Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: metaldolphin    17/08/2016    7 recensioni
Eccomi di nuovo qui, questa volta con una vicenda di ambientazione un po' diversa per i nostri pirati preferiti.
Tra mari sconosciuti e lo spazio profondo, si troveranno ad affrontare una minaccia inattesa, portatrice di dolore per un intero popolo.
Non è il seguito di una serie anime o del recente film in CG: l'equipaggio dell'Arcadia è quello tradizionale e il Capitano forse è più vicino a quello scostante e duro di Endless Odyssey, ma non è ambientata in quel contesto... è più una vicenda indipendente, se mi fate passare il concetto.
Per chi mi segue dai tempi di One Piece: no, non mi sono sbagliata di fandom, anche se il primo capitolo potrebbe dare una diversa impressione...
Ci tengo a precisare che non è un crossover con Dr. Who, anche se ho preso a prestito il termine "balena astrale" e anche se le creature a cui si fa riferimento hanno punti in comune, differiscono da quelle presentate nella famosa serie di sci-fi.
Per chi mi voglia seguire, e li ringrazio sin da adesso, non resta allora che "tuffarci" in questa nuova storia! ^_^
Genere: Azione, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dottor Zero, Harlock, Miime, Nuovo personaggio, Yuki
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Il lungo vestito da sera scivolava morbido sulle provocanti curve di Kei. Riprendeva il colore dei suoi occhi chiari e faceva risaltare il biondo dei capelli che le ondeggiavano sulle spalle. Bastava un filo di lucido a far risaltare le labbra rosa e il suo sorriso riusciva a stregare chiunque posasse il suo sguardo su di lei.
Spiccava a quella festa, elegante come poche, suscitando l'invidia delle altre donne perché dava la chiara impressione di essere molto più di quel che appariva. In effetti la grinta acquisita negli anni come pirata traspariva anche in quella mise così inusuale per lei. Circondata da poco meno di una decina di uomini di mezza età che facevano a gara per attirare la sua attenzione, rideva cristallina ad una squallida battuta, mentre tra sé avrebbe dato chissà cosa per avere tra le mani una cosmo gun e farli fuori tutti. Odiava recitare la parte della ragazza ricca e svampita, ma sapeva che era il ruolo più adatto in quell'occasione, se voleva indagare senza destare sospetti.
-Oh no, signore, io ho viaggiato così tanto! Non mi stupisce più nulla!- cinguettò ad un uomo più basso di lei di una testa, dai folti baffi brizzolati e il sorriso lascivo di chi è abituato ad avere giovani donne con qualsiasi mezzo, che l'aveva presa per mano per allontanarla dal gruppo. Doveva essere un tipo influente, perché gli altri lo guardarono con astio, ma non li seguirono.
Quello provò a farsi più vicino per azzardare una carezza sul braccio scoperto della donna che si costrinse a sorridere, mentre immaginava la faccia tumefatta di lui con tutti i denti rotti. Stava facendo di tutto, pur di convincerla a seguirla a casa... Era passato dal vantare le sue ricchezze alle battute da simpaticone, ma lei faceva la parte della sostenuta senza troppo sforzo; inoltre non era certa che fosse lui la preda giusta, anche se gli indizi raccolti lo facevano il candidato più promettente.
L'uomo allora cercò di giocare quella che considerava la sua ultima carta... le sorrise e la sfidò:
-Su, Lorelai, dammi due giorni e ti mostrerò qualcosa che in pochissimi hanno visto in tutta la galassia! Aspetto un carico speciale... Vieni da me, non te ne pentirai!
Lei gli puntò l'indice sul petto e fece una pressione leggera sulla giacca scura di tessuto costoso.
-E cosa sarà mai, signore?- chiese con finta ingenuità -Guardi che se si tratta di gioielli, ne ho tanti, sa?- precisò accarezzando con l'altra mano la meravigliosa collana di diamanti e zaffiri che le aveva dato lo stesso Harlock. Erano gemme purissime che non gli aveva visto prendere nei loro abbordaggi. L'aveva tirata fuori da un cassetto della sua scrivania, ben avvolta da un panno di velluto blu, rinchiuso in un pregiato ed antico cofanetto intarsiato, quasi che fosse un ricordo personale. Aveva avvertito un brivido quando lui si era tolto i guanti e le aveva chiesto di tirare su i capelli per fermargliela sulla nuca, leggero come un respiro. Poi non si era soffermato più di tanto su lei, dopo un fugace sguardo velato da un'ombra di malinconia.
Le parole di quell'uomo, come si chiamava... Harold... la riportarono al disgustoso presente: -Nessuna gemma, ragazza mia. Soltanto un esemplare rarissimo per il mio zoo di veri animali!- rispose misterioso.
