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Autore: Roscoe24    18/08/2016    0 recensioni
Questa è la storia di Natalie Duvall (nipote di Bobby, figlia di una sua presunta sorella venuta a mancare in un incidente d'auto insieme al marito. Bobby l'ha presa con se e cresciuta) che è una presenza costante della vita dei Winchester. Si conoscono fin da piccoli, sono cresciuti insieme e cacciano insieme. Presumibilmente, Natalie ha vissuto tutte le esperienze che hanno vissuto i fratelli nel corso delle cinque stagioni che riguardano l'Apocalisse.
Nella storia sono presenti dialoghi che risulteranno familiari, quindi sappiate che sono volutamente ripresi, anche se non sono proprio precisissimi.
La trama della sesta stagione non verrà seguita in maniera perfetta, potrebbero esserci degli avvenimenti nominati che accadono prima o dopo e che, invece, in questa storia sono posizionati in modo diverso, o riferiti a personaggi diversi da quelli originali.
Non so cos'altro aggiungere, quindi credo che mi fermerò qui xD
Buona lettura! (Spero) :)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sesta stagione
Capitoli:
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La sensazione di dormiveglia la conosciamo tutti. È quella soglia in cui sappiamo che stiamo per svegliarci, ma siamo ancora abbastanza immersi nel mondo dei sogni per svegliarci completamente, un po’ come se il nostro corpo capisse più tardi del nostro cervello che è ora di svegliarsi. È così che Natalie si sente. Sente le mani di Dean intrecciate alle sue, riesce a sentire la sua voce – sta parlando con Sam, ma non riesce a capire cosa stanno dicendo – ma il suo corpo non vuole saperne di svegliarsi totalmente.
Rimane in quello stato per qualche istante. Sente nuovamente silenzio, intorno a se, segno che in quella stanza, a parte Dean che non si è mosso di un millimetro, non c’è più nessuno. Prova a sollevare le palpebre e ci riesce. Piano piano i suoi occhi si aprono, abituandosi lentamente alla luce del giorno che filtra dalla finestra. È stata troppo tempo con gli occhi chiusi.
“Dean..” sussurra, roca – così tanto che sembra abbia gracchiato il nome dell’uomo al suo fianco. Il cacciatore porta i suoi occhi su di lei. È stanco, proprio come l’aveva visto qualche attimo prima nella sua esperienza extracorporea;  i suoi occhi sono cerchiati da occhiaie e contornati da rughe, che la preoccupazione ha reso più marcate. Ma non appena la vede sveglia, Natalie osserva quegli stessi occhi stanchi illuminarsi, come se stessero riacquistando linfa vitale.
Dean si lancia su di lei, inglobandola in una abbraccio e stringendola così forte che sembra non voglia lasciarla andare mai più.
“Sei qui.” Sussurra.
Lei ricambia l’abbraccio, stringendo più forte che può, nonostante si senta un po’ debole.
“Sono qui, Dean.” E forse per l’emozione, o forse semplicemente perché è grata di poterlo toccare di nuovo, Nat inizia a versare lacrime silenziose.
“Pensavo ti avrei persa per sempre.” Si allontana da lei, solo per guardarla un attimo in viso e poi baciarla. Le stringe il viso tra le mani e la bacia con l’urgenza tipica degli amanti che hanno rischiato di perdersi, una foga bisognosa, quasi feroce. Un desiderio che parte dallo stomaco e esige di essere soddisfatto.
La necessità di riprendere fiato, obbliga i due ragazzi a staccarsi, ma Dean non le lascia il viso e appoggia la sua fronte a quella di Natalie.
“Non farmi mai più una cosa del genere, intesi?”
Nat appoggia le sue mani sopra a quelle di Dean: “Non ti farò mai più una cosa del genere.”
Sanno che è una promessa vana, lo sanno entrambi e lo sanno fin troppo bene, ma in momenti come questi, forse, una promessa che non si può mantenere, ma fatta a fin di bene, vale lo stesso.
“Brava.” Le bacia la fronte e Natalie, d’istinto, chiude gli occhi, assaporando ogni secondo di quell’attimo.
“Come ti senti?” continua Dean.
“Un po’ debole, ma sono viva, quindi.. va tutto bene. Perché non mi racconti com’è andata?” Natalie si sistema a sedere sul letto, appoggiando la schiena alla testiera. Dean si alza dalla sedia e l’aiuta nell’impresa, sistemandole meglio i cuscini per fare in modo che sia il più comoda possibile.
“Dopo che Ares…” i suoi occhi diventano lucidi, ma la sua voce anzi che spezzarsi, si riempie di rabbia, ricordando l’episodio, “..ti ha sparato, abbiamo chiamato Castiel. La ferita era profonda e sarebbe stata mortale se lui non fosse intervenuto. Ha detto che comunque per riprenderti ci avresti messo un po’.. confesso che più i giorni passavano più pensavo saresti rimasta in quello stato comatoso.”
Le accarezza il viso: “Ho temuto davvero il peggio, Nat.”
“Ma sono qui, no? Quindi, grazie a Cas, il peggio è passato… devo ringraziarlo.”
“È di sotto, insieme agli altri. Vado a dirgli che sei sveglia, almeno vengono, ok?”
“Aspetta, ancora un minuto…”
Natalie si sdraia di nuovo e, mettendosi in costa, fa cenno a Dean di mettersi vicino a lei. Il cacciatore fa il giro del letto e si sistema al suo fianco.
“Come avete fatto a trovarmi?” domanda, ripensando all’improvvisa entrata dei suoi salvatori nel momento giusto.
Dean le passa una mano sul collo e afferra la catenina, estraendo il pentacolo: “Non te l’ho mai detto in questi anni perché pensavo mi prendessi per un pazzo, o per uno stalker, ma quando io e May l’abbiamo fatto, le ho chiesto se la pietra poteva essere magica. Se pronuncio determinate parole davanti ad uno specchietto apposito, l’ambra mi mostra il posto dove ti trovi, riflettendo l’immagine dentro allo specchio. È una sorta di incantesimo di localizzazione.”
Natalie sorride: “Hai ragione, ti fa sembrare un po’ uno stalker, ma non potrei essere più felice che tu abbia questa mania di tenermi d’occhio, in questo momento.” Si avvicina a lui, rannicchiandosi contro il suo petto. Dean le appoggia il mento sopra alla testa e la stringe forte a se.
“Non voglio passare altro tempo senza di te, nella mia vita.” Dice poi, contro al petto del cacciatore. “Ti ho chiesto tempo, ma non ho bisogno di altro tempo per capire che ti amo. Magari non ti sei comportato nel migliore dei modi, è vero, ma come mi ha fatto notare May nella mia esperienza extracorporea, i tuoi errori sono stati fatti in buona fede e credo tu abbia pagato anche troppo. So che ti eri affezionato a Ben e hai dovuto lasciarlo andare, e so che volevi bene anche a Lisa.” Nat si trova improvvisamente a pensare a quella donna che, al suo fianco, l’aiutava a sistemare la cucina. Ricorda il suo sguardo addosso, probabilmente per studiarla, per capire chi fosse veramente, o forse per cercare di capire fino in fondo che importanza avesse nella vita di Dean, probabilmente conoscendo già la risposta, probabilmente sapendo già che per quanto potesse essere affezionato a lei, per Natalie provava qualcosa di molto più forte, molto più radicato, e se pensa a tutto questo, Natalie si trova a pensare che la perdita di memoria è la cosa migliore che Dean potesse fare per lei, rimuoverle il ricordo di qualcosa che in un certo senso lei stessa sentiva non le sarebbe mai appartenuto totalmente. Lisa è una brava persona e non merita di essere la seconda scelta di nessuno.  “Commettiamo errori, Dean, ma tu hai cercato di rimediare e quindi in cuor mio so di averti perdonato. Spero tu possa perdonare anche me per come mi sono comportata.”
Dean, con le lacrime agli occhi – ultimamente ha la lacrima facile, nemmeno fosse una donna incinta in piena tempesta ormonale – le bacia nuovamente la fronte: “L’ho già fatto. L’ho fatto nel momento esatto in cui mi sono reso conto che, se non me ne fossi andato, tu non ti saresti sentita a pezzi, o un giocattolo usato e dimenticato. Perché tu sei tutto, tranne che questo, per me. Sei.. tu sei la persona più importante della mia vita.”
Natalie gli passa un braccio intorno al busto e lo stringe: “Anche tu lo sei. Ma penso che se ti sentisse Sam avrebbe da ridire.”
Dean ridacchia: “Lui è importante in un altro modo.”
“Lo so.” Alza il viso e gli stampa un bacio sul mento. Dean abbassa il volto, facendo in modo che i loro sguardi si incastrino l’uno nell’altro.
“Davvero bombarderesti l’universo, per me?”
“Se fosse possibile e avessi l’assoluta certezza che così facendo ti salverei, si, lo farei senza ombra di dubbio.”
Natalie sorride e torna con la testa contro il suo petto, trovandosi ad ascoltare il cuore di Dean. E all’improvviso, si trova a pensare che ciò che batte nella casa toracica dell’uomo vicino a lei le appartiene nello stesso modo in cui ciò che batte nella sua cassa toracica appartiene a Dean. È così e sempre sarà. Fino a che i loro cuori batteranno, apparterranno sempre l’uno all’altra.

                                                                                                     ***


Bobby è stato il primo a salire. Dean, dopo essere stato ancora un po’ con Natalie era sceso per andare ad informare gli uomini di sotto del fatto che fosse sveglia, e il vecchio cacciatore si era incamminato su per le scale senza nemmeno chiedere a Sam o a Castiel – che era rimasto con loro da quando aveva curato Nat – se volessero seguirlo.

Nat, ancora a letto, osserva la porta della sua camera aprirsi con impeto. Bobby rimane momentaneamente impietrito sull’uscio a guardarla; gli occhi lucidi, pieni di lacrime che ricaccia indietro.
“Oh, la mia piccola.” Sussurra, prima di andare da lei e abbracciarla. Natalie, seduta, si allunga più che può verso Bobby per fare in modo che lui non si chini troppo.
“Che spavento mi hai fatto prendere, tesoro. Non farlo mai più.”
Bobby non è un tipo che regala facilmente smancerie e nomignoli, lo fa solo quando si sente sollevato dopo una situazione che gli ha causato troppa apprensione. O almeno, con lei ha sempre fatto così.
“Non lo farò più.”
È già la seconda promessa che fa e che sa che non riuscirà a mantenere. La vita del cacciatore è tutto, fuor che priva di pericoli. Ma pensa che anche Bobby lo sappia, e adesso abbia solo bisogno di una frase del genere per tranquillizzarsi.
“Tu.. Dio mio, perdevi così tanto sangue.. e io… io ero lì impotente. Ho perso di lucidità.” Nella sua voce c’è una nota di rammarico, come se si incolpasse di qualcosa.
“Ma sono qui, Bobby..”
Il cacciatore la stringe così forte che a Natalie manca il respiro. D’istinto, con la mente va a pensare a sua zia Karen, la moglie di Bobby, morta a causa di una possessione demoniaca che il cacciatore non sapeva ancora gestire. Pensa a come un giovane Robert Singer quel giorno avesse stretto al petto il corpo privo di vita della moglie, la stessa moglie che si era trovato costretto a pugnalare nel tentativo di liberarla da quel demone che aveva scelto di usarla come contenitore. La scena della quasi morte di Natalie, deve averlo riportato indietro di anni, a quell’esperienza traumatica dove non solo Bobby era stato costretto a vedere la donna che amava morire, ma sapere anche di essere lui la causa della sua morte.
Il sangue che usciva dal ventre di Natalie, per un attimo, era il sangue che usciva da Karen.
Bobby ha rivissuto la morte della sua adorata moglie e il suo cervello ha perso lucidità.
“Sei qui.” Ripete l’uomo, come se dovesse convincersi.
“Sarò sempre qui.”
E sa che promettere una cosa del genere è sbagliata, lo sa benissimo, ma sa anche che in questo momento Bobby ha bisogno di sentirselo dire.
Lo sente tirare su con il naso, prima di allentare la presa e rimettersi in posizione eretta.
“Hai bisogno di qualcosa?” le chiede, con gli occhi arrossati e la voce roca.
Natalie gli sorride, cercando di tranquillizzarlo il più possibile, cercando di fargli percepire che adesso sta bene, che si riprenderà e che lui non deve temere assolutamente nulla.
“No, stai tranquillo, sto bene così.”
“Ci hai fatto spaventare, sai?” tira su con il naso, come se avesse pianto, anche se in realtà non l’ha fatto. “Pensavo che questa volta la magia di Castiel non avesse fatto effetto, anche se lui continuava ad insistere che era normale stessi in quel coma.”
Bobby si accomoda sulla sedia della scrivania, rivolgendola verso il letto di modo da poter stare accanto alla ragazza.
“Dean me l’ha detto. Devo ringraziare Cas.”
Bobby annuisce: “Penso di non aver riposto così tanta fede in Dio come in questi quattro giorni.”
“Forse ti ha ascoltato, forse no..” e Natalie, visto lo scetticismo che l’ha colta negli ultimi anni, è più propensa a pensare che Dio non l’abbia ascoltato e che se lei è ancora su questo mondo è solo perché Castiel è intervenuto al momento giusto e perché Morte ha scelto di riportarla indietro, perché ha un compito per lei, una missione.
Forse, Dio è Morte e Morte è Dio.
Potrebbe essere plausibile, se solo non fosse che Morte esisteva ancora prima che esistesse Dio stesso e lo stesso Cavaliere avesse detto che, se volesse, potrebbe uccidere Dio, facendo intuire che sono due entità separate.
Scaccia quei pensieri estremamente poco consoni alla situazione attuale e decide di informare Bobby di ciò che è accaduto nella sua esperienza extracorporea.
“Ho visto Morte, mentre ero dall’altra parte.”
Il cacciatore porta i suoi occhi scuri su di lei, assottigliando lo sguardo, lo stesso che usa quando studia un caso – anche se, questa volta, quello stesso sguardo è toccato da un velo di preoccupazione che è sceso come a chiudere il sipario a fine spettacolo.
“Cosa ha detto?” c’è un leggero tremito, nella sua voce, come se da un momento all’altro temesse di sentirsi dire che Natalie è stata riportata in vita solo per poi essergli portata via di nuovo. La sua bambina, persa per una seconda volta e, a questo giro, per sempre.
“Che mi ha riportata indietro per uno scopo, che suppongo sia lo stesso per cui ha acconsentito di riportare indietro l’anima di Sam: dobbiamo uccidere la Madre.”
Bobby nasconde un sospiro di sollievo –  ma viene comunque tradito dalla sua espressione che si rilassa un poco – a quelle parole. Morte non vuole portargli via la sua bambina, tutto il resto è secondario. Anche se si parla di un essere supremo immortale e capace di creare mostriciattoli a suo piacimento.
“Beh, avrebbe dovuto dirci qualcosa di nuovo, no? Non avevamo bisogno di Morte per sapere che dobbiamo fare fuori quella stronza!”
Natalie si lascia sfuggire una risata e Bobby accenna un lieve sorriso, poi la cacciatrice dice: “Mi ha dato un indizio. Ha detto che ciò che ci serve è nella biblioteca dei Campbell.”
“Tutto qui? E come facciamo a sapere dov-” Bobby si ferma di colpo, come colpito da un’illuminazione: “Sam. Lui sa sicuramente dov’è quella biblioteca.”
Natalie annuisce: “Penso proprio di si.”
Il cacciatore si alza dalla sedia e sporgendosi verso Nat le passa una mano tra i capelli: “Bene, per oggi abbiamo scoperto abbastanza, torna a dormire. Devi riposare.”
“Ho dormito quattro giorni. Non voglio riposare, voglio tornare in azione. Abbiamo un indizio, sfruttiamolo!”
Bobby la guarda con il suo solito sguardo severo e perentorio: “No. È troppo presto. Ti hanno ferita gravemente, devi riposare!”
“Un angelo mi ha curata, Bobby, non devo riprendermi, o aspettare che i punti alla ferita facciano il loro dovere, vogl-”
“No,” la interrompe, “aspetteremo ancora un giorno e poi ci metteremo all’opera. Tutti. D’accordo?”
Natalie sospira: “D’accordo. Ancora un giorno.”
Si sistema a letto, sdraiandosi con la testa sopra al cuscino e, come se una stanchezza che non sapeva di provare le fosse piombata addosso all’improvviso, chiude gli occhi e, senza nemmeno accorgersene, s’addormenta.

