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Autore: Bloodred Ridin Hood    27/04/2009    6 recensioni
Tutto quello che successe dall'arrivo di Xiaoyu in Giappone, sino al Terzo Torneo di Tekken.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heihachi Mishima, Hwoarang, Jin Kazama, Ling Xiaoyu
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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- Volevi davvero stare da sola con Jin stanotte. – mi guardò con aria maliziosa.

Inutile negare che per un attimo Miharu riuscì a farmi dimenticare dove eravamo, cosa stava succedendo e la tensione accumulata durante quell’interminabile serata.

Aprii la bocca per rispondere, nemmeno io sapevo cosa avrei tolto fuori, quella domanda aveva letteralmente messo fuori gioco i miei neuroni tutti in una sola volta.

Neanche il tempo per pronunciare una singola sillaba, che la porta si aprì di scatto.

Miharu sobbalzò emettendo un gridolino acuto.

- Jin! – esclamai io con voce particolarmente piena di enfasi.

Sentii improvvisamente caldo e mi accorsi che stavo arrossendo.

Pregai che non avesse sentito il discorso che Miharu aveva maledettamente accennato prima che lui entrasse da quella porta.

Mi rincuorai però notando che sicuramente quello non era delle sue prioritarie preoccupazioni.

Hwoarang fece capolino dietro di lui seguito dallo scimmione numero due.

Jin ci sorpassò, andando a cercare qualcosa nell’armadio ancora con le ante aperte. Aprì un cassetto, forse più di uno, frugò freneticamente all’interno di essi, e poi ne estrasse qualcosa che si mise in tasca.

Non feci in tempo a vedere cosa fosse.

- Jin… - lo chiamai di nuovo – Cosa succede? –

Miharu sembrava ancora spaventata per il suo arrivo improvviso.

Jin ignorò la mia domanda.

- Tutti voi! – richiamò l’attenzione di tutti – Dobbiamo andarcene da questa casa. Non possiamo farcela da soli, sono troppi. –

Sono troppi?

Di cosa parlava?

Il suo volto era tenuto teso dall’evidente preoccupazione.

Vederlo così irrequieto mi agitava, anche perché ero completamente ignara di ciò che stava accadendo.

- Adesso. – concluse non lasciando spazio ad eventuali repliche.

- Spiegaci cosa sta succedendo almeno! – gracchiò Miharu in preda alla agitazione.

Jin non rispose, uscì a passo svelto dalla sua stanza.

Tutti noi lo seguimmo, stando al suo passo.

Percorse il corridoio fino alla scalinata per scendere al pian terreno, ma prima di imboccare la strada dei gradini si bloccò improvvisamente facendoci cenno di fermarci.

La sua fermata improvvisa non mi lasciò abbastanza spazio per frenarmi in tempo e lo urtai.

Mi voltai poi per vedere cosa poteva avergli fatto cambiare idea e mi sentii raggelare.

Al pian terreno c’erano diverse persone, tutte armate e vestite allo stesso modo di nero.

Conoscevo quella divisa, l’avevo già vista tempo fa.

Precisamente il giorno prima del mio compleanno, al parco abbandonato. Quelli che mi avevano inseguito intimandomi di fermarmi o mi avrebbero sparato.

Sgranai gli occhi, vedendoli puntare le canne dei fucili tutte verso di noi.

Rividi davanti ai miei occhi la scena al parco. Erano proprio loro, non c’erano dubbi.

Eravamo spacciati, non avevamo scampo.

Cosa significava tutto questo?

- Merda. – sentii Jin digrignare i denti affianco a me.

Il mio cuore cominciò a battere più in fretta, non mi sentivo più il corpo in preda al terrore.

“È finita.” Pensai.

Proprio mentre mi stavo convincendo ad accettare qualsiasi cosa sarebbe successa dopo, lo scimmione numero uno, Ned, fece una cosa che mai mi sarei aspettata.

Estrasse una pistola e con la destrezza di un bersagliere sparò la catena che teneva l’enorme lampadario di diamanti di orrendo gusto di Heiachi che finì con fragore addosso a parecchi di quegli uomini in nero.

