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Autore: WibblyVale    19/08/2016    2 recensioni
Una neonata nell'ospedale di Konoha viene sottoposta ad un esperimento genetico e strappata alla sua innocenza. Crescendo diventerà un abile ninja solitaria, finchè un giorno non verrà inserita in un nuovo team. Il capitano della squadra è Kakashi Atake, un ninja con un passato triste alle spalle che fatica ad affezionarsi agli altri esseri umani. La giovane ninja sarà in grado di affrontare questa nuova sfida?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Shisui rincorreva Hikaru per la casa. “Vuoi fermarti!” gli gridò dietro.
“No!”
“Hikaru, devi farti il bagno!” ordinò, correndo davanti a lui e prendendolo in braccio.
Poteva sentire il bambino mettere il broncio, mentre incrociava le braccia al petto. Sapeva essere testardo come la madre.
“Non mi lavo finché non torna la mamma.” Borbottò.
Shisui sospirò. Sapeva che l’agitazione che provava dentro di sé non aiutava il bambino a stare calmo, ma Shiori mancava da settimane e Itachi non rispondeva ai suoi maledetti messaggi. Avrebbe voluto agire, ma non poteva abbandonare i bambini. Poi, chi prendeva in giro? Cosa poteva fare nella sua situazione?
“Hika, la mamma tornerà anche se tu non farai lo sciopero del bagno.” Lo informò.
“Tu non …” stava pensando. “Non sei sicuro.” Disse con una certa esultanza per averlo capito.
“Non è vero! Io non so quando, ma tornerà. Shiori torna sempre.” Sperò tanto di avere un livello di sicurezza abbastanza alto da convincerlo.
“Ma mi manca.” Piagnucolò, rivelandosi il bambino che era. A volte, di fronte a quelle analisi così accurate dei sentimenti degli altri, Shisui lo scordava.
“Manca anche a me, ma lei non ci abbandonerebbe mai.”
“E va bene.” Cedette il piccolo.
Shisui sorrise, gli diede un bacio sulla fronte e lo riposò a terra.
“Yaya, accompagna Hika a farsi il bagno, per favore.”
“Che succede?” domandò il bambino in allarme, sentendo l’adulto agitarsi.
“Niente, qualcuno è entrato nei nostri confini.”
“Shisui …” cominciò Amaya.
“Va tutto bene. Voi andate di sopra.”
“D’accordo.” Obbedirono i bambini.
L’Uchiha uscì dalla porta e annusò l’aria. Tre nuovi odori, ma conosciuti, erano accompagnati dal vento. Sospirò sollevato e sorrise.
“Ragazzi, come mai qui?” chiese.
“Portiamo notizie.” Lo informò Hisoka con voce tetra.
Il sorriso gli si spense sulle labbra. “Andiamo nel granaio.” Ordinò. “I bambini non devono sentire.”
Li accompagnò e si chiuse la porta alle spalle. Poteva sentirli muoversi davanti a sé, scambiarsi sguardi agitati. Due di loro si tenevano per mano, probabilmente Takeo e Aya, che ancora non avevano parlato. Erano decisamente agitati.
“Ragazzi, se volete stare qui dovete controllare meglio le vostre emozioni. Io non posso proteggere Hikaru come fa sua madre e lui sente tutto.”
“Non passeremo molto tempo qui.” Esordì Takeo. “Abbiamo una missione. Siamo passati per portarti delle informazioni, raccolte da noi e Itachi.”
L’Uchiha si passò una mano tra i capelli.
“Che succede?”
“Shiori e Kenta sono stati catturati da Orochimaru.” Gli comunicò Aya senza giri di parole. “Non sappiamo dove si trovano. Da quello che abbiamo scoperto Kenta lavorava per lui prima di entrare alla Kumori, forse anche dopo. Sembra però che non lo facesse più, sennò perché l’avrebbe catturato? Itachi ti chiede di non fare mosse stupide, di aspettare. Lui sta cercando di capire dove sia lei e …”
“Ha detto che se non riuscisse a completare la missione, a Konoha la stanno già cercando. Probabilmente la troveranno per primi.”  Continuò Takeo.
“Dice che devi occuparti dei bambini, e non preoccuparti. Orochimaru non ucciderà Shiori né le farà del male. Per qualunque cosa gli serva, gli serve in forze.” Terminò Hisoka.
“Voi andrete a cercarla con lui?” chiese Shisui.
