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Autore: crazy lion    19/08/2016    5 recensioni
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti raccontati nel libro di Dianna De La Garza "Falling With Wings: A Mother's Story", non ancora tradotto in italiano.
Mancano diversi mesi alla pubblicazione dell’album “Confident” e Demi dovrebbe concentrarsi per dare il meglio di sé, ma sono altri i pensieri che le riempiono la mente: vuole avere un bambino. Scopre, però, di non poter avere figli. Disperata, sgomenta, prende tempo per accettare la sua infertilità e decidere cosa fare. Mesi dopo, l'amica Selena Gomez le ricorda che ci sono altri modi per avere un figlio. Demi intraprenderà così la difficile e lunga strada dell'adozione, supportata dalla famiglia e in particolare da Andrew, amico d'infanzia. Dopo molto tempo, le cose per lei sembrano andare per il verso giusto. Riuscirà a fare la mamma? Che succederà quando le cose si complicheranno e la vita sarà crudele con lei e con coloro che ama? Demi lotterà o si arrenderà?
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo. Saranno presenti familiari e amici di Demi. Anche per loro vale questo avviso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Joe Jonas, Nuovo personaggio, Selena Gomez
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Eccomi qui, ritornata dopo un po' di tempo.
Mi scuso fin da subito per l'introduzione un po' lunga, ma necessaria.
Come state? Io abbastanza bene, in Spagna mi sono divertita e ho anche conosciuto una ragazza che sta diventando mia amica.
Aggiorno adesso, molto prima di quanto avevo previsto, perché per alcuni problemi legati all'università potrò dare solo un esame anziché quattro (due erano lo stesso giorno di quello che avevo pensato di dare, alla stessa ora tra l'altro. Quindi, dato che non mi posso sdoppiare, dovrò fare il più difficile). Il quarto è orale, collegato agli altri due (cioè della stessa materia) che non potrò fare, per cui a malincuore mi toccherà portarli a gennaio. Questa cosa mi rode abbastanza, ma pazienza.
Quindi, dato che ho un po' più di tempo, ho deciso di postare.
Riprenderò dopo il 9 settembre, cioè dopo
l'esame.
Ecco il nuovo capitolo. Ne ho già molti pronti, quindi per un po' credo di poter pubblicare ogni settimana. La storia si sta allungando davvero tanto, molto più di quanto mi sarei mai immaginata. Quest'anno, poi, avrò anche la tesi universitaria alla quale pensare, per cui potrei non rispettare sempre la pubblicazione settimanale, ma farò tutto quello che potrò.
Di solito pubblico di sabato o di domenica, oggi lo faccio di venerdì perché domani sono via, poi riprenderò con il sabato.
Sapete, ho capito di tenere a questa storia molto più di quanto pensavo. Mi sono veramente affezionata ai personaggi, sempre di più capitolo dopo capitolo e mi sono venuti un sacco di idee e alcuni colpi di scena. Avevo cominciato questa storia dicendomi che sarebbe stata corta e invece no; ma la cosa che mi riempie il cuore di gioia non è la lunghezza, è il fatto che fino ad adesso piace, per cui questo non può che farmi sentire gratificata.
Ora lascio giudicare a voi, come sempre.
Buona lettura!
 
 
 
 
 
 
CAPITOLO 47.

ANCORA INSIEME

Il giorno dopo il ballo, Andrew e Demi si svegliarono elettrizzati. La serata che avevano trascorso insieme era stata fantastica. I loro cuori battevano in modo diverso, quella mattina. Non li avevano mai sentiti battere così forte, provando una gioia tanto immensa.
Quando un collega di Andrew gli domandò:
"Che ti succede?"
lui rispose:
"Nada!"
"Oh, ragazzi, parla spagnolo!" esclamò il primo, quasi urlando e attirando l'attenzione di qualche altro avvocato. "Questa è la stessa lingua che parla Demi!" continuò. "Il signor Andrew Marwell ha fatto faville, ieri notte."
"Sta' zitto Kevin, non è successo niente; e poi Demi non parla spagnolo, anche se è nata in New Mexico e ha scritto due canzoni in questa lingua."
Si riferiva a "Lo Qué Soy" e "Rascacielo", che in inglese erano !This Is Me" e "Skyscraper".
"Sì sì" rispose questi, facendo capire che non ci
credeva.
Quando entrambi ebbero un momento di pausa, lei dai giochi con le piccole e lui dai casi ai quali stava lavorando, si telefonarono e si misero d'accordo per trovarsi a cena a casa di Demi quella sera stessa, dato che le bambine avevano molta voglia di vedere Andrew. Anche a lui mancavano da morire ma, se possibile, sentiva ancor di più la mancanza della ragazza, anche se era strano, dato che si erano visti solo la sera prima.