Da quando quello aveva con sé una pistola?

Che razza di gente conosceva Hwoarang?

Lasciai perdere subito questi interrogativi, in quel momento c’era solo da ringraziare che quel tizio avesse una pistola, senza stare a pensare il motivo.

Rimasi imbambolata, forse paralizzata per via della paura, per qualche secondo.

Il tutto successe in così poco tempo che non riuscì subito a capacitarmi della situazione.

L’urlo di Jin che chiamava il mio nome e la sua mano che prese la mia per strattonarmi e convincermi a correre con gli altri mi riportò alla realtà.

Avevamo guadagnato qualche secondo di tempo.

Sentii che quegli uomini, alcuni di quelli rimasti liberi, spararono qualche colpo cercando di colpirci, ma noi eravamo già in marcia lungo il corridoio correndo a più non posso.

Miharu era letteralmente trascinata da Hwoarang, il suo viso era rigato di lacrime, ma completamente inespressivo.

Entrammo di nuovo nella stanza di Jin. Hwoarang incaricò i suoi scagnozzi di fare in modo che la porta rimanesse chiusa. Jin, al centro della stanza, si guardò un attimo attorno facendo scorrere lo sguardo su diversi oggetti.

Poi si fermò sulla scrivania.

- Quello. – lo indicò con un cenno del capo a Hwoarang.

I due unirono le forze, sollevarono il pesante tavolo in legno massiccio e lo lanciarono con forza contro la grande vetrata che dava sul giardino.

Mille frammenti di vetro si sparpagliarono nell’aria assieme ad un fortissimo fracasso di vetri rotti. Mi riparai con le braccia come meglio riuscii.

- Dobbiamo saltare. – fece Jin girandosi nella mia direzione.

In men che non si dica, anche se era una scelta estrema e abbastanza pericolosa, ci ritrovammo a saltare giù dalla finestra.

Non ricordo granché di quel momento, tutto è successo talmente in fretta e il panico mi annebbiava la mente.

Il tempo sembrò quasi andare a rallentatore mentre noi, sotto tutte quelle luci, cadevamo nel vuoto. Quel momento è rimasto nella mia memoria come qualcosa al limite del possibile, quasi irreale, assomiglia quasi di più ad un sogno che ad un ricordo reale.

Forse mi resi conto della pericolosità e del gesto azzardato che stavamo compiendo.

Il terreno morbido in qualche modo attutì non so come la nostra caduta di circa tre metri.

Incredibilmente, non so se parlare di fortuna, di destino, o se qualcuno chissà da dove abbia  voluto darci una mano per uscire da quella assurda situazione, nessuno di noi si fece male.

Fummo di nuovo in grado di continuare allo stremo delle forze la nostra fuga.

Il cancello non era molto lontano dalla nostra posizione.

Pregavo in silenzio che quegli uomini non ci raggiungessero.

Correvamo sull’erba al massimo delle nostre possibilità, un po’ doloranti per via della caduta, ma non era il caso di fermarsi.

Finalmente raggiungemmo l’uscita dal giardino e continuammo a correre disperatamente lungo la strada.

Ancora un po’ e saremo stati al sicuro.

Ero stanca e dolorante. Mi accorsi che le schegge di vetro mi avevano procurato qualche piccolo taglio cutaneo nelle braccia, e non solo a me.

A qualche isolato dalla dimora di Heiachi trovammo una piazza gremita di gente aspettando lo scorrere degli ultimi momenti di quell’anno, di quella notte, di quella assurda notte.

Ci mischiammo in mezzo alla folla, lì saremo stati al sicuro.

In quel momento il mega schermo richiamò l’attenzione di tutti sugli ultimi secondi che restavano alla mezzanotte.

Partì il conto alla rovescia, mentre noi stavamo ancora attraversando la marea di gente che ci circondava.

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Scoppiò il finimondo, il cielo si illuminò all’improvviso di luci dei fuochi artificiali, la gente che urlava, festeggiava, si muoveva intorno a noi.

