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Autore: clairemonchelepausini    20/08/2016    6 recensioni
Lucy Brown, una dolcissima ragazza bionda con gli occhi verdi che sogna l’amore dei film. Aiden Moore, un ragazzo dai cappelli neri e gli occhi azzurro ghiaccio, che cambia ragazze così tante volte come fossero camicie. Cosa hanno in comune? Un’amicizia. Lucy e Aiden si conoscono da quando sono piccoli, hanno condiviso di tutto; ben presto, proprio quest’amicizia sarà messa a dura prova, così tanto da causare un allontanamento per la prima volta in quindici anni. Il loro legame potrà mai veramente spezzarsi? Riusciranno nonostante le difficoltà a salvare ciò che con il tempo e gli anni hanno costruito? E se a ciò si aggiungessero anche nuovi interessi amorosi per entrambi, cosa succederà? Sarà la fine o…
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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E chi ne capisce più niente?
(amici, migliori amici, nemici, innamorati e…)







 
NOTE
La storia è stata scritta per il contest “Sfida dei clichè”, indetto da Principe Dracula sul gruppo face book “EFP famiglia: recensioni, consigli e discussioni”.
Il mio prompt era: “ Scrivere una storia di migliori amici sin da bambini- Uno dei due s'innamora dell'altro/si innamorano"
 











 
 Nell’ Abernethy, una piccola città del New South Wales dell’Australia, vivevano due piccole pesti, nonché vicini di casa, che litigavano. Era una giornata calda e afosa, proprio come ci si aspettava e nonostante quella temperatura i due bimbi erano sul prato a giocare spensierati, anche se quello non era il termine esatto. Una bambina bionda con le treccine, la piccola Lucy Brown, aveva rubato il camion dei pompieri all’amico e ora correva spericolata per tutto il giardino di casa. Un bambino timido con i capelli neri, il piccolo Aiden Moore, si era appena alzato per rincorrere quella bambina dispettosa, quando la raggiunse le tirò le treccine in segno di dispetto. Continuarono così per qualche minuto quando per un motivo sconosciuto smisero, si misero a ridere e… all’improvviso si abbracciarono.
«Ti voglio bene Addy» sussurrò lei al suo orecchio, ancora stretta all’ amico.
«Ti voglio bene anch’io orsetto Lucy» affermò con sguardo dolce e molto protettivo, solo come i fratelli maggiori sanno fare, anche se non erano legati da nessun legame di sangue e lui era più grande di soli due anni.





Era solo un sogno, un ricordo e Lucy lo scoprì non appena si svegliò con il suono assordante della sveglia che segnava già le 07:00, ritrovandosi nella sua stanza non più a 6 anni, bensì a 17.
Cosa era cambiato da allora? Tutto. Era cambiato tutto. Nulla era più come prima.
Il primo giorno di scuola avrebbe dovuto emozionare tutti, ma non lei. Lucy lo odiava, ora più che mai, ma per sua fortuna non era sola. Non appena arrivata, il suo ragazzo Jason White le andò incontro baciandola. Era il miglior modo per iniziare il mattino, soprattutto se ciò era accompagnato da un fisico tipico dei giocatori di pallavolo e due occhi color cioccolato che facevano sciogliere tutti. Varcato l’ingresso, venne accolta da una ragazza castana, magra, lentigginosa e con un aria un po’ persa e fra le sue: la sua migliore amica Caroline Fray.
Lucy era circondata da tantissimi amici, aveva al suo fianco due delle persone più importanti della sua vita, eppure sentiva quel vuoto dentro che nessuno riusciva a ricoprire se non lui: il suo migliore ex amico.  Dopo aver salutato tutti, avanzò in quei corridoi così familiari, a cui era legata da numerosi ricordi e, giusto perché era in tema, la sua mente le giocò un brutto scherzo riportandola al momento più bello e brutto della sua vita.




 
«Ah Ah Ah ! Guardate la racchia» la indicò un ragazzo una volta entrata nel cortile della scuola; poco più alto di lei, con i capelli laccati in testa e i denti storti, alle sue parole tutti gli amici di lui l’accerchiarono, iniziarono ad indicarla e strattonarla. Lucy aveva undici anni ed era la seconda volta che si trasferiva in un altro istituto perché “presa di mira”. Era stanca, non ne poteva più così cerco di allontanarsi da loro camminando a testa bassa e lasciandoseli alle spalle. Lucy non era il mostro che loro dicevano, era una bellissima ragazzina bionda un po’ robusta ma con gli occhi di un verde talmente luminoso che rendevano il suo viso quello d’un angelo; purtroppo però non tutti la vedevano così. Si era allontanata un po’, ma non quanto bastava: quei ragazzini tornarono all’attacco tirandole le treccine che la nonna le aveva fatto quel mattino.
«Oh! Ma guardatela… il vestitino elegante, le treccine, lo zainetto e poi… Ma ti sei guardata allo specchio?»
«Sembri una balenottera che cammina»
«Brutto anatroccolo! Brutto anatroccolo!»
Continuavano a prenderla in giro, spintonandola un po’ di qua e un po’ di là tant’è che la fecero cadere a terra; lei rimase inerme per un periodo che sembrò infinito, nella speranza che se ne andassero. D’un tratto una figura molto più alta di lei si mise a correre nella sua direzione, scacciò via quei stupidi ragazzini minacciandoli di non farsi più vedere, e dopo l’aiutò a rialzarsi.
«Ma... Sei tu?» esclamò sbalordita, rimanendo senza parole; un attimo dopo si buttò tra quelle conosciute braccia dove si era sentita sempre al sicuro.
«Sono io orsetto Lucy. Sono qui. Non dovrai avere più paura, ci sono io con te», quella voce la calmò, la rassicurò solo come lui sapeva fare. Aiden Moore, ecco chi era: il suo vicino di casa e amico. Quel giorno segnò per sempre il loro rapporto, una piccola tempesta a cui seguì un grande arcobaleno: quel momento così difficile per lei, portò loro a diventare migliori amici.