Ciò che la spinge ad aprire gli occhi è la sensazione di fame. Lo stomaco che brontola desideroso di cibo. Natalie pensa all’ultima volta che si ricorda di aver mangiato e nella sua mente si forma l’immagine del pub dove lavorava Mandy/Afrodite. Pensa che, se le circostanze fossero state diverse, a Dean sarebbe piaciuto un sacco quel pub. E la sua cucina.
Si stiracchia e poi si mette a sedere. La porta della sua camera è chiusa, probabilmente perché Bobby se l’è tirata dietro dopo che è uscito per farla risposare in pace. Sorride. Nessuno può immaginare quanto amorevole sia Bobby Singer, dietro a quel muro di cinismo burbero e sarcasmo che erge davanti a se.
Sistema le coperte di lato e mette i piedi nudi a terra. Nota di indossare una maglietta lunga che la copre fino a metà coscia. Cosa che al suo primo risveglio non aveva notato. Probabilmente è una vecchia maglietta di Dean. Chissà chi l’ha vestita, si trova a pensare. Fa spallucce, arrivando alla conclusione che, chiunque l’abbia fatto, l’ha fatto per farla sentire più comoda mentre dormiva – o meglio, mentre era intrappolata nel coma.
Si alza, facendo attenzione a non fare movimenti troppo bruschi – si sente ancora un po’ debole – e si dirige verso il bagno, dove apre l’acqua calda della doccia. Non appena il vapore riempie la stanza, Natalie si toglie la maglietta ed entra nella cabina, dove si lascia inondare dal calore dell’acqua. È piacevole, sulla pelle, e sembra riesca a lavare via la sensazione di intorpidimento che sentiva, come se così facendo tutto ciò che è accaduto qualche giorno fa, venisse lavato via dall’acqua.
Dopo essersi lavata corpo e capelli, chiude l’acqua ed esce, avvolgendosi il corpo in un asciugamano e i capelli in un altro. Si asciuga per bene, fino a che non rimane nemmeno una goccia su di se e si rimette la maglietta. Le piace e sapere che è di Dean gliela fa piacere ancora di più. Si guarda allo specchio, con il turbante in testa e la maglietta addosso: è blu scuro, così tanto da sembrare nera, e sopra c’è stampato – ormai consumato e sbiadito – il logo dei Rolling Stones. Sicuramente è una maglietta che Dean non mette da anni e che risale alla sua adolescenza.
Si toglie l’asciugamano dai capelli e inizia a pettinarli. Poco dopo, si mette ad asciugarli con il phon.

Scende al piano di sotto mezz’ora dopo, asciugata e vestita – ha messo un paio di leggins sotto alla maglietta. Dalla cucina, sente provenire le voci di Sam e Bobby che parlottano sottovoce della biblioteca dei Campbell e su dove è situata.
Arriva sulla soglia della porta silenziosamente, così nessuno si accorge della sua presenza.
Osserva Bobby, con tanto di grembiule, ai fornelli mentre fa saltare della carne in padella; Sam, al suo fianco, è intento a tagliare delle verdure, mentre descrive la biblioteca.
“So dov’è, ci siamo andati. È in un sotterraneo e non è molto grande, a dire la verità, ma dovrebbero esserci cose alquanto interessanti – per non dire preziose – se Samuel si prende la briga di nasconderle così bene.”
Dean è appoggiato al piano cottura e, mentre sorseggia una birra, osserva con un’espressione disgustata il cibo – da coniglio – che suo fratello sta accuratamente facendo a fettine.
Nat nota l’assenza di Castiel e un po’ ci rimane male, perché ci teneva a ringraziarlo e a rivederlo, visto che nell’ultimo periodo hanno avuto ben pochi contatti.
Tutto sommato, però, nonostante l’assenza di Castiel non le faccia per niente piacere, si trova a pensare, con una punta di tenerezza, che quelli davanti a lei sono e saranno per sempre i suoi uomini. Le persone che più contano nella sua vita, il suo nucleo familiare.
“Quindi ci sapresti arrivare?” Bobby gira la carne dentro alla padella per far cuocere il lato che ancora è crudo.
“Certo!” Sam sistema le sue verdure tagliate dentro ad un’insalatiera di vetro. Dean, allunga una mano e afferra quello che sembra un pezzo di cetriolo e lo spreme tra indice e pollice, divertito e disgustato allo stesso tempo.
Sam fa un’espressione a dir poco omicida e schiaffeggia la mano di suo fratello: “Togli quelle luride zampe dalla mia cena!”
“Tu chiami cena questo schifo?” Dean si pulisce le dita sotto l’acqua della fontana.
“Si, è salutare e mi fa bene.”
“A cosa, alla linea? Devi mantenere i fianchi stretti, Miss America?” Dean lo guarda con un sorrisetto sghembo, gongolando per la sua battuta, che lo rende estremamente fiero di se, prima di portare la birra alle labbra.
Natalie, dalla sua postazione, si trova a ridacchiare in silenzio. Ha sempre trovato i loro battibecchi divertenti.
“No, al mio organismo. Sempre meglio del genere di cibo che ingurgiti tu!”
“Ma piantala. Non posso mangiare fogliette e carotine, ho bisogno di proteine! Sono un guerriero!” Dean si batte un pugno chiuso sul petto.
“Vallo a dire al colesterolo, che sei un guerriero!” Sam inizia a condire la sua insalata con cura e minuzia. Dean alza gli occhi al cielo, come se fosse consapevole che per suo fratello, ormai, non c’è più speranza e finisce la sua birra. 
“Non cambierete proprio mai, voi due, non è vero?” Afferma Natalie, dopo essersi goduta quella scenetta di normalità. Era così tanto che non succedeva qualcosa di ordinario, che non voleva assolutamente interromperli.
I ragazzi e Bobby si voltano verso l’ingresso della cucina, così Nat sorride.
“No. Non cambieranno mai.” Le risponde Bobby,  prima di tornare a occuparsi della cena.
Sam e Dean si avvicinano a lei, ma Sam è il primo ad abbracciarla – perché non l’aveva ancora vista sveglia. Dopo che Bobby era sceso, lui si era precipitato sulle scale, ma il vecchio cacciatore gli aveva detto che lei si stava addormentando, quindi aveva rinunciato. Ma non vedeva l’ora di vederla di nuovo in salute.
“Stai bene?” le sussurra, sempre tenendola stretta.
“Si, sto bene..” Nat ricambia l’abbraccio.
Sam le accarezza la testa, prima di lasciarla andare: “Sono felice che tu sia qui. Ci hai fatti preoccupare.”
“Mi dispiace, davvero.”
“L’importante è che sei di nuovo con noi.” Le sorride, prima di lanciare un’occhiata a suo fratello e tornare alla sua insalata.
Dean, dopo aver notato la maglietta e aver sorriso compiaciuto, le sistema i capelli dietro alle orecchie e, tenendole il viso tra le mani, si china su di lei per baciarla. Natalie sente il netto contrasto tra la sensazione di morbidezza che hanno le sue labbra e quella pungente della barba, ma non le dispiace, tutto sommato.
“Hai fame?”
Nat annuisce, così si incamminano da Bobby, sistemandosi uno alla sua sinistra e l’altra alla sua destra.
“Mi sembrate due avvoltoi,” commenta il cacciatore, girando ancora un po’ la carne, “lo facevate anche da bambini. Sarebbe ora di crescere, non pensate?”
Dean e Natalie si scambiano una divertita occhiata d’intesa, prima di scoppiare a ridere.
“Andate a sedervi, idioti, la cena è pronta!”

                                                                                                              ***


La sera, nel suo letto, Natalie si trova a guardare il soffitto in preda all’insonnia. Non è abituata a dormire tanto, quindi il riposino fatto prima di cena l’ha ricaricata anche troppo.
Si trova a pensare che si sente felice, nonostante tutto.
Sente che le cose con Sam si sono sistemate e anche con Dean, anche se entrambi sono consapevoli dei loro errori, si stanno riaggiustando. Si sono perdonati e, adesso, sono liberi di poter ricostruire la loro vita insieme. La melma è stata tolta e il palazzo del loro futuro può essere eretto senza rischiare di affondare nel passato e nelle cose non dette, o non chiarite. Ci vorrà del tempo, ma adesso sono insieme e si prenderanno tutto il tempo di cui hanno bisogno.
Si trova a pensare a ciò che ha detto May riguardo alla felicità e, ancora una volta, si trova a concordare con quell’adorabile donna saggia che ha il privilegio di conoscere. È vero che la felicità è effimera e va colta, bisogna aggrapparsi a quei momenti dove ci fa dono di mostrarsi e renderci consapevoli che essa esiste e che può farci sentire cose che pensavamo di non poter provare, ci scalda e riempie il cuore di gioia e ci fa stare bene. Con Dean, lei è sempre stata felice. Lo ama. E ciò che lui ha fatto, l’ha fatto perché pensava davvero di farle del bene, di salvarla. E sotto questo punto di vista, forse, perdersi in lui non è stato poi così male. E poi, May ha ragione un’altra volta: lei non perde se stessa quando è con lui, ma tira fuori una nuova se, una se più felice, una se che può concedersi effusioni tenere, o risate così sentite da far venire le lacrime agli occhi. Non c’è niente di brutto, in tutto questo.
Si, la situazione può ripartire. Se lo sente. Sente dentro di se una positività che non sentiva da un bel pezzo. I suoi ragazzi sono di nuovo insieme e sono con lei, come sempre. Come quando erano bambini, come quando erano ragazzini, come prima che tutto precipitasse nella Gabbia insieme a Sam. È come se, dopo esserci finiti tutti dentro al buco infernale, stiano piano piano riemergendo, aggrappandosi con le unghie e con i denti a ciò che avevano per riuscire a salvarlo, o per usare le sue basi per costruire qualcosa di nuovo. Si sono persi, è vero, le loro anime, seppur in modo diverso – e nel caso di Sam, in maniera molto più concreta – si sono perse, ma sanno anche come trovare la via di ritorno. Perché Sam, Dean e Natalie insieme sono molto più forti di qualsiasi prova la vita voglia metterli davanti. Insieme troveranno sempre un modo per ritrovarsi, per tornare insieme, per convergere nonostante le divergenze, perché sono legati da un elastico che può essere tirato fino al punto massimo di estensione, ma che non si spezzerà mai. Sono loro che scelgono di non farlo spezzare, perché non permetteranno mai che qualcuno li divida. Sono tre anime nate per vivere insieme. Diversi, ma complementari, come le tre parti che vanno a formare un intero perfetto. Non si può distruggere una cosa tanto forte.
Si sistema in costa, abbracciando il cuscino della parte vuota del letto. Dean non dorme con lei per il semplice fatto che lei non ha voluto dormissero nella stessa stanza.
È assurdo, aveva detto dopo cena non appena lei gli aveva comunicato la sua decisione, voglio stare con te.
Non questa sera, Dean
, gli aveva accarezzato una guancia ispida di barba rossiccia – le piace tantissimo con la barba lunga – e aveva sorriso teneramente, hai bisogno di dormire e se acconsentissi a dormire con te, finiresti con non dormire per tenermi d’occhio tutta la notte. E non voglio.
Ma Nat..
Domani, d’accordo? Va’ in camera tua e dormi.

