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Autore: Emmastory    02/08/2016    4 recensioni
L'esistenza del regno di Aveiron continua, e Rain, nostra eroina in questo racconto, si impegna a mantenere il sorriso e la positività nonostante tutto quello che è costretta a vivere e sopportare. Fame, miseria e povertà dilaniano l'anima degli abitanti come belve feroci, e lei, addolorata per la perdita del suo tanto amato Stefan, ora scomparso per mano ignota, agisce come può per ritrovarlo e affrontare, con il suo aiuto, la minaccia dei Ladri, esseri ignobili che da tempo popolano il regno seminando terrore nei cuori della gente. Fiduciosa, è convinta dell'esistenza di un barlume di luce alla fine del tunnel che rappresenta la sua tormentata vita, in cui felicità e dolore danzano allo stesso e concitato ritmo. (Seguito di "Le cronache di Aveiron: Dimenticati)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-II-mod
 
 
Capitolo XVI

Paura di cambiare

Sdraiata nel letto che Stefan ed io condividevamo, non dormivo. Ero infatti sveglia. Un ricordo mi aveva ridestato dal torpore in cui mi ero permessa di cadere, e voltandomi, sperai ardentemente che Stefan non facesse domande. Il ricordo di quanto accaduto appena poche ore prima era ancora impresso nella mia mente, e sebbene quel solo pensiero mi provocasse una sensazione di incredibile felicità e piacere, non riuscivo a gioirne. Ad ogni modo, il tempo scorreva, e tentando di dormire, chiusi gli occhi. Mi addormentai senza difficoltà, e sognando, rivissi quei momenti. Svegliandomi di soprassalto, provai un’improvvisa paura, e sforzandomi per respirare normalmente, finii per tossire, svegliando Stefan. “Rain! Tesoro, va tutto bene? Mi chiese, drizzandosi a sedere sul letto e cingendomi un braccio intorno alle spalle. A quella domanda, esitai. Guardandolo quindi con occhi sgranati, non feci che biascicare parole. “Io… sì, sto… sto bene, è stato solo… solo un sogno. Torna a dormire.” Dissi, con il fiato corto e la mente confusa. “Sei sicura? Se ti va possiamo parlarne.” Azzardò lui, mostrandosi evidentemente preoccupato per me. “Cosa? No!” replicai, mutando improvvisamente tono di voce. Sorpreso da quella mia così strana reazione, Stefan mi guardò senza capire. “Ho detto che sto bene, ora ti prego, torna a letto.” Continuai, posandogli un bacio sulle labbra al solo scopo di allontanare da me ogni sospetto. “D’accordo. Buonanotte, amore mio.” Rispose, deponendomi un leggero bacio sulla fronte. Continuando a guardarlo, lo imitai dopo pochi secondi, e dandogli nuovamente le spalle, mi vergognai come una ladra. Avevo indosso il mio pigiama, e le coperte mi offrivano un rifugio agendo da scudo contro il freddo notturno, ma nonostante tutto, non avevo alcun modo di stare tranquilla. I dubbi mi assalivano, e il ricordo della nostra dolce notte d’amore non era d’aiuto. Certo era che Ascantha fosse per noi una città nuova, e il simbolo dell’inizio della nostra nuova vita insieme, ma quella notte, ero tesa come una corda di violino. Mi sentivo nuda come un piccolo e insignificante verme, e colpevole come una sporca e ignobile criminale. Sforzandomi ai limiti delle mie possibilità, cercavo di non pensarci, ma era vero. Esisteva la seppur remota possibilità che fossi incinta del bambino di Stefan. Per una nuova madre, l’avere un figlio non è che una notizia stupenda, o anche un miracolo in alcuni casi, ma non per me. Ero fuggita da Aveiron nella speranza di salvarmi dalla minaccia dei Ladri, e quel sogno riguardante i miei genitori era bastato a convincermi della loro presenza anche qui ad Ascantha. Fingendo indifferenza realmente non provata, mi arresi alla stanchezza, e addormentandomi, attesi l’arrivo del mattino. Il dorato sole non tardò quindi a fare la sua comparsa nel cielo, e appena sveglia, il mio pensiero andò al dottor Patrick. Aveva scelto di accompagnarci nel nostro viaggio, e con i suoi sudati risparmi, era riuscito a comprare una nuova casa in cui vivere. Fortunatamente, era poco distante dalla nostra, e informando Stefan della mia uscita, la raggiunsi. Preoccupandosi per il mio attuale stato di salute, insistette come mai prima per seguirmi. Tentai in ogni modo di fargli cambiare idea, ma senza successo. “Ci andrò da sola.” gli dissi, affrettandomi ad indossare una leggera giacca e sperando che si convincesse. “Non puoi, stai troppo male.” Rispose, avvicinandosi con aria seria. Mantenendo il silenzio, ingoiai il rospo e lo lasciai fare, e da quel momento in poi, il viaggio ebbe inizio “Dottor Patrick, la prego, deve aiutarmi.” Furono le prime parole che pronunciai una volta arrivata. “Rain, che ti succede? Sembri sconvolta.” Osservò, guardandomi con aria interrogativa e confusa al tempo stesso. “Deve aiutarmi. Sono giorni che mi sento stanca, debole e senza forze, e il mio intero corpo urla di dolore. Forse non dovrei dirlo, ma Stefan ed io ci siamo amati, e adesso è possibile che… che…” una lunga frase che abbandonò la mie labbra con velocità inaudita, e che a causa della paura unita all’indecisione, non riuscii a completare. Ascoltandomi, Stefan spostò il suo sguardo su di me. “Sia in attesa.” Mugolai infine, chinando il capo con fare avvilito. “Tutto qui?” commentò il dottore, regalandomi un sorriso che non accettai. “Forza, vieni qui e sdraiati, lo scopriremo subito.” Disse poi, invitandomi a prendere posto sul lettino vuoto accanto alla scrivania presente nel suo studio. Obbedendo ciecamente, mi mossi con lentezza, e sdraiandomi, attesi. Un accurato esame ebbe inizio in quel momento, e con la sua fine, non proferii parola. “Allora?” azzardai, per poi tacere nell’attesa di una qualsiasi risposta. “Non vedo né sento ancora nulla, ma c’è una possibilità, perciò congratulazioni.” Il colpo finale, che arrivò lesto colpendomi dritto al cuore. Non volevo crederci. A quelle parole, mantenni il silenzio, e pur non parlando, desiderai ardentemente che nulla fosse reale. “Stai sognando, Rain, stai sognando.” Mi ripetevo, nella vana speranza di aver ragione e di stare immaginando ogni cosa. “Mio Dio, è fantastico! Rain, hai sentito?” mi chiese Stefan, abbracciandomi con una forza tale da impedirmi qualsiasi movimento e impedendomi perfino di respirare. Non emettendo un fiato, sfuggii da quell’abbraccio e dai suoi sguardi, non sentendo nel cuore e nell’animo, nient’altro che tristezza. Delle piccole lacrime iniziarono quindi a scivolarmi sul volto, e puntando il mio sguardo sulla porta, agii d’impulso. Piangendo, fuggii da loro, e con gli occhi velati dalle lacrime, tornai subito a casa. Una volta arrivata, mi rintanai nella mia stanza, scegliendo di non uscirne per nessuna ragione. Così, in quell’assolato pomeriggio primaverile, imparai una cosa. Rain, la dolce e forte ragazza che tutti conoscevano, aveva un solo punto debole, rappresentato dalla grande paura di cambiare.  
   
 
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