Nessuno avrebbe mai pensato che un’amicizia iniziata a quattro anni sarebbe continuata per altri tredici, eppure era così. Lucy e Aiden erano sempre insieme, la gente per strada non ricordava mai l’uno senza l’altro, erano due parti della stessa medaglia, tuttavia anche le medaglie che sembrano perfette possono spezzarsi. Si risvegliò da quel ricordo e prima di entrare in classe, asciugò le lacrime che le erano scese sul viso.
Jason era il ragazzo più dolce che esisteva e questo Lucy lo sapeva bene, ma le mancava una parte di sé, la stessa che se n’era andata quando Aiden l’aveva lasciata. Jason arrivò in sala mensa con il suo pranzo preferito: muffin ai mirtilli e succo alla pesca, accompagnato ovviamente da un lungo e dolcissimo bacio; le cinse la vita abbracciandola e lei senza farsene accorgere fece vagare il suo sguardo per tutta la sala alla ricerca del suo ex migliore amico. Quando lo trovò, non fu tanto felice quanto avrebbe dovuto dato che lo vide stretto ad una delle tante puttanelle che gli giravano intorno. Stavolta però non si trattava di una qualunque, bensì di Ashley Smooth: una bionda senza cervello che per attirare l’attenzione vestiva con abiti striminziti e trucco eccessivo.
Appena Lucy ebbe abbassato gli occhi e ritornò a prestare attenzione al suo ragazzo ridendo con la sua combriccola, ecco che Aiden la cercò, passando in rassegna tutti i tavoli della sala mensa. Non tardò a trovarla; anche se era ancora arrabbiato e affranto, posò lo sguardo su di lei in modo protettivo e geloso, proprio come aveva fatto in quegli anni.
Non potè guardarla a lungo perché la sua ragazza continuava a baciargli il collo, cosa che rendeva la sua capacità di concentrarsi davvero difficile, senza poi contare che la sua cerchia di amici aveva iniziato a scherzare sul sedere delle ragazze e lui non poteva di certo mancare dal fare battute. Un ragazzo castano, lo guardava in modo inquietante e l’avrebbe preso a calci se non fosse stato che era il suo migliore amico, Michael Williams. Lui era l’unico che sapeva tutto di lui, ovviamente dopo Lucy, era a conoscenza anche del loro litigio e del motivo che lo avevo scatenato. Lo sguardo di Michael era carico di domande a cui Aiden rispose con un’occhiata capace di esprimere una sola vera affermazione: avrebbe voluto prendere a calci quel farabutto. Aiden era un tipo molto geloso e non si fidava di nessuno quando doveva proteggere Lucy, tuttavia Michael era l’unico a cui lasciava questo compito, erano come fratelli. L’amico non riusciva a vederlo in quello stato e avrebbe voluto fare qualcosa, ma l’ultima volta che si era intromesso aveva ricevuto un pugno per cui aveva deciso di lasciar fare a loro, anche se ci sarebbe voluto sicuramente un bel po’ perché erano due delle persone più testarde sulla faccia della terra.


La giornata passò in fretta e lei tornò a casa con la testa bassa, strisciando i piedi a terra. Prima di entrare guardò ancora una volta quella casa nella quale aveva passato molti pomeriggi e in cui si sentiva parte della famiglia; ciò lasciò in lei un senso di smarrimento che mai prima di allora aveva provato. Erano passati diversi mesi dal suo litigio con Aiden e lei non riusciva a farsene una ragione chiedendosi come tutto era potuto scoppiare così all’improvviso.
«Mamma? Nonna?» chiamò malinconica, ma nessuno rispose.
In quel momento avrebbe voluto averle vicine, non voleva restare sola, ma non le restò altro che dirigersi in camera, accendere la radio, buttarsi sul letto e piangere a dirotto per tutto quello che aveva vissuto e perso.
Si sarà addormentata e quando si svegliò, stropicciandosi gli occhi che le bruciavano un po’, era già buio. Prese il telefono e vide che tutti l’avevano cercata, ma non aprì nessun messaggio, non aveva voglia di parlare con nessuno, nemmeno con Jason. Lo amava più della sua vita, ma… C’era qualcosa che la tratteneva e non dipendeva dal suo litigio con il suo migliore amico.
Quella sera non mangiò nemmeno, si mise nuovamente le cuffie e fece partire la musica del suo mp3, ma sembrava che la vita c’è l’avesse con lei perché partì la canzone “Last Friday night” di Katy Perry.
In un batter d’occhio si ritrovò catapultata indietro, in un anno e in un periodo in cui la sua vita era perfetta.