Era stata dura convincerlo, ma alla fine c’era riuscita. Dean le aveva dato un lungo, lunghissimo, interminabile bacio della buonanotte e si era diretto in camera sua, mentre lei si dirigeva nella propria.
Nel buio, con il cuscino stretto in petto, si trova a pensare ad un’altra cosa, la cosa che le preme da quando si è risvegliata: Castiel.
L’ha salvata e non l’ha nemmeno ringraziato.
“Cas,” sussurra, rimanendo in attesa di sentire il solito fruscio d’ali, “avrei bisogno di parlarti.”
Qualche istante più tardi, Natalie riesce a vedere la sagoma di Castiel ai piedi del letto, così accende la luce, mettendo a fuoco l’angelo.
“Mi hai chiamato?”
Lei gli sorride, felice, alzandosi dal letto e dirigendosi verso di lui. Castiel rimane a fissarla, immobile. Natalie, quando è abbastanza vicina, lo abbraccia forte. Castiel non è un tipo abituato al contatto fisico così esplicito – sta imparando, però, e da quando lo conosce può dire di avergli visto fare enormi progressi – quindi impiega un po’ a ricambiare l’abbraccio.
“Grazie.” Afferma, con il viso appoggiato al suo petto. Castiel, anche se vicino a Dean e, soprattutto, a Sam può sembrare di bassa statura, non lo è affatto.
Natalie sente la mano timida di Castiel accarezzarle delicatamente la testa, prima di dire: “Non devi ringraziarmi. Non volevo morissi. E nemmeno i ragazzi lo volevano.”
Natalie scioglie l’abbraccio: “Non sarei qui se non fosse per te, Cas. Voglio che tu sappia che d’ora in avanti di qualsiasi cosa tu abbia bisogno non devi esitare a chiedere.”
“Non l’ho fatto per ricevere qualcosa in cambio,” Castiel la guarda aggrottando le sopracciglia, confuso “l’ho fatto perché non volevo che ti succedesse niente di male. Non l’avrei permesso.”
“Ma.. se fosse stata la mia ora? Se fosse stato scritto nel grande disegno celeste che era destino morissi in quel momento?”
Castiel sospira. Ha il viso stanco – non quella stanchezza provocata dall’assenza di sonno, perché lui non ha bisogno di dormire, ma quella stanchezza provocata da un’eccessiva preoccupazione, come se i milioni di pensieri che angosciano la sua mente, fossero in grado di prosciugare la sua linfa vitale, portandolo allo stremo delle sue forze.
“Il grande disegno celeste è.. è..” Cas si interrompe e poi riprende: “Lasciamo perdere. Non era arrivato il momento.”
Natalie lo guarda, leggendo dentro la sua espressione non solo stanchezza e preoccupazione, ma anche una sorta di confusione, come se Castiel fosse smarrito e non sapesse come ritornare sulla via di casa.
“Cas, cosa c’è che non va?”
L’angelo distoglie lo sguardo, facendolo vagare per la stanza: “Niente di cui tu debba preoccuparti.”
Natalie gli afferra le mani, un contatto così saldo che Castiel si trova a riportare i suoi occhi su di lei.
“Certo che mi preoccupo, sei mio amico.”
Castiel la guarda con i grandi occhi blu, la studia come se dovesse capire fino a che punto è giusto riversarle addosso i suoi problemi solo perché sono amici: è giusto che si preoccupi per me, nonostante tutti i problemi che deve affrontare? – si trova a pensare.
“Tu hai… voi avete anche troppi problemi a cui pensare, tra la Madre e tutto il resto. Non mi sembra giusto aggiungerci anche i miei. Sono affari che devo sbrigare da solo e che non c’entrano con voi.”
“La vuoi sapere una cosa? Dean ha detto la stessa cosa, quando doveva affrontare Lilith con Sam. Sai come sono i ragazzi, sono saltati sull’Impala con tutta l’intenzione di fare a fette quella stronza. Io e Bobby ci siamo piazzati davanti alla macchina e allora Dean è uscito dicendo che non c’entrate niente, dobbiamo sbrigare gli affari di famiglia ed è meglio che ne restiate fuori, almeno sapremo che, se dovesse andare storto qualcosa, voi starete bene. Puoi immaginare la faccia di Bobby, era così serio e lapidario che pensavo lo incenerisse. Gli si è avvicinato e gli ha detto che erano anche affari nostri, eccome se lo sono! La famiglia non finisce con il sangue, ragazzo!  - Gli ha risposto così, che la famiglia non finisce con il sangue. Tu sei parte di questa famiglia, Cas. I tuoi problemi, sono i nostri problemi.”
Natalie tiene ancora le mani dell’angelo strette tra le sue, così Castiel si trova ad osservare quell’intreccio di dita, quel contatto che gli infonde una strana sicurezza. Natalie è stata la prima umana che gli ha fatto capire di cosa sono capaci gli esseri umani. Certo, il rapporto più stretto – il rapporto speciale, come lo chiama lui – ce l’ha con Dean, una sorta di connessione spirituale che li lega l’uno all’altro in maniera profonda, ma Natalie… Natalie gli ha mostrato che gli esseri umani sono capaci di provare gratitudine – la prima volta che l’ha vista, lei lo ha abbracciato per aver salvato Dean dalla perdizione e non finiva più di ringraziarlo; gli ha mostrato quanta forza possa esserci dietro la loro fragilità, la loro esistenza così passeggera, così effimera in confronto all’eternità. Gli umani lo sanno, eppure non ci pensano un attimo a combattere per ciò che ritengono giusto, anche se questo implica la possibilità di poter morire – in questo modo, Natalie e i Winchester, gli hanno mostrato quanto possano essere altruisti e coraggiosi, gli umani.
Natalie, sostanzialmente, è stata il primo essere umano a mostrargli quanto Uriel avesse torto, quanto gli angeli avessero torto riguardo a quella natura che caratterizza gli uomini e che loro, dall’alto della loro celestiale arroganza, hanno sempre reputato sciocca, stupida e persino incompleta. Ciò che gli altri angeli non sanno e non hanno mai voluto vedere è la perfezione che vive dentro la natura imperfetta dell’essere umano. Sono capaci tutti a fare grandi cose quando si è consapevoli di non perdere niente, anzi, di non poter perdere – perché se si agisce consapevoli della propria immortalità, tutto diventa più facile, ma se si agisce nonostante ci sia la consapevolezza di poter perdere qualcosa di importante, beh, è lì che sta la vera grandezza.
Combattere, nonostante i rischi.
Creare, inventare, nonostante ci siano dei limiti. Gli uomini non sono stati creati per volare, eppure hanno trovato il modo di poterlo fare, creando gli aerei, così come hanno creato navi per poter stare a lungo in mare. Dio li ha dotati di qualcosa che gli angeli non hanno: inventiva, apertura mentale, curiosità, libero arbitrio. Gli uomini scelgono liberamente come usare la loro vita. Ed è il dono più prezioso che qualcuno possa fare, più prezioso dell’eternità, più prezioso dell’onnipotenza.
Cosa te ne fai dell’immortalità, se devi passarla ad obbedire ad ordini che non condividi?
Forse, è per Natalie e i Winchester che Castiel ha intrapreso questa guerra civile, perché è stanco di ubbidire, e vuole cambiare le cose, scegliere liberamente e insegnare agli altri angeli che possono avere le proprie idee, senza che ci sia qualcun altro che pensi al posto loro, così come i ragazzi l’hanno insegnato a lui.
“C’è una guerra civile, in atto..” comincia, “..Raffaele..” fa una pausa, angosciato, “..lui vuole che l’Apocalisse venga portata a termine. Brama la distruzione perché crede sia la cosa giusta. Ma non è giusto. Voi avete sacrificato cose fin troppo importanti per scongiurare la Fine e non voglio che tutto ciò che è stato fatto risulti vano.” Castiel fa un’altra pausa: “Ho.. ho parlato con altri angeli e molti di loro sono dalla mia parte, ma le truppe di Raffaele sono ovunque e ci stanno distruggendo. Sono caduti molti dei miei compagni, nonché fratelli. Lassù,” alza gli occhi al Cielo, “ci sono fratelli che non esitano un attimo a conficcare una spada angelica nel petto di altri fratelli.” L’angelo abbassa lo sguardo, prima di dire sottovoce: “Non volevo che finisse così.”
Natalie tira un profondo sospiro, vedendo in Castiel un’umanità che non dovrebbe esserci, nella sua natura. Cas è molto più umano di quanto lui stesso possa capire. La sua sensibilità, la sua paura di perdere chi ama, la sua volontà di cambiare le cose, lo rendono uomo. E lo capisce in pieno quando dice che non voleva che tutto ciò finisse in quel modo, perché nemmeno lei voleva che finisse con la morte dei suoi cari, quella guerra che hanno combattuto per salvare il mondo.
“Cas.. so cosa provi, credimi. E.. non voglio darti lezioni di vita perché non ne sono in grado e anche se lo fossi, non hai certo bisogno che qualcuno che è al mondo da ventisette anni ti dica come comportarti, voglio dire tu… tu sei come minimo un essere millenario, saprai molto meglio di me come si sta al mondo.. ma se permetti, una cosa vorrei dirla: ciò che stai facendo è giusto. Combattere per cambiare il mondo, per cercare di migliorarlo, è giusto.. l’unica cosa..” Natalie sente un improvviso groppo in gola, ricordando quando a combattere una guerra c’erano loro e si sentivano costantemente in balia di qualcosa più grande di loro, qualcosa di così distruttivo che, alla fine, li ha toccati nel profondo, facendoli venire a contatto con dolori nuovi e perdite che li perseguiteranno per sempre, “..l’unica cosa che posso dire è che ogni battaglia vuole le sue vittime, ogni battaglia è assetata di sangue e non puoi evitarlo.. quello che puoi fare è cercare di ridurre lo spargimento di quel sangue, quindi cerca di trovare altri modi, magari..” si blocca di colpo, portando lo sguardo sulle loro mani ancora unite: “Sto dicendo un sacco di cose che sicuramente avrai già pensato, insomma non sei mica stupido! N-non ti sto aiutando, mi dispiace..”
Castiel a quel punto stringe più forte le mani di Natalie, osservandola con quel suo sguardo profondo e denso: “Mi stai aiutando, invece. Solo il fatto che tu abbia insistito tanto perché ti parlassi dei miei problemi mi aiuta. Sei una brava persona, Natalie Duvall.”
“Anche tu lo sei, Castiel. Questo non devi dimenticarlo mai. E sei buono, anche questo non devi dimenticarlo.”
Castiel vorrebbe dirle che forse non è buono come lei dice, che se lo fosse eviterebbe guerre ed eviterebbe di fare alleanze che sa benissimo non lo porteranno a niente di buono. Vorrebbe ringraziarla per l’enorme fiducia che ripone sempre in lui, facendolo sentire meno sporco, meno smarrito, ancora capace di azioni buone, giuste. Ma non lo fa. Non lo fa perché non saprebbe da dove cominciare, non lo fa perché dovrebbe spiegarle troppe cose, e lei deve concentrarsi su come fare per uccidere la Madre. Così, anzi che andare fino in fondo a quella conversazione e tentare almeno di dirle tutta la verità, dice anzi: “Dovresti riposare, adesso.” E lascia le sue mani.
Natalie abbozza un sorriso: “S-si, d’accordo.” Si dirige verso il suo letto, mentre Castiel la segue con lo sguardo. Si sistema sotto alle coperte sotto l’occhio vigile dell’angelo, che, spinto da un moto d’affetto verso quella ragazza che cerca in tutti i modi di stargli vicino e aiutarlo da quando l’ha conosciuto, si avvicina al letto e le rimbocca le coperte.
Natalie lo guarda stupita: “E questo a cosa lo devo?” domanda, intenerita da quel gesto così spontaneo.
“L’ho visto fare a Dean, una volta. Ti ha rimboccato le coperte e quando gli ho chiesto perché l’avesse fatto, lui ha risposto che è un modo per prendersi cura delle persone a cui vogliamo bene.”
Natalie sorride: “Grazie, Cas. E… ti voglio bene anche io.”
L’angelo, con una punta di imbarazzo nella voce, risponde: “Riposati, Natalie. E chiamami, se hai bisogno.” Le tocca la fronte e, dopo quel contatto, la ragazza sente il sonno impossessarsi di lei, crollando così addormentata poco dopo.
Castiel, dopo aver appurato che Natalie si è addormentata, vola via lasciandosi dietro il suo solito fruscio.

                                                                                                    ***


La mattina seguente, quando Natalie apre gli occhi, il sole inizia a sorgere e filtra timido dalla sua finestra. Natalie presume sia l’alba.
Si stiracchia un po’, prima di alzarsi dal letto e andare in bagno per lavarsi il viso e i denti.
Poco dopo, scende in cucina per preparare caffè e colazione.
È intenta ad armeggiare con la moca quando sente dei passi alle sue spalle. Voltandosi, si trova a guardare un Dean tutto assonnato che si stropiccia gli occhi e si apre in uno sbadiglio gigante.
“Buongiorno.”
“Mh-mh” grugna, poco convinto. Dean è di pochissime parole, appena sveglio. Lei lo sa, quindi non dice altro e aspetta che sia lui a proferire parola, una volta ritenuto che sia il momento giusto per farlo .
Nat, intanto, mette la moca sul fuoco in attesa che l’acqua bolla e il caffè salga. Nel frattempo, si avvicina al frigo, dove estrae la scatola delle uova e dove Dean ingombra il passaggio, con la sua corporatura alta e massiccia, per bere del latte freddo direttamente dal cartone.
“Lo sai che se ti vede Sam ti rimprovera, vero?”
Il cacciatore finisce il suo lungo sorso di latte e poi: “Ma Sam non è qui. Sarà il nostro piccolo segreto.”
Natalie scuote la testa, sorridendo, e si dirige verso il piano cottura con le uova in mano. Dopo aver sistemato la padella sul fuoco, aspetta che l’olio si scaldi.
“Nat.” Dean la chiama, così lei si volta, ma il cacciatore si è già avvicinato e la guarda intensamente, come se stesse pensando al modo giusto per iniziare una conversazione importante. Il fatto che spenga il fuoco sotto la padella, conferma l’ipotesi e Nat capisce che sarà una cosa seria e magari anche lunga. “Volevo parlarti.”
“Dimmi..” quando dicono che la frase volevo parlarti/dobbiamo parlare/ho bisogno di dirti una cosa mette ansia, hanno ragione.
Dean si passa una mano sulla faccia: “Io.. i-io..” si blocca, sospira e ricomincia: “Mi dispiace. Per tutto. Per tutto ciò che è successo in questo anno; per essermene andato senza dire niente, per la storia di Lisa, di Ben, di tutto quello che ho fatto.”
“Dean..”
“Aspetta, fammelo dire, ne ho bisogno. Ho.. io ho pensato a come mi sono comportato e, se prima pensavo di fare del bene, adesso mi rendo conto di quanto ho incasinato le cose. Insomma, prima lascio te e Bobby senza una spiegazione, poi scappo da una donna con cui creo una vita che so che non mi appartiene. Ho fatto soffrire te, Bobby, Lisa e Ben. Ed era l’ultima cosa che volevo.” Fa una pausa, ma Natalie ha la sensazione che non abbia finito, quindi non interviene.
Dean per un momento si trova a rivivere la conversazione che ha avuto con Lisa prima che Castiel rimuovesse dalla sua memoria il ricordo del tempo passato insieme.
Si rivede in piedi, davanti a lei, nella cucina della donna. Lisa l’aveva guardato con i grandi occhi scuri, già consapevole che le parole che sarebbero uscite dalla bocca di Dean non sarebbero state di certo piacevoli.
Sei qui per dirmi che non tornerai da noi, non è vero?
Dean, con lo sguardo fisso negli occhi della donna, aveva fatto un cenno di negazione con la testa.
Me lo sentivo, sai? Sentivo che tutto sarebbe cambiato quando l’ho incontrata. Lei era la donna della foto, la donna che amavi e di cui non avevo il coraggio di chiederti niente perché sapevo quale sarebbe stata la risposta.
Lisa si era passata una mano tra i capelli, aveva fatto vagare lo sguardo per la stanza, cercando di trattenere le lacrime. Lacrime che non avevano solcato il suo viso. Lisa era estremamente orgogliosa, non si sarebbe mai fatta vedere piangere.
La chiamavi nel sonno, sai? Le tremava la voce e gli occhi erano lucidi come due specchi d’acqua, resi improvvisamente liquidi dalle lacrime che venivano tenute a bada.
Pronunciavi il suo nome, e non c’è stata una volta che non ti ho sentito. Non chiedermi come, ma avevo capito che se non stavi più con lei, era perché circostanze più grandi di voi vi avevano separati, non certo perché non vi amavate più. Mi sentivo come se tua moglie fosse morta improvvisamente e tu, nonostante fossi ancora innamorato di lei, avessi accettato di imparare ad amare un’altra. Io ero l’altra. La seconda donna che impari ad amare, consapevole del fatto che non sarà mai come la prima. Tu le appartieni. E le apparterrai sempre.
Lisa, io…
Dean si era avvicinato, ma Lisa aveva fatto un passo indietro, voglio bene a te, voglio bene a Ben. Ho sbagliato ad entrare nelle vostre vite e di questo vi chiedo scusa. Non mi perdonerò mai per avervi coinvolti in tutto questo. Ma voglio rimediare.. e in quel momento era apparso Castiel, che aveva toccato la fronte di Lisa e poi quella di Ben – che si trovava nella stanza accanto, fingendo di seguire un programma in televisione, quando invece la sua attenzione era rivolta tutta ai due adulti in cucina – e si erano dileguati, lui e l’angelo. Senza voltarsi. Era giusto così. Per loro era giusto che si dimenticassero dell’esistenza di Dean Winchester e si costruissero una vita normale, la vita che entrambi meritano.
“E poi tu hai pensato che l’avessi fatto per l’incidente.” Continua Dean, tornando al presente. “Non avevo mai pensato che potesse venirti in mente, e quando me l’hai fatto notare, mi sono sentito ancora più verme di quanto non mi sentissi già. Sono stato impulsivo e irrazionale. Mi dispiace, Nat.”
Lei gli afferra il viso tra le mani, sentendo la soffice peluria della barba sotto ai palmi: “Lo so. So che ti dispiace, so che hai agito in buona fede e so che non volevi ferire ne me, ne Bobby, ne Lisa e Ben. Non mentirò dicendo che non mi hai fatta soffrire, perché l’hai fatto. Te ne sei andato da un’altra donna senza dirmi niente, ma sei tornato. Mi hai spiegato le tue motivazioni, stai rimediando. Entrambi abbiamo commesso errori, non dimenticartelo, Dean. L’abbiamo sempre saputo, solo che adesso siamo disposti a vedere che la colpa è da entrambe le parti e a  cercare di ripartire. Le liti, i momenti no, capitano. Dobbiamo solo capire se siamo disposti ad affrontarli per ricominciare. Vuoi ricominciare, Dean?”
Dean le stringe i polsi: “Si, voglio ricominciare.”
“Allora ricominciamo. Che questo anno ci serva per imparare, per ricordarci che prima di fare dei casini, dando retta agli istinti, è meglio pensare e parlare tra di noi.”
L’uomo, tenendole i polsi tra le mani, le porta le braccia intorno al proprio busto, così Nat stringe la presa, mentre Dean a sua volta la ingloba in un abbraccio.
“Dispiace anche me,” sussurra poi Nat, “se penso a ciò che ho fatto mi sento in colpa. Avrei dovuto reagire in maniera diversa,” si blocca, ripensando alle parole che ha detto a Sam quando hanno chiarito tra di loro, “avrei dovuto cercare di rimanere solida, ferma, ma in quel periodo mi sentivo così fragile e Sam sembrava così saldo che mi ci sono aggrappata nel peggiore dei modi..” sente una lacrime solitaria solcarle il viso, “mi dispiace, Dean. Tornassi indietro non lo rifarei.”
“Tornassi indietro, nemmeno io mi comporterei come mi sono comportato.”
Le persone commettono errori. Ogni giorno.
Chiunque compie delle scelte che inizialmente sembrano giuste, e poi se ne pente.
Chiunque in un momento di debolezza, assume comportamenti che non avrebbe mai immaginato di assumere.
Le situazioni, le circostanze, ci cambiano. Tirano fuori lati dell’uomo che l’individuo stesso non sapeva di avere. Forse, in ognuno di noi vive un mostro, una parte oscura, che fa si che la nostra solita natura venga accantonata e abbandonata fino a che l’oscurità rimane al comando.
I così detti momenti bui, i momenti di smarrimento, di perdizione.
L’uomo si perde, ma sa anche come ritrovarsi.
Sa come tornare sulla retta via, sa come debellare l’oscurità rinchiudendola in un angolo remoto del suo essere per lasciare poi che la sua luce brilli di nuovo, più luminosa di prima, più forte di prima.
I periodi neri rafforzano gli uomini molto più di quanto si possa pensare.
E questo anno, ha fatto si che Natalie e Dean si rafforzassero, che capissero che, se stanno insieme, è perché vogliono stare insieme; ha fatto si che capissero quanto sono importanti l’uno per l’altra e quanto sia fondamentale la presenza dell’uno nella vita dell’altra e viceversa. Questo periodo oscuro ha fatto si che capissero quanto sono forti insieme, che per quanto possano ergersi delle difficoltà davanti a loro, niente è in grado si separarli perché troveranno sempre il modo di tornare l’uno dall’altra.
Perché si amano.
Perché si appartengono, ora e sempre.
Dean le appoggia il mento sulla fronte e le accarezza la schiena: “Ti amo, Nat.”
Il cuore di Natalie si blocca per un attimo, prima di ripartire all’impazzata. Nove anni insieme e mai una volta quelle parole sono uscite dalla bocca di Dean. Mai. Come è già stato detto, Dean aveva modi diversi per dimostrare quanto teneva a lei e cosa provasse per lei. Nat ha sempre saputo che l’ama, ma sentirselo dire è tutta un’altra cosa.
Si allontana per guardarlo in viso, per avere l’assoluta certezza che le parole che sente risuonare nelle orecchie siano effettivamente uscite dalla bocca dell’uomo che ha davanti.
“Ridillo.”
Dean sorride, intenerito dal tono emozionato di Natalie: “Ti amo.” La bacia sulle labbra. “Ti amo.” Un altro bacio. “Ti amo-Ti amo-Ti amo-Ti amo-Ti amo.” E tra un ti amo e l’altro la riempie di baci su tutto il viso, facendo schioccare le labbra sulle guance di Nat, sulla fronte, sulle tempie e di nuovo sulla bocca – scatenando una risata cristallina da parte della ragazza che lo lascia fare, ben felice di quel momento affettuoso.
“Ti ho convinta?” chiede, tenendola tra le braccia.
Natalie, con le guance arrossate, annuisce, mordicchiandosi il labbro inferiore: “Convintissima.”
“Posso ritenermi soddisfatto, allora.”
Nat si alza sulle punte per dargli un bacio che Dean fa in modo di approfondire.
“Mi aiuti a preparare la colazione?”
“Certo.”

