Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: romantico, fluff, slice of life
Rating: PG
Avvertimenti: longfic, AU
Wordcount: 1.468 (Fidipù)
Note: Ok, l'ammetto! Mi ero totalmente dimenticata di aggiornare questa storia. Sono una pessima autrice, lo so, dimentico le mie storie e le abbandono a loro stesse, lasciandole lì senza curarle e...sì, tutta questa tiritera per dire che mi ero leggermente - ma proprio leggermente - scordata di aggiornare. Son geniale, vero? E pensare che mi segno tutto quello che devo fare ogni giorno...brutta cosa la vecchiaia.
Comunque eccomi qua, pronta a rimediare all'errore e vi lascio subito al capitolo, ma prima...
I ringraziamenti son d'obbligo, quindi grazie a chi legge silenziosamente, a chi commenta qui e su FB, a chi inserisce questa storia in una delle sue liste e...
Beh, grazie!
Marinette sospirò, osservando l’ennesimo
vestito e gettandolo nel mucchio ai suoi piedi: qualsiasi cosa era
presente nel suo armadio non andava bene. O era troppo elegante o troppo
sciatto.
Voleva apparire carina, ma senza esserlo esageratamente.
Visto il comportamento del ragazzo, se fosse stata troppo in tiro, si
sarebbe fatto qualche idea malsana.
«Ma perché ho accettato?» sbuffò, avvicinandosi alla sedia girevole e
lasciandosi andare su di essa, facendo muovere le rotelle sul pavimento
per un piccolo tratto: «Perché? Perché? Perché?» ripeté, prendendosi la
testa fra le mani e arruffandosi i capelli sciolti: «Non potevo lasciarlo
finire, così non avevo problemi? No. Dovevo accettare.» si alzò,
avvicinandosi al mucchio di abiti e muovendoli leggermente, con la punta
del piede quasi nascondessero chissà quale pericolo: «Ok. Posso farcela,
posso trovare…» mormorò, guardandosi sconsolata attorno e notando solo in
quel momento una maglia.
La prese, aprendola e osservandola con occhio critico: poteva andare
oppure no?
La poggiò sulla scrivania, studiando le sfumature di viola del capo
d’abbigliamento e guardandosi attorno, recuperando dall’armadio una gonna
corta a tema floreale.
Ok. Forse poteva andare.
Se a tutto univa poi il giacchino di jeans…
E le scarpe?
Avrebbero dovuto camminare parecchio, dato che l’intenzione primaria di
Adrien era quella di vedere nuovamente la città e, quindi, le serviva una
qualche calzatura comoda; si fiondò sulla pila di scatole ordinatamente
impilate l’una sopra l’altra e, facendo scivolare il dito indice sulle
etichette, cercò le più adatte.
La boulangerie era piena di gente, decretò Adrien, allungando il collo e
osservando, al di là delle vetrate, la madre di Marinette impegnata a
servire l’ennesimo cliente: cosa fare? Entrare o attendere fuori? Infilò
una mano nella tasca della felpa, tirando fuori il cellulare e recuperando
il messaggio che Marinette gli aveva spedito il giorno precedente e che
diceva solo di incontrarsi lì.
Sbuffò, indeciso se mandare o meno un messaggio alla ragazza per avvisarla
che lui era arrivato, quando un movimento dal lato della strada lo attirò e si
voltò, osservando Marinette dirigersi verso di lui: era tremendamente
carina, con la gonna corta che ondeggiava a ogni suo movimento, la
maglietta leggermente attillata enfatizzava il fisico magro e i capelli,
stretti in due codine, le davano un’aria adorabilmente infantile: «Ciao,
ti ho visto arrivare dalla finestra di cucina e sono scesa subito. Pensavo
di chiamarti da lì ma…beh…ecco…»
«Ciao.» dichiarò Adrien, mettendo fine a quello sproloquio senza senso e
sorridendole: «Stai benissimo, sai?»
«Ah. Mh. G-grazie. Anche tu.»