«Shhhhh» sottovoce e facendo il gesto con la mano disse Lucy, rivolgendosi alla sua migliore amica Caroline che aveva iniziato a ridere.
«Sveglierai tutti» poco dopo affermò, ma non ci riuscì nemmeno lei e si misero a ridere insieme.
Cosa stavano facendo quelle due pazze nel cuore della notte? Caroline aveva aperta la finestra della stanza dell’amica che dava sul giardino e dopo aver gettato a terra i tacchi si arrampicò sull’albero e iniziò a scendere. Lucy, nonostante indossasse uno di quei vestiti che avrebbero fatto infuriare sicuramente Aiden, buttò i tacchi non colpendo per poco Caroline e, tenendosi il vestito, iniziò a scendere graffiandosi un po’ il ginocchio.
Quella sera il capitano della squadra di football aveva organizzato una mega festa dove tutti, comprese loro, erano invitati, per cui non potevano di certo mancare. Le due però erano state messe in punizione, così sgattaiolarono fuori non appena i genitori di Lucy andarono a letto.

«Questa è la festa più bella a cui abbia mai partecipato» affermò un po’ brilla Lucy, barcollando e ballando allo stesso tempo sul tavolo del soggiorno.
«Questa sarà la nostra ultima festa» replicò l’amica facendo la guastafeste e l’adulta; sarebbe stata credibile se subito dopo non avesse iniziato a ridere in modo al quanto discutibile, ballando anch’essa sul tavolo con tutti i ragazzi ubriachi che li accerchiavano.
A metà della canzone della favolosa Katy Perry ecco arrivare un furioso Aiden con indosso i pantaloni blu della tuta e una maglietta nera che non faceva altro che fasciare e far risaltare i suoi accattivanti bicipiti.
«E tu che ci fai qui?» domandò sorpresa e leggermente irritata per quell’interruzione.
«Almeno sei ancora in grado di riconoscermi. E io che pensavo di trovarti su un tavolo con qualche ragazzo che ti leccasse il sale dalla pancia» ribatté lui furente con gli occhi neri di rabbia, anche se era impossibile dato che aveva gli occhi più belli del mondo: un azzurro ghiaccio che faceva perdere la testa a tutte, compresa lei qualche volta.
«Sei la solita testa di cazzo».
«Meglio che mezza troia».
Quell’affermazione dura la colse di sorpresa perché non le aveva mai parlato così; rimase stupita, con la bocca aperta e una ferita al cuore. Lui era sempre iperprotettivo e a volte le diceva cose che la stranivano molto, ma siccome subito dopo scherzava non l’aveva mai preso sul serio.
«Ti sei divertita, ora andiamo» ordinò lui sia a Lucy che a Caroline, con la voce di chi non ammetteva repliche.
«No. Tu vai. Noi rimaniamo» sghignazzando affermò. Non sarebbe stata lei se non gli avesse risposto, era l’unica che gli teneva testa.
«Ho. Detto. Andiamo» scandì bene le parole ancora una volta, con voce dura tanto da mettere paura all’amica che prese le scarpe, scese dal tavolo e gli si affiancò.
Lucy, invece, era tutt’altra storia; continuava a ballare e a muoversi a ritmo di musica. Lei non faceva mai quello che le veniva detto, era cocciuta e testarda e… Sì, talvolta bisognava usare le maniere forti.
Aiden avanzò verso il tavolo, la prese cingendole la vita e issandola con un braccio sulla sua spalla, mentre con l’altro raccolse le scarpe e subito dopo coprì il suo sedere per evitare di mostarlo a tutti, dato che lei non smetteva di divincolarsi. Era arrabbiato più che mai, ringraziò Michael per la soffiata e tornò a casa con Lucy rannicchiata sul suo grembo mentre con una mano guidava e con l’altra la stringeva a sé. Non avrebbe mai potuto portarle a casa dei Brown, l’avrebbero messa in punizione a vita così optò per casa sua. L’amica riuscì a scendere quanto a lei, dovette prenderla in braccio perché non si reggeva più in piedi e appena arrivò in camera la distese nel suo letto con Caroline a fianco che sembrava senz’altro reggere l’alcol meglio di lei. Alla fine quella notte nessuno di loro dormì molto, perché Lucy stese male e Aiden le fu acconto in ogni momento: tenendole i capelli, asciugandole le labbra e sostenendola mentre vomitava.
«Ci sono io orsetto Lucy. Ci sono io. Starai bene» gli sussurrò tra un coniato di vomito e un altro, massaggiandole la schiena e tenendole la fronte per poi stringerla tra le sue braccia.