“Sei sempre stato più bravo a mangiare che a cucinare!” la risata di Natalie riempie la cucina, mentre Dean, alle prese con un pancake bruciato tenta di staccarlo dalla padella, dove è rimasto incollato. Frittella infame.
Nat osserva il cacciatore alle prese con una spatola mentre scrosta la frittella carbonizzata dalla superficie della padella, impegnandosi a tal punto che sulla sua fronte compare una ruga di concentrazione.
“Perché invece di offendermi non provi ad aiutarmi?”
“Perché è più divertente guardarti!”
Dean tenta ancora un po’ di pulire il suo macello, fino a quando non si arrende. Date a quest’uomo un wendigo e lui gli darà fuoco senza la minima difficoltà, date a quest’uomo una padella e lui brucerà ogni frittella.
“Non ci riesco!”
Nat, sempre ridacchiando, si avvicina a lui, posizionandosi al suo fianco. Mette la piccola mano sopra quella di Dean e lo aiuta a scrostare il pancake, con fare delicato ed esperto.
“Ci hai messo poco olio e quindi l’impasto si è tutto attaccato e bruciacchiato.”
“Ho notato!”
“Non è la fine del mondo. Adesso laviamo tutto e il problema è risolto!” Natalie apre l’acqua della fontana, insaponando la padella dopo aver tolto il pasticcio di Dean.
Dean la osserva mentre strofina la padella insaponata e poi la mette sotto l’acqua. Mentre è intenta nel risciacquo, l’uomo si mette dietro di lei e l’abbraccia, cingendole la vita e appoggiando il mento ad una sua spalla. Natalie sorride.
Dean avvicina le labbra al suo collo, lasciandole piccoli baci delicati. Si trova a pensare a quanto sia bello poterla ritoccare, poter sentire di nuovo la sensazione di calore nel petto ogni volta che lei gli permette di stringerla tra le braccia. È come se quel muro tra di loro fosse stato abbattuto e le macerie scavalcate. Si sono ritrovati e adesso non hanno intenzione di separarsi di nuovo. È come se il suo essere altro non volesse che tornare a percepirla al suo fianco, fisicamente e spiritualmente, come se non solo i loro corpi fossero tornati in sintonia, ma anche le loro anime. Soprattutto le loro anime. Quelle stesse anime scheggiate, andante in frantumi, rovinate, che adesso si stanno ricostruendo, si stanno aggiustando grazie alla vicinanza dell’uno nella sfera vitale dell’altra. Non sono più soltanto due cacciatori che cercano di risolvere un caso, sono di nuovo due persone – che si muovono e vivono in armonia, come un organismo perfetto, tornato funzionante dopo essere stato danneggiato, come una macchina a cui è stato dato l’olio per fare in modo che i suoi circuiti tornassero a muoversi perfettamente.
Ora che si sono ritrovati, Dean ha solo voglia di toccarla, di percepirla, come se non volesse fare altro che ricordare a se stesso e alla sua mente che lei è di nuovo lì al suo fianco e non è un sogno, o un ricordo, no – tutto sta piano piano riprendendo la strada del ritorno e loro potranno nuovamente stare insieme, come una volta.
“Mi distrai.”
“Era il mio scopo.” Sorride soddisfatto, notando , sulla pelle di Natalie, i piccoli brividi che i suoi baci hanno provocato.
Nat sorride e gira su se stessa per incrociare il viso di Dean – che la guarda in quel modo languido che le fa tremare le ginocchia e attorcigliare le budella. Le è mancato tutto questo. Lui le è mancato.
“Scopo raggiunto.”
Dean ride, mentre Nat gli stampa un bacio leggero prima di scivolare fuori dalla sua presa e preparare la tavola per la colazione. Il cacciatore inizia ad aiutarla e insieme sistemano i piatti, le tazze e tutto l’occorrente, poi Natalie torna ai fornelli per finire i pancake.

“Cucini sempre troppa roba, te l’hanno mai detto?”
Quando si volta, Natalie incrocia lo sguardo di Sam, che sorride. È già cambiato – a differenza sua e di Dean che indossano ancora ciò che usano per dormire – e indossa una camicia a quadri beige e neri e un paio di jeans.
Dean fa una smorfia di disgusto e poi: “Quella camicia è orrenda!”
“Un po’ come la tua faccia!”
Natalie, nonostante sia fortemente tentata di dissentire, ridacchia – più per la naturalezza con cui si offendono, che per quello che si dicono. Quello tra Sam e Dean è un rapporto che difficilmente si trova tra due esseri umani. Sono due corpi e un’anima. Si vogliono un bene profondo, complice anche il fatto che fin da piccoli non avevano nessuno, se non l’un l’altro.
“Perché cucini sempre come se a mangiare dovesse venire un esercito?” domanda Sam, passando lo sguardo sulle uova, il bacon, i pancake e la frutta tagliata a pezzettini che sono ordinatamente sistemati in vari piatti diversi sul tavolo della cucina.
“Perché voi mangiate quanto un plotone!” afferma, andando ad alzare la colonna di pancake con altre frittelle. “Ecco, adesso è tutto pronto. Sedetevi, vado a chiamare Bobby.”

Bobby Singer, seduto alla scrivania del suo studio, sente fuori dalla porta scorrevole i passi di Natalie che si avvicina. Rimane in attesa di vederla sbucare e, quando lo fa, nota sul suo viso una luce che non le vedeva da un bel po’. È come se la sua bambina stesse tornando in contatto con la felicità, come se stesse riemergendo dal quel luogo oscuro dove era finita nell’ultimo anno e da cui, stava tentando di riemergere con le sue sole forze. Il fatto è che per quanto qualcuno possa essere forte e in grado di sollevarsi da solo, tutti hanno bisogno di qualcuno al proprio fianco che sia lì accanto a noi, mentre ci salviamo da soli.
Natalie non ha bisogno di un cavaliere dalla brillante armatura che la salvi dalla torre più alta del castello tenuto sotto osservazione dal drago; Natalie il drago lo uccide da sola, ma ha bisogno, come tutti noi, di sapere che tornando a casa ci sarà qualcuno ad aspettarla, a fare in modo che non si senta sola.
E con l’assenza di Dean, Natalie ha sentito la solitudine piombarle addosso come un macigno ingestibile. Per questo si è persa. Ma adesso, sta ritrovando la via di casa.
“Buongiorno! La colazione è pronta, vieni?”
Il suo sorriso è solare, i capelli ramati e lunghi le incorniciano il viso dalla pelle perlacea, ma luminosa – perdendo così, quel colorito quasi grigiastro che ha avuto nell’ultimo periodo – e i suoi occhi… i suoi occhi sono di nuovo due stelle, così brillanti e pieni di vita, di entusiasmo. Come quelli della sua mamma. Susan aveva gli stessi occhi della sua bambina, medesimo colore, medesima intensità. Dio, quanto gli manca sua sorella.
“Certo.” Sorride anche lui, cercando di tenere a bada la tristezza provocata dal ricordo di Susan – una ferita fin troppo aperta, nonostante siano passati moltissimi anni. “Sto morendo di fame!”

“Dobbiamo parlare di come agiremo, ragazzi.” Afferma Bobby, seduto al tavolo insieme ai suoi. Guarda le facce di tutti e tre, intenti a masticare la loro colazione. Gli fanno persino tenerezza, con le guance piene come dei piccoli scoiattoli.
“Affolutamente!” concorda Dean, con la bocca piena. Non ha ancora finito di ingoiare il boccone che si infila in bocca un’altra forchettata di uova.
“Dean, devo davvero rimproverarti di non parlare con la bocca piena?”
Dean guarda Bobby e fa un cenno di negazione con la testa. Nat e Sam ridacchiano sotto i baffi. La ragazza addenta un pancake, mentre Sam da un morso ad una striscia di bacon.
“Allora, sappiamo che nella biblioteca dei Campbell c’è qualcosa che può tornarci utile, ma non sappiamo cosa..”
“Ficuramente un libro!” lo interrompe Dean.
Bobby gli lancia un’occhiataccia truce: “Grazie, genio. Pensavo che nelle biblioteche ci fossero dei dolcetti. Se devi aprire bocca per sparare stronzate e sputacchiare la tua colazione, vedi di tacere.”
Dean fa per ribattere, ma un’ulteriore occhiata perentoria di Bobby fa si che il giovane torni a capo chino sulla sua colazione.
Natalie e Sam devono fare uno sforzo mortale per non scoppiare a ridere.
“Oggi stesso andremo a curiosare in quella biblioteca, così vedremo se Morte aveva ragione o gli piace solo prenderci per il culo. Siete d’accordo?”
I tre annuiscono.
“Sam ci farà da guida. E speriamo davvero di trovare qualcosa.”