I due continuarono a pensare all'altro per tutto il giorno. Nonostante questo, Andrew lavorò molto più del solito.
Giunse la sera e Demi, ormai, non stava più nella pelle. Il suo cuore sarebbe esploso se l'uomo non fosse arrivato presto. Era questo che si provava quando si iniziava ad innamorarsi? Lei aveva sentito tante volte quella sensazione, ma mai in maniera così intensa come con Andrew. Forse ciò significava che la loro relazione sarebbe stata più profonda ed importante delle altre che aveva avuto in precedenza,
chissà.
Le bambine stavano giocando tranquille sul tappeto, Hope circondata di cuscini per evitare che cadesse e Mackenzie accanto a lei, ognuna con una bambola.
"Hope, non tirare i capelli a questa povera bambolina. Le farai male!" esclamò Demi. "Devi essere gentile con lei come sta facendo Mackenzie, vedi?"
La piccola era intenta a pettinare una Barbie con i capelli lunghi, quella alla quale aveva infilato le scarpette che Madison le aveva regalato molto tempo prima.
Hope, cercando di imitare la sorella, iniziò ad accarezzare i capelli della sua e Mackenzie, accorgendosene, le passò un'altra spazzola. Demi aiutò la bimba più piccola a pettinare la sua, più che altro perché temeva che, se avesse usato quell'oggetto così minuscolo da sola, avrebbe potuto metterlo in bocca o magari ingoiarlo. Stava sempre attenta a tutto ciò con cui le sue bambine giocavano o a quel che toccavano. Per esempio, non lasciava assolutamente che nessuna delle due prendesse in mano le monete perché sapeva che ad alcuni bambini erano finite in
gola.
Dopo poco suonò il campanello e Batman, che fino a quel momento aveva continuato a dormire beatamente nella sua cuccia a pancia all'aria, si alzò con la lentezza di un bradipo. Quando vide che Demi si avvicinava all'uscio, però, iniziò a correre verso di lei come un fulmine. Le volte si comportava così e cambiava atteggiamento tanto improvvisamente, Demi non sapeva se chiamarlo Piccolo Bradipo o Flash. Sorrise e aprì la porta e il cancello. Andrew attraversò il giardino e fu subito da lei.
Appena si videro i due si abbracciarono e si tennero stretti per alcuni secondi che però a loro parvero ore stupende, che avrebbero voluto non finissero mai.
"Mi sei mancato da morire. Non ce la facevo più!" esclamò Demi con enfasi.
"Io stavo per dirti la stessa cosa" le sussurrò all’orecchio Andrew, accarezzandole i capelli e lasciandole un piccolo bacio sulle labbra.
Entrarono in casa, con Batman che li seguiva e che si sdraiò subito nella sua cuccia e si avvicinarono alle bambine.
Sapevano di essersi incontrati il giorno prima, ma avevano la sensazione di non vedersi da molti mesi. Com'era strano l'innamoramento! Era questo che provavano, in fin dei conti. Non potevano ancora chiamarlo amore.
Mackenzie si alzò e abbracciò Andrew. Sia lui che Demi le sorrisero, felici che l'avesse fatto.
"Ciao piccina" le disse lui dandole un bacio, poi fece lo stesso con Hope e la prese in braccio prima di accomodarsi vicino a Demi sul divano. Mackenzie li imitò e si mise in mezzo.
Dopo aver parlato del più e del meno, i due decisero che era ora di andare a cena. La ragazza aveva cucinato una semplice pasta al ragù. Era buonissima, cotta al punto giusto e il sugo era meraviglioso. Non aveva preparato niente di secondo e, per dessert, aveva fatto una crostata alla nutella. Ci aveva lavorato quella mattina stessa, mentre le bambine riposavano.
"Ehi, è venuta favolosa!" si complimentò Andrew.
"Dici davvero? Grazie! Ho trovato la ricetta su internet."
In effetti, la ragazza constatò che era molto buona e anche Mackenzie si trovò d'accordo. Sia la mamma che Andrew pensarono che anche Hope lo fosse dato che, quando Demi le diede un cuchiaino di nutella da assaggiare, la piccola anziché metterlo in bocca ci mise dentro il dito e iniziò a leccarselo.
"Sei proprio monella. Devi metterlo in bocca amore, te lo sto dando io!" esclamò la ragazza ridendo divertita.
Dopo cena, i quattro non sapevano che fare. Mackenzie propose di andare al cinema.
"Forse faranno qualche cartone, quindi perché no?" disse Andrew, che non ci andava da un'eternità.
Anche Demi si ritrovò d'accordo, così partirono.
Il cinema era a venti minuti di macchina dalla casa della cantante, ma quando ci arrivarono lo trovarono chiuso con un cartello sulla porta che diceva che si stavano svolgendo dei lavori al suo interno e che, quindi, sarebbe stato aperto al pubblico a data da destinarsi.
Mac sbuffò.
Uffa, non ero mai stata al cinema si lamentò.
"Mi dispiace tanto, amore. Ci andremo un'altra volta. Ci sono tanti cinema qui a Los Angeles, ma sono un po' lontani. Adesso sono le 22:00, forse è il caso che torniamo a casa" disse Demi.
"No no, ci andremo invece!" esclamò Andrew. "Guido io."
"Che vuoi fare?" gli domandò la giovane e stava per dirgli che le bambine avrebbero dovuto andare a letto, ma lui la zittì con un gesto e le sorrise come per dirle:
"Non essere così rigida, non lo sei mai stata. Facciamole felici!"
Il volto di Mackenzie si illuminò.
Salirono di nuovo in auto ed Andrew le portò a casa sua. Le accompagnò in camera da letto, una stanza molto grande nella quale aveva la televisione e, qualche giorno prima, aveva installato un video proiettore.
"Possiamo mettere un DVD e guardarlo qui" disse. "Ho la TV anche in salotto, ma vederla in camera è più rilassante secondo me."
"Che figata" sussurrò Demi sperando che le bambine non la sentissero, ma non ottenne l'effetto voluto perché Mackenzie scoppiò a ridere facendo commuovere la madre.
Ora, però, non era il momento delle lacrime, nemmeno di gioia. Era, al contrario, una serata nella quale divertirsi e ridere. Andrew fu felicissimo di aver sentito la risata della bambina. Provò una gioia indescrivibile e rimase a bocca aperta, come Demi del resto. Era un'emozione unica, troppo grande per poterla esprimere a parole.
L'uomo fece scegliere a Mackenzie un DVD tra quelli che teneva su un pensile in salotto. La bambina decise che avrebbero guardato "L'era glaciale". Non sapeva di cosa parlava ma il titolo la ispirava.
Videro il cartone sdraiati sul letto, ma ad un certo punto Andrew si alzò e andò a prendere delle patatine. Demi ne fece assaggiare una a Hope, dandogliene un pezzettino e poi, per farla divertire, ne mangiò un'altra lasciando solo una piccola parte sulle labbra così la bambina la prese e la mise in bocca.
Il cartone, seppur lungo, fu divertente. Non era il genere che piaceva a Demi ma la colpì perché, comunque, parlava in un certo senso di adozione, o meglio di affidamento: un mammut, un bradipo e una tigre si prendevano cura di un bambino, insieme vivevano mille avventure e, alla fine, il piccolo veniva ridato al padre che lo stava cercando.
Mackenzie e la sorellina ridevano come pazze sentendo il bambino. Era strano, pensò Demi con un sorriso, il piccolo rideva quasi come
Hope.
Lui ha ritrovato il suo papà e la mamma è morta commentò Mackenzie alla fine, quando il bimbo fu tra le braccia del padre.
Quello era uno dei momenti nei quali Demi non sapeva che dire.
"Sì tesoro," iniziò, cercando di non piangere e pensando all'orribile morte dei genitori di Mackenzie, "ma ora anche tu e tua sorella avete una papà che vi ama tanto e io sono viva. I tuoi veri genitori staranno sempre vicini a te e a Hope."
La bambina sorrise appena, ma si notava che era triste. Vedendo i suoi occhietti pieni di lacrime, più i secondi passavano, più Demi faceva sempre più fatica a trattenersi. Sapeva che a breve la bimba sarebbe scoppiata, a meno che lei non avesse trovato qualcosa da dire.
"Mackenzie, l'anno prossimo andrai a scuola! Sei felice?"
Era stato Andrew a porre la domanda, per cercare di rendere quel momento un po' meno drammatico.
La bambina fece segno di sì, ma non scrisse nulla. Hope, notando che gli sguardi della sorellina e della madre, prima felici e spensierati, erano diventati tristi, le osservava perplessa.
Mackenzie non disse più niente per i successivi dieci minuti nonostante i tentativi di Andrew e della mamma, così Demi capì che era il caso di andare. Forse, riposando, la bambina sarebbe stata meglio. Se non voleva parlare di come si sentiva o di qualunque altra cosa era inutile forzarla, almeno per il momento. Preferiva che la piccola avesse bei ricordi di quella serata e che non la terminasse con pensieri tristi.
Andrew offrì a tutte un succo di frutta e Mackenzie si rilassò e tornò a sorridere come prima. Quando terminarono di bere, Demi uscì con Andrew e le piccole e le mise in macchina.
