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Autore: Clakli    31/07/2016    1 recensioni
La storia di Iron Man e Captain America, o meglio la storia vera e senza filtri di Tony e Steve. Dal primissimo incontro e i primi litigi, fino al post Civil War.
Dal testo: "Il capitano Steve Rogers era esattamente come Tony l’aveva immaginato. Certo, in realtà aveva già visto alcune sue foto e alcune pellicole che suo padre conservava gelosamente nel suo laboratorio, eppure la vista di quell’uomo immenso, completamente immobile avvolto nel ghiaccio, lo stupì ugualmente. Non poteva avere più di trent’anni, la sua pelle era perfetta e il suo viso sembrava disegnato. Tony si concesse qualche minuto per osservare in religioso silenzio il suo corpo perfetto e muscoloso, le sue mani strette a pugno alla fine di due braccia possenti abbandonate lungo i fianchi e il suo viso, ancora il suo viso, con la mascella dura ma allo stesso tempo delicata, perfetta, e le sue ciglia bionde che coprivano due occhi che, Tony lo sapeva, erano azzurri come il mare d’estate. I suoi capelli corti erano tirati all’indietro, completamente composti, non fosse stato per un ciuffo ribelle che scendeva sull’ampia fronte giovane."
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Nota dell'autrice: Buongiorno e buona domenica.Eccoci arrivati al fatidico momento: la Civil War. Vi anticipo che non ho aggiunto o modificato molto, visto che in questo film abbiamo avuto Stony a volontà... Detto questo godetevi la lettura e grazie per essere sempre così presenti! Un bacio a voi
Claudia
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Capitolo dieci

Gli accordi di Sokovia
 
Il braccio metallico lo afferrò per la gola, stringendo talmente forte che gli uscirono le lacrime dagli occhi. Quelli del soldato d’inverno vorticavano frenetici, impauriti e confusi, riflettendosi nei suoi, azzurri,velati e rassegnati.  Poi, un’esplosione lì vicino lo distrasse, mentre il soldato d’inverno cadde all’indietro, mollando la presa, scaraventato lontano dalla forza dei propulsori dell’armatura di Iron Man.
< Sei venuto!> esclamò quindi sollevato.
< Io vengo sempre, quando tu chiami> gli rispose Tony, avvicinandosi per lasciargli un bacio a fior di labbra. Proprio in quel momento il braccio metallico di Bucky attraversò il miliardario da parte a parte, rompendogli la sua lucente armatura. Tony annaspò tra le sue braccia ed infine cadde, rovesciando i suoi meravigliosi occhi all’indietro.
Steve aprì gli occhi e, di scatto, si alzò a sedere, agitandosi. Sentiva il cuore pulsare forte nelle orecchie e il panico lo assalì improvvisamente. Erano mesi ormai che sognava Bucky, preso dall’angoscia di non sapere ancora dove fosse e come stesse. Solo che nel sogno, c’erano solo tutti e due, non era mai successo che vi rientrasse anche Tony. I sogni che dedicava a Tony erano ben diversi, e non avevano mai nulla di angosciante o frustrante come quello che aveva appena fatto, anzi. Il capitano si alzò del tutto e guardò l’orologio: erano le quattro di notte; era sicuro che da qualche parte, dall’altra parte dell’America, Tony fosse sveglio. E probabilmente l’avrebbe chiamato, non fosse stato per il fatto che era ancora turbato e che erano ormai due mesi, e cioè dal giorno del suo compleanno, che non si sentivano. Steve si chiese se anche l’uomo di ferro, come lui, aveva una paura assurda di parlare di quella sera di maggio, quando per poco le loro labbra non si erano sfiorate,assecondando un impulso che ormai andava avanti da anni.
Si diresse così in cucina, e lì vi trovò Wanda, seduta sul divano con la testa tra le mani. Le si avvicinò cauto e si sedette accanto a lei, poggiandole una mano sulla spalla.
La ragazza allora cominciò a singhiozzare più forte. < Mio dio Steve, cosa ho fatto!>
Steve l’abbracciò. < Non è colpa tua. Mi hai salvato la vita.Avrei dovuto rilevare quella bomba prima di te. Rumlow ha fatto il nome di Bucky, ed io sono tornato ad essere un sedicenne a Brooklyn > la rincuorò.