Noi non esultammo, restammo fermi, ancora riprendendo fiato dalla corsa e dallo spavento, ma radiosi, col sorriso sulle labbra pensando allo scampato pericolo.

Notai che qualcuno ci guardava in modo sospetto.

Come biasimarli dopo tutto?

Pieni di taglietti sparsi, sporchi di terra per via dell’atterraggio sul giardino, sfiniti, agitati, ma finalmente salvi… per il momento.

Non potevo smettere di sorridere, mentre sentivo che delle lacrime stavano cominciando a scivolare sulle guancie. Lacrime di gioia? Di sollievo più che altro.

Incrociai lo sguardo di Hwoarang e dei due scimmioni, anche loro sorridevano dello scampato pericolo, così pure Miharu che ancora si stava riprendendo dallo shock.

Solo in quell’istante mi accorsi di avere ancora la mano in quella di Jin. Non ci eravamo lasciati per un solo momento durante tutta la fuga, e ancora la stretta non accennava ad allentarsi.

Di certo non sarei stata io ad interrompere quel contatto.

Sollevai gli occhi verso di lui, ancora gonfi di lacrime.

Lui mi restituì il contatto visivo e mi regalò un sorriso di conforto.

Sentii che mi accarezzava il dorso della mano che ci teneva uniti, con il pollice, come per rassicurarmi.

Poi si chinò per dirmi qualcosa.

- A quanto pare l’arrivo repentino di Miharu non sarebbe stata l’unica distrazione stasera. –

Dovette quasi urlarmi nell’orecchio per farsi sentire in mezzo a tutto quel fracasso.

Quando compresi l’essenza della frase, mi voltai immediatamente a guardarlo con occhi spalancati pieni di stupore.

Lui ridacchiò sogghignando. Poi si riabbassò verso il mio orecchio.

- Sempre che Miharu, prima, non avesse torto. Ma tu non hai risposto… –

Ricordai immediatamente la domanda imbarazzante di Miharu mentre eravamo in camera di Jin poco prima della sua entrata scenica.

Sgranai gli occhi sentendomi arrossire ancora una volta.

- Ci hai sentito? – sbraitai per farmi sentire.

Lui probabilmente non sentì quello che dissi, ma capì ugualmente il significato.

Lui annuì.

- Jin non credo sia il momento più… - nella piazza cominciò a suonare della musica a tutto volume che mi coprì quello che stavo invano cercando di dire - … per queste cose. -

Jin si abbassò di nuovo per sentire meglio quello che stavo dicendo.

- Chi erano quelle persone? – domandai seria allora, anche per sviare argomento.

Jin si risollevò di scatto per guardarmi torvo.

Poi tornò da me per parlare.

- No, non parliamo più di quella gente. Non stanotte, ne abbiamo avuto abbastanza per oggi. –

Rimasi un po’ incerta in un primo momento, poi sorrisi accordando.

Subito dopo riprese a camminare in mezzo alla folla trascinandomi con sé.

Mi voltai verso gli altri, erano a pochi passi da noi, non si erano accorti del nostro allontanamento.

Non sapevo cosa gli stesse passando per la testa in quel momento, dove volesse andare e se era una cosa prudente, comunque lo seguii.

Uscimmo dalla folla e andammo verso una strada meno affollata e più tranquilla.

Jin si sedette su un muretto a lato di un imponente edificio commerciale.

Lo raggiunsi e mi sedetti anche io.

Dopo aver corso tanto era davvero un sollievo sedersi.

- Non so tu, ma stavo impazzendo in mezzo a quel casino lì. –

Risi. Conoscevo bene Jin, non era proprio il suo ambiente ideale quello.

- Cosa faremo adesso? – chiesi dopo tornando seria.

Qualcosa mi diceva che non era il caso di tornare a casa per quella notte.

Jin scosse la testa ancor prima di cominciare a rispondere.

- Non ne ho idea. –

- Aspetteremo il ritorno di Heiachi? –

Jin non rispose. Fissava qualche punto indefinito davanti a sé pensieroso.