                                                                                                         ***

È tardo pomeriggio quando i quattro cacciatori si calano nella botola dell’edificio apparentemente abbandonato per entrare nella biblioteca dei Campbell. La stanza è piccola, ma estremamente pulita e piena, zeppa di libri. L’unico spazio lasciato libero è quello assegnato al tavolo. A parte quello – e i libri, ovviamente – in quella stanza non c’è altro.
“Occupatevi di un settore a testa.” Ordina Bobby e subito i ragazzi obbediscono.
Natalie si trova a pensare, scorrendo i titoli dei libri presenti nello scaffale che ha di fronte, che non pensava ci fosse qualcun altro, al mondo, con la stessa mania di Bobby Singer per quanto riguarda tenere in ordine libri sulle leggende sovrannaturali – o libri in generale.  
Ogni tomo, infatti, è in ordine non solo alfabetico, ma anche cronologico. Ci sono volumi appartenenti a secoli fa che hanno le pagine talmente ingiallite che Nat ha persino paura di sgretolarli, toccandoli.
“Ho trovato qualcosa!” afferma Sam, con una nota quasi vittoriosa nella voce. “Venite a vedere!” Il minore dei Winchester, seduto al tavolo, sta leggendo un vecchio libro che dovrebbe appartenere più o meno al secolo scorso. I presenti, Dean escluso che rimane vicino al suo scaffale, si avvicinano al tavolo: Bobby si siede a capotavola, mentre Nat rimane in piedi alla sinistra di Sam, con gli occhi bassi sul tomo aperto che il ragazzo ha di fronte.
“La Madre può essere uccisa dalle ceneri di una fenice.” Legge Sam, indicando il punto preciso così Nat può leggere a sua volta. “Per quanto ne sappiamo, però,” continua il minore dei Winchester con una punta di delusione, “le fenici sono uccelli leggendari.”
“L’unico che ho visto è sulla schiena di Natalie,” commenta Dean, ancora scrutando lo scaffale del settore preso da lui in esaminazione, “quindi si, siamo fottuti. A meno che scuoiare Nat non sia la soluzione, in quel caso potremmo vedere come va.” Solo in quel momento smette di concentrarsi momentaneamente sui libri per voltarsi verso l’interessata e farle una boccaccia.
“Sei divertente quanto un gatto attaccato alle pal-”
“Natalie!!” la interrompe Bobby prima che finisca la frase. Il cacciatore ha sempre avuto questa abitudine fin da quando lei era bambina – di solito, fino a che Nat non ha raggiunto i sedici anni, la rimproverava dicendo Natalie, linguaggio! poi quando ha cominciato ad essere più grandicella, la rimproverava pronunciando solo il suo nome.
“Non è un linguaggio da signorina!” la prende in giro Dean, così lei gli mostra il dito medio senza nemmeno troppi rimorsi. Tecnicamente, non è un linguaggio verbale. Bobby non l’ha mai rimproverata per quello corporeo, quindi non sta facendo un torto a nessuno, no? E Dean si meriterebbe quel dito infilato su per il- avete capito.
“Ragazzi!” li chiama Bobby, con un tono quasi supplicante, che sta a dire vi prego, siete adulti. Comportatevi come tali, brutti idioti.
“Cos’altro dice sulla Madre?” Bobby si massaggia le tempie. Dean torna a prestare attenzione al suo scaffale. Sam fa scorrere gli occhi sul libro, così come fa Natalie, ma sembra che le informazioni utili siano finite. Le fenici, uccelli mitologici che risorgono dalle proprie ceneri, non sono mai state concretamente avvistate.
“Questo è il grande aiuto di Morte?” sbotta Sam. “Sapere che l’unica cosa che uccide la Madre in realtà non esiste?”
“No.” Risponde Dean, che sembra quasi sovrappensiero. Al tavolo, Sam, Bobby e Natalie portano lo sguardo su di lui nello stesso momento e lo trovano intento a leggere un libro, più piccolo rispetto agli altri e meno malconcio. “Sentite qua: 5 Marzo 1861, Sunrise, Wyoming – la pistola oggi ha ucciso una fenice ed è rimasto solo un cumulo di ceneri fumanti.”
“Cosa stai leggendo, Dean?” gli domanda Natalie, mentre lui si avvicina al tavolo e si mette a sedere. Il cacciatore tiene il segno sulla pagina con l’indice e, chiudendolo, mostra la copertina ai presenti.
“Il diario di Colt.”
“È il suo??” domanda Sam, “Fammelo vedere!” il minore si allunga sul tavolo per cercare di raggiungere suo fratello, ma Dean si scansa, tirando il diario a se.
“L’ho trovato io!” esclama, con un tono quasi infantile, tenendolo stretto in petto e mettendo i piedi sopra al tavolo, incrociandoli l’uno sull’altro.
Bobby fa roteare gli occhi al cielo, ormai privato di ogni minima speranza che un giorno quei due – e a tratti si sente di includere anche Natalie – diventino adulti al cento per cento. “Non dice altro?” domanda, poi.
Dean fa scorrere le pagine, lasciando che il loro cartaceo fruscio riempia la stanza: “No. Nient’altro.”
“Bene,” Sam si passa una mano tra i capelli, “dobbiamo trovarcene un’altra.”
“Certo, perché si sente tutti i giorni di qualcuno che avvista fenici, no?”
Sam si volta verso Natalie, lanciandole un’occhiataccia: “Non c’è bisogno di essere sarcastici!”
“La soluzione, in realtà,” comincia Dean, quasi gonfiando il petto, “è proprio sotto ai nostri occhi!”
“Ah, si? Illuminaci.” Bobby incrocia le braccia, in attesa.
“Sappiamo che a Sunrise, nel Wyoming, il 5 Marzo 1861 una è stata uccisa. Andremo indietro nel tempo e aiuteremo Colt a farla fuori. Friggiamo l’uccellaccio e ci becchiamo le ceneri.”
“Tecnicamente, friggerla non è proprio la cosa adatta da far-”
“Sta’ zitto, Sam. Hai capito cosa intendevo!” Dean fa un gesto con la mano, come se dovesse scacciare una mosca.
“Questo è il tuo grande piano?” Bobby lo guarda scettico.
“Conosciamo qualcuno che può aiutarci, quindi perché no?”
“Ma come la riconosceremo? Pensi davvero che un uccello fiammeggiante si materializzerà davanti ai nostri occhi? Non sappiamo che forma può assumere.” obietta Natalie.
“Non abbiamo altra scelta se non tornare nel 1861. O la fenice di Colt, o aspettiamo che la Madre tramuti questo mondo in un parco giochi per i suoi figlioletti mostruosi.”
Nat si fa pensosa. Ha senso. Per quanto possa sembrare assurdamente folle – ma del resto, cosa nella loro vita non è folle? – il piano di Dean potrebbe funzionare.
“D’accordo.” afferma, “Quindi chiami Castiel, gli chiedi di spedirci nel 1861 e ci mettiamo a cercare la fenice. Avremo bisogno di tempo, però. Non possiamo farci spedire direttamente al cinque marzo, sarebbe troppo rischioso.”
“Facciamo il quattro, allora.” Interviene Sam. “Avremo più tempo.”
“Giusto.”
Mentre i due discutono sulla tempistica, Dean se ne esce con un lapidario: “Tu non verrai.”
Natalie sposta la sua attenzione da Sam per portarla su di lui: “Come, scusa?” chiede, aggrottando le sopracciglia.
Dean incrocia le braccia e allarga le gambe, quasi come se dovesse mettersi sulla difensiva, come se dovesse prepararsi a parare un’esplosione –l’esplosione dell’ira di Natalie nei confronti di quell’affermazione. Ma non ha intenzione di demordere: “Mi hai sentito. Non fare quella faccia, Nat.”
Il suo tono non ammette repliche e questo la fa terribilmente innervosire. Siamo alle solite. Cosa hanno parlato a fare, se devono sempre commettere gli stessi errori?
La ragazza fa schioccare la lingua sul palato: “Alle solite, no? Scordatelo. Io vengo con voi. Questione chiusa. Apri di nuovo la bocca per obiettare e ti prendo a calci nel culo.”
“Tu non andrai.” Questa volta, però, è Bobby a parlare. La ragazza si volta verso di lui, incredula, come se si sentisse tradita dalla sua spalla portante. Bobby, di solito, ha sempre cercato di fare ragionare Dean quando si metteva in testa cose come queste, ovvero impedire a Nat di fare qualcosa perché lui la riteneva una cosa pericolosa, nonostante la cacciatrice avesse tutte le capacità per riuscire nell’impresa, ma adesso.. adesso sulla sua faccia è stampata un’espressione così seria e decisa che Natalie non riesce a vedere l’uomo che più volte la spronava a partecipare, o spalleggiava il suo punto di vista, ma è come se vedesse una versione anziana di Dean – Dean, che a sessant’anni le dirà che non deve fare cose pericolose perché lui ha deciso che non è opportuno rischiare.
“Non ti ci mettere anche tu, adesso! Perché non vuoi che vada?”
“Perché devi riprenderti da quello che hai passato e un viaggio indietro nel tempo non ti fa bene. Rimarrai a casa con me.”
“No.”
“Si. Caso chiuso. Disobbedisci e ti prendo a calci nel culo.”
Natalie sente la rabbia montarle dentro. Come si permettono di dirle quello che deve o non deve fare? Capisce benissimo che hanno avuto paura, negli ultimi giorni, che diavolo, lei stessa sa cosa significa sentire lo stomaco arrotolato su se stesso dal terrore di perdere qualcuno, ma non ha mai impedito che questo qualcuno non facesse una cosa che voleva fare. Piuttosto ha fatto in modo di proteggere questo qualcuno nella sua impresa, affiancandolo e abbracciando la causa. Ricorda quando Ellen aveva vietato a Jo di cacciare e la ragazza era scappata dal Road House per seguire le orme del padre.
Non sotto il mio tetto, signorina! Aveva detto Ellen, quando la figlia le aveva comunicato come avesse intenzione di spendere la sua vita e al rifiuto della donna, la giovane era fuggita.
Nat, per quanto detestasse fare una cosa che Ellen non approvava e, soprattutto, capisse quanto poi le conseguenze sarebbero state dure per entrambe – Ellen arrabbiata faceva più paura di qualsiasi mostro – aveva aiutato Jo, erano diventate compagne di caccia e l’aveva poi convinta a riappacificarsi con sua madre. Perché va bene abbracciare la causa di un’amica, ma era assolutamente necessario che madre e figlia tornassero a convergere, che capissero una il punto di vista dell’altra e trovassero un punto di incontro per riuscire a convivere senza necessariamente scontrarsi.
Era, quella di Jo, una decisione che approvava? No! Ma cosa ha fatto? L’ha rispettata! Perché quei due zucconi non possono rispettare anche la sua decisione?
“Non potete scegliere per me. Non avete il diritto di scegliere per me! Non ho tre anni, decido da sola cosa fare o non fare!”
“No.” Affermano con tono perentorio e solenne i due cacciatori – nemmeno a farlo apposta, hanno parlato in sincronia.
Natalie, momentaneamente spaesata, cerca lo sguardo di Sam per ricevere appoggio, ma il più giovane dei Winchester la guarda come se volesse chiederle scusa – segno, quello, che per quanto possa capire la visione di Natalie, è d’accordo con suo fratello e Bobby. Nessuno, in quella stanza, vuole rischiare che a Natalie succeda qualcosa, non dopo l’ultima volta.
A quel punto, però, Nat sbotta: “Quindi è così che stanno le cose? Siccome ho rischiato di morire adesso mi terrete sotto ad una campana di vetro? Perché? Perché sono fragile? Non sono mai stata fragile, ho sempre combattuto con la stessa grinta di voi ragazzi,” guarda prima Dean e poi Sam, “e mi hai insegnato a pensare in modo da trovare una soluzione ad ogni problema!” il suo sguardo si posa su Bobby, “Non mi avete mai fatta sentire una principessina in pericolo, perché volete farlo adesso?”
“Nat, non devi viverla così…” comincia Bobby.
“È solo che ciò che hai vissuto negli ultimi giorni è stato una batosta.” Continua Dean, “Cerca di capire, Nat. Nessuno qui pensa tu sia da tenere sotto ad una campana di vetro. Non vogliamo rischiare.”
“Conosciamo tutti il tuo valore,” aggiunge Sam, “non abbiamo certo bisogno di conferme. Vogliamo solo stare tranquilli.” 
“È frustrante.” Dice Nat, passandosi una mano tra i capelli sciolti. Dean le si avvicina, lentamente, e le appoggia una mano sulla spalla. Quando lei non si ritrae, sistema le proprie mani sul suo viso.
“Se ci fossi io al tuo posto, che faresti?”
Natalie si trova a pensarci su. Se fosse Dean quello che è rimasto in coma per quattro giorni dopo aver rischiato di morire, cosa farebbe? Lo sottoporrebbe ad un trattamento che potrebbe indebolirlo? No. Lo salvaguarderebbe. Farebbe in modo e maniera da evitare di coinvolgerlo nell’impresa finché non è assolutamente certa che abbia riacquistato in pieno le sue forze.
Non si tratta di sottovalutazione, o di sminuire le sue capacità, si tratta di prevenzione. E come dice un vecchio detto, è meglio prevenire che curare.
Natalie sospira: “Ho afferrato. D’accordo, non verrò.”
Dean sorride, più rilassato: “Grazie.”
“Ma fate attenzione.”
                                                                                                    ***

La chiamata a Castiel era stata rapida, ma non così tanto tranquilla come si aspettavano. Infatti, prima che comparisse l’angelo, aveva fatto apparizione un altro angelo, Rachel, luogotenente delle truppe di Castiel, così devota alla causa che aveva preferito abbassarsi a rispondere ad una preghiera pronunciata da degli insulsi mortali piuttosto che disturbare Castiel. A Natalie il suo modo di fare non era piaciuto per niente. Soprattutto quando li aveva definiti dei miseri esseri inferiori. La cacciatrice era esplosa intimando alla bionda Rachel di togliersi la scopa dal culo e trattarli con un po’ più di rispetto. E Bobby, questa volta, non aveva avuto niente da ridire sul linguaggio usato dalla cacciatrice.
Castiel era apparso prima che la lite tra le due donne sfociasse in un vero e proprio combattimento. Dean, in realtà, avrebbe voluto vedere come finiva – aveva già sussurrato all’orecchio di Sam che scommetteva cinquanta dollari che Natalie avrebbe fatto a pezzi la bionda. Sam, aveva alzato gli occhi al cielo e gli aveva detto che non era ne il momento ne il luogo adatto per fare l’imbecille.
Guastafeste, aveva commentato il maggiore a denti stretti.
Dopo che Rachel era stata liquidata da Castiel – con grande soddisfazione da parte di Natalie – i ragazzi avevano spiegato il loro piano all’amico, che si era trovato d’accordo sulla scelta della tempistica.
Potrete rimanere nel 1861 solo per ventiquattro ore, se non tornate entro lo scadere del tempo, rimarrete bloccati là.
Ce la faremo,
era stata la risposta di Dean, che sentiva già lo sguardo angosciato di Natalie addosso.