Due giorni prima erano in missione insieme con Falcon e Natasha a Lagos, in Nigeria, per impedire a Rumlow,l’ex agente dello SHIELD infiltrato dell’Hydra, di rubare un’arma biologica.  Durante lo scontro, Rumlow aveva azionato un giubbotto esplosivo per uccidere Steve, e Wanda, con l’intenzione di salvare la vita al capitano, aveva cercato di limitare l’esplosione, facendo schiantare Rumlow contro un palazzo,uccidendo così decine di volontari del Wakanda. Tutti i telegiornali del mondo ne parlavano, e la telefonata del governo non era mancata di arrivare, informando gli Avengers che in settimana avrebbero ricevuto la visita del segretario di stato presso la loro base.
Ma la settimana passò, e nessuna visita da parte del governo arrivò. Passò un mese, prima che il telefono di Steve squillasse, e il numero di Tony apparisse sul display. Il capitano rispose, con il cuore che batteva all’impazzata contro il torace.
< Tony?> sussurrò.
< Domani in mattinata vengo alla base,volevo solo informarti> La voce di Tony era fredda, e assente. Rimase in silenzio, in attesa di una risposta di Steve, che però rimase talmente pietrificato da quel gelo che non riuscì a rispondere. < A domani> chiuse quindi la telefonata il miliardario.
L’indomani, Visione entrò nella camera di Steve. < Volevi essere informato dell’arrivo di Stark. Beh, è qui. E ha portato un ospite>
< Di chi si tratta?> chiese allora il capitano, alzandosi in piedi.
< Il segretario di stato> rispose Visione.
Steve scese al piano di sotto e fu meravigliato di trovarvi tutti i suoi compagni: c’erano Natasha, Visione, Wanda, Sam, Rhodey ed infine Tony, che si avvicinò a Steve stringendogli frettolosamente la mano, senza neanche guardarlo negli occhi. Si sedettero tutti intorno al tavolo eccetto Tony, che rimase in disparte alle spalle del capitano.
Il segretario di stato Thaddeus Ross cominciò a spiegare agli Avengers il forte malcontento dei governi per il loro operato, e la decisione presa da tutte le Nazioni Unite di stipulare gli Accordi di Sokovia, che avrebbero stabilito un ente governativo internazionale per monitorare i superumani e chiedere di loro iniziativa l’intervento degli Avengers.
< Fra tre giorni le Nazioni Unite si incontreranno per ratificare gli accordi. Discutetene> li avvisò il segretario.
Così, Steve cominciò a leggere gli accordi, mentre Rhodey e Sam discutevano ad alta voce sul da farsi. Tony era seduto sul divano, le mani sul viso in segno di stanchezza. Visione spiegò la sua propensione alla ratifica.
< Tony, sei curiosamente silenzioso e poco logorroico> notò allora Natasha.
< E’ perché ha già deciso come fare> rispose il capitano, senza però guardarlo negli occhi.
< Oh, mi conosci davvero bene> esclamò il miliardario. Si alzò in piedi con le mani a coprirsi la testa. < In realtà lotto con un’emicrania elettromagnetica. Capito capitano? Sono dolorante,sofferente… Chi ha messo i fondi del caffè nel tritarifiuti?> sbottò poi, girandosi verso i compagni. < Gestisco un bed and breakfast per motociclisti?>continuò. Sospirò, poi prese lo Stark Phone e mandò una proiezione. < Lui è Charles Spencer, a proposito> disse, quando il viso di un giovane ragazzo comparve sul led. < Un ragazzo in gamba, laureato in ingegneria informatica, media voti altissima, voleva fare carriera, ma la sua anima aveva bisogno di esperienze prima di parcheggiarsi dietro ad una scrivania, di vedere il mondo, forse di sentirsi utile. Charlie ha voluto trascorrere la sua estate a costruire case sostenibili per i poveri in Sokovia. Voleva fare la differenza, forse, chi lo sa… Gli è crollato un palazzo addosso mentre noi giocavamo ai salvatori> si interruppe, bevendo un sorso di caffè, mentre i suoi amici si guardavano intorno con circospezione ed imbarazzo. < Non c’è nessuna decisione da prendere: dobbiamo essere rimessi in riga, in qualunque modo… Io ci sto! Se non ci mettono un freno siamo come i cattivi>
< Non ti arrendi se nel tuo turno di guardia muore una persona> gli fece allora presente Steve.
< Chi si vuole arrendere?> gli chiese allora Tony, guardandolo per la prima volta negli occhi .
< Dobbiamo assumerci la responsabilità per le nostre azioni, questo documento sposta solo la colpa> rispose il capitano.
