Respira!
Avanti, respira,
dannazione!
Ci
provai. Inspira, espira. Inspira, espira. Perché fa
così male?
Avanti! Non ci stai neanche
provando!
Verissimo. Non ci
stavo provando. E non me ne fregava assolutamente nulla.
Non mollare, ti prego! Non mollare,
non adesso.
Il mio
stesso corpo si stava ribellando al mio controllo. I polmoni
reclamavano aria, e io non riuscivo a inalarla. Buffo, no? Mi venne
quasi da ridere per quella situazione assurda.
Chi
l'ha detto che non potessi morire proprio in quel momento? Si parla
così tanto di vivere, di godersi la vita e tutto il resto; e
se io
avessi voluto godermi la morte? La mia morte?
Cosa
poteva mai essere di così terribile di una macchina che ti
scaraventa a tre metri di altezza e sulla quale atterri con un
impatto tale da distruggere i vetri? Nulla di irrecuperabile.
Si
parla così, ovviamente, quando si è
metà sulla terra e metà da
un'altra parte. Già, ma dove stava l'altra
parte?
Ardevo di curiosità. O, più probabilmente, ardevo
del dolore
provocato dalle ingenti ferite sulla testa, sulle braccia, sulle
gambe... Le avevo ancora, le gambe?
Qualcuno
mi sorreggeva, qualcuno mi sollevava e mi depositava su una barella,
qualcuno urlava parole incomprensibili. Ma perché si
adoperavano in
quel modo? Santo cielo, ogni giorno muoiono così tante
persone, una
spazietto per me Lassù lo avrebbero certamente trovato, no?
Non
vedevo nulla, avevo solo la vaga percezione del mio corpo che si
dissolveva.
Anche
i pensieri si fecero pesanti.
Non ti arrendere, per favore!
Andiamo,
ma non mi vedi? Sono in fin di vita, e non è detto che debba
essere
necessariamente un male. Che vita vorresti che avessi, se
sopravvivessi? Sulla sedia a rotelle, certo, con fratture multiple in
quasi tutte le ossa del corpo, sempre che lo avrei avuto ancora, un
corpo.
O,
quantomeno, un corpo che non desse particolari problemi. Ma lo
sapevo, lo sapevano anche loro meglio di me di come avrei vissuto. E
nonostante ciò s'impegnavano affinché tornassi ad
aprire gli occhi.
Che cazzata. Non li avrei riaperti, era fin troppo palese.
Il
dolore peggiorava. Il mio corpo era arso da fiamme che solo io potevo
sentire. Era come esplodere.
Resisti! Io so che ce la puoi fare!
No!
Basta, rassegnati, io sto morendo e tu non puoi fare più
nulla per
salvarmi! Cosa credi, che non l'abbia ancora capito? Sei frutto della
mia testa, o di quel che ne rimane; sei l'unico che possa desiderare
la mia sopravvivenza, perché a questo mondo non esiste
nessuno a cui
importi di me.
Se no
perché desidero così tanto poter svanire per
sempre? Non sarò più
di peso per nessuno.
Ma
allora perché sentivo gli angoli degli occhi riempirsi di
lacrime?
Perché il mio petto era scosso dai singhiozzi? Avanti, non
è la
fine del mondo. Tu stai morendo e a nessuno importa di te.
Le
cose non potrebbero andare meglio, no? Risolverai tutto, una volta
sbarcata chissà dove.
Lo
sentivo con chiarezza, entro pochi istanti sarei sfumata. E le
lacrime non cessavano di scendere, consapevoli anche loro del destino
che mi attendeva.
Ma
quale destino? Questa è la fine,
fattene una ragione. L'hai voluto tu; sei stata tu a gettarti sotto a
quella dannata macchina, perciò adesso smettila di
piagnucolare e
falla finita una volta per tutte.
Non lasciarmi.
Quello
non poteva essere un messaggio della mia testa. Percepivo solo
dolore, non avevo più pensieri. Chi altro poteva essere?
Ti amo.
Un'ondata
di dolore si sprigionò dentro di me, in quel corpo che entro
pochi
istanti sarebbe divenuto un banalissimo involucro senza vita.
Ormai
avevo schiacciato il pulsante rosso nella mia testa. Era troppo
tardi. Eppure, mi aggrappavo con tutte le mie forze a quelle
banalissime due parole che stavano cambiando radicalmente la mia
prospettiva.
Ti amo. Non lasciarmi mai, amore.
Stavo
cercando il punto esatto degli occhi per poterli aprire, ma non lo
trovavo.
Il
conto alla rovescia stava scadendo, ma volevo lasciare un'impronta
del mio passaggio su quella Terra che tanto mi aveva ripudiata, e che
sembrava donarmi tutto proprio nel momento sbagliato, nel momento in
cui stavo morendo e non sarei mai più tornata.
Stavo
diventando un guazzabuglio di emozioni, pensieri, sensazioni... E
dolore.
Un
dolore inimmaginabile, non tanto per il mio corpo martoriato fuori,
ma per il mio cuore, ridotto a una poltiglia. Per favore, qualcuno mi
aiuti!
Nessuno
poteva udire quella mia disperata richiesta d'aiuto, come prevedevo.
A quel punto mi arresi, conscia che ormai non potevo più
zavorrarmi
e sperare di poter essere più pesante.
Sarei
volata via. Mi restava un'ultima cosa da fare, un ultimo disperato
tentativo di poter essere ancora viva.
Ti amo anch'io.
E il
sipario si chiuse sul mio buio e scorticato palcoscenico.