Restammo per non so quanto tempo, fermi, seduti su quel muretto a guardare la schiera di gente che ci passava e ripassava davanti agli occhi.

Avevo bisogno di quella tranquillità per un po’, avevo bisogno di fare ordine nella mia mente.

Jin si alzò dopo un po’, un po’ svogliato, con le mani in tasca, facendomi cenno di seguirlo.

- Torniamo dagli altri. – mi disse.

Mi alzai e lo seguii.

Ripercorremmo la strada in direzione della piazza affollata.

Poco prima di raggiungerla, mi fermai e strattonai la mano di Jin.

- Jin –

- Mm? – si voltò.

- Ho avuto tanta paura stanotte. – ammisi abbassando lo sguardo verso un lato.

Ogni tanto mi rivedevo davanti agli occhi l’immagine di tutti i fucili puntati su di noi.

- Io… - sorrisi sempre tenendo il viso basso - … in fondo desideravo solo passare una semplice serata tranquilla e piacevole… -

La gente intorno a noi continuava a schiamazzare e a festeggiare, ma avevo come l’impressione che non fossero nella mia stessa dimensione, come se fossero in un altro mondo, un mondo normale che non conosceva i nostri problemi, come d’altronde così era.

- … con te. – conclusi la fatidica frase vincendo l’imbarazzo.

Silenzio.

Non sentivo più neanche il chiasso della città in festa.

Quando mi resi conto di ciò che avevo ammesso, me ne pentì all’istante.

Quella notte piena di emozioni doveva avermi dato un po’ alla testa pensai.

Jin rispose solo dopo qualche istante.

- Allora è così. – constatò lui.

Stavo per aggiungere qualcosa per stabilizzare la situazione, quando… successe.

Successe di nuovo, per la seconda volta.

Però questa volta era molto diverso da allora.

Questo bacio fu decisamente più maturo, più intenso, più profondo. Più intimo.

Per un attimo, tutti i pensieri che mi affollavano e tormentavano la mente divennero improvvisamente meno gravi.

Fu in quel momento che provai una sensazione che non provavo da tempo. Non mi sentii più sola.

Capii infatti che in quel grosso e assurdo problema non sarei mai stata sola, finchè Jin restava con me.

E non avevo più paura.

Lui mi accarezzava il viso e i capelli. Mi sentivo così protetta. Riusciva a donarmi un certo calore che mai avrei creduto possibile ricevere da lui.

Ero così felice, desideravo che quella sensazione potesse non finire mai.

I rumori del mondo esterno sembravano così lontani.

Ci separammo per un momento, rimanendo fronte contro fronte. Sentivo ancora il suo respiro sulle mie labbra.

- Anche io ho avuto paura stanotte. – mormorò come se mi stesse rivelando un segreto – Ho avuto una paura tremenda di perdere di nuovo l’unica persona a cui tenevo. –

Spalancai gli occhi per lo stupore, ma anche per l’emozione.

Jin mi aveva appena detto indirettamente di tenere a me.

Notai la sua faccia buffa, un po’ imbarazzata.

Jin non era certo tipo da queste dichiarazioni.

Mi venne da ridere, anche lui lo fece.

- Alla fine siamo arrivati a questo punto. – osservai dopo – Ci becchettiamo in continuazione. Ma basta una situazione pericolosa per farci finire sempre per… - non finii la frase, visibilmente imbarazzata.

Forse ero pure arrossita.

- E se non fossimo così stupidi potremo evitare di aspettare che qualcuno punti una pistola contro uno dei due per… - fece Jin lasciando anche lui in sospeso la frase.

Rimasi stupita, ma anche elettrizzata dopo quelle parole.

Quella affermazione assomigliava in qualche modo ad un suggerimento.

- Sarà la paura di morire…- ipotizzai – O la tremenda paura di perdere l’altro. –

Jin annuì.

- Jin, tu hai detto che era solo un momento di debolezza quella volta, un errore. –

- E lo era. – rispose lui – Ammetto che avevo paura di legarmi troppo a te. Ma è stato inutile, ho stretto un rapporto con te che non ho mai avuto con nessun altro. –

Non mi sembrava vero. Sembrava così irreale che Jin mi stesse dicendo quelle cose.