Kei si portò una mano davanti alla bocca in un'esclamazione sorpresa, sgranando gli occhi chiari, mentre dentro di sé esultava: quasi sicuramente aveva fatto centro.
-Oh! Non l'avrei mai immaginato! Però stanotte non posso, mio zio manderà qualcuno a prendermi tra pochissimo, è già così tardi... Che ne dice se fra due giorni io riuscissi a liberarmi e a raggiungerla a casa? Così potrà mostrarmi tutto ciò che vuole!
Sottolineò le parole con un eloquente ammiccamento e l'uomo capitolò: -D'accordo, Lorelai. Vieni a questo indirizzo, dopodomani. Però non deludermi...- terminò la frase con tono lievemente minaccioso, ma la ragazza non si lasciò impressionare e non perse la sensuale espressione. Le passò una piccola scheda di presentazione e lei maliziosamente la infilò nel decollete.
-Non si preoccupi, signore! Lorelai mantiene le promesse!- gli soffiò un bacio sulla punta di due dita e facendogli l'occhiolino, poi si avviò verso l'uscita, ancheggiando senza eccedere, ma attirando ancora una volta l'attenzione dei presenti.
Fuori dalla villa c'era già ad attenderla un mezzo dell'Arcadia abilmente camuffato da vettura di lusso, con tanto di impeccabile autista in livrea, il solito Yattaran. Entrò e sedette sul sedile posteriore, attese che il portello si chiudesse automaticamente e scosse il capo come per chiarirsi le idee o cacciarne altre poco piacevoli, poi passò una mano tra i capelli in un gesto esasperato. Infilò due dita nell'ampia scollatura e recuperò la scheda, mentre l'autista cercava, per il suo bene, di archiviare quell'immagine nei recessi della mente: con quella ragazza poteva essere pericoloso anche il solo pensarle, certe cose.
-Non sarei sopravvissuta un secondo di più!- confessò ad un silenzioso Yattaran, a cui passò la scheda di quell'uomo.
-Controlla che non ci possa tracciare attraverso questa.- gli disse, sbrigativa.
L'oggetto, ancora caldo per il contatto della pelle di lei, fu scansionato rapidamente tramite un dispositivo apposito posizionato sulla consolle.
-Pare che sia pulito. Sarà la persona giusta?- le chiese, rendendosi subito conto di quanto fosse inutile quella domanda: Kei sapeva il fatto suo.
-Praticamente certa.- asserì lei con sicurezza. Aveva sopportato sguardi e sfioramenti lascivi da almeno metà degli uomini presenti al party prima di arrivare a quel tizio vanaglorioso. Però era l'unico che su quel pianeta di frontiera corrispondeva alla somma degli indizi ricavati in rete e dai testimoni e dai documenti ritrovati sul mercantile.. il suo gemello di quella piccola flotta avrebbe toccato quel pianeta e sapevano che un'altra sirena vi era tenuta a bordo.
Mentre tornavano all'Arcadia, Kei si rilassò. Durante il tragitto chiese soltanto di Leelaine.
-Pare che sia abbastanza tranquilla. La notizia della vasca che le sta attrezzando Maji le ha alleviato un po' l'angoscia. È una creatura affascinante...- disse con aria sognante l'uomo.
Kei sorrise ironica: -Attento, caro mio, secondo la leggenda il canto delle sirene può rivelarsi fatale!
 
L'Arcadia era nascosta in un lontano canyon e la raggiunsero dopo quasi venticinque minuti di volo, mancavano davvero poche ore all'aurora. Si prospettava un altro giorno denso di preparativi per portare avanti quella indagine davvero singolare.
Kei per prima cosa andò nella sua cabina, per fare una doccia e cambiarsi. Tolse la preziosa collana, quindi slacciò la lunga veste dal corpo flessuoso, mise da parte la biancheria ed entrò sotto il getto d'acqua calda. Con l'acqua scivolò da lei la cattiva sensazione che l'aveva presa a quell'insulso party. La divertì il pensiero della faccia che avrebbe fatto quella gente se avesse conosciuto la sua vera identità. Le scene di panico avrebbero movimentato di certo la festa!
Rientrò nella consueta tuta che usava a bordo e si sentì subito a suo agio: con quell'abito da sera indosso sapeva di aver riscosso tra gli uomini dell'equipaggio lo stesso interesse che aveva letto negli occhi di quelli presenti al ricevimento e la cosa non le era piaciuta. Si rese conto in quel momento che soltanto Harlock era rimasto indifferente e fu attraversata da un inspiegabile e cocente sentimento di delusione.
Una volta pronta, prese tra le mani con la dovuta cautela la sfarzosa collana che le aveva impreziosito il collo per tutta la sera. Il Capitano le aveva lasciato un messaggio nel quale le chiedeva di raggiungerlo quando fosse tornata così, nonostante fosse molto tardi, non ebbe timore di disturbarlo quando bussò alla porta dell'alloggio nel castello di poppa. Fece il suo ingresso nell'ambiente poco illuminato e la voce di lui risuonò profonda per incoraggiarla a proseguire: -Vieni avanti, Kei. Ti aspettavo.
Era seduto al piccolo tavolo circolare su cui erano poggiati, come di consueto, una bottiglia piena per poco meno della metà di vino rosso ed un calice di prezioso cristallo di Algol. Sollevò il viso per guardarla con la solita espressione difficile da decifrare e la salutò: -Bentornata.
Lei gli porse il preziosissimo gioiello: -Grazie.
Harlock lo prese, rispondendole con un cenno del capo. Osservò per pochi istanti le gemme che sapevano restituire mille riflessi nonostante la poca luce, poi poggiò con la dovuta attenzione la collana accanto al bicchiere. Il gioco di luce delle pietre sfaccettate di quel gioiello unico nel suo genere si moltiplicò anche nei toni purpurei del vino.
-Tutto a posto? Sei riuscita a trovarlo?
Lei annuì. -Si chiama Harold Stray ed è uno dei tre uomini più ricchi del pianeta. Tra due giorni dovrei presentarmi a casa sua... Dice che avrà da mostrarmi l'ultimo e quasi esclusivo esemplare della sua collezione zoologica. Mi disgusta il solo pensiero che ci possa essere qualcuno che raccolga e tenga prigionieri degli esseri viventi!
Harlock la guardò, condividendo pienamente il tono indignato di lei. Il suo concetto di libertà comprendeva ogni creatura vivente. Persino Tori-san era libero di fare ciò che voleva, ma essendo affezionato a lui, quel pennuto non lo lasciava, pur avendone avuto sempre la possibilità. La stessa cosa valeva per la gatta del dottore, la micia rossa tigrata Mii-kun. Annuì, fissò la vetrata protetta dalla decorazione a losanghe e le rispose:
-Hai ragione, ma discuteremo sul da farsi più tardi. Sei stata brava, vai a riposare.- la congedò, gentile, ma freddo.
Non aspettandosi nulla di più dal suo Capitano, ormai rassegnata a non ricevere altro da lui, la donna andò via senza perdere altro tempo: era davvero stanca e voleva dormire almeno qualche ora, prima di affrontare una nuova giornata. Sarebbe stata pesante visto che dovevano pianificare nel dettaglio l'azione che avrebbero portato avanti alla residenza dell'indiziato.
 
Harlock osservò Kei andare via attraverso il pallido riflesso che gli restituiva il vetro della bottiglia. Quella sera, vedendola in quell'abito elegante e perfetto, allacciandole il prezioso monile sul collo, nudo dai capelli che lei teneva raccolti con la mano, aveva provato una stretta allo stomaco che si era allargata al basso ventre. Era una sensazione che lo aveva messo a disagio e cercava di prenderne le distanze. Adesso l'aveva accolta quasi con sollievo, quando l'aveva vista con la consueta uniforme... Era comunque bella, ma era qualcosa a cui era ormai abituato.
Prese la collana di inestimabile valore. Apparteneva alla sua famiglia da generazioni, ma non ricordava neanche un'immagine, tra quelle che ritraevano le sue antenate, in cui la donna che la indossava la valorizzasse, anziché venirne valorizzata. Perché era ciò che aveva notato con lei: quel monile non aggiungeva nulla alla sua fresca bellezza, piuttosto era lei che sembrava far risplendere maggiormente quelle gemme. Si alzò in piedi per riporla e istintivamente le pose sopra l'alta mano, nuda del guanto che portava di consueto, nella speranza che fosse rimasta una traccia di lei; ma le fredde pietre non avevano conservato il calore della pelle chiara di Kei e sembrarono quasi sbeffeggiarlo, ammiccando alla pallida luce delle stelle lontane. Loro avevano goduto di un privilegio che lui poteva soltanto sognare. Si rimproverò quel gesto e quel pensiero così estraneo al suo modo di essere, e imputò il tutto alla stanchezza, era la spiegazione più plausibile.
Con fredda efficienza avvolse la collana nel velluto che la proteggeva da decenni e richiuse il tutto nell'antico cofanetto che tornò al suo posto in fondo al cassetto della scrivania.
   
 
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