Continuarono a discuterne per un bel po’: Steve sosteneva che le mani sicure erano le loro, e che gli Avengers non potevano essere controllati dai governi, mentre Tony si ostinava a ripetere che avevano bisogno di un controllo, molto probabilmente perché si sentiva ancora in colpa per ciò che era successo in Sokovia e per aver creato Ultron.
< Forse Tony ha ragione… Se abbiamo le mani sul volante possiamo sterzare…> rispose allora Natasha.
< Fermi tutti… Ho sentito bene o mi hai dato ragione?> le chiese allora Tony.
Nat alzò gli occhi al cielo. < Oh, posso ritrattare…>
< No no no è impossibile, grazie…>
Il telefono di Steve vibrò, e quest’ultimo lo prese per leggere un messaggio. Il cuore cominciò a battere all’impazzata e una tristezza infinita gli bloccò il respiro. Si alzò di scatto e disse: < Devo andare>
Durante il viaggio verso Londra, Steve non riusciva a pensare a nulla, se non al fatto che Peggy non ci fosse più. La donna della sua vita se n’era andata, la vecchiaia l’aveva presa e lui non aveva potuto fare nulla. Sam aveva deciso di accompagnarlo, e lui non aveva detto di no, consapevole di non poter affrontare quel momento da solo. Al funerale, Steve scoprì che Peggy aveva una nipote che altri non era se non l’agente tredici dello SHIELD, Sharon, la quale era stata messa a sorvegliare Steve da parte di Fury, quando viveva nella sua vecchia casa. Il capitano rimase sconvolto da quella scoperta e sorrise beffardo al destino, soprattutto quando ricordò che aveva trovato Sharon particolarmente carina e che in quel periodo aveva persino avuto l’idea di invitarla fuori a cena. Poi, però, non l’aveva più fatto, un po’ per via del casino con Bucky, e poi anche perché c’era Tony… Tony. Tony che voleva firmare gli accordi. Tony che si sentiva in colpa per tutto, talvolta anche di respirare. Tony che sembrava la persona più sicura del mondo ma che in realtà era spaventato a morte e viveva in un costante senso di colpa. Tony che non aveva più il coraggio di guardarlo negli occhi.
Dopo il funerale, Steve si trattenne in chiesa, a pregare. Lì lo raggiunse Natasha.
< Quando sono uscito dal ghiaccio credevo che tutti quelli che avevo conosciuto fossero morti. Poi ho scoperto che lei era viva.> disse guardando la foto di Peggy. < L’avevo ritrovata>
< Anche lei ti aveva ritrovato> gli rispose Nat.
Steve annuì. < Chi ha firmato?>
Natasha sospirò. < Tony, Rhodey, Visione>
< Clint?> chiese il capitano.
< Dice che si è ritirato>
< Wanda?>
< Titubante. Io andrò a Vienna per la firma degli accordi. C’è molto spazio sull’ aereo> lo invitò Natasha  < Soltanto perché è la scelta più facile da prendere non vuol dire che sia quella sbagliata. Stare insieme è più importante di come stiamo insieme>
< Mi dispiace Nat. Non posso farlo> le rispose allora Steve
Natasha sospirò. < Lo so>
< E allora perché sei qui?>
< Non volevo che stessi solo> gli rispose la donna, abbracciandolo
 
Ma il viaggio a Vienna non fu come se l’erano aspettati, per nessuno di loro. Ci fu un attentato che uccise il re del Wakanda, e l’attentatore fu identificato dalle telecamere di sicurezza come Bucky Barnes, il soldato d’inverno. Steve, con l’aiuto di Sam e Sharon, passata dalla sua parte per aiutarlo, si recò quindi a Bucarest, dove fu avvistato per l’ultima volta Bucky, con la speranza di parlare con il suo migliore amico e di scoprire cosa aveva a che fare con quella faccenda. Riuscì quindi a rintracciare la sua dimora, e lì rivide Bucky dopo tanto tempo. La polizia, però, stava col fiato sul collo del soldato d’inverno, e così Steve decise di aiutarlo, nonostante i ripetuti rifiuti da parte dell’amico. Rincorse quindi Bucky per le strade di Bucarest, cercando di parlargli, fino a quando non si rese conto di non essere l’unico ad inseguirlo. Un uomo vestito da pantera, infatti, stava loro alle costole, pronto ad attaccare Bucky a qualsiasi costo. Quando furono fermati tutti dalla polizia e da Rhodey, con l’armatura di War Machine, Steve scoprì che l’uomo pantera non era altri che T’Challa, il principe del Wakanda, pronto ad uccidere Bucky per vendicarsi per la morte di suo padre.