“Ce la faranno, non è vero?” domanda Natalie, fissando l’orologio attaccato alla parete dello studio di Bobby, dove la donna si trova insieme al vecchio cacciatore. Lei seduta sul piccolo divano, lui alla scrivania.
L’uomo alza gli occhi dal tomo che sta leggendo per portarli sulla ragazza: “Certo, ce la faranno. Sono in gamba, lo sappiamo entrambi.”
Nat annuisce, ma il suo nervosismo e la sua angoscia sono percepibili anche solo guardandola negli occhi. Si passa entrambe le mani tra i capelli, lanciando un’altra occhiata all’orologio.  
Castiel li ha catapultati nel 1861 due ore fa, ciò significa che mancano ancora ventidue ore. Hanno tempo, possono farcela.
Natalie sospira, mentre si passa i palmi sulle cosce, come se esalando aria alleggerisse il peso della sua ansia.
“Nat, se devi stare qui in queste condizioni, ti prego, vatti a fare un giro. Mi innervosisci.”
 Bobby tiene gli occhi fissi sul libro sotto al suo naso e Natalie riesce a vedere le pupille dell’uomo che scorrono da sinistra a destra, concentrati sull’argomento scritto in quelle pagine.
“Scusa.” mormora Natalie, lanciando un’ulteriore occhiata all’orologio. Fanno tre occhiate in quaranta secondi. “Che leggi?”
“La storia della creazione del Purgatorio.”
“Oh.” commenta Nat, alzandosi dal divano e avvicinandosi all’uomo, incuriosita. Si sistema alla scrivania, sedendosi sul tavolo e lasciando le gambe a penzoloni. Allunga il collo per riuscire a leggere senza infastidire Bobby. “Interessante.”
Natalie ha letto soltanto tre righe della pagina quando i fogli sparsi in quella stanza iniziano ad alzarsi, librando in aria come tanti bianchi coriandoli troppo grossi, e un tonfo sordo riecheggia in quelle mura: Castiel, a terra davanti alla scrivania, si tiene la pancia sanguinante.
“Cas, o mio Dio!” Nat scende con un balzo dal tavolo e si precipita ad aiutare l’angelo ad alzarsi. Lo accompagna sul divano mentre lui si appoggia a lei, privato delle proprie forze.
“Dio lascialo dov’è.” biascica Castiel, lasciando che Natalie lo aiuti a sdraiarsi sul divano. Non aveva mai notato quanto fosse soffice e morbido. In realtà, si trova a pensare Cas, non si è mai seduto sul quel mobile prima di adesso. Di solito, lo usano i ragazzi per schiacciare pisolini tra un caso e l’altro, mentre lui non ha bisogno di dormire, quindi non gli era mai capitata l’occasione.
“Si può sapere che è successo?” domanda la donna, visibilmente preoccupata, passando lo sguardo sulla ferita ancora sanguinante dell’angelo.
“Rachel. Mi ha teso una trappola.”
“Quella stronza altezzosa e malefica!” impreca Nat, dando un pugno al bracciolo del divano. “Dovevo sistemarla quando si è mostrata al tuo posto!” la cacciatrice apre la camicia di Castiel – facendo saltare gran parte dei bottoni –  per dare un’occhiata alla profondità della ferita. Sa che normalmente può guarirsi da solo, ma quando i danni sono fatti dalle spade angeliche la rimarginazione delle ferite sembra più difficile da compiere. E Castiel ha una faccia così bianca, grigiastra quasi, che Nat ha la sensazione non riuscirebbe a sistemare nemmeno un taglietto superficiale.
“Ci ho pensato io. È morta.” Esala prima di appoggiare la testa allo stesso bracciolo che prima era stato vittima dello scatto d’ira di Natalie.
La donna alza i suoi occhi sul viso dell’angelo, cercando di intuire cosa possa provare. E quando anche gli occhi blu di Castiel si allacciano a quelli della cacciatrice, Nat trova nello sguardo dell’amico ciò che si aspettava di trovare: tristezza, angoscia, sofferenza.
Anche se Rachel ha tentato di ucciderlo e l’ha tradito, era pur sempre una sorella e Castiel è stato costretto, ancora una volta, a togliere la vita ad un membro della sua famiglia per riuscire a sopravvivere. Tutto perché lassù, tra le nubi celesti, Raffaele vuole imporre la sua supremazia e annientare Castiel e la sua causa.
“Mi dispiace, Cas.” Nat gli stringe le mani e Castiel accenna una debole sorriso, alzando solo un angolo della bocca.
“Tieni,” dice Bobby, arrivando alle spalle della ragazza e passandole una cassetta del pronto soccorso, “ti servirà per ricucirgli la ferita. Mi sembra abbastanza seria.”  
Natalie annuisce e, dopo aver tirato fuori l’occorrente, inizia a medicare Castiel, che rimane in silenzio a guardare quel piccolo gesto premuroso, un gesto così raro da vedere, ultimamente – visto che tutto ciò su cui i suoi occhi si sono posati nell’ultimo periodo sono solo violenza, sangue e crudeltà – che non vuole perdersi nemmeno un minimo dettaglio.
Castiel si trova ad osservare le mani di Natalie, così piccole e morbide, che si muovono esperte per cucire i punti. Lo fa da quando era poco più di una bambina, è logico che abbia sviluppato una certa maestria nel curare, cucire, fasciare e disinfettare. Potrebbe fare l’infermiera, o la dottoressa, se il destino non avesse avuto già un piano dal principio, per lei. Il grande disegno divino voleva che Natalie Duvall diventasse una cacciatrice, una di quelle così brave da aiutare i Winchester nel loro cammino, preparandoli al momento in cui avrebbero detto si ai loro rispettivi arcangeli e avrebbero iniziato l’Apocalisse. Era convinto, quello sciocco del Destino, che Natalie avrebbe accettato di buon grado la battaglia tra Sam e Dean, perché dal momento in cui loro avessero iniziato a combattere, almeno non ci sarebbero state più perdite umane. Come se una guerra sovrannaturale potesse davvero risparmiare vittime. Come se davvero Natalie fosse stata disposta a perdere uno dei suoi due fratelli.
Il disegno divino, il destino, il fato, o chi per esso, non sapeva che ne Natalie Duvall ne i Winchester credono in qualcosa che possa distruggere l’umanità. O la loro famiglia. O il loro rapporto.
Hanno lottato per crearsi il loro destino e hanno vinto. C’è più forza nei suoi amici che in tutti gli angeli del Paradiso.
“Cosa sognavi di fare da bambina?”
Natalie si blocca di colpo, spiazzata da quell’improvvisa domanda, rimanendo con una mano ferma sul ventre di Castiel e con l’altra – che tiene un ago – a mezz’aria. Persino Bobby, rimasto fino ad ora a osservare i due in silenzio, si sente toccato da quel quesito.
“Che vuoi dire?”
“Prima di intraprendere questa strada, qual era il tuo sogno?”
Natalie torna ad occuparsi della ferita, con le guance inspiegabilmente rosse. “N-non lo so, io.. io sognavo di fare tante cose. Come tutte le bambine, credo.”
“La ballerina? Molte bambine sognano di danzare..”
“No.. i tutù mi mettevano a disagio.. io.. i-io fantasticavo su cose come diventare una cuoca professionista o un’allevatrice di cavalli.”
Bobby sorride, nostalgico. Ricorda benissimo quando la piccola Natalie, a sette anni, lo implorava di regalarle un pony per Natale.
Ti prego, zio Bobby. Devo imparare a occuparmi di un cavallo se voglio avere un maneggio tutto mio, da grande!
Mentre Castiel, dal canto suo, si trova a immaginare una giovane Natalie che a dodici anni, anzi che andare in Louisiana per imparare i segreti di una sacerdotessa voodoo, viene portata ad un corso di equitazione. I capelli raccolti in due trecce rosse fiammeggianti, rese ancora più accese al sole, così tanto da poter pensare che la stessa stella abbia deciso di propria spontanea volontà di andare ad intrecciare i capelli della ragazzina con il calore luminoso e il fuoco incandescente dei suoi raggi; il sorriso timido di fronte a quel cavallo – magari nero, o magari chiazzato – che le avrebbe insegnato come ci si occupa di quei mammiferi. E da lì, da quel giorno che Natalie avrebbe potuto vivere, sarebbero nate le basi per fare si che diventasse un’allevatrice con un maneggio tutto suo.
Ma Dio aveva un altro piano.
Dio non le ha dato un maneggio, Dio le ha dato un machete e ha fatto in modo che imparasse a decapitare vampiri, per essere in grado, un giorno, di affrontare una battaglia che avrebbe portato solo distruzione e sofferenza. Per fare in modo, un giorno, che fronteggiasse il Diavolo in persona, che combattesse contro di lui faccia a faccia, che lanciasse un grido di battaglia contro l’arcangelo, caduto dal Paradiso perché troppo presuntuoso, prima di infilzarlo con una spada angelica nel tentativo disperato di infliggerli almeno un minimo di dolore. Per fare in modo che quello stesso angelo ormai caduto, simbolo di ribellione, considerato dagli altri angeli quasi un abominio, l’afferrasse per il collo e lanciasse ad almeno tre metri da lui e da quel tentativo impossibile di ferirlo.
“I cavalli sono creature meravigliose.”
“Mi trovi d’accordo.” Natalie sorride, mentre finisce di cucire l’ultimo punto e tagliare il filo. Castiel la osserva mettergli una garza sterile sopra alla cucitura. Le vorrebbe far notare che non ha bisogno che sia sterile, a lui non possono venire le infezioni, ma tace – perché probabilmente Natalie lo sa benissimo da sola, ma vuole fare in modo che Cas non si senta solo, che capisca che c’è – e sempre ci sarà – qualcuno che sarà felice di occuparsi di lui ogni volta che ne avrà bisogno.
“Sai, per quanto mi riguarda, puoi ritenerti a tutti gli effetti una cuoca professionista..”
“Il tuo giudizio non è così valido, in realtà. Per te il cibo sa di molecole!”
Castiel accenna una debole risata – il dolore all’addome gli impedisce di farne una vera – e afferma: “Ciò non vuol dire che non abbia la capacità di percepire il sapore delle cose come lo percepite voi. Una volta l’ho fatto. E la tua torta di mele era squisita.”
Natalie sorride: “Allora, quando ti sarai ripreso del tutto, te ne preparerò una tutta per te. Adesso riposati, ne hai bisogno.”
La cacciatrice lo copre con un plaid e sistema meglio i cuscini per fare in modo che l’angelo sia comodo. A quel punto, contro ogni logica, Castiel si addormenta.



La prima cosa che Castiel sente, mentre i suoi occhi si aprono, è l’odore di olio, ma non quello per cucinare, quello che viene usato per pulire le armi e fare in modo che gli ingranaggi al loro interno scorrano perfettamente, evitando così che i meccanismi si inceppino nei momenti meno opportuni.
Lo riconosce perché è una cosa che ha imparato da Dean.
Secondo te perché la mia pistola non si inceppa mai?
Diceva sempre, ogni volta che lo guardava occuparsi con cura non solo della sua pistola prediletta – quella dal manico bianco – ma di tutte le armi.
Così, quando riesce finalmente ad aprire completamente gli occhi – strizzando più volte le palpebre per abituarsi alla luce – Castiel trova Natalie seduta alla scrivania – che ha ricoperto di pistole, fucili e armi che non sa riconoscere – intenta a pulire una pistola.
“Quanto ho dormito?” domanda con voce arrocchita. Si sente la gola secca e le labbra screpolate. Per non parlare di quell’improvvisa debolezza che l’ha colto non appena ha ripreso conoscenza. Lo sconto con Rachel deve averlo indebolito più di quanto pensasse. Deglutisce e nel farlo ha l’impressione di ingoiare ghiaia.
Natalie, alzando gli occhi su di lui, posa la pistola: “Quattro ore.” La donna lancia un’occhiata furtiva all’orologio.
“Fanno sei ore. Hanno ancora tempo, ma c’è un problema..”
A quelle parole, Natalie si irrigidisce, la schiena eretta in una posizione quasi innaturale, come se le stessero puntando un fucile sulla colonna vertebrale, il viso teso e improvvisamente grigiastro, gli occhi colmi di panico. Castiel ha addirittura l’impressione di riuscire a sentire le budella della donna attorcigliarsi su se stesse.
“Che problema?” la sua voce, nonostante lei si sforzi, trema.
“Sono troppo debole per riuscire a riportarli indietro. E temo non avrò recuperato abbastanza forze nemmeno tra diciotto ore.”
Natalie si passa una mano tra i capelli e si morde il labbro inferiore, facendolo sparire all’interno della bocca per qualche istante. In un primo momento, lascia che il panico si impossessi di lei e che la sua ondata la invada come il più violento dei maremoti (Se Cas non ha abbastanza forze, i ragazzi sono bloccati nel 1861 per sempre, senza una misera via d’uscita e ancora come cacchio faccio a tirarli fuori dal passato, se nemmeno un angelo è in grado di farlo?), tanto che sente il respiro accelerare e l’aria mancare, come se un grosso, enorme, infinitamente grande macigno abbia deciso di prendere la residenza dentro alla sua gola e posizionarsi sul suo petto, impedendole di respirare.
Ma poi, una parte di se trova la forza di scuoterla da quell’attacco di panico (Spiegami che aiuto potrai mai dare se ti fai prendere dal panico. Avanti, vedi di riprenderti e metti in moto il cervello. O li salvi te o non li salverà nessuno, perciò vedi di darti una mossa, signorinella!) e farla tornare in se.
Respira.
Inspira.
Espira.
Con calma.
Il cuore torna a battere regolare e il respiro smette di accelerare. Il macigno sembra si sia traferito da qualche altra parte, lontano da lei.
“D’accordo, vediamo di pensare ad un’alternativa. Ci dev’essere un altro modo, no?”
“Un altro modo c’è,  in effetti. Ma potrebbe essere pericoloso.”
“Cosa ti serve?”
Castiel sembra esitare un attimo, come se dovesse pensare a fondo se informarla o no sull’alternativa. Poi, lo sguardo speranzoso formatosi sul viso di Natalie fa si che l’angelo decida di parlare: “Ho bisogno che tu mi faccia toccare la tua anima. In quel modo, sarà come ricaricarmi e avrò abbastanza forze per riportarli qui.”
La notizia le provoca un immenso senso di sollievo che si irradia per tutto il corpo di Natalie, come balsamo caldo.
“Ci sto.”
Sul viso di Castiel si dipinge un’espressione preoccupata: “Sai a cosa andrai in contro?”
Natalie, per un attimo, rivede Castiel infilare il braccio dentro al petto di Sam; il viso del cacciatore, contratto in una smorfia sofferente, rigato dalle lacrime; la voce supplicante di Sam che implora l’angelo di farla finita le riempie le orecchie. Il minore dei Winchester deve aver sofferto moltissimo.
“Potrebbe farti davvero, davvero molto male.”
Potrebbe ucciderti – è ciò che Nat legge nell’espressione di Castiel.
“Lo so. Ma si tratta di Dean e Sam. Non li lascerò laggiù. Se c’è anche solo una possibilità di riportarli indietro, voglio sfruttarla.”
Castiel annuisce, così Natalie si avvicina a lui.
La donna si sistema al suo fianco, sul divano, mentre Castiel si mette seduto. Si alza la manica destra dell’impermeabile e della camicia, ormai priva di bottoni, e portando la mano sinistra sulla spalla di Nat, le domanda: “Sei sicura?” la guarda dritta negli occhi, per avere l’assoluta certezza che quella a cui stanno andando in contro sia la vera volontà di Natalie.
“Sicurissima. Comincia.”
Castiel avvicina lentamente il suo braccio all’altezza del ventre di Natalie e, prima di cominciare, le lancia un’ultima occhiata a cui la cacciatrice risponde con un cenno d’assenso con la testa. A quel punto, l’angelo inizia a far avanzare il proprio braccio all’interno del ventre di Natalie. All’inizio, il dolore le sembra quasi sopportabile, come un pizzico costante, un lieve bruciore, come quando una piccola goccia d’olio schizza dalla padella e finisce sopra alla mano – brucia, e continua a farlo, ma è del tutto sopportabile. Piano piano che Castiel avanza, però, il dolore aumenta sempre di più, trasformandosi in qualcosa di sempre più acuto e pungente, come una lama, fredda e bollente allo stesso tempo, che viene conficcata sempre più in profondità, desiderosa di strappare i lembi della pelle in cui viene fatta sprofondare. L’impressione che ha Natalie è che il braccio di Castiel abbia i denti e la stia prendendo a morsi, lacerandole la pelle e mangiando tutto ciò che trova nel suo cammino. È diventato un dolore così forte, intenso e crescente, che non può fare a meno di piangere – anche l’urlo che lei si era formato in gola non appena aveva sentito il dolore aumentare, e che fino ad ora aveva trattenuto mordendosi con forza l’interno di entrambe le guance fino a farle sanguinare, esce libero, riecheggiando in quella stanza.
“Resisti Nat, ho quasi finito.”
La voce di Castiel le arriva confusa alle orecchie, come se fosse lontana chilometri. L’unica cosa che riesce a percepire, oltre al dolore che sembra sia destinato a crescere in maniera spropositata e insopportabile, è il sapore ferroso del sangue che ha in bocca – il suo sangue, quello che si è fatta uscire per evitare di lanciare quell’urlo straziante che le ha lacerato la gola.
Adesso, riesce benissimo a comprendere perché Sam fosse in quelle condizioni, quando c’era lui al suo posto.
“Che state facendo?”
Bobby.
Bobby, con voce allarmata e gli occhi spalancati; con un vassoio contenente tre tazzine e una caraffa piena di caffè tra le mani.
Bobby, con espressione furiosa e contrariata.
Bobby, che esplode come un tuono iracondo, quasi come se Zeus stesso gli avesse dato il permesso di usare quel tono di voce così esplosivo, così elettrico, così devastante: “Stai lontano da lei, che cosa stai facendo???”
Il cacciatore si avvicina a loro con due falcate, appoggiando ciò che aveva in mano sulla prima sedia libera che trova, rischiando di fare cadere tutto per terra, e cerca di toccare Natalie, ma Castiel gli rivolge un’occhiata perentoria, una di quelle severe, una di quelle che lo caratterizzavano così tanto, all’inizio, quando pensava di essere solo un soldato al servizio di Dio. Una di quelle occhiate che farebbe torcere le budella anche al più coraggioso e determinato degli uomini.
“Toccala e potrebbe morire. So quello che sto facendo e lei è forte abbastanza da reggerlo, ma devo dosare io la forza, altrimenti c’è il rischio che ci rimetta la pelle.”
“La stai già uccidendo!” ruggisce Bobby, furioso come un leone a cui è stato appena ferito il cucciolo. “Finiscila.”
“Non ancora. Ho bisogno di ancora un po’ di energia.”
“Morirà!”
“N-non m-morirò,” balbetta Natalie, a denti stretti, cercando di non urlare in preda al dolore, “p-posso farcela,” parlare è estremamente faticoso, tanto che sente il sudore imperlarle la fronte, “l-lascia che Cas f-f-finisca il suo l-lavoro, p-p-per favore.”
Bobby, con il cuore stretto in una morsa di preoccupazione, lascia che Castiel finisca ciò che ha cominciato – e che lui non è riuscito ad impedire. A che cosa serve tutto questo, poi?
Il cacciatore decide di rimandare le domande a quando sarà tutto finito. A quando Natalie smetterà di urlare come un animale sgozzato; a quando la mano di Castiel sarà completamente uscita dal suo ventre e quella palla azzurra che adesso le illumina la pancia sarà svanita del tutto.
Non gli bastava aver visto Sam in quelle condizioni, doveva vederci anche Natalie.
Bobby osserva Castiel chiudere gli occhi e iniziare lentamente a ritirare il braccio, facendolo fuoriuscire da Natalie, le cui urla cessano lentamente.
“Ho finito.” Sussurra l’angelo, abbassandosi la manica della camicia e poi dell’impermeabile. Natalie si lascia cadere sul divano, appoggiando la schiena ai morbidi cuscini. Chiude gli occhi e si massaggia le tempie. Sente la gola estremamente secca.
“Siete impazziti??” sbotta Bobby, furioso come un toro fuori controllo, “No, ditemi, brutti idioti, che cosa passa in quelle teste piene di segatura! Qual era il vostro piano, mh?”
“Bobby..” comincia Nat, con la voce resa roca dalle costanti e continue urla.
“Bobby una ceppa. Con quello che hai passato negli ultimi giorni ti sembra appropriato farti infilare la mano di un angelo fino al gomito per farti toccare l’anima?” il cacciatore cammina avanti e indietro, nervoso e inviperito. Solca lo stesso pezzo di pavimento come se fosse in grado di camminare solo in quel piccolo perimetro.
Natalie si mette nuovamente seduta sul divano, troppo debole per potersi alzare. Il processo l’ha stancata parecchio.
“Bobby, vuoi ascoltarmi??”
Il cacciatore si ferma e rimane immobile a fissarla. Gli occhi severi che nascondono una preoccupazione profonda.
“Spero ci sia una buona ragione per tutto ciò.” Commenta, guardando il viso sciupato di Nat. Le sue guance sudate e pallide, gli occhi arrossati dalle lacrime, il respiro affannato, come se fosse incapace di regolarizzarlo, il corpo tremante e la voce arrocchita. Natalie è ridotta ad uno straccio.
“C’è. Altrimenti perché pensi mi sia sottoposta ad un trattamento simile??”
“Illuminami.”
Natalie, continuando a sentire la gola secca, deglutisce prima di parlare: “Cas non aveva abbastanza forze per riuscire a riportare Dean e Sam da noi. L’unico modo era fargli toccare la mia anima affinché recuperasse le forze necessarie a ricaricarsi.”
Bobby si fa cupo in viso – più di quanto non lo fosse già.
“Dovevo rischiare. Non potevo abbandonarli.”
“Dovevi venire da me. Mi sarei sottoposto io a questa tortura. E lo sai.” Farei qualsiasi cosa per voi ragazzi, vorrebbe aggiungere, ma non lo fa. Si limita a concludere con quel lo sai perché sa che Natalie capisce fino in fondo cosa significa.
Robert Singer morirebbe per i suoi ragazzi senza pensarci due volte. Sacrificherebbe se stesso per aiutarli senza la minima titubanza.
“Dovevo farlo io. Per…”
“..Per dimostrare che sei in grado di sopportare uno sforzo simile? Pensavo fossimo stati chiari sul fatto che nessuno dubita di te e delle tue capacità!”
“No,” risponde Nat, ferita dal tono severo e beffardo di Bobby, “l’ho fatto semplicemente perché sentivo la necessità di fare qualcosa di utile per portarli a casa. Non sei l’unico che farebbe qualsiasi cosa per loro.”
Bobby incassa quello sguardo di rimprovero lanciatogli da Natalie, percependo tutto il suo rammarico per il tono di voce usato precedentemente dall’uomo e si avvicina a lei.
“Lo so. Credimi, lo so.”
Ma ho una costante paura di perderti, di perdervi, e vedervi in pericolo mi paralizza più di qualsiasi altra cosa. Non sopporto l’idea di stare senza di voi e preferirei morire cento volte, piuttosto che sapervi in balia di qualcosa che possa farvi del male.  
“Ma è stato rischioso, e mi sono spaventato.”
Non aggiunge altro perché Robert Singer è un uomo di poche parole, soprattutto quando si tratta di esternare emozioni.
Si siede sul divano e stringe Natalie a se.
“Si rimetterà.” Dice Castiel, fino ad ora rimasto in silenzio. “Qualche ora di sonno e sarà come nuova.” E senza lasciare tempo a Natalie per protestare, le tocca la fronte per farla dormire. Natalie si abbandona immediatamente all’abbraccio Morfeo.
Bobby si limita a rimboccarle le coperte ed aspettare. Ventiquattro ore non sono mai state così lunghe.