E bastò un battito di ciglia perché tutto tornasse alla realtà: Lucy distesa sul letto, con le cuffie alle orecchie, la musica a palla e le lacrime che non smettevano di bagnare il suo piccolo e dolce viso. Crescendo si impara che le delusioni fanno parte della vita, ma quelle causate da un amico sono sempre le più dolorose: è nell’amicizia che si investono più sentimenti; con gli amici si condividono gioie e paure, momenti di estrema felicità e altrettanti di sofferenza, con loro si condividono i segreti più intimi e ci si butta a capofitto senza paura di sbagliare.
Lucy era stata ferita tantissime volte, ma questa non riusciva a superarla. Era stata colpita nell’io più profondo, un colpo alla sua autostima e nessuno spiraglio aperto in cui avrebbe potuto vedere la luce dato che al momento sembrava solo essere coperto da una grossa nube nera. Il dolore che stava vivendo era caratterizzato da rabbia mista ad un senso di sconforto e di delusione che non solo mirava alla sua stabilità fisica e mentale, ma anche al suo rapporto con gli altri. Stava studiando, o almeno era quello che sua madre vide quando entrò in camera; aveva appena girato pagina e una frase attirò la sua attenzione:
«Si decide in fretta di essere amici, ma l’amicizia è un frutto che matura lentamente
- Aristotele ».
Rimase spiazzata, la rilesse e rimuginò a lungo su quell’unico rigo che l’aveva tanto colpita e… alla fine capì anche il perché.
 



Ma credete che Aiden si sentisse meglio?
Che la situazione gli fosse indifferente?


Lui cercava di tenersi impegnato perché non appena si sarebbe fermato la sua mente lo portava a tutti i momenti felici che avevano passato insieme e… Se all’inizio era pervaso dalla rabbia subito dopo subentrava la frustrazione, una strana forma di depressione e ansia, più di quanto avesse mai provato. Si dice che la rabbia eccessiva affoga un sentimento residuo, questo faceva proprio al caso suo, non c’era niente di meglio capace di spiegarlo.
Aiden era felice con Ashley, ma lui sapeva bene che non era e che non sarebbe mai stata Lucy e  il suo migliore amico non faceva che ripeterglielo. Lucy e Aiden avevano un legame speciale, particolare, quel tipo di legame che capita una sola volta nella vita ed era esattamente questo che lo mandava in bestia. Anche il suo rapporto con Ashley ne risentiva perché quando si sta insieme con una persona per anni – come facevano lui e Lucy – si entra in una sorta di simbiosi tale che, nel momento in cui tutto questo viene a mancare, è come se non ci fosse più aria per respirare.  Aiden si sentiva smarrito, impotente e privo di ogni capacità di reazione, anche se queste emozioni non descrivevano neanche lontanamente cosa lui stesse passando. Aveva trascorso anni al suo fianco a proteggerla, a non farle mancare mai il sorriso e a stupirla sempre, eppure non riusciva a capire quanto lui stesse male, quanto soffrisse nel vederla senza poterle stare vicino. Chiuse appena gli occhi quando si materializzò un ricordo, cacciò indietro le lacrime e lasciò che il calore si propagasse intorno a lui facendolo sentire di nuovo felice e a casa, anche solo per qualche minuto.




L’aria magica che si respirava nelle strade era emozionante, la musica che si diffondeva per le vie e i negozi addobbati a tema non facevano che incantare ancora di più le piccole testoline di due bimbi che camminavano mano nella mano dondolandosi a ritmo di musica sotto lo sguardo divertito di nonna Anna.  Erano appena tornati a casa dopo una lunga passeggiata tra la neve e, mentre la nonna preparava loro una tazza di cioccolata calda, i piccoli Lucy e Aiden erano in soggiorno ad addobbare l’albero di Natale. Quel giorno non aveva nulla di speciale, eppure lo avrebbero ricordato per sempre.
«Su, adesso sali sulle mie spalle e appendi la stella in cima così avremo finito» dichiarò sicuro di sé Aiden, sembrando più cresciuto di quanto in realtà fosse.
«E se cadiamo? Si romperà. Non voglio che si rompa» le rispose Lucy con voce flebile e un faccino che era sul punto di piangere, mostrando allo stesso tempo quegli occhi da cucciola che conquistava sempre tutti, lui per primo.
«Ti fidi di me?»
«Sempre!» esclamò, stavolta sicura di sé. Avrebbe potuto dubitare ed essere insicura su molte cose, ma non su di lui.
Quelle ultime frasi forse erano di poca importanza per due bimbi di sei anni, ma avevano un valore ben più grande di quanto immaginassero in quel momento. A volte vedere le cose con gli occhi dei bambini è il modo più facile per capire cosa si è sbagliato e perso. Quello segnò un altro momento importante della loro amicizia, perché fidandosi l’uno dell’altro riuscirono in quella piccola “magia” che apparì quando la nonna accese le luci e la stella in alto brillò.
Alla fine, Lucy e Aiden complici di quell’atmosfera perfetta si guardarono negli occhi e si abbracciarono, stringendo in silenzio un patto che aveva il sapore di un’ amicizia eterna.