Steve, Sam e Bucky vennero quindi fermati e portati a Berlino, dove l’uomo dal braccio meccanico fu rinchiuso in una teca di vetro di massima sicurezza, pronto per essere interrogato.
Lo scudo di Steve e le ali di Sam furono confiscati, e i due furono portati insieme alla Pantera Nera in un ufficio. Lì Steve incontrò Natasha, che lo guardò con aria afflitta e, attraverso il vetro, vide Tony, intento a parlare a telefono.
Non appena vide Steve e Sam, Tony gli andò incontro. < Conseguenze? Certo che ci saranno conseguenze, può citare le mie parole, signore> disse quindi, attaccando poi il telefono.
< Conseguenze?> gli chiese Steve.
< Il segretario Ross voleva farvi causa. L’ho accontentato> rispose Tony, con sguardo duro. Era palesemente spossato e stanco, per non dire afflitto.
< Non avrò quello scudo, vero?> chiese allora Steve.
< Tecnicamente è di proprietà del governo. E anche le ali> rispose Natasha
< Sei di ghiaccio!> mormorò Sam
< Steve se ne intende> disse allora Tony, con un mezzo sorriso.
Steve si accomodò quindi in un ufficio, e Tony lo seguì,mettendosi in piedi davanti a lui intorno ad un tavolo. < Sarai contento, ora che hai ritrovato il tuo amichetto>
< Non ti permettere di parlare di lui!> sbottò Steve. Finalmente il rancore che aveva provato tanto tempo per Tony sembrò uscire fuori. Tony che non lo aveva aiutato a cercare Bucky. Tony che non lo aveva più chiamato dopo il suo compleanno. Tony che voleva firmare gli accordi.
< Ci surriscaldiamo presto se pensiamo a braccio di ferro, eh?> chiese quindi Tony. Poi, alzò le braccia in segno di resa. < Voglio farti vedere una cosa > disse poi, prendendo dalla tasca della giacca un contenitore con delle penne. < Le ho prese dall’archivio di mio padre. Roosvelt ci ha firmato il Lend Lease nel quarantuno. Fornì appoggio agli alleati nel momento del bisogno…>
< Per qualcuno ha avvicinato il nostro paese alla guerra> lo interruppe Steve.
< Senza queste tu non saresti qui. Ti sto offrendo un ramoscello d’ulivo. E così che si dice?> gli chiese Tony, in palese difficoltà.
< Pepper è qui? Non l’ho vista!> rispose Steve, facendo un mezzo sorriso. Sapeva di dovergliela far pagare, in qualche modo. E quale metodo migliore se non pronunciare il nome della sua fidanzata, colei che stava per essere tradita giusto qualche mese prima, se solo non li avesse interrotti?
< Siamo… noi siamo… Beh, insomma…> mormorò in imbarazzo il miliardario.
< Aspettate?> chiese Steve, sorpreso
< No, decisamente no. Ci siamo presi una pausa> ammise Tony, dicendo tutto ad un fiato < Non ci sono colpe>
< Mi dispiace Tony, non lo sapevo> Ora Steve era davvero mortificato, e si sentiva uno schifo.
< Anni fa l’avevo quasi perduta e così…distrussi le mie armature > confessò il miliardario, dicendogli cose che Steve già aveva saputo, proprio dalla stessa Pepper. < Poi abbiamo dovuto eliminare l’Hydra, e poi Ultron…colpa mia! E poi e poi e poi…non mi fermo mai. Perché la verità è che non voglio fermarmi. > Guardò Steve negli occhi, e pensò di giocarsela in qualsiasi modo. < Non voglio perderla. Gli accordi potrebbero rappresentare un compromesso.> gli spiegò il miliardario, conscio del fatto che il capitano fosse pur sempre un uomo buono e altruista.
Steve sospirò
< A sua difesa io non sono facile. Anche papà era un rompiscatole ma tra lui e mamma ha sempre funzionato> soffiò Tony, cominciando a camminare per la stanza.
< Sono contento che Howard si sia sposato. Quando l’ho conosciuto era giovane e solo e…>
< Ah davvero? Voi due vi conoscevate? Non me l’ha mai detto…forse solo un milione di volte. Quanto ti odiavo!> sbottò il miliardario, infilandosi la giacca.
