rimase ancora un istante, quanto meno per ringraziare a dovere Tony. E anche perché voleva togliersi un piccolo dubbio.
« Tony, senti, prima non me lo hai detto ma… come facevi a sapere che Peter era scappato? Eri dall’altra parte del mondo fino a poche ore fa! »
« Chiedilo a quel taciturno – sempre di cattivo umore – del tuo amante! »
Steve sgranò gli occhi, aprendo e richiudendo la bocca come uno sciocco per almeno due volte. Tant’è che Tony scosse la testa, ridacchiando.
« Ci vediamo, Capsicle! E salutami braccio di ferro! »
Questa volta, fu il turno di Steve di arrossire fino alla punta dei capelli. Il suo tentativo di tenere segreta la sua relazione con Bucky, era andata bellamente a farsi fottere. Se uno come Tony Stark ne era, non si sa come, venuto al corrente, poteva essere certo che fra non meno di ventiquattrore, lo avrebbero saputo tutti gli altri Avengers. Perfino Thor, e lui al momento si trovava su Asgard.
 
 
Dopo un ora circa, Steve e Peter mettevano piede in casa, finalmente. Furono accolti all’ingresso da Bucky che, era corso alla porta ancor prima che venisse aperta.
Steve lo salutò con un cenno del capo, ma l’uomo rimase rigido nella sua posizione, squadrando male Peter. Quando il giovane sollevò lo sguardo su lui, si ritrovò a sudare freddo. Rimase con il fiato sospeso, per almeno trenta secondi, prima che Bucky allungasse una mano verso lui e lo attirasse a sé per un abbraccio stritola ossa.
« C… credevo che stessi per tirarmi un pugno… » Biascicò titubante Peter, ricambiando l’abbraccio.
« Oh, credimi. Volevo farlo. Ma vedo che sono stato battuto sul tempo. »
« Scusami… » Pigolò in risposta Peter, nascondendo il viso nel petto dell’adulto. A Steve non sfuggì il sospiro liberatorio di Bucky, mentre lo stringeva a sé.
« Va a lavarti e datti una sistemata. Facciamo colazione fra poco. »
« Sissignore, sergente Barnes! » Esclamò Peter imitando la tipica posa militare. Finalmente anche le labbra di Bucky si distesero in un sorriso.
« Fila via, soldato! » Lo mandò avanti tirandogli una pacca sulla schiena, seguita da un lieve calcio nel sedere. La scena fece ridere di gusto anche Steve, rimasto sulla soglia di casa a godersi lo spettacolo.
 
I due si scrutarono a lungo, prima che Steve si rifugiasse fra le braccia dell’amato.
« Sei stanco? »
« Sì, molto… »
« Ti capisco. Quel ragazzino ti toglie ogni energia… »
Steve sorrise a quell’affermazione, perché sapeva che non c’era malignità nelle sue parole ma solo un ovvia constatazione.
« Però, ne vale la pena, Buck… » Si staccò dal corpo accogliente solo per donargli un bacio a fior di labbra, gustandosi appieno quel momento di intimità.
« A proposito, ho saputo che hai chiamato Tony… »
« Non so a cosa tu ti stia riferendo. » Lo liquidò rapidamente Bucky, dando le spalle al biondo.
« Grazie. »
Bucky sollevò, con fare annoiato, una mano, facendogli intendere che era tutto a posto.
 
Dopo che Peter si fu fatto una doccia, raggiunse i due uomini in cucina, dove ad attenderlo c’era una colazione abbondante. Anche se i pancake erano bruciati e la marmellata era finita, per Peter, quella fu la colazione più bella che fece da quando abitava lì.
 
Perché per la prima volta, avvertì quel tipico calore famigliare che tanto gli era mancato ultimamente. E, capì inoltre, che Steve e Bucky ci sarebbero stati, sempre, per lui.
  
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