 



Quando Aiden fu portato alla realtà dal delicato bacio della sua ragazza tutto cambiò. Il mondo in cui stava vivendo lentamente iniziò a sgretolarsi e al suo posto apparirono ricordi sempre più sbiaditi e una voglia matta di riavvolgere il tempo e ripartire da dove tutto si era interrotto, non che lui si pentisse di qualcosa. Ashley cercò di farlo ridere ed a stento ci riuscì, poi prima di andarsene prese dalla tasca un piccolo oggetto e glielo lanciò. Lui strinse tra le mani una monetina, il loro portafortuna e il motivo per cui si incontrarono e poco dopo s’innamorarono, così la baciò ma non appena lei andò via tutto crollò nuovamente. Si mise su facebook senza far troppo caso a ciò che leggeva, fin quando un post attirò la sua attenzione proprio mentre il pc bloccandosi non gli permise più di scorrere avanti. Era forse il fato? Davanti a lui c’era una frase che rappresentava esattamente il suo stato e sembrava che fosse stato lui stesso a scriverla.
«Ci sono delusioni che pesano sul cuore come macigni e andare avanti diventa difficile. Ma ci si deve sempre ricordare che, qualunque cosa accada, potranno frantumare un sogno ma non la tua capacità di rialzarti e credere che meriti di meglio. Combatti e affronta la delusione con quella luce che arriva dritta dritta da dentro di te».
Lui lesse più volte quella frase, chiuse con un forte colpo il pc spingendolo ai piedi del letto e si lasciò cadere all’indietro. C’era solo un problema: era lei il suo meglio, il suo tutto.
Era dannatamente difficile superare questo scoglio, tanto da voler smettere di respirare e lasciarsi cadere giù, sempre più giù.
 

Mentre Aiden e Lucy era così attenti a non incontrarsi mai e a non rivolgersi la parola, arrivò il momento tanto atteso da tutti: il ballo di fine anno. Ne avevano parlato milioni di volte, avevano programmato tutto, persino quei dettagli che sembravano superflui e irrilevanti. Ora… Ora che tutto stava per avverarsi non avrebbero potuto viverlo insieme, solo per una stupidissima discussione nata da un non nulla e poi trasformata nella seconda guerra mondiale.
 
«Tutto ciò che mi circonda mi fa sentire la tua mancanza» ammise Lucy ad alta voce per la prima volta dopo mesi. Si ritrovò nel viale dei ricordi e, tenendo stretto il book del suo ballo perfetto, non potè non ammettere che lui le mancasse terribilmente.
 
«Lucy…. Mi manchi. Io… non riesco a respirare se tu non ci sei».
In un’altra casa e in un’altra stanza, anche il duro Aiden si lasciò andare alla tristezza e alla consapevolezza che quei mesi erano stati dannatamente difficili per lui e che… non importava come, ma l’avrebbe voluta al suo fianco.

Era la sera del ballo e tutti erano già pronti, ma Lucy rimase ancora un po’ ad osservare la sua figura davanti lo specchio. Indossava un vestito di seta elegante con la combinazione di stampe contemporanee miste a una silhouette classica con un colore tra il fuxia e il viola. Il vestito senza spalline con scollo a cuore aveva un corpetto a pieghe increspato e fasciato in vita e una gonna a trapezio con orlo scanalato. Per ultima cosa indossò le lucide scarpe nere che Aiden le aveva regalato per uno dei tanti Natale che avevano passato insieme e per finire aveva arricciato un po’ i capelli lasciandoli ricadere morbidi sulle spalle.
Tutto era apparentemente perfetto, tuttavia lei aveva solo voglia di scappare per rifugiarsi in quelle braccia in cui si era sempre sentita al sicuro, protetta e a casa. Ancora una volta i ricordi piombarono come un fulmine a ciel sereno.




Erano d’accordo su tutto, anzi raramente litigavano e quando lo facevano non rimanevano mai a lungo separati, ma quello che successe quel giorno fu l’apocalisse. Da giorni Aiden era strano, proprio da quando Lucy aveva affermato di essersi fidanzata con il grande giocatore di pallavolo Jason White. Circa una settimana dopo anche Aiden fece un grande annuncio: lui e Ashley stavano insieme. Non si può negare che queste notizie non furono ben accettate dai due amici di lunga data, tuttavia per non turbare più di tanto il loro rapporto decisero di non dire nulla. E forse fu proprio questo il problema. Cosa avevano? Perché entrambi provavano quell’astio per i rispettivi compagni? Non avevano mai litigato, ma…
«Ehi Addy!!!» disse Lucy buttandosi tra le sue braccia e cadendogli letteralmente addosso.
«Orsetto Lucy» urlò lui di felicità stringendola sempre più forte e iniziando a farle il solletico sulla pancia, cosa che lei odiava ma non da lui.
Rimasero a scherzare ancora per un po’ dando la dimostrazione che nulla fosse cambiato e, chiunque fosse entrato da quella porta avrebbe detto la stessa cosa che ripetevano ormai da anni: Lucy e Aiden sono destinati a stare insieme. Quel pomeriggio lei era andata a trovarlo perché era il loro giorno della settimana dedicato a pizza e film strappalacrime. Lui detestava quei film, ma quando aveva provato a dirglielo lei si era intristita e aveva iniziato a fare gli occhi da cucciolo bastonato, così lui non seppe resistere e rinunciò a farle cambiare idea.
«Ehm… Scusami ma stasera non posso.»
«Perché?»
«Devo passare a prendere Ashley.  Ceniamo con i suoi cugini che sono venuti apposta per conoscermi.»
«Ancora?» domandò lei sbalordita.
«Dai… Non fare quella faccia, sai che non posso resisterti.» affermò lui in modo dolce sfiorandole delicatamente la guancia.
«Allora non andrai?» chiese lei speranzosa, ma capì che questa volta non l’avrebbe convinto. Lei riusciva sempre a decifrare le sue espressioni, ma quel giorno avrebbe preferito non esserne capace.
«Non posso. Vengono per me. E poi... Gliel’ho promesso.»
«Anche a me. E’ la nostra serata, ma vedo che passa sempre in secondo piano» constatò Lucy leggermente adirata.
Ci fu un momento di silenzio in cui nessuno parlò, tanto che si potevano sentire gli ingranaggi delle loro teste.
«Cosa mi stai chiedendo Lucy?» domandò Aiden dopo averci pensato un attimo, con quel tono che lei detestava.
«Lascia stare» rispose e fece per andarsene quando due mani forti la trattennero.

