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Autore: _Fallen_Angel_    02/08/2016    2 recensioni
Ma non ho il tempo di preoccuparmi di quello perché di colpo, senza nessun preavviso, la testa mi esplode. Il dolore è accecante. Urlo, e quasi non me ne accorgo. Mi stringo le mani alle tempie, tentando di reprimere quel dolore insopportabile. [...] Era un ricordo. Non è la prima volta che mi succede una cosa del genere. Ci sono delle notti in cui sogno ricordi vissuti nella gabbia, frammenti di memoria ancora non tornati al loro posto. Ma questa volta è stato diverso. Questo ricordo non era mio.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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Fiumi interminabili di parole escono dalla mia bocca, zampillando come sangue da una ferita aperta. Non avevo idea di quante cose tenessi chiuse dentro di me, di quante cose stessero premendo come pazze per uscire. Ho solo aperto un minimo la porticina della mia anima. Un poco, giusto per sbirciarvi all’interno. Non avevo calcolato la forza premente dalla parte opposta. Sta uscendo tutto. Non ho alcun controllo sulle mie parole. Sotto agli occhi grandi e comprensivi di Castiel, il muro che avevo eretto a protezione della mia anima sta crollando, mattone dopo mattone.
-…E poi lui è tornato. Avevo bisogno di lui, così è tornato. Anche se c’era Dean, anche se non potevamo più esser uniti come eravamo prima che tu salvassi mio fratello… Lui tornò. Ma era triste…- Non sorrido. Non piango. Non batto ciglio. Parlo soltanto, liberandomi del muro. Un peso in più si solleva dalle mie spalle ad ogni parola che dico, volando via. E’ liberatorio. Non mi immaginavo sarebbe stato così piacevole condividere i miei malanni. Cas non dice una parola. Le dita intrecciate davanti a se, le mani giunte e lo sguardo concentrato, mi ascolta, nemmeno stessi dicendo la messa. In un piccolo angolo della mia mente penso che nessuno mi è mai stato ad ascoltare così tanto. All’infuori di Gabriel, si intende. Dovrei ringraziare più spesso il nostro angelo custode…
-E poi i suoi ricordi hanno cominciato ad apparirmi come visioni.- eccoci. Questa è la parte più difficile. Alzo gli occhi dal legno laccato del tavolino, incrociando per un momento gli occhi azzurri di Castiel. E’ mortalmente serio. Deglutisco, mordendomi l’interno guancia. So che non mi schernirà. So che sarà comprensivo. Allora perché è così difficile parlare?
-Sam…- comincia lui, percependo il mio disagio. –Sei stato già molto coraggioso a raccontarmi la vostra storia fin qua. Se non te la senti, puoi anche non…- ma io scuoto la testa, stringendo i pugni.
-No. No Cas, grazie, ma… Mi fa bene. Devo farlo. O esploderò.- lui annuisce, tornando in fase di ascolto. Sospiro. E’ il momento di aggiungere le emozioni ai fatti. E, si sa, per gli esseri umani è come impiccarsi con le proprie mani.
-Lui… Mi ha detto tante cose, con le visioni. Cose che non mi aveva mai detto, che non aveva mai avuto il coraggio di dirmi.- mi mordo il labbro. Sento la prima lacrima fare capolino, ma la ricaccio indietro con forza. Non ancora. -Mi ha mandato le immagini dei nostri incontri più felici, dei nostri momenti più belli. Non voleva che io fossi solo. Me lo disse chiaramente, una volta…-
(-Odio vederti solo Sammich… Quando tuo fratello va a fare l’eroe e si porta a casa la solita puttana di turno, o quando ti isoli nella lettura dei manuali, o quando ti metti in disparte perché Dean e Cas possano fare quella loro cosa con gli occhi… Sai, quando si spogliano senza spogliarsi, quando amoreggiano senza flirtare e roba così. Roba da “Siamo solo amici ma…”-)
Sorrido, ricordandomi di quel momento ormai troppo lontano. Sento il cuore stringersi, tentando di scomparire dal mio petto. Ormai sono passati anni da quel giorno.
(-Le persone buone non dovrebbero mai stare da sole.-)
Mi aveva detto. Gli ero quasi scoppiato a piangere in faccia. Nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere. Mi ero limitato a sorridergli, all’epoca, riconoscente. Avrei potuto fare molto di più, se avessi saputo come sarebbero andate a finire le cose.
-Mi ha mandato le sue memorie per non farmi rimanere solo con la mia tristezza. Voleva regalarmi uno sprazzo di luce nella merda di vita che faccio.- un sorriso amaro mi piega le labbra in una smorfia sghemba, quasi forzata. –E, per certi versi, ce l’ha fatta.- “Ma è morto”. Vorrei dire, ma le parole mi si incastrano in gola. “E un ologramma non può sostituire l’originale”.
-Guardi ancora quei ricordi?- annuisco, torturandomi le mani.
-Onoro la sua ultima volontà…- Castiel annuisce a sua volta, continuando a fissarmi. Sento il suo sguardo trapassarmi il cranio da parte a parte.
-Puoi raccontarmi qualche memoria?- me l’aspettavo. Mi aspettavo questa domanda. Eppure, pur essendo preparato, non riesco ad assorbirla completamente. Non riesco ad elaborarla. Rimango interdetto, in silenzio, per qualche secondo. Mi fisso le mani, seguendo il percorso di un paio di vene sporgenti.
(-Hai delle belle mani Samshine!-)
Quando me lo disse? Tre, quattro anni fa? Certamente, al tempo queste vene sporgenti non c’erano. Mi fa così male pensare a quanto tempo sia passato, da quando ci siamo toccati l’ultima volta. Fisicamente, per lo meno. E’ come avere una lama infilata per traverso nel costato, il realizzare di quanto lui, nonostante il tempo che è passato, mi sia rimasto sotto pelle.
-Una, in particolare, mi è rimasta impressa. Mi era venuto a trovare nel Motel in cui stavo. Abbiamo letto insieme Shining.- sorrido. Mi tremano le labbra. –Abbiamo ordinato una pizza. E’ stato gentile con me, voleva che avessi una serata normale. Che avessimo una serata normale. In quel ricordo lui… mi ha lasciato anche il suo desiderio di tranquillità.- ora anche la voce a preso a tremare. Deglutisco, tentando di calmarmi. –Voleva vivere in pace… con me.- è inutile nascondersi. E’ inutile fingere o mentire. Era quello che voleva. Era quello che volevamo. In quei due mesi di assenza di Dean, ci eravamo molto avvicinati al nostro obiettivo. Ma nessuno dei due aveva le palle per farsi avanti, per far diventare la cosa ufficiale. Io perché avevo già perso troppo, lui perché non si aspettava un “si”. Entrambi avevamo paura dell’abbandono. Entrambi abbiamo vacillato, pagandone le conseguenze. Sento cinque dita stringersi delicatamente attorno al mio polso. Alzo appena lo sguardo, incrociando quello addolorato di Castiel.
-Mi dispiace.- mormora, gli occhi adesso lucidi di compassione. Annuisco leggermente, tornando ad immergermi in me stesso. Sento le sue dita scivolare via.
-In un altro ricordo, ci sei anche te Castiel. Anche se per poco.- lo sento tendersi sulla sedia per la sorpresa.
-Davvero?-
-Si. Gabriel ci stava guardando dormire, quando gli sei apparso tu accanto. Lui ti ha detto di accettare ciò che… ciò che provi per Dean.- digrigno i denti. E’ così fottutamente difficile mettere le parole una davanti all’altra senza crollare. Sento improvvisamente la mancanza del mio muro. Sarebbe tutto più semplice, se adesso mi rintanassi al suo interno. Peccato che, con il mio sfogo, non abbia lasciato altro che macerie. Ma al momento non sono schizzignoso. Anche una pila sfatta di mattoni nudi può aiutarmi. Lascio che le emozioni escano temporaneamente dalla mia voce. Le recupererò più tardi. Per ora mi permetto di respirare.
-E poi ha detto che mi amava.- il silenzio che si crea nella stanza è carico di significati, di parole e di storie mai vissute. E’ carico della potenza di cose mai realizzate, ma comunque presenti. E’ carico di una speranza morta, rinata ed ammazzata nuovamente. E’ carico di rimpianto.
-Me la ricordo, quella notte…- sussurra alla fine Castiel, rompendo la quiete. Gli sorrido appena, sentendo aggiungersi nell’aria il suo disagio. Ora ha le sopracciglia corrucciate, il viso piegato in un broncio. Non apprezza l’essere stato scoperto. Non gli piace l’infiltrazione di Gabriel nella sua privacy.
-Non te la prendere, lui è fatto così.- rispondo, quasi più a me stesso che a lui. Ma cas sembra apprezzare, rilassandosi.
-Lo hai detto a Dean?- chiede, sospettoso e terrorizzato. Scoppio a ridere. Crede che Dean gli parlerebbe ancora in maniera coerente, se sapesse cosa prova per lui? Probabilmente non gli parlerebbe proprio. Non ce ne sarebbe tempo, con tutto il sesso che gli farebbe fare. Povero fratellone frustrato…
-Assolutamente no! A te il privilegio!- sorrido, dandogli una pacca sulla spalla, divertito dal suo imbarazzo. Non sono l’unico fratello minore a vivere un amore travagliato. Mi verso un altro bicchiere di succo, ben contento di questa pausa inaspettata. Bevo un paio di sorsi, storgendo la bocca. Si è riscaldato. Castiel prende direttamente la bottiglia, scolandosi tutto il contenuto rimasto. Non molto, comunque…
-Sapevo che Gabriel ti era affezionato, ma quella sera ebbi la conferma. Sam, lui ti considerava il centro del suo universo.- per poco non mi strozzo con la mia stessa saliva. Castiel e il suo tatto. Mi guardo spaesato intorno, come se avessi appena battuto la testa. La sensazione è simile. Stordimento e dolore. Un bel mix, non c’è che dire. Mi schiarisco la voce. Distrattamente mi chiedo dove si sia cacciato Dean. E’ fuori da un pezzo, ormai. Lancio uno sguardo all’orologio a muro affisso sopra al letto, dall’altra parte della stanza. E’ passata mezz’ora appena. Cazzo.
-Grazie Cas…- sospiro, rassegnandomi. Lascio andare anche l’ultimo mattone nel baratro, abbandonando per sempre la speranza di ricostruire il muro. Quando tornerà mio fratello ci ripenserò. Scenderò nell’abisso e recupererò i mattoni, uno dopo l’altro. Ma adesso nascondersi è solo energia sprecata.
-E tu?- alzo un sopracciglio.
-Io cosa?-
-Tu che provavi per lui?- lo guardo un momento, il viso immutato, impassibile. Di colpo scoppio a ridere. E’ una risata isterica, stridula. Graffia la gola e le orecchie. Non è certamente la risata più bella e sana che io abbia mai fatto.
-Sai, sei la seconda persona che me lo chiede! E non so davvero che risponderti Cas! Mi sembrerebbe così stupido dirti le stesse cose che ho detto a quel bastardo di Crowley!- rido, rido e rido, una mano premuta sullo stomaco e l’altra sugli occhi, a coprire le lacrime che, inesorabili, stanno tornando ad affacciarsi.
-Puoi dirmi quello che vuoi. Io cercherò di capire.- risponde lui, semplicemente. Io scuoto la testa, continuando a ridacchiare, il cuore a pezzi.
-Vorrei solo che tornasse… Solo che…- i singhiozzi prendono a scuotermi la schiena. Sento la gabbia toracica sobbalzare, la mia gola stringersi, soffocandomi dolorosamente. –Voglio l’amico che avevo… La mia persona. Perché cazzo tutte le persone che amo finiscono così!?- gridò, battendo un pugno sul tavolo. Lascio che la mano che tenevo sul viso cada, mostrando alla stanza e a Castiel cosa l’assenza del muro ha provocato in me. Lacrime calde mi solcano il viso, scavando fiumi di tristezza sulle mie guance. Ho gli occhi rossi. Mi bruciano. Mi passo le dita trai capelli, arpionandoli, tirandoli, sperando che quel misero dolore fisico possa lenire quello mentale.
-Sam…- sussurra Cas, ora spaventato. Allunga una mano, ma io la caccio via, alzandomi come una furia dalla sedia, rovesciandola.
-Lui era l’unica fottuta luce che mi era rimasta! L’unica cosa che mi ricordasse che ero, che sono un essere umano e non una macchina assassina!- grido, dando un calcio al frigo. –Lo amavo, lo amo da morire!- un altro singhiozzo mi si impiglia in gola. Il pianto continua. Il dolore non accenna ad andarsene. –Prima Jessica, poi Gabriel! Non ho niente, porca puttana, niente!- prendo un coltello dal lavello. Lo afferro dalla parte della lama, stringendo forte. Sento la sedia di Castiel strusciare sul pavimento. Lo sento alzarsi, allarmato.
-Sam, no!- ma è troppo tardi. La lama ha tagliato la mia carne, il sangue gocciola giù dalla ferita, sul pavimento. Brucia, ma non è poi così male, in fondo. Sento distrattamente le sue dita sfilarmi il coltello dalle mani. Sento l’acciaio sbatacchiare nel lavandino, tornando al suo posto.
-Vedi Cas…- sussurro, la voce altalenante a causa dei singhiozzi che mi sconquassano il petto. –Vedi Cas, questo non fa nemmeno lontanamente male come la sua assenza.- un paio di lacrime cadono dalle mie labbra, posandosi sulla lingua. Il sapore salato della mia disperazione mi fa sorridere.
-Io… io capisco Sam…- balbetta lui, spaesato. Non è abituato a tanta misera umanità. Non l’abbiamo mai abituato a queste esternazioni estreme. Posa lo sguardo sulla mia mano ferita. Il sangue picchietta indisturbato sul pavimento, come grosse e macabre gocce di pioggia. Abbasso lo sguardo sulla pozza rossa ai miei piedi. E’ bella. Mi piace.
-Decisamente meglio del sangue dei mostri che uccido…- sussurro sovrappensiero.
-Sam… Lascia che ti guarisca…- prende la mia mano, facendo per poggiarci due dita sopra.
-NO!- la ritraggo di scatto, facendolo barcollare. Mi guarda, confuso. Nei suoi occhi serpeggia, pericolosa, anche la rabbia.
-Perché?-
-Perché… finché questa resta, posso… non pensare a Gabriel.- sussurro, abbassando gli occhi. Prendo uno straccio, iniziando a pulire il sangue dal pavimento. Almeno quello glielo devo. Povero Castiel… Mi dispiace che stia momentaneamente diventando la mia valvola di sfogo. Nessuno dovrebbe sopportare una merda di questo genere… Soprattutto considerando che la sua vita, già senza ulteriori complicazioni, non è un granché. Sento lo schiocco delle sue dita. Lo straccio mi scompare dalle mani, la macchia sul pavimento svanisce.
-Capisco.- dice. Mi alzo nuovamente in piedi, lo sguardo basso. Dall’esterno, probabilmente, sembro un bambino colto dalla madre a rubare nello zaino dei compagni di classe. –Ma non è tutto perduto Sam. Non è morto, lo sai…-
-E’ come se lo fosse.-
-Non è vero.- prendo un bel respiro, aprendo e chiudendo le mani in un gesto spasmodico di rabbia. Perché non vuole capire?!
-Si. Invece.- tengo i denti stretti, mentre parlo. –E’ tenuto prigioniero in paradiso da quel piccolo verme bastardo di Metatron, in una gabbia che nessuno è mai riuscito a forzare, nel posto meno accessibile dell’universo dall’esterno.- prendo un bel respiro. –E’ davvero difficile, se non impossibile, che io trovi un modo per aiutarlo a evadere.- concludo, ammettendo al mondo e a me stesso la tragica verità. Castiel sospira. Forse mi sta dando retta. Forse no.
-Troveremo un modo.- mi sorride. Sembra fiducioso. Ma vedo che nei suoi occhi ristagna la mia stessa identica tristezza. In questo momento siamo in due, ad aver bisogno di un muro dietro al quale nascondersi. Io ho perso l’amore della mia vita, lui ha perso un fratello.
(-Castiel? Si, è il mio fratellino preferito, nonostante il senso dell’umorismo non esista, in quel povero Cristo. In senso figurato, ovviamente, non scomodiamo il poverò Gesù... Comunque! Quando era piccolo, lo portai sulle rive del mare primordiale. Vedemmo il primo pesce uscire fuori dall’acqua. Era così emozionato, il nanerottolo, che per poco non lo pestò.-)
A entrambi, ormai, resta solo il muro.

Angolo della "scrittrice": buona mattina, buon giorno o buona sera, dipende da quando avete visto e letto questo capitolo! Allora, che ve ne pare? Lo so, è un poema... E' lunghissimo. Ma hei, quando le idee chiamano, che siano buone o che siano cattive, si risponde. Ovviamente... ALTRA TRISTEZZA SMIELATA GRATUITA! Spero abbiate gradito ;) Alla prossima!
   
 
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