- Penso che sia stata la tua pazzia. Ho sempre creduto che uno come me non potesse mai arrivare ad affezionarsi ad una persona normale, cosa che tu decisamente non sei. -

Eccolo. Come previsto Jin Kazama sa come essere l’antitesi del romanticismo.

Aveva appena guastato quel momento romantico, il mio momento romantico con una delle sue solite scemenze.

- Questa non mi è piaciuta. – commentai imbronciata.

Lui ridacchiò beffardo.

- Ne ero certo. -

Mi sorrise e inevitabilmente mi contagiò l’umore.

Quanto adoravo quel sorriso.

- Non volevo arrivare a questo. – confessò poco dopo – Non volevo trascinarti nella mia tormentata vita. –

- Non inventare scuse Jin Kazama. – lo ammonii - Dopo stanotte, come vedi, abbiamo la certezza che neanche la mia vita è ormai più tranquilla. Non sarà quindi questo a cambiare le cose. – gli sussurrai prima di chiudere gli occhi e ricercare le sue labbra, dove deposi un bacio delicato.

- Pre… presumo di no. – fece lui serio senza riaprire gli occhi.

Poi le nostre labbra si incontrarono di nuovo, giocando fra di loro.

- Jin? – mi allontanai per un momento, dovevo fargli un’ultima domanda.

- Mm? –

- Noi siamo… - non sapevo come chiederglielo - … amici? –

Jin aprì gli occhi e si allontanò di qualche centimetro per guardarmi negli occhi. Sembrava perplesso, ma anche stranamente divertito da quella domanda.

- Qualcosa del genere. – farfugliò dopo come risposta – Ma non esattamente. – sogghignò facendo trasparire una leggera malizia.

Poi fece per riavvicinarsi al mio viso, ma qualcosa lo trattenne.

- Dobbiamo cercare gli altri. – disse come se si fosse improvvisamente ricordato di loro – Dobbiamo decidere cosa fare. –

Accordai annuendo.

Jin cominciò a camminare verso la folla tenendomi per la mano.

In quel momento mi venne in mente una cosa.

- Hwoarang prima a casa mi ha detto di aver scoperto qualcosa che non ci aveva ancora detto. – ricordai.

- Avremo un po’ di spiegazioni da chiedergli allora. – Jin alzò gli occhi con sarcasmo.

Sapevo che lui non si era mai fidato di Hwoarang. Inutile, quei due proprio non andavano d’accordo.

Trovare il resto del gruppo non fu una cosa semplice come avevamo previsto.

Non so quanto tempo ci mettemmo prima di ritrovare la chioma color carota di Hwoarang in mezzo alla gente.

Era notte tarda e i festeggiamenti continuavano senza sosta.

Ero stanca e la musica che mi rimbombava a tutto volume nelle orecchie stava cominciando a darmi fastidio, ma niente poteva compromettere l’umore della serata.

Miharu ad un certo punto mi saltò addosso facendomi sbandare pericolosamente.

- Dove eravate finiti?? – mi urlò in un orecchio tanto da farmi temere seriamente per il mio timpano – Vi abbiamo cercato dappertutto!! Ero così preoccupata!! –

Sentii Hwoarang che ci urlò di seguirlo.

Ci incamminammo al suo seguito verso l’estremità della piazza. Non fu facile neanche in quel momento, soprattutto quando dovemmo oltrepassare un gruppo di discotecari ubriachi scatenati.

Andammo a rifugiarci in un vicolo vuoto, lontani dalla confusione e dal rumore.

Miharu si appoggiò sfinita ad una cabina telefonica.

- Allora… - cominciò Hwoarang – cercherò di essere breve e conciso. –

Si grattò la testa pensieroso.

- Dobbiamo assolutamente lasciare la città.– ci disse preoccupato. - Siamo in un casino di dimensioni abnormi. –

 

 

 

 

  
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