La quiete prima della tempesta.

«Adesso ti fermi un attimo e mi spieghi. Non vai da nessuna parte se prima non avremmo chiarito.»
«Chi sei per dirmi questo?» disse alzando un sopracciglio, scansando le sue mani che volevano tirarla a sé.
«Mi puoi dire che cosa ti prende Aiden?»
«A me? Sei tu quella che sbrocca ogni volta che parliamo o siamo con Ashley » esclamò stufo dopo l’ulteriore conferma che lei la detestasse, senza contare tutto quello che le aveva detto.
«Non lo capisci vero?»
Lui rimase in piedi senza parole, guardando la persona con cui aveva condiviso ogni momento più importante della sua vita senza riuscire a capirla. Si erano sempre coperti le spalle, talvolta finivano l’uno le frasi dell’altro e si capivano come forse nessuno riusciva a fare; perché adesso era tutto così complicato?
«Lei ti sta portando via da me» disse con gli occhi lucidi, abbassando le spalle e lasciando cadere le braccia lungo i fianchi, segno di chi non ce la faceva più.
«Non lo vedi, ma lei ci sta allontanando» continuò asciugando le lacrime che avevano appena iniziato a bagnarle le guance.
Lucy continuava a guardare quel viso che le era così familiare, ma che adesso sembrava appartenere ad uno sconosciuto. Aiden rimase ancora una volta in silenzio, non perché non sapesse che dire, bensì perché sapeva che se avesse parlato… forse troppe cose sarebbero state dette, cose che era meglio non rivelare. Lei si stava avvicinando con sguardo supplichevole e Aiden la conosceva bene per sapere che avrebbe insistito, ma non poteva farglielo fare. Lui…
«Ora basta!» gridò facendola spaventare così tanto che arretrò di qualche passo.
«Sei tu che non vedi cosa hai davanti agli occhi!» sbottò di colpo, non riuscendo più a trattenersi dal vederla struggersi per un ragazzo e poi buttarsi fra le sue braccia per essere consolata, cosa che lui faceva ogni volta, ovviamente.
 
«Che cosa vuoi dire con questo?»
Quella domanda rimase in sospeso per parecchi minuti; l’atmosfera di gioia e serenità aveva lasciato il posto ad un arido terreno di scontro.
«Continui a dire che è Ashley ad allontanarci, ma sei tu che ti sei allontanata da quando stai con quello…» affermò in modo sprezzante, non riuscendo nemmeno a dire il suo nome tanto lo detestava.
«E poi… Poi dici che sono io ad avere qualcosa con la tua ragazza. Tu… Tu che non riesci nemmeno a dire il suo nome. Si chiama Jason maledizione! E comunque sei tu che hai iniziato a saltare le nostre serate, inventi scuse su scuse e sarei io che ha qualcosa che non va? Ma per favore.. » disse in maniera convinta Lucy, stupida del coraggio che stava dimostrando di avere in quella discussione, la prima in tredicini anni e forse l’ultima, visto come si stava mettendo.
Lui continuava a fissarla senza sapere cosa dire per non arrivare ad una rottura, ma il suo sguardo diceva più di quanto le parole avessero potuto. Lucy odiava quel comportamento di superiorità, la faceva sentire una stupida sopratutto se proveniva da lui.
«E poi, cos’è questa cosa che minacci i ragazzi che mi si avvicinano?» chiese ancora più sbalordita dopo aver ricordato quella notizia che le avevano detto mesi prima.
«Chi te l’ha detto?» domandò quasi fra le sue, come stordito.
«Non importa chi è stato, io non posso credere che tu l’abbia fatto davvero». Non era necessaria una conferma perché poteva leggerglielo negli occhi. Non le aveva mai mentito, eppure in tutti quegli anni non si era mai accorta di…
«Io ti amo» sputò fuori Aiden, ormai al limite della sopportazione per aver tenuto quel segreto per anni. Ancora tremante chiuse gli occhi e si mise le mani davanti la faccia per coprirsi dalla vergogna di essere scattato così e soprattutto per non essere capace di vedere la sua espressione a quella confessione.
Questa era una vera e propria  bomba, avrebbe potuto scoppiare in qualsiasi momento, ma farlo adesso… Forse non era stata la scelta migliore.