“No, noi andremo a scavare delle grotte.” Continuò Hisoka.
“Cosa?”
“Si, sembra strano. Ma secondo Itachi questo ci potrebbe aiutare in futuro per salvare Shiori da sé stessa.” Spiegò Takeo.
“Coglione!” imprecò l’Uchiha. “Ha detto qualcos’altro.”
“Che …” Aya esitò. “Che spera di rivederti, ma che se non potesse farlo, sai già quel che devi sapere.” Concluse confusa, ma Itachi le aveva detto di dire proprio così.
“Come l’hai trovato?”
“La medicina sta facendo ancora effetto, ma non credo durerà ancora per molto.” Spiegò la dottoressa.
Shisui strinse i pugni, odiava essere così impotente. Sapeva di essersi cacciato da solo in quella condizione, ma avrebbe voluto poter fare di più.
“Datevi una calmata voi tre, poi entrate in casa. Ceneremo, facendo come se niente fosse. Se vi chiedono di Kenta dite che è in missione, in fondo è parzialmente vero. Dovrebbe essere sufficiente perché Hikaru vi creda. Poi … mi dispiace chiedervelo, ma domani mattina dovete partire. I bambini devono essere protetti e voi non avete il controllo sufficiente per ingannare Hikaru. Ho promesso a Shiori che fosse felice …”
“D’accordo.” Risposero in coro. Fortunatamente non gli parvero offesi. Ora, il suo compito era proteggere quei bambini dalla dura realtà.
 
Più tardi Shisui era solo in cortile. Avrebbe tanto voluto vedere la luna, quand’era piccolo l’aveva sempre consolato e gli dava speranza. Invece, ora, la sua vita era sempre e solo buia, una grande e fitta oscurità. Non c’erano più colori a rallegrare i suoi occhi, solo il nero di una notte senza stelle, anzi no, del nulla.
Sospirò, cercando di cacciare quei pensieri tristi sulla sua condizione. I ragazzi se l’erano cavata alla grande con i bambini e ora tutti quanti dormivano. Fino a qualche minuto prima l’Uchiha aveva parlato con Tora, che si era arrotolata sulle sue gambe e l’aveva ascoltato in silenzio.
Lei, poi, gli aveva raccontato cosa Shiori avesse progettato per loro. Tora avrebbe dato le informazioni necessarie a tempo debito, ma apparentemente la Kunoichi le aveva detto che, se non fosse più tornata, l’Uchiha avrebbe dovuto agire per dare una buona vita ai suoi figli.
Sul momento aveva provato una forte rabbia nei confronti di Shiori che aveva preferito dare certe informazioni ad un gatto piuttosto che a lui, poi però aveva capito: la donna non voleva porre un altro peso sulle sue spalle. Era un segnale d’affetto.
Shisui fece un paio di segni con le mani ed evocò un corvo, che andò a posarsi sulla sua spalla. Il moro prese a passeggiare, raccogliendo le idee. Doveva mandare un messaggio ad Itachi.
“Trovala.” Cominciò. “Abbiamo bisogno che lei torni. I ragazzi mi hanno informato di tutto. Qualunque scavo tu li stia mandando a fare, sei sicuro che sia utile? So che Shiori non li vorrebbe a frugare in quell’abisso che è la vita di Orochimaru, ma cazzo Itachi … non hai dato loro scelta, vero? Li sentivo … li hai leggermente spaventati, qualunque sia la cosa che hai chiesto loro di fare, spero sia utile.” Sospirò.
“Aya mi ha detto che non stai bene, forse dovresti tornare per un’altra dose di medicina. Ai bambini farebbe bene vederti. A tal proposito, Aya mi ha dato il tuo ultimo messaggio!” esclamò con rabbia. “Stronzo!” Fece zampettare il corvo sul suo braccio finché non si appollaiò sul suo indice. “Ti prego sta attento.” Facendo in modo che l’uccello guardasse il suo volto. “E io proteggerò i bambini.”
Muovendo delicatamente la sua mano fece capire al corvo che poteva andarsene, questo si staccò da lui librandosi in volo. L’Uchiha si lasciò ricadere nell’erba e sospirò.
“Vi scongiuro, tornate!” pregò nell’aria sperando che essa trasportasse questo suo ultimo messaggio a chi di dovere.
 
Shiori aveva finito con le cavie che Orochimaru definiva semplicemente carne. All’inizio non era stata in grado nemmeno di far provare loro le più basiche sensazioni, ma con molto impegno e pazienza il piccolo cocktail d’emozioni era stato inserito con successo. Ora Orochimaru doveva solo verificare che il risultato lo soddisfacesse.
In quel momento era chiusa nella sua stanza a guardare il soffitto. Il giorno prima aveva sentito il richiamo di suo nipote più di una volta, forte e chiaro. Aveva bisogno di lei per qualcosa e la disperazione con cui la chiamava le faceva temere per il peggio. Purtroppo non aveva con sé il necessario per rispondergli.
“Shika …” sussurrò nel buio.
La sua mano corse sulla collana e sul ciondolo a forma di cuore che le aveva donato Yoshino anni prima. C’era la foto della sua famiglia all’interno di una delle due facce del cuore, nell’altra, sopra alla foto di Kakashi, aveva messo quella dei suoi bambini. Lì portava sempre con sé per ricordarsi chi doveva essere per proteggerli, per ricordarsi le ragioni per cui combatteva.
Lì sotto, i giorni sembravano non passare mai. Una lunga e interminabile notte li accompagnava. Riconosceva il passare del tempo solo grazie all’arrivo dei pasti, o per le ore di lavoro. Non aveva molto tempo per pensare, il lavoro con i cloni la privava di tutte le energie, così quando raggiungeva la propria stanza cadeva priva di forze sul letto e si addormentava.
Anche in giorni come quelli, in cui era costretta a starsene chiusa in quella cella a fare niente, non riusciva a pensare lucidamente ad un piano. Niente di più sensato che inserire qualche sentimento d’amore in quei cloni, cosa di cui peraltro aveva informato il suo carceriere, le era passata per la testa. Quella cosa, in ogni caso, non l’avrebbe aiutata ad uscire di lì.
All’esterno qualcuno smanettava con la serratura. Shiori sentì che era Sasuke, voleva parlarle di qualcosa. Entrò nella stanza, si richiuse la porta alle spalle e si appoggiò contro il muro opposto al letto della kunoichi. La donna si mise a sedere e attese che fosse lui a prendere la parola. L’espressione indecifrabile sul volto del ragazzo, non lasciava tradire il tumulto interiore che però Shiori poteva sentire chiaramente.
“Orochimaru, il suo tempo sta per scadere, vero?”
La donna annuì. “Dovresti fuggire finché puoi.”
Il ragazzo sorrise enigmatico. “Lui mi serve.”
“Ok … Ora ascoltami bene, ragazzino. Qualunque carta tu credi di avere in mano è una mera illusione.” Shiori si alzò in piedi. “Lui è un passo avanti a te. Lui l’ha già prevista.”
“Non credo.”
“Tu vuoi ucciderlo.” Sasuke sbarrò gli occhi per la sorpresa. Shiori fece un sorriso amaro. “Già. Oh, certo io sono avvantaggiata rispetto a lui. Ti vedo dentro e sulla tua faccia vedo quegli impercettibili cambi di espressione, nonostante tu creda di avere un gran contegno. Ma Orochimaru è altrettanto sveglio, sa già cosa progetti di fare.”
“Non può saperlo. E se anche lo sapesse? L’hai detto anche tu, ora è debole.”
La kunoichi sospirò, rigettandosi sul letto. Non poteva credere di avere a che fare con gente così testarda da non vedere l’ovvio. Tenzo le avrebbe fatto presente che proprio lei non avrebbe dovuto permettersi di parlare di testardaggine, ma … be’ Tenzo non era lì con lei al momento.
“Sei un bambino. Un bambino che crede di essere un adulto, ma pur sempre un bambino. Hai la sicurezza che solo l’inesperienza può portare. La forza di quel bastardo non è nel corpo, o almeno non solo. La sua forza è qui.” Si indicò la fronte. “E su questo piano continuerà a batterti finché non caccerai quella tua inutile superbia e sicurezza nella spazzatura.” Forse ci stava andando giù troppo pesante, ma era nervosa. Inoltre, vedere Sasuke le ricordava che Itachi stava morendo e, da quel buco in cui si trovava, lei non poteva fare nulla.
“Lui mi sembra abbastanza sicuro di sé.” Le fece notare l’Uchiha.
“Lui ha ragione per esserlo.”
“Quindi secondo te io non ne ho.”
“Sei forte Sasuke, te lo concedo. Se non avessi i miei poteri, in uno scontro semplicemente fisico, mi faresti a pezzi. Ma in uno scontro ci sono molte variabili, e Orochimaru ha l’abilità di portare la fortuna dalla sua parte.”
“Non succederà.” Le voltò le spalle e si diresse verso l’uscita.
“Ti prego. Non puoi morire. La tua vita vale molto di più.” Gli poggiò la mano sulla spalla e cercò di infondergli la sua preoccupazione.
“Se non sono abbastanza forte, non vale niente.” Affermò, scostando la mano da sé per poi uscire.
Shiori si passò una mano tra i capelli esasperata. Non sapeva più cosa fare per proteggere il ragazzo. Si lasciò cadere sul letto e si suoi pensieri la torturarono finché non cadde in un sonno agitato, dove fratelli uccidevano fratelli, persone morivano indicandola come l’unica colpevole del loro dolore e lei era sola in un luogo buio, circondata da uomini senz’anima e ricoperta di sangue.
 
Fu svegliata la mattina successiva da dei colpi alla propria porta. Si mise a sedere ansimante sul letto e cominciò a vestirsi. Quei colpi erano l’avvertimento che qualcuno sarebbe andata a prenderla a breve.
E così fu. Yoharu la strattonò fuori dalla camera fino alla stanza di Orochimaru, ormai il serpente non si alzava più dal letto se non in rare occasioni. La camera era illuminata dalla fiamma di alcune candele. Shiori entrò sola e si sedette su di una sedia posta al lato del letto.
“Ti renderà felice vedermi così”, commentò l’uomo.
“So che è uno stato temporaneo” rispose lei, non negando che la cosa le desse una certa soddisfazione.
“Ho studiato la Carne, hai fatto un ottimo lavoro.” La voce dell’uomo era ancora più bassa e sibilante del normale. “Domani comincerai con i soggetti definitivi.”
“Si, certo …” esitò. “Devo chiederti una cosa.”
“Un altro favore?” sogghignò lui.
Lei tirò fori un foglio dalla tasca dei pantaloni e glielo porse. Il ninja lesse la carta strizzando gli occhi e lei gli avvicinò una candela perché vedesse meglio.
“Chi soffre di questa malattia?” chiese lui.
“Non importa. Conosci una cura?”
“Potrei avere qualcosa. Ma dallo stadio avanzato della malattia …”
“Devi darmela! Manda Kenta! Lui sa a chi serve …” Sentì che stava urlando, ma non le importava. Si sarebbe messa in ginocchio davanti a quell’uomo se fosse stato necessario.
“Non te l’ho detto?” fece lui con un ghigno. “Quando siamo stati attaccati dal capitano Yamato e la sua squadra ce lo siamo lasciati indietro.”
“L’hanno preso loro?” chiese sorpresa.
Il ninja alzò le spalle.
“Manda qualcun altro!” urlò. Ora Kenta non era il suo problema.
“Se non mi dici nemmeno a chi darla.”
“Ti prego. Lavorerò molto più velocemente se mi farai questo favore.” Vide la sua mano stringere quella pallida del serpente, che da ciò che provava non sembrava per niente incline ad adempiere alla sua richiesta. “Ti prego.” Le lacrime le scesero lungo gli occhi. “Io … io … potrei guidare i tuoi cloni in qualunque battaglia tu voglia portarli. Sarei molto meglio di Yoharu. Io li ho creati.”
“Che garanzia ho che tu manterrai la parola?” domandò Orochimaru, ma una parte di lui era quasi convita, Shiori poteva sentirlo.
La kunoichi si morse il labbro e si alzò in piedi. Frugò negli scaffali della libreria di Orochimaru e ne tirò fuori una mappa. Con mani tremanti la donna la srotolò, la posò sulle gambe del ninja leggendario e vi indicò sopra un punto.
“Qui è dove si trova mio figlio. Se ti deluderò, lui sarà in pericolo.”
“Ci tieni molto a questa persona.”
La donna si asciugò le lacrime dagli occhi. “Se potrà avere una vita felice, sarò felice anche io. Se la merita, dopo tutto quello che ha passato. Forse ricevere la medicina, gli farà capire che non è destinato a morire.”
“A chi la devo far mandare?”
Shiori sospirò. “Itachi Uchiha.”
Un piccolo sorriso apparve sulle labbra del ninja leggendario. “Yoharu!” gridò.
Il mercenario entrò nella stanza e guardò il suo capo. Notò che Shiori aveva gli occhi rossi, ma la ignorò.
“Signore?”
“Passami la penna che c’è sulla scrivania”, ordinò, poi strappò un pezzettino dal foglio che Shiori gli aveva consegnato e, quando il mercenario gli diede la penna, vi scrisse sopra.
“Porta questa a Kabuto e fatti dare quello che c’è scritto. Quando lo avrai, cerca Itachi Uchiha e dagli la fiala. Informalo che è un dono da parte mia.”
“Tenterà di farti del male”, lo avvertì Shiori. Lo avrebbe fatto per scoprire dove lei si trovava. “Dagli questo.” Frugò di nuovo nelle proprie tasche e porse un biglietto all’uomo. “Forse gli impedirà di ucciderti.”
“Credi sia così semplice?”
“Credo di doverti la protezione che mi è possibile, visto che non te ne ho data in precedenza. E sì, credo che lui possa fare questo ed altro.”
“Ora va.” Ordinò sbrigativo il ninja leggendario. Quando se ne fu andato si rivolse a Shiori: “Stai mettendo molto a rischio per lui.”
“Forse ho fiducia che protegga ciò che amo per me.”
“Mi auguro per te che lo faccia. E soprattutto, mi auguro che tu rispetti i patti.”
“Lo farò” affermò, tornando a sedersi.
Aveva appena venduto suo figlio, ma sapeva che era molto più difficile raggiungerlo di quanto apparisse. Inoltre, Shisui e Itachi avrebbero protetto i bambini a costo della loro vita e lei avrebbe seguito le regole, finché non avesse trovato un modo per uccidere definitivamente Orochimaru.
“Shiori?”
“Si?”
“Mi chiedevo quanto i tuoi poteri siano cresciuti?”
“Abbastanza.”
Lui sorrise. “Quanto?” insistette. “Te lo chiedo perché parlando con quegli inutili esseri mi è sembrato di capire qualcosa di molto interessante dalle loro frasi sconnesse. Mi sbaglio?”
Lei osservò lo shinobi e ne percepì le sensazioni.
“Credo di no.”
“E questa crescita, provoca qualche effetto collaterale?”
“Stanchezza” rivelò. “E maggiore dispersione di chakra. Per fortuna funziona solo a comando. Sarebbe un incubo.”
“Mostramela.”
“Vuoi che la provi su di te?”
“Come saprei che funziona altrimenti?” chiese retorico.
 
Orochimaru, il giorno prima, le era parso soddisfatto della novità. Evidentemente aveva grandi piani per lei e ora lei stessa si era proposta di portare avanti la sua causa. Sperava di riuscire a fermarlo prima, ma per ora poteva solo fare ciò che ci si aspettava da lei.
Quella mattina Kabuto l’accompagnò al piano di sopra nella stanza dei cloni. Gli uomini dai volti butterati erano in piedi in un angolo con gli occhi sbarrati ad attendere i propri ordini. Il medico li osservò.
“Venite con me!” ordinò.
Shiori lo fermò stringendogli il braccio. “Dove li stai portando?”
“Non ci servono più” si limitò a dire il medico.
La donna sbarrò gli occhi. “Mi potrebbero essere utili con gli altri.”
Kabuto ridacchiò. “Cerchi davvero di salvare questi esseri inutili?”
“Ho detto che mi servono!” ringhiò e non poté trattenere la sua rabbia dall’invadere il medico, che provò ad indietreggiare di qualche passo, ma fallì. La presa stretta della kunoichi gli impediva qualsiasi movimento.
“D’accordo. Fa come ti pare!” La scostò da sé e la rinchiuse nella stanza.
Shiori appoggiò le spalle al muro e sospirò. “Per ora siete salvi.”
Loro non conoscevano la gentilezza, erano infidi e malvagi, ma sapevano a chi dovevano obbedire. La Nara ordinò loro di stare fermi e si avvicinò al primo futuro soldato dell’esercito di Orochimaru. L’uomo aveva gli occhi chiusi, il volto era più liscio rispetto alle cavie iniziali. Era nudo sulla superficie fredda del tavolo operatorio e il suo volto era pallido. Shiori passò una mano tra i suoi capelli rossi, dovevano essere simili a quelli di sua madre, erano come quelli di Kushina.