«Lo so, sono così bello di natura che qualsiasi cosa mi sta divinamente.»
sentenziò, facendole l’occhiolino e osservandola portarsi una mano alla
bocca per reprimere una risatina: mh. Forse aveva trovato il giusto tasto
per rapportarsi con lei, senza vederla fuggire come un coniglietto.
Stava facendo progressi.
«Dove vuoi andare?»
«Non so. In giro?»
«Non hai un posto che vuoi vedere?»
Adrien si strinse nelle spalle, sorridendole: «In verità, voglio solo
visitare la città dove sono nato, sentire parlare francese e chiacchierare
con la mia amica d’infanzia. Tutto qua.» dichiarò, senza tanti giri di
parole: «Sono una persona di poche pretese.»
Marinette scosse il capo, sorridendo di ricambio al ragazzo: «Quindi…»
«Andiamo allo zoo?»
«Cosa?»
«Sì, lo zoo.» esclamò Adrien, sorridendole e guardandosi attorno, come se
potesse intravedere il posto: «Quello dove i tuoi genitori ci portarono
una volta…»
«Ho capito quale zoo. Ma perché proprio lì?»
«E’ il primo posto che mi è venuto in mente.» dichiarò il ragazzo,
sorridendo: «Oppure possiamo andare a…boh, vedere la Tour Eiffel? Il
Louvre? In verità per me va bene tutto.»
«Ti va bene tutto?» domandò la ragazza, inclinando la testa e studiandolo:
«Tutto tutto?»
«Tutto.»
«Tutto. Accidenti a me e a quando l’ho detto.» decretò Adrien, seguendo la
ragazza che osservava interessata le vetrine dei negozi: approfittando del
fatto che lui avrebbe fatto qualsiasi cosa per stare un po’ di tempo con
lei, Marinette lo aveva portato in giro per fare un po’ di shopping.
Oh, certo.
Stava visitando Parigi e sentendo parlare francese, in compagnia della sua
amica d’infanzia ma, maledizione, erano a fare compere.
«Sai, portare un ragazzo in un giro del genere è da denuncia.»
«Sei tu che hai detto che ti andava bene tutto.»
«Grazie per rinfarciami la mia stupidità.» sentenziò Adrien, infilandosi
le mani in tasca e fermandosi quando, di fronte all’ennesima vetrina,
Marinette si bloccò e osservò estasiata i gioielli esposti: oh beh, almeno
adesso sembrava più rilassata e aperta verso di lui; aveva balbettato solo
una decina di volte e i suoi discorsi non erano stati una sequela di
parole senza senso o totalmente inventate.
Stavano facendo progressi.
«Allora…» iniziò, poggiandosi contro il vetro e osservando lo sguardo
celeste scivolare verso di lui: «Che hai fatto in questi anni?»
«Come?»
«Sì, cos’hai fatto.»
«Sono andata a scuola.»
«E poi?»
«Ho conosciuto Alya e Nino.»
«E poi?»
«Niente?»
Adrien sorrise, cercando di mascherare il suo disappunto: era certo che,
se le avesse rivolto la vera domanda che aveva in mente, la ragazza
sarebbe diventata rossa come un peperone e avrebbe ripreso a balbettare,
mandando all’aria i progressi che aveva fatto in quel giorno: «Come sono
quelli della nostra classe?» domandò, grattandosi dietro l’orecchio e
seguendola, mentre si spostava verso una nuova vetrina.
«I nostri compagni?»
«Sì, in pratica sono arrivato questa settimana e gli unici con cui ho
parlato siete stati tu, Nino e Alya. E Chloé.»
Marinette annuì, fissandolo per qualche secondo e battendosi le dita sulle
labbra: «Allora…beh, Chloé è semplicemente Chloé. Te la ricordi quando
eravamo piccoli? Ecco. E’ rimasta uguale. Poi c’è Sabrina che è la figlia
del capo della polizia e, si può dire, è la secchiona della classe e la
compagna di malefatte di Chloé; poi…»
«Testa a pomodoro?»
«Cosa?»
«Testa a pomodoro. Com’è?»