«Ma… Ma cosa dici?» balbettando disse, indietreggiando ancora fino a sedersi sul letto perché le gambe non le reggevano più.
«Sono anni che ti sono vicino, che ti consolo quando qualcuno ti ferisce, che curo le tue ginocchia sbucciate o i tuoi attacchi d’ira e mi racconti ogni dettaglio della tua vita e poi, non ti accorgi quanto mi faccia male vederti con Jason. Sono un bravo attore o tu non mi conosci così come dici di saper fare?».
«Ma noi siamo migliori amici» tentò ancora una volta lei, cercando di mettere a posto quella situazione che sembrava cadere a pezzi, insieme alla sua vita.
«Sì, siamo amici perché io ho deciso di mettere da parte i miei sentimenti e restarti vicino, non avrei mai potuto perderti».
«No. Non è possibile tutto questo» esclamò Lucy ancora confusa, iniziando a camminare in modo nervoso per la stanza.
«Lucy...» cercò lui di parlare prima che fosse interrotto dall’amica e dal suo sguardo gelido.
«No, Aiden.»
«Vuoi dire che…»
«Devo pensarci. Devo capire se posso ancora fidarmi di te» convenne lei seria, anche se in quel momento era terrorizzata, ma cercò di non farlo notare.
«E’ esattamente per questo che non te l’ho mai detto. Sapevo che sarebbe successo. Sei ancora una bambina. Scappi sempre quando le cose si fanno serie e hai paura che qualcuno possa stare al tuo fianco conoscendoti veramente, ma hai dimenticato che sono io e non un altro? Scappa pure, ma io non smetterò di certo di amarti. L’ho fatto durante questi anni e continuerò a farlo con o senza di te» confessò Aiden d’un tratto. Stava vivendo mille sensazioni che gli facevano girare la testa e se da una parte questo lo spaventava a morte, dall’altra lo esaltava.
«Beh… Questo è un tuo problema, non mio» disse quasi duramente - spezzando il cuore all’amico che continuava a sperare – poco prima di uscire dalla camera sbattendo la porta e allontanandosi più velocemente possibile da quella persona e da quella casa che erano stati sempre un punto di riferimento per lei.

 



Non disse mai niente a Jason di quel giorno, seppe solo che avevano avuto una discussione e si erano allontanati, ma lui sapeva in cuor suo qual’era stato il vero motivo.
Mai aveva ammesso i suoi sentimenti in dieci anni e aveva funzionato, almeno fino a quel giorno.
E ora cosa rimaneva?
Quella domanda vagava ancora nei pensieri di Aiden e Lucy che guardandosi allo specchio non potè fare a meno di chiedersi se allontanarlo era stata la decisione giusta.
Una calda lacrima corse sul suo viso, ma non ebbe il tempo di rovinarle il trucco perché l’asciugò in fretta con il dorso della mano, si sistemò il vestito, si stampò un sorriso tirato sulla faccia e scese ad abbracciare quell’uomo perfetto che era venuto a prenderla.
Tutto era come nei suoi sogni, anche se il suo principe -  nonostante la perfezione di Jason -  non era quello che si era immaginata per anni, colui che avrebbe dovuto attenderla alla fine della scala, metterle il fiore che aveva scelto e accompagnarla al ballo.
 
Aiden entrò in sala con al suo fianco la bellissima Ashley che per l’occasione aveva scelto un vestito lungo e molto assestato, anche se di un giallo accesso che richiamava l’attenzione di tutti. Si concessero un ballo, ma lui era poco coinvolto perché cercava tra la gente la sua migliore amica che fece un’entrata ad effetto, stringendo il braccio del suo Jason che sorrideva come uno stupido: quel sorrisetto Aiden l’avrebbe fatto sparire volentieri. Lucy continuava a camminare piano per paura di inciampare, tenendo la testa bassa per l’imbarazzo e lasciando all’amico il tempo di godersi tutta la sua bellezza. Non riusciva a toglierle gli occhi di dosso ma dovette farlo; vederla lo distruggeva ma allo stesso tempo tornò a respirare.
 
Fu una serata bellissima tra balli, risate, brindisi e molti baci, ma Aiden viveva quel momento cercando sempre Lucy e prestando poca attenzione alla sua accompagnatrice che sembrò infastidirsi. Non importava cosa si erano detti e come si erano lasciati, lui vegliava su di lei e, anche se in modo alquanto ossessivo, non le toglieva mai gli occhi di dosso. La serata non era finita e molti stavano già lasciando la sala, altri ballavano spensieratamente mentre, in un piccolo angolino, Jason e Lucy sembravano essere sul punto di litigare.
Sembrava proprio che quelle due coppie, quella sera, avrebbero lasciato il segno.
 
«Piccola, dai… Su, andiamo…» continuava ad incitarla Jason, muovendo il bacino verso di lei,  baciandole il collo e allo stesso tempo le labbra sotto lo sguardo esterrefatto di Lucy.
«No. Ti prego Jason non costringermi. Ho detto che non mi sento pronta» sbottò di colpo lei, scostandosi dal fidanzato che non la prese bene, sentendosi trattato come un bambino capriccioso.
«Perché devi sempre fare quella tirata?»
« Mi avevi detto che…» e ancora prima che lei potesse fermarlo lui la baciò, passando la lingua sulle labbra e sul collo mentre metteva la mano sul sedere e la spingeva ancora una volta verso il suo bacino per farle sentire che effetto gli faceva.
«Ho detto basta!» esclamò lei disgustata, mettendogli una mano sul petto e allontanandolo da lei con una forza che non credeva di avere.
«E’ per lui, vero?»
«Lui chi?» domandò facendo la finta scema, anche se in quel momento avrebbe voluto averlo al suo fianco.
«Aiden, no?» inveì contro di lei con il dito, mettendole talmente paura che indietreggiando stava per inciampare nel vestito.
«No, lui non c’entra niente» affermò convinta ma non così tanto, dato che due mani forti la trascinarono via dal ballo.
 