Steve alzò la testa per incontrare il suo sguardo. < Non renderò le cose difficili> gli promise
< Lo so, perché sei una persona garbata.> rispose Tony.
< Se vedo una situazione che va in rovina, non posso ignorarla. A volte vorrei poterlo fare…>
< Non è vero!> lo interruppe Tony.
Steve fece un mezzo sorriso < No, non è vero> Sapeva che nessuno al mondo lo conosceva bene quanto Tony. A parte Bucky,ovviamente. < A volte…>
< A volte vorrei darti un pugno su quei bei dentini> sbuffò Tony. Poi alzò le spalle < Ma non voglio vederti andare via. Finora non è successo niente di irrimediabile, se firmi. Renderemo legittime le ultime ventiquattro ore. Barnes andrà in un centro psichiatrico americano, invece che nel Wakanda in prigione> gli promise.
Steve allora prese una delle due penne e si alzò in piedi. Poi, si girò a guardare Tony < Non dico che sia impossibile, ma devono esserci delle garanzie>
< Certo!> rispose Tony. < Appena tranquillizzata l’opinione pubblica presenterò una mozione per far reintegrare te e Wanda>
< Wanda? Che c’entra Wanda?> chiese Steve, in preda al panico.
< Sta bene. E’ confinata nel complesso attualmente. Visione le fa compagnia> spiegò il miliardario.
< Oh no, Tony! Ogni volta! Ogni volta che credo che tu veda le cose nel modo giusto…>
< C’è una palestra, una piscina olimpionica, una sala proiezioni…Non è male come protezione…>
< Protezione?> sbottò Steve. < E’ così che la chiami tu? Questa è protezione? E’ internamento, Tony…>
< Non è cittadina americana e non concedono visti ad armi di distruzioni di massa!> urlò Tony
< E’ una ragazzina!> abbaiò ancora più forte Steve.
< E tu sei un coglione!> sbottò quindi il miliardario <  Faccio quello che deve essere fatto per prevenire qualcosa di peggio!>
< Continua a raccontartela. Mi dispiacerebbe separarle> disse allora il capitano, rimettendo la penna accanto all’altra, e uscendo dalla sala.
Tony si infilò gli occhiali da sole e si morse il labbro,chiedendosi quando e come fossero arrivati a quel punto, che sembrava davvero essere un punto di non ritorno.
Così, si alzò afflitto e seguì Steve nella sala comune, lì dove tutti erano in attesa dell’inizio dell’interrogatorio di Bucky. Decine di schermi proiettavano il viso stanco del soldato d’inverno, e Tony si girò di lato, quel tanto che bastava per osservare Steve. Il capitano aveva le braccia conserte ed una ruga corrugava la sua fronte, dandogli un’aria palesemente nervosa e preoccupata. Tony scrollò la testa e distolse lo sguardo: non ce l’avrebbe fatta a vederlo in quelle condizioni un minuto di più. Non per un qualcuno che non fosse lui, almeno. Avrebbe volentieri preso Steve a schiaffi, facendogli uscire tanto di quel sangue fino a farlo rinsavire. La sola prospettiva di fargli del male lo eccitò, al solo pensiero che dopo averlo picchiato per bene l’avrebbe chiuso in una stanza e l’avrebbe legato al letto, facendolo godere fino a quando lui non l’avrebbe supplicato di smettere. In fondo l’aveva capito,con Steve era sempre così: ci voleva il bastone e la carota. Non potevi dargli l’uno o l’altro, perché in entrambi i casi se ne sarebbe approfittato. Quello strano pensiero preoccupò Tony,che non aveva mai avuto questi istinti con le donne, figurarsi con un uomo. Non che non fosse mai stato con un uomo, ne era capitata l’occasione diverse volte, ma di mezzo c’era sempre una donna, o più di una…Non aveva mai avuto un rapporto esclusivo con una persona del suo stesso sesso, perché credeva che non rientrasse nei suoi gusti. Eppure, ultimamente, si era ritrovato ad immaginare diversi scenari in compagnia del capitano, e la cosa lo mandava ai pazzi. Sapeva che Steve ricambiava il suo interesse, ne aveva avuto la conferma definitiva il giorno del suo compleanno, quando aveva sentito il suo fiato caldo e i suoi sospiri eccitati sulla sua bocca, poco prima di essere interrotti. Eppure il capitano non aveva mai fatto un passo nella sua direzione, dandogli un input, un qualcosa a cui aggrapparsi. E ora Steve era lì, nella sua stessa stanza dopo mesi, e dedicava quello sguardo preoccupato e ansioso che aveva dedicato tante volte a lui in battaglia, ad un altro uomo. Era una situazione davvero insostenibile, e l’emicrania di Tony aumentò,soprattutto quando notò una biondina che girava intorno a Steve come una cagna in calore. E ora da dove diamine era spuntata fuori, questa?
< Smettila di sbavare guardando Steve> gli sussurrò quindi Natasha all’orecchio.
Tony la guardò accigliato. < Cosa? Sei completamente fuori strada, Aracne fastidiosa> sbottò. Poi, lanciò di nuovo uno sguardo a Steve e alla biondina. < Chi è la tipa?> chiese quindi a Natasha.
< L’agente Carter. E’ la nipote di Peggy. Lavora per la CIA> rispose Natasha, alzando un sopracciglio come a dire: “Menomale che ero fuori strada”.
Tony indurì la mascella e si concentrò ad ascoltare l’interrogatorio di Barnes, che era cominciato. Le solite domande di routine furono fatte al soldato d’inverno, il quale apparve in sé e consapevole di ciò che gli stava accadendo. All’improvviso, tutto diventò buio, e le telecamere si spensero. Tony cercò di sforzare la vista, ma era tutto troppo nero. < Friday, trovami la fonte del corto circuito!> ordinò alla sua nuova AI.
Si girò giusto in tempo per vedere Steve, Sam e la bionda correre via, ed una strana sensazione si impossessò di lui: era così che sarebbe andata d’ora in poi? Avrebbero fatto le cose in maniera separata?
< Dimmi che ti sei portato un cambio!> gli disse quindi Natasha, avvicinandosi a lui.
< Certo, un bellissimo tre pezzi con doppiopetto. Sono un non combattente in servizio!> sbuffò Tony, correndo in direzione di Steve e Sam. Arrivato nell’atrio della struttura, non vide Steve, ma solo il soldato d’inverno che combatteva come impazzito contro alcuni agenti. Trasformò quindi il suo orologio in un pezzo dell’armatura e si avvicinò a Bucky, stordendolo per un attimo con un’onda del propulsore. Si avvicinò al soldato d’inverno ed inneggiò con lui una lotta corpo a corpo, facendo tesoro degli insegnamenti che Steve aveva continuato a dargli anche alla base Avengers. Bucky aveva una pistola, e gli sparò addosso, ma Tony si protesse con la mano dell’armatura, l’unica sua parte di ferro in quel momento, e lo guardò negli occhi, in cagnesco. Fu scaraventato poi lontano con un pugno ben piazzato all’occhio, mentre accorrevano in suo aiuto Natasha e la bionda, seguite a ruota da T’Challa, la Pantera Nera.
Tony si alzò con difficoltà e si buttò alla ricerca di Steve: dove diamine era finito?
Si diresse al piano di sopra e si fermò interdetto in mezzo alle scale, quando vide dalle vetrate un elicottero cadere nel fiume. Si affacciò alla finestra e vide la testa di Steve uscire dall’acqua, mentre tra le braccia stringeva il corpo svenuto del suo migliore amico.
Tony si rese conto solo in quel momento di non riuscire a respirare. Si accasciò su sé stesso, appoggiando la testa al muro, e cercò di stendere le gambe, diventate un tutt’uno col corpo. Gli occhi gli bruciavano e sembravano avere la necessità di lacrimare, ma lui indurì la mascella e si morse il labbro: non avrebbe permesso alle sue lacrime di uscire per Steve. Steve che non se lo meritava. Steve che era corso dietro al suo migliore amico. Steve che non voleva firmare gli accordi. Steve che lo aveva abbandonato.
Qualcuno si appoggiò alle sue ginocchia, e Tony aprì gli occhi ed incontrò lo sguardo preoccupato di Natasha. Stava dicendo qualcosa, ma lui proprio non riusciva a sentirla. Gli passò un sacchetto di plastica, e Tony lo prese al volo, portandoselo alla bocca e ricominciando così a respirare.
< Tony! Dio mio! Stai bene?> gli chiese la donna, molto probabilmente non per la prima volta, vista la sua insistenza.
< Portami di sopra. Voglio solo… Ho bisogno di…> ma non riuscì a finire la frase perché chiuse gli occhi, sperando che quello fosse solo l’ennesimo, brutto sogno. 
  
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