                                                                                                        ***

L’attesa uccide gli uomini.
Lo fanno anche le armi, è vero, ma niente consuma quanto una lunga attesa.
Natalie, Bobby e Castiel lo sanno fin troppo bene.
Dopo che Nat ha dormito per due ore, i tre sono rimasti in attesa di mezzogiorno con le dita incrociate e l’ansia come unica compagna.
E se qualcosa andasse storto?
Era il pensiero che aleggiava nell’aria e nella testa di tutti e tre. Se davvero Dean e Sam non ce l’avessero fatta, cosa sarebbe successo? Come avrebbero agito? Quale sarebbe stata l’alternativa per uccidere la Madre? E, cosa importante, esisteva davvero un’alternativa? Un piano B?
Dovevano riporre tutto sui ragazzi e sulle loro capacità.
E quando Castiel li aveva riportati indietro, alzando fogli e foglietti, riproducendo di nuovo una specie di carnevale monocolore, avevano ringraziato la sorte del fatto che avesse permesso che i ragazzi tornassero sani e salvi. Il problema, a quel punto, era la faccia sgomenta di Dean.
Perché era così preoccupato, se tutto era andato bene?
Facile rispondere, la sua faccia era contratta in una smorfia di angoscia perché non era andata bene.
Aveva raccontato che, dopo che era uscito vittorioso dallo scontro a fuoco con la Fenice – che aveva sembianze umane – grazie all’uso della Colt, era arrivato alle ceneri proprio mentre le campane scandivano l’ultimo tocco di mezzogiorno e Castiel li aveva riportati indietro.
Tutta fatica sprecata.
Erano nuovamente punto e a capo.
Non avevano niente in mano. Erano esattamente dove erano rimasti: in balia di una Madre uscita di testa che creava piccoli raccapriccianti mostriciattoli che adoravano nutrirsi di esseri umani – la maggior parte ignari di ciò che esiste al mondo.
Fortuna vuole che Sam Winchester sia dotato di una capacità di persuasione fuori da comune – sarà la sua testardaggine, saranno gli occhi da cucciolo, ma riesce sempre, sempre, a farsi ascoltare e a convincere i suoi interlocutori a fare ciò che gli sta chiedendo. Nel caso specifico, farsi aiutare da Samuel Colt, il quale aveva spedito, insieme al cellulare di Sam, anche le ceneri della Fenice uccisa da Dean il 5 Marzo del 1861.
La ruota gira, il gioco ricomincia. E questa volta, ognuna della parti ha armi mortali da usare.
Volgarmente parlando, zero a zero e palla al centro.

Grants Pass, Oregon.
Dean, Sam, Natalie, Bobby e Castiel sono seduti al tavolo di una tavola calda. Davanti a loro, quattro caffè e un portatile.
Hanno scoperto, grazie ad una vampira – la ragazza che Sam e Dean qualche hanno fa avevano lasciato libera perché non si nutriva di sangue umano, ma che Castiel si è trovato ad uccidere dal momento che la stessa ragazza supplicava di essere uccisa per paura di fare del male – che comunicava con la Madre – la quale riesce a comunicare con tutti i suoi figli – che Eva (la Madre, appunto) si trovava a Grants Pass.
Così i cinque si sono recati nell’Oregon per cercarla e ucciderla.
Il piano sembra semplice e fattibile. Per questo sanno benissimo che qualcosa andrà storto. Suvvia, quando mai qualcosa che hanno reputato semplice poi si è rivelato davvero semplice? Mai. Appunto.
“Ricordate, ognuno di noi ha una pallottola piena di ceneri di fenice. Una sola. Fanno quattro tentativi. Non sprechiamoli. Vediamo di ucciderla, intesi?” si raccomanda Bobby.
“Lo sai che lo fai sembrare un gioco da ragazzi, non è vero? Perché ho l’impressione che non lo sarà?”
“Perché devi essere sempre così negativa, Nat?”
“Perché forse, e dico forse, nella nostra vita quando pensavamo che qualcosa sarebbe stato semplice si è sempre trasformato in una catastrofe!” risponde alla domanda di Dean, sarcastica.
Il maggiore dei Winchester fa roteare gli occhi al cielo e si rivolge a Castiel, seduto alla finestra, alla destra di Natalie, che si trova proprio tra lui e l’angelo.
“Cas, perché non fai un giro di ricognizione e la trovi?”
“Subito.” Castiel chiude gli occhi, come se volesse mettersi in moto, ma qualche istante dopo li riapre, sorpreso.
“Che c’è?” chiede Dean, allarmato.
“I miei poteri non funzionano. Dev’essere un effetto della presenza di Eva. È più antica, più forte e quindi in grado di privarmi del mio potere.”
“Cosa vuol dire che i tuoi poteri non funzionano??” incalza Natalie, con una nota isterica nella voce.
“Che sono umano!”
“Fantastico! Senza i tuoi poteri sei come un bambino con un impermeabile!” sbotta Dean, frustrato.
Castiel a quel punto si sporge per guardarlo con le sopracciglia aggrottate in un’espressione offesa. Poi si volta verso la finestra, senza dire una parola.
“Penso tu abbia ferito i suoi sentimenti!” commenta Sam, guardando prima il fratello e poi l’amico.
Dean si limita ad alzare gli occhi al cielo scuotendo la testa.
“Potete concentrarvi?” Bobby tira le redini per riportare l’ordine ed evitare che si perda l’obiettivo di quella missione. “La cercheremo alla vecchia maniera, intesi? Ci divideremo.”
“E se sapesse già del nostro arrivo?” domanda Sam.
“Sa sicuramente del nostro arrivo. L’ha saputo nel momento esatto in cui quella ragazza ha vuotato il sacco. Vuole la nostra testa tanto quanto noi vogliamo la sua. Non se ne andrà.”
“La stronza ci sta aspettando e crede anche di avere la meglio.” È Dean a parlare.
Bobby fa un cenno d’assenso con la testa.
“Vediamo di darci una mossa. Prima la facciamo fuori, meglio è.”


È sera quando Natalie e Bobby raggiungono il punto di incontro stabilito con Dean, Sam e Castiel. La loro giornata è stata a dir poco assurda. Hanno girato tutta la città per scoprire, quasi con orrore, che Eva aveva creato dei nuovi mostri, capaci di mutare forma , e altri ancora che erano un incrocio tra un vampiro e uno spettro, che Dean aveva battezzato Jefferson Starship perché erano orribili e difficili da uccidere.
Questi ultimi avevano l’ingrato compito di ripulire la città dai cadaveri degli esperimenti falliti di Eva.
Castiel aveva scoperto, tramite una solitaria seduta con un esemplare di Jefferson Starship che avevano deciso di risparmiare – ma che l’angelo, a quanto pare, era stato piuttosto bravo a torturare –  che Eva si trovava da Ervin’s Diner, la stessa tavola calda dove si trovavano quella mattina.
Ed è proprio lì che si trovano, davanti a quel locale, armati e con il cuore che batte potente nelle loro gole, ansioso quanto loro di vedere come tutta questa faccenda andrà a terminare. Se si salveranno, o se, invece, qualcosa andrà storto e finiranno tra le grinfie di Eva e dei suoi adorabili figlioletti, squilibrati almeno quanto lei.
“Si comincia, ragazzi.” Inizia Dean, serrando le dita intorno al suo borsone pieno di armi, tra cui il fucile caricato con la pallottola alla cenere di fenice. “Io e Sam entriamo per primi. Se vedete del casino, entrate in azione.”
“I tuoi piani fanno sempre schifo.” Ribatte Natalie, preoccupata di mandare Sam e Dean in avanti come delle esce succulente, mentre carica la sua pistola con la pallottola speciale e infilandola nel retro dei jeans.
“Sto andando a rischiare il culo, potresti essere un tantino più incoraggiante?”
“Vedi, anzi vedete, di tornare e basta, ok?”
Entrambi fanno un cenno d’assenso con il capo. Scambiano un’occhiata con il resto del gruppo e si avviano.
“Che i giochi comincino.” Sussurra Dean a denti stretti, mentre lui e Sam si avviano verso l’entrata.
Camminano a passo calmo e deciso, intenti a non destare il minimo sospetto. Varcano la porta, che al loro ingresso fa tintinnare una piccola campanella che avrebbe persino un suono allegro, se le circostante fossero diverse. Ma dato che non lo sono, alle orecchie dei due cacciatori, sembra più il rintocco di una probabile morte, lenta e piena di sofferenze. Come se quello strumento, di norma gioioso, fosse stato sfiorato da un mietitore macabro e impaziente di ricevere la sua ricompensa in anime.
“Siediti e fai finta di niente.” Dice Sam, a voce così bassa che solo Dean al suo fianco è in grado di sentirlo. Il locale è piccolo, con i muri gialli e divanetti rossi; il pavimento, a mattonelle nere e bianche, sembra una scacchiera. Nell’aria l’odore di fritto si mischia a quello delle ciambelle e all’aroma del caffè. Quel posto, per accostamento dei colori, sembra un pugno in un occhio. Ma questo, viste le circostanze, risulta estremamente secondario.
I due cacciatori si avvicinano al bancone e si siedono uno accanto all’altro; le borse delle armi ai loro piedi.
“Secondo te sono tutti Jefferson Starship?”
“Da come ci guardano direi di si.” Sam si passa i palmi delle mani sui jeans e, come se quelle parole fossero state un richiamo magico, come quello del pifferaio per i topolini, i mostri presenti in quella tavola calda, si alzano dai propri posti e si avvicinano a loro, impossessandosi dei loro borsoni e intrappolandoli in un cerchio minaccioso e senza via d’uscita. I fratelli hanno quelle creature così vicine che possono sentire i loro ringhi intrappolati nella gola e possono vedere le loro labbra tremare, come quelle di un cane rabbioso, desiderose di mostrare le zanne che affonderebbero volentieri nelle teneri carni dei Winchester.
“Mangiate.” La voce di una cameriera, che porge loro due piatti pieni di cibo, li distrae da quella situazione e li costringe a portare la loro attenzione su di lei: Eva.
Entrambi la guardano: è giovane, molto giovane, con lunghi capelli castani e due grandi occhi azzurri; la pelle candida e luminosa. Eva è bella e pericolosa come il fuoco che da bambini proviamo a toccare perché ne siamo attratti, ma che presto impariamo a conoscere come qualcosa di altamente distruttivo. Eva è come il fuoco. Brucia e distrugge tutto ciò che tocca, ma non si può fare a meno di ammirarne la bellezza e la potenza.
“Ho detto: mangiate.”
I suoi occhi, si trovano a pensare i ragazzi, trasmettono un’antichità impercepibile, come se loro, due miseri umani, non riuscissero a comprendere il tempo, come se il loro cervello non fosse in grado di elaborare un concetto elaborato come la l’età della Terra o la lunghezza delle ere precedenti a quella umana. Gli occhi di Eva, evidenziano quanto loro siano limitati nella loro gioventù, incapaci di comprendere tutto ciò che è estraneo alla natura umana, mentre Eva… Eva è antica come il Purgatorio stesso; antica come il peccato originale, commesso da lei stessa.
Senza logica alcuna, Sam in particolare, si trova a pensare se l’essere finita in Purgatorio non sia stata la punizione infieritole da Dio per avergli disubbidito. Si trova poi a pensare, che quella che ha davanti potrebbe non essere la stessa Eva dell’Eden, ma una sua omonima.
Anche se la prima ipotesi gli sembra più plausibile.
Quante Eva esistono, nella Bibbia, se non quella che ha condannato tutte le donne a partorire con dolore?
“Non abbiamo fame, grazie.” Dean lancia il piatto indietro, rischiando di farlo cadere a terra. Ma Eva lo ferma prima che questo accada.
“Sei maleducato, Dean. La mamma non ti ha insegnato l’educazione?”
Dean sta per risponderle, quando Eva, all’improvviso, muta forma. La sua statura si eleva, i suoi capelli diventano biondo miele e il suo viso diventa fin troppo familiare: Mary Winchester.
Sam e Dean si trovano a guardare la loro mamma, sentendo nel petto quella sensazione di vuoto e di sofferenza. Quel buco enorme che si apre sempre di più ogni volta che qualcuno usa Mary per indebolirli.
“Sei una puttana!” ringhia Dean, con così tanta rabbia che può sovrastare i ringhi gutturali dei mostri intorno a loro. Fa per alzarsi dalla sedia, con l’intenzione di buttarsi su Eva, ma un mostro accanto a lui lo afferra per le spalle e lo costringe a rimettersi dov’era.
La Madre si apre in un sorriso vittorioso e canzonatorio.
“Non hai ancora vinto.” Sibila Sam, con gli occhi fissi sulle mani del mostro che stringono le spalle di suo fratello. Guardare il viso di sua madre e associarlo ad una creatura antica, crudele, sanguinaria ed immortale, gli fa provare un profondo senso di disagio e tristezza. Ha pochissimi ricordi legati alla sua mamma e non vuole associare alla sua figura questo momento.
“Certo, dimenticavo i vostri rinforzi!” una risata roca esce dalla gola di Eva, che guarda la porta di servizio nel momento esatto in cui essa si apre e altri Jefferson Starship entrano tenendo Castiel e Bobby per le braccia, mentre un altro tiene Natalie per le braccia e un altro ancora le tiene le gambe.
All’espressione confusa di Eva per quel trattamento rivolto alla cacciatrice, i mostri si giustificano dicendo che non smetteva di scalciare.
La Madre alza gli occhi al cielo e porta nuovamente la sua attenzione sui Winchester.
“Parliamo, vi va?”
Eva costeggia il bancone ed esce da dietro di esso per avvicinarsi ai ragazzi. Si posiziona proprio dietro di loro e si china all’altezza delle loro orecchie.
“Vediamo di farvi ragionare, ok?”
“Vedi di andare a farti fottere!” L’ira di Dean non è sciamata nemmeno un po’. Ogni volta che apre bocca le sue parole escono come dei ringhi bassi, gutturali, rabbiosi e quasi animaleschi. Poche cose lo destabilizzano e mandano fuori di testa come l’immagine di Mary usata solo per manipolarli.
“Non mi piace il tuo tono. Continua così e ti trasformerò. Anzi, trasformerò il tuo adorato fratellino, poi la rossa. E se ancora non ti mostrerai più docile, passerò agli altri due.”
Dean serra la bocca e riserva alla donna un’occhiata di fuoco, colma d’odio e risentimento.
“Bravo bambino. Adesso, l’unica cosa che voglio da voi è che mi portiate Crowley. Vivo.”
“No.”
“Dean, devo attuare le mie minacce?”
“L’hai sentito,” si intromette Sam, riuscendo finalmente ad alzare lo sguardo sulla figura di Eva, “la risposta è no.”
“Abbiamo già fatto gli schiavetti per Crowley. Non faremo la stessa cosa per te, stronza.”
Eva si china su Dean con uno scatto quasi fulmineo. I suoi lunghi capelli biondi cadono sulle spalle dell’uomo e il suo respiro solletica il collo del cacciatore. Gli respira addosso e in quel momento è come se la lucidità di Dean si stabilizzasse un poco, non riconoscendo, nell’’odore di sangue e morte trasmesso da Eva, il vero odore fresco e delicato della sua mamma. Mary, che profumava di fiori e vaniglia; Mary che gli tagliava i bordi del pane per fargli i sandwich perché sapeva che non gli piacevano; Mary, che per farlo addormentare gli cantava Hey Jude.
Mary, che non c’è più da ventisette anni.
Quella non è la sua mamma, non deve farsi condizionare da qualcuno che vuole solo confonderlo per avere la meglio su di lui.
“Mordimi.”
Eva si avvicina al suo collo e si lecca le labbra, come se pregustasse già il sapore di quella carne sotto i suoi denti, come se assaporasse già la vittoria schiacciante.
“Dean, no!” nella voce di Sam risuona una nota di panico.
Quelle parole, nota Dean con la coda dell’occhio, fanno agitare i suoi compagni, tenuti prigionieri. Castiel e Bobby si sono protesi in avanti, mentre Natalie ha ricominciato a scalciare e ad agitare le braccia. Tutti e tre, però, si muovono inutilmente.
“Mordimi!” insiste con impeto il maggiore dei Winchester, sentendo il respiro di Eva sempre più vicino.
La Madre si apre in un sorriso quasi famelico: “Deduco che questa tua insistenza confermi il rifiuto di aiutarmi.”
“Non sei così stupida come pensavo. Avanti, mordimi.”
Eva si passa nuovamente la lingua sulle labbra, prima di affondare i denti nella carne morbida del collo di Dean. E mentre il cacciatore emette un grido soffocato, dalla gola della Madre ne esce uno acuto e penetrante come una sirena. La creatura si accartoccia su se stessa, tenendo le mani premute allo stomaco. Le sue sembianze tornano normali, abbandonando quelle di Mary. I suoi occhi, saettanti di rabbia e frustrazione per essere stata fregata da un misero mortale, si posano su Dean, che non aspettava altro che la creatura lo guardasse, che vedesse in lui il volto di colui che le ha fatto incontrare la morte.
“Cenere di fenice dentro ad un bicchierino di whisky. È stato come mandare giù un mattone. Ma direi che come piano B non è male, non trovi?”
Eva non risponde, ormai non più in grado di formulare una frase. Continua a rannicchiarsi su stessa, mentre la sua faccia inizia a deformarsi. Piano piano, in mezzo alle urla strazianti di dolore, Eva diventa sempre più piccina, trasformandosi in cenere.
Quando della Madre rimane solo un mucchio di polvere fine e grigia, la voce di Castiel – che ha recuperato a pieno i suoi poteri – rimbomba come un tuono, potente ed esplosivo: “Chinatevi e copritevi gli occhi!”
L’angelo libera un fascio di energia bianca e luminosa che uccide tutti i mostri all’istante, ricoprendo di cadaveri il pavimento del diner.
“Cas, dovresti intervenire, credo mi stia trasformando.” afferma Dean, toccandosi la parte lesa da Eva. L’angelo si avvicina immediatamente all’amico e sfiora la ferita con le dita, rimediando al danno provocato dalla Madre.
Solo in quell’istante, Natalie si fionda su Dean, buttandogli le braccia al collo.
“Sei uno stupido. Uno stupido idiota! Potevi dirlo che avevi un piano B. Mi hai fatta morire di paura!”
Dean le accarezza la testa con una mano, mentre con l’altra la stringe a se.
“Devi ammettere, però, che sono stato geniale. Pensi ancora che i miei piani facciano schifo?”
Natalie, con gli occhi lucidi, si trova a ridacchiare contro al collo di Dean: “No. Posso dire che non tutti i tuoi piani fanno schifo.”
I due sciolgono l’abbraccio e si trovano, insieme ai loro tre compagni, a guardare il mare di cadaveri in cui si trovano.
“Avviatevi.” Ordina solennemente Castiel. “Qui ci penso io.”
“Sei sicuro?” domanda Sam.
L’angelo annuisce: “Andate, prima che arrivi la polizia e faccia domande!”
I quattro cacciatori si avviano verso l’uscita, pensando momentaneamente solo alla loro vittoria.
Ce l’hanno fatta.
Hanno vinto. E, questa volta, sono usciti tutti vivi da questa battaglia che sembrava persa in partenza.
Forse, ogni tanto, la loro vita non finisce sempre in una catastrofe.

                                                                                           ***

Sioux Falls, South Dakota.
Dean e Natalie sono sdraiati sul letto, uno accanto all’altra, in camera della ragazza. Hanno fatto la doccia a turno e adesso, con i vestiti puliti e senza sentire più l’odore di sudore e sangue addosso, si trovano a parlare con una tranquillità che è stata a loro estranea, negli ultimi dodici mesi. È come se fossero sopra ad una nuvola, su un altro pianeta, in una bolla dove ci sono solo loro due e il resto del mondo, momentaneamente, non esistesse; lontani anni luce dai problemi – anche perché, adesso, hanno l’impressione di averne di meno, vista l’uccisione della Madre.
E, a proposito di questo..
“Dean..” comincia Nat. Il cacciatore, al suo fianco, si sistema in costa per riuscire a guardarla meglio; il braccio sinistro piegato per fare in modo di appoggiarci il viso e la mano destra impegnata a tracciare piccoli cerchi sulla pancia scoperta della donna. Dean, con grande piacere, ha notato che la maglietta blu a maniche corte che indossa Nat si è alzata e ne approfitta immediatamente per creare un contatto. Natalie rabbrividisce.
“Dimmi.” La sua voce esce bassa e roca, andando ad aumentare l’ondata di brividi che già stava attraversando il corpo di Natalie. L’uomo inizialmente non la guarda, troppo intento a seguire i movimenti della sua mano sopra al ventre della donna, così Nat si trova ad osservarlo, perdendo di concentrazione. Si trova a guardare le lentiggini sul naso, la curva delle narici, la perfezione delle labbra, l’angolatura decisa e marcata della mascella – ormai non più ricoperta di quella barba rossastra, visto che Dean ha deciso di rasarsi, prima di farsi la doccia.
E mentre guarda quel viso, e ne associa tutti i momenti della sua vita che hanno vissuto insieme, sente il cuore sussultare, come se tremasse, e poi accelerare. Da quando ha capito cosa prova per Dean, si trova a pensare, quel sentimento non si è affievolito nemmeno un po’, dal momento che le provoca ancora le stesse reazioni. Da quando ha conosciuto Dean, ha capito che non potrebbe fare a meno di lui nemmeno se lo volesse.
Quando Dean poi, visto il suo silenzio, alza gli occhi su di lei, e quel verde intenso e brillante le fa mancare il respiro, capisce proprio di essere fregata da un pezzo. Innamorata senza via d’uscita. E se deve essere sincera, non le dispiace per niente.
“Perché non ci hai detto niente del tuo piano?”
Dean fa spallucce: “Volevo che la vostra reazione fosse credibile.”
“Quindi hai taciuto per fare in modo che la nostra preoccupazione fosse reale?”
Dean annuisce, tornando a concentrarsi sulla pancia di Natalie. Inizia a tracciare piccoli cerchi intorno all’ombelico, disegnando una specie di atomo immaginario, con l’ombelico come nucleo.
“Mi hai fatto venire un infarto. È abbastanza reale?”
“Mi dispiace, Nat.” Abbassa la mano e avvicina la bocca dove prima stava tracciando quei piccoli disegni – Nat percepisce ancora il tocco di Dean su di se – e le stampa un bacio delicato sotto all’ombelico, vicino alla cicatrice.
Natalie gli passa una mano tra i capelli, morbidi e corti: “La prossima volta, trova un modo per avvertirci. Reciteremo la parte dei compagni terrorizzati al meglio, ok?”
Il cacciatore sorride sulla sua pelle: “D’accordo, capo, come desideri.”  Le da un altro bacio, prima di allungarsi per arrivare all’altezza del viso di Nat. Una volta vicini, le bacia le labbra.
Natalie, d’istinto, gli fa spazio tra le proprie gambe, dove Dean si sistema facendo si che si incastrino come due pezzi perfetti di un puzzle.
Continua a baciarla, quasi con devozione, come se la sua vita altro non dipendesse che da questo. Natalie, gli allaccia le braccia dietro al collo e, anche se sente ormai il respiro mancare, non lascia quelle labbra che le sono mancate fin troppo e la fanno sentire a casa, la fanno sentire serena.
“Mi è mancato tutto questo. Mi sei mancata tu.” Sussurra Dean, con le labbra gonfie e il respiro affannoso. Gli occhi languidi e lucidi, accarezzati da una scintilla di desiderio.
Natalie sorride, facendo scorrere le mani dal collo di Dean fino al bordo della sua maglietta nera: “Anche tu. Mi sei mancato terribilmente anche tu.”
Quando lei  inizia a sfilarla, Dean si mette in ginocchio per togliersela completamente. Nat rimane a guardarlo, in contemplazione. Il suo fisico le è sempre piaciuto tantissimo e ogni volta lo studia per non perdersi nemmeno un centimetro del suo corpo, come se volesse trovare punti nuovi da scoprire. Parte sempre dal tatuaggio, situato a sinistra del petto, e fa scivolare lo sguardo verso il basso, fino ad arrivare al bacino.
“Mi fai sentire in imbarazzo.”
Natalie, a quel punto, scoppia in una risata fragorosa e cristallina: “Sei un bugiardo! Non ti sentiresti in imbarazzo nemmeno se fossi completamente nudo in una sala piena zeppa di gente!”
Dean si abbassa di nuovo su di lei, facendo aderire i loro corpi: “Non posso darti torto.”
Natalie sorride e si morde il labbro, prima di baciarlo e lasciare che le mani di Dean vaghino sul corpo di lei con la sola intenzione di togliere ciò che ormai entrambi ritengono superfluo.
Ed è così che va a finire.
Con Dean e Natalie spogliati quell’involucro che conteneva tutto ciò che c’è stato tra di loro nell’ultimo anno, privati delle negatività, delle brutte esperienze, delle incomprensioni, delle sofferenze.
Nudi come se stessero andando in contro ad una seconda nascita, a qualcosa che ha insegnato loro che possono esserci momenti estremamente oscuri nella vita, che possono portare addirittura a separarsi da chi si ama, ma fin tanto che quell’amore è forte, si può superare qualsiasi cosa.
E questo, si può dire che sia proprio il loro caso. 


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Salve gente e ben ritrovati! Mi scuso enormemente per il ritardo, ma luglio è stato un mese un po' impegnativo, la sessione estiva aleggiava ancora malefica sopra alla mia testa come la spada di Damocle e il tempo per completare questo capitolo era davvero poco. 
Quindi, spero possiate scusarmi.
Venendo al capitolo, spero di non avervi deluso, quindi se vi va fatemi sapere cosa ne pensate!
Le puntate che vengono prese in considerazione sono "Terra di Frontiera - 6x18" e "Mammina Cara - 6x19" // "Frontierland" e "Mommy Dearest" per chi preferisce i titoli in lingua originale :)
Come avrete notato in questa storia, e in questo capitolo in maniera più evidente, la storia di Castiel è solo accennata e non approfondita, questo perché non ho pensato ad una storia diversa per il nostro angioletto e quindi, se dovevo scrivere la stessa storia della serie, tanto vale guardare lo show xD 
Per questo, forse, Castiel è il più OOC di tutti i personaggi, ma spero comunque che un po' vi sia piaciuto. 
Come, del resto, spero vi sia piaciuta la storia in se, perché ad essere onesta, a me è piaciuta scriverla e alla fine mi sono anche affezionata a Natalie (è una cosa possibile, affezionarsi a qualcuno che non esiste? Spero non sembri troppo un discorso da squilibrata mentale!) 
Per questo capitolo è tutto! 
Come sempre ringrazio chiunque legga, recensisca, metta la storia tra le seguite/preferite perché per me è davvero, davvero, davvero importante! Grazie, grazie, grazie e ancora grazie! (se potessi scrivelo all'infinito, lo farei!)
A presto, un abbraccio a tutti! <3 

 
   
 
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