Lucy allarmante si guardò attorno, supplicando tra sé e sé che qualcuno la notasse, ma tutti ballavano e nessuno la vide andar via, o almeno era quello che credeva lei. Continuava a dimenarsi, ma essendo Jason decisamente più forte, Lucy non aveva alcuna possibilità di liberarsi, eppure non smise nemmeno per un attimo di lottare. Ashley aveva costretto Aiden ad un altro ballo, ma lui non aveva voglia e lo lasciò capire, tuttavia una volta finito si accorse che Lucy non c’era più. Iniziò a cercarla come fosse impazzito: passava tra la gente senza nemmeno fermarsi a chiedere scusa, il tutto dietro lo sguardo sbalordito della sua ragazza.
«Ma cosa fai?» domandò spiazzata Ashley con voce alta e stridula non appena riuscì ad avvicinarsi quel tanto che bastava per sovrastare la musica.
«Sto cercando…» gli rispose, ma non completò la risposta perché s’interruppe quando lei prese il suo braccio fermandolo e il suo sguardo la incenerì.
«E’ andata di là.»
«Tu… Tu lo sapevi… Perché non me lo hai detto prima?» furente l’accusò, strattonando il braccio e lasciandola lì, impalata come un salame.
«Se te ne vai, giuro che tra di noi è finita per sempre»
«E allora… Ciao» affermò in modo divertito Aiden, alzando la mano in segno di saluto e con un ghigno che lasciava poco spazio all’interpretazione.
 
Era appena uscito quando vide una limousine partire all’impazzata, il suo cuore accelerò dandogli l’impressione che stesse per scoppiare. Non ragionò più, prese in prestito il motorino di un ragazzino che era in sella da nemmeno due minuti e guidò come un fulmine cercando di raggiungere Lucy e Jason. Dentro di sé sentiva montare una rabbia che avrebbe fatto fatica a controllare, con la paura di mandare tutto a pezzi. Quello che gli si presentò davanti lo lasciò senza parole. Non aveva fatto in tempo a raggiungerli per evitare lo scempio che i suoi occhi stavano vedendo. Lucy aveva il vestito strappato fino in vita, dal reggiseno si intravedeva il seno e Jason appoggiato alla macchina la teneva stretta, bloccandole ogni via di fuga, continuando a baciarla in modo molto passionale contro la sua volontà. Aiden non si soffermò molto su altri particolari a dir poco raccapriccianti, scese dalla moto che lasciò a terra poco curante del fatto che non fosse la sua, e corse per tirare la giacca dello smoking di Jason che vacillò. Lucy corse fra le sue braccia ancora tremante, Aiden si tolse la giaccia mettendogliela sulle spalle, allacciando i bottoni per coprire il davanti e cercò di rassicurarla facendola sedere sul muretto. Nel frattempo Jason si era ripreso e andò incontro al suo sfidante che per l’occasione aveva già arrotolato la camicia fino ai gomiti pronto a combattere. Aiden tenne i piedi leggermente più larghi delle spalle, i polsi alti davanti gli occhi e così quando Jason provò a colpirlo lui lo schivò; a sua volta Aiden ricambiò il favore sferrandogli un pugno, riuscì però a colpirlo solo a metà perché aveva alzato i gomiti per proteggersi la faccia. Non appena vide Jason ancora girato, lo colpì con un calcio nel retro del ginocchio e lo fece cadere a terra. Non si dissero neanche una parola, continuavano a schivare, e incassare pugni; nessuno dei due era intento a mollare, stava diventando un duello all’ultimo sangue.
 
«Basta! Vi prego, finitela. Dovete fermarvi» urlò allarmata e terrorizzata Lucy, con la speranza che venisse ascoltata; batteva i denti sia per il freddo che per la paura. I due, infatti apparivano abbastanza feriti: il labbro di Jason  era rotto così come quello di Aiden che in più aveva un taglio sul sopracciglio e un occhio gonfio. Tuttavia, nessuno di loro sembrava voler arretrare e quando Lucy scese dal muretto intenta ad avvicinarsi per mettere fine a quella faida, fece perdere la concentrazione ad Aiden che fu colpito da Jason e cadde a terra stordito. Lui non si mosse, tanto il colpo era stato forte, dando così a quel farabutto il tempo di stringere con irruenza il braccio di Lucy e farla salire in macchina.
«Lasciami andare, ti prego» iniziò lei singhiozzando, senza riuscire a fermare le lacrime che bagnavano il suo viso.
«Ora sta zitta!» tuonò Jason duramente, tanto da metterle paura e farla ammutolire.
Lucy si fece piccola piccola, raccolse le gambe al petto stringendole con le braccia e, seduta sul sedile tutta raggomitolata non smetteva di pensare a quello che era appena successo. Non riusciva a cacciare via l’immagine di Aiden a terra privo di sensi e per trovare un po’ di conforto abbassò la testa e annusò il suo profumo.
«Perché a me? Perché si stava comportando così? Jason era sempre stato così carino, dolce e premuroso perché adesso aveva le sembianze di un bravo ragazzo mentre in realtà era un mostro?» pensò tra se e se, ