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Autore: Emmastory    01/08/2016    3 recensioni
L'esistenza del regno di Aveiron continua, e Rain, nostra eroina in questo racconto, si impegna a mantenere il sorriso e la positività nonostante tutto quello che è costretta a vivere e sopportare. Fame, miseria e povertà dilaniano l'anima degli abitanti come belve feroci, e lei, addolorata per la perdita del suo tanto amato Stefan, ora scomparso per mano ignota, agisce come può per ritrovarlo e affrontare, con il suo aiuto, la minaccia dei Ladri, esseri ignobili che da tempo popolano il regno seminando terrore nei cuori della gente. Fiduciosa, è convinta dell'esistenza di un barlume di luce alla fine del tunnel che rappresenta la sua tormentata vita, in cui felicità e dolore danzano allo stesso e concitato ritmo. (Seguito di "Le cronache di Aveiron: Dimenticati)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-II-mod
 
 
Capitolo XIV

Nuove e profonde radici

Ero lì, ferma e inerme di fronte a quella porta. Non una qualunque, ma quella che una volta aperta mi avrebbe dato modo di rivedere i miei tanto amati genitori. Alcuni minuti passarono, e il mio flusso di pensiero fu interrotto da uno scatto. Avevo chiuso gli occhi nel tentativo di ritrovare la calma e regolarizzare il mio respiro assieme al battito del mio giovane cuore, e riaprendoli, la vidi. Era mia madre. Alla mia vista, sobbalzò per la contentezza. L’abbraccio che seguì quell’istante fu fortissimo, e non appena questo si sciolse, notai le sue labbra. Velate di rossetto per l’occasione, si avvicinarono alla mia guancia lambendola appena. Ricambiando quel bacio come ero solita fare da bambina, la salutai con calore, ed entrando in casa, incontrai lo sguardo di mio padre. Un uomo alto, forte e sempre pronto a proteggere la sua famiglia. In quel momento, il marrone dei miei occhi si fuse con quello dei suoi, e sorridendo, mi sedetti con loro nella piccola cucina. Intavolando quindi una conversazione su quella che era stata la mia vita fino a quel momento, mostrai loro l’anello nuziale regalatomi da Stefan. Fu quindi questione di un attimo, e lo sguardo di mio padre cadde su quel gioiello. Esaminandolo, si fece improvvisamente serio. Era strano a dirsi, ma corrispondeva alla verità. Mio padre era felice, ma quando voleva, sapeva nascondere le sue emozioni. Una qualità che spesso si rivelava una vera e propria arma a doppio taglio. Difatti, ero sicura che un giorno le cose per lui sarebbero precipitate, e ricordo che nei miei tempi di bambina, i litigi con mia madre non mancavano. Per pura fortuna non erano mai legati ad argomenti seri, limitandosi agli screzi che ogni coppia sposata è solita avere. Quel ricordo si insinuò nella mia mente come polvere, e soltanto pensandoci, soffocai una risata. Un singolo istante svanì quindi dalla mia vita, e tornando a guardare dritto di fronte a me, tenni le mani nascoste sotto al tavolo, andando alla ricerca di quelle del mio amato. Il silenzio che invase la stanza venne rotto dalla voce di mio padre. Appariva concentrato sul mio Stefan, non fece altro che porgli domande. “Come ti chiami, ragazzo?” gli chiese, dando quindi inizio ad una sfilza di quesiti che trovarono in poco tempo una risposta. “Stefan Gardner, signore.” Rispose, con aria tranquilla e rilassata. Sorridendo, lasciai che i nostri sguardi si incrociassero, e sorridendo, gli strinsi la mano. Tutto sembrava andar bene, ma nulla avrebbe potuto prepararci alla sua seconda domanda. “Quante ragazze hai avuto?” quattro parole che abbandonando le sue labbra sembravano far parte di un interrogatorio. “Non erano nulla di serio.” Disse Stefan, apparendo ai miei occhi improvvisamente stizzito. “Adesso lo sei? Continuò mio padre, attendendo con serietà una risposta. “Ronan!” lo rimbeccò mia madre, guardandolo con occhi colmi d’ira. Per nulla intimorito dalla reazione della moglie, mio padre non accennò a tacere. “Lascialo rispondere.” Le disse, incalzando quindi il mio amato a farlo. “Certo, signori. Io amo vostra figlia, e non la lascerò mai. Ho avuto il piacere di amarla fino a questo momento, e non lascerò che il nostro amore si spenga.” Disse Stefan in tono solenne, alzandosi e continuando a tenermi la mano. A quelle parole, sentii il mio cuore sciogliersi, e guardandolo con gli occhi di chi ama, lo baciai. Le nostre labbra si unirono in quell’istante, e quasi ignorando i miei genitori, mi concentrai esclusivamente su di lui. Di fronte allo spettacolo offerto dal nostro amore, mia madre non riuscì a trattenersi dal piangere. avvicinandosi, mio padre cercò di confortarla, e guidandoci fuori dalla casa, pronunciò una singola frase. “Venite, dovete vedere una cosa.” Disse, per poi iniziare a camminare di fronte a noi. Seguendo ogni suo passo, ci ritrovammo davanti a una casa distante dalla loro. Tre chilometri le separavano, ma la cosa non ci toccava. Aprendo la porta, mio padre ce ne mostrò gli interni, e ringraziandolo, lo abbracciai. “È bellissima.” Commentai, felice ed eccitata. “Ed è nostra.” Rispose Stefan, deponendo un ennesimo bacio sulle labbra. Silenziosamente, ricambiai, e pur senza approfittare di quel momento, mi sentii felice. Stefan ed io eravamo insieme, e ora, al sicuro in una casa tutta nostra, eravamo pronti a mettere nuove e profonde radici.
   
 
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