«Chi sarebbe Testa a pomodoro?»
«Quel tipo, il rosso! Quello bassino…»
«Intendi Nathanael?»
«Giusto. Si chiama Nathanael.» esclamò Adrien, battendosi una mano sulla
fronte e annuendo: «Nathanael, spero di ricordarmelo ora.»
«Perché t’interessa lui?»
«Così…»
«Così?»
«Già. Allora? Che tipo è?»
«Mh. E’ bravissimo a disegnare ed è anche molto timido, estremamente
sensibile…»
«Estremamente basso…»
«Cosa?»
«Niente.» dichiarò Adrien, sorridendo alla ragazza: «Si direbbe che ti
piaccia.»
«Cosa? Nathanael?» domandò Marinette, sgranando gli occhi sorpresa: «Ma è
un amico! Un caro amico, ma nulla di più.»
«Lui non sembra considerarti solo un’amica, però.» bofonchiò il
ragazzo, superandola senza darle possibilità di replicare e fermandosi
davanti a una vetrina: «Marinette! Marinette!»
«Cosa?»
«Non ti ricordano i braccialetti che avevamo da piccoli? Quelli con cui
facevamo finta di trasformarci in supereroi, dai!» le domandò indicando i
due monili che, poggiati su un piedistallo, riflettevano la luce
artificiale della lampade: «Tu avevi quello con la coccinella ed
io…cos’era? Una stella?»
«Una zampa.»
«Giusto! Avevo la zampa.» esclamò il biondo, sorridendo e fissando i due
braccialetti: il cordoncino di cuoio era tenuto fermo dalla pietra,
modellata in varie forme: «Li prendiamo?»
«Cosa?» Marinette rimase ferma, osservando Adrien entrare nel negozio e
additare i monili al commesso che, prontamente, si avvicinò alla vetrina e
recuperò i braccialetti; il ragazzo le sorride, mimando con la bocca la
parola coccinella e ricevendo un cenno d’assenso da parte della ragazza.
Poco dopo uscì, con i due pacchetti fra le mani e si fermò davanti a lei:
«Dammi il polso.» ordinò, prendendo una delle due scatoline e aprendola
mentre, titubante, Marinette allungava il polso sinistro verso di lui; con
la mano libera, Adrien le afferrò le dita e, non senza qualche difficoltà,
le allacciò il braccialetto.
«Da-dammi il tuo.» mormorò la ragazza, osservandolo prendere la seconda
confezione e aprirla, mettendole poi in mano il braccialetto con la pietra
a forma di zampa: «Si-sinistra o destra?»
«Destro.» dichiarò Adrien, allungandole la mano interessata e osservandola
mentre, incerta, lo sfiorava con i polpastrelli per legare il laccio di
cuoio, mentre le guance e le orecchie le si tingevano di una tonalità
cremisi; trattenne a stento una risata quando, alla fine dell’operazione,
lei si allontanò come se si fosse scottata: «Bene! E adesso…go, go! Chat
Noir!»
«Perché Chat Noir?»
«Perché era il mio nome da supereroe, ricordi? Oppure stai già perdendo
colpi…»
«Già. Ladybug e Chat Noir. Come potevo dimenticarlo?»
«Era Chat Noir e Ladybug.»
«No, Ladybug e Chat Noir. Sei tu quello che sta perdendo colpi.»
«No, ricordo perfettamente che ero io il capo, perché ero quello bello che
risolveva sempre la situazione, mentre tu eri la mia assistente.»
«Veramente io ero la mente e tu il braccio.»
«Non è vero.»
«Sì, che è vero.»
«No.»
«Sì.»
«No.»
«S…» Marinette si fermò, scuotendo il capo e ridendo divertita: «Stiamo
davvero discutendo su questo?»
«Ehi, è una cosa di vitale importanza.» sentenziò Adrien, indicando una
gelateria poco distante: «E propongo di continuare la nostra discussione
davanti una bella coppa di gelato.»
«Tanto ero io la mente e tu il braccio.»
«Non è vero.»