"Prima o poi dovrai fare qualcosa, lo sai vero? Non può continuare a non parlare di quello che è successo e tu non puoi seguitare a non forzarla a farlo. Non è giusto nei confronti di nessuno" le disse Andrew, sussurrando perché Mackenzie non potesse udire.
"Sì lo so. Ogni tanto ci provo, davvero, ma lei non si apre molto sotto questo punto di vista, poi succede qualcosa che le ricorda i  suoi e allora sta male. Non è facile farla parlare di ciò che le è capitato. A volte lo fa un pochino, altre piange e basta. Le assistenti sociali mi hanno detto che dovrò aspettare che l'adozione sia finalizzata prima di portarla da uno psicologo o da uno psicoterapeuta, perché è ovvio che dovrò farlo per il suo bene. Io voglio davvero aiutarla, ma non credo che ce la farò da sola. Per superare questo trauma avrà bisogno di qualcun altro che le dia una mano, di un professionista."
"Sì, è vero; ma perché devi attendere così tanto? L'adozione sarà finalizzata forse a gennaio, ma più realisticamente alcuni mesi dopo."
"Lo so, passerà ancora parecchio tempo e non hai idea di quanto questo mi faccia male ogni volta che ci penso, ma cerco di tenere questi pensieri per me per non far soffrire Mackenzie."
Demi ebbe un singulto ed Andrew le appoggiò una mano sulla spalla.
"Shhh, calmati" le sussurrò con dolcezza.
"Come faccio a calmarmi se mia figlia sta male, ma si tiene tutto dentro e io non riesco a darle una mano?" urlò lei, frustrata.
Non ne parlava mai e cercava di non pensarci, ma in realtà quella situazione la stava distruggendo. La faceva soffrire in maniera indicibile e nessuno poteva comprendere ciò che provava. Da quando era mamma, capiva quel che Dianna le aveva detto spesso in passato:
"Solo quando sarai madre comprenderai veramente cosa prova una donna nei momenti in cui i suoi figli soffrono."
Gliel'aveva detto quando Demi stava per entrare in clinica e lei non aveva mai dimenticato quella frase. Le era rimasta impressa nel cuore e nella mente come un segno indelebile ed ora era tornata a galla.
Mackenzie li guardò per un momento, ma forse non diede importanza all'urlo della mamma, né vide le sue lacrime, perché si girò verso Hope e cominciò a giocare con lei.
"Demi, ascoltami" provò a dire Andrew, ma lei lo interruppe.
"No, no, no! Ascoltami tu, per favore! Ho bisogno di parlare, di dire tutto ciò che ho dentro."
Lui rimase davanti a lei, immobile, poi disse:
"Allontaniamoci un po'."
Si sedettero su un muretto a due metri di distanza dall'auto.
Demi prese un profondo respiro e ricominciò a parlare.
"Io faccio tutto ciò che posso, credo di essere una brava madre, aiuto le mie figlie, gioco con loro, me ne prendo cura, eppure Mackenzie soffre tantissimo e io non posso fare niente per guarire questo suo male. Vorrei ma se lei non parla, se non si lascia aiutare, se si apre ma subito dopo si chiude a riccio, io non riesco a far sì che dica cos'è successo quella notte maledetta. Come posso? Magari è colpa mia, non faccio abbastanza! Forse sono una cattiva madre, non lo so, non so più cosa dire, che pensare!"
Mentre diceva queste cose muoveva le mani sudate sui pantaloni e continuava a dondolarsi a destra e a sinistra. Andrew girò il suo viso verso di lui: era pallida come un cadavere.
"Non dire queste cose, Demi! Non è colpa tua. La colpa di tutto questo dolore e di tanto schifo è del bastardo che ha ucciso i loro genitori. Lui ha provocato tutta questa sofferenza, non tu. Tu stai cercando di aiutare entrambe e stai facendo il massimo, te lo assicuro: giochi con loro, ascolti Mackenzie, provi a capirla, ad aiutarla e hai tantissima pazienza. Che cosa vorresti fare di più? Te lo ripeto, Demi e lo farò milioni di volte finché non ti entrerà in testa: non è colpa tua. Hai capito?"
"Sì. Ho capito" rispose piangendo.
"Non piangere" le sussurrò con dolcezza.
Si girarono per non farsi vedere dalle piccole e si baciarono, appassionatamente questa volta, e Demi si sentì subito meglio.
"Grazie" gli disse, sorridendo. "Ci sei sempre, quando ho bisogno."
"Anche tu."
Si salutarono, poi la ragazza salì in auto e partì.
Mackenzie e Hope erano tranquille. Forse avevano dimenticato quanto accaduto poco prima.
Per tutti e quattro, la cosa importante era aver passato una bella serata insieme, dato che era da un po' che non accadeva.
   
 
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