Una consapevolezza la colpì in quel momento, con tutto quello che aveva passato non aveva mai avuto tempo di pensarci davvero, di realizzare ciò che le era stato detto. Kushina era la nipote che Kishiko voleva proteggere, Kushina era sua … cugina! Chissà se lei aveva mai saputo la verità su questo loro legame. Lei le era sempre stata vicina, le aveva raccontato del clan Uzumaki e delle sue tradizioni … Shiori comprese che forse la donna aveva capito la verità o, forse, era stato Shikanari stesso a rivelargliela.
Si accorse di star torturando il suo ciuffo rosso, ora non poteva pensare a quelle cose. Prese la cartella del clone davanti a sé e la lesse. Creava illusioni nella mente di chiunque, solo dopo averli toccati. Orochimaru si era proprio dato da fare per trovare questi uomini.
Shiori ripose la cartella al proprio posto e strinse la fredda mano dell’uomo. Avere un contatto fisico aiutava. Concentrò i suoi pensieri su quelle emozioni con cui aveva lavorato così tanto nelle ultime settimane e cominciò ad impiantarle nell’uomo.
Per inserire delle emozioni permanenti ci voleva del tempo e molta concentrazione. Le dita dell’uomo cominciarono a muoversi.
“Ichi, la siringa!” ordinò a uno dei primi cloni, che le portò immediatamente ciò che aveva chiesto.
“Ni, San, Shi tenetelo fermo! Probabilmente la prima cosa che farà sarà attivare i suoi poteri, quindi voialtri cercate di disperdere l’illusione. Spero sia sufficiente.”
Tornò a concentrarsi sul suo compito e inviò il cocktail di emozioni nel ninja con più forza, che cominciò ad agitarsi, fortunatamente tre dei suoi cloni lo bloccavano. Un basso ringhio provenne dall’uomo, ma l’unica ad avere paura era lei, non aveva inserito quell’emozione nelle sue cavie.
Come si era aspettata il ninja attivò la sua tecnica, davanti ai suoi occhi apparvero i suoi figli, Kakashi li accompagnava tenendoli per mano.
“Ciao, tesoro!” Le sorrise. “Che fai li impalata, vieni con noi.”
“Mamma, sbrigati!” gridava Hikaru.
“È un’illusione. È un’illusione” ripeté a sé stessa, cercando di non far trapelare nessuna delle proprie emozioni. L’innesto non era ancora finito. Poi, quell’immagine sparì. I suoi cloni erano riusciti a disperderla.
L’uomo ancora si agitava, ma finalmente aveva finito. Inserì la siringa nel braccio e iniettò l’anestetico. Il ninja si addormentò di nuovo. Shiori fece un passo indietro e si sentì cadere, ma fu presa immediatamente da uno dei cloni.
“Juu.”
“Capo, stavi per cadere.” Le sorrise e Shiori ricambiò. La sera prima aveva chiesto ad Orochimaru il permesso di andare a vedere i cloni prima di rimettersi all’opera e aveva fatto leva sui sentimenti di bontà di uno dei suoi cloni. Le serviva almeno un alleato in quel casino.
“Grazie.” Si aggrappò a lui. “Roku, Shichi, occupatevi di mettere il corpo in incubazione. Hachi, Ku portate il prossimo clone. Che qualcuno vada a chiedere a Kabuto che mi porti da mangiare!”
“Sei sicura di poter andare avanti.”
“Come ti ho spiegato ieri, questa è l’unica cosa che possiamo fare. Tu devi fingere meglio però.”
“Non riesco ad essere mostruoso come loro” disse sentendosi in colpa.
“Juu, non sentirti in colpa per questo. Sei la persona più buona in questa stanza al momento.”
Hachi e Ku misero il secondo clone sul tavolo operatorio. Shiori si separò da Juu e si avvicinò al suo prossimo paziente.
“Non sono più buono di te, capo.”
La kunoichi lesse la cartella. Un potere che aveva a che fare con il fuoco. “Fidati Juu lo sei.” Gli sorrise e prese la mano fredda del clone su cui doveva lavorare. “Chi di voi ha un chakra di tipo acqua.” Un paio di cloni alzarono la mano. “Bene venite qui. Cerchiamo di non finire arrostiti, va bene?”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nota dell’autrice: i nomi dei cloni rappresentano i numeri dall’uno al dieci in giapponese. Juu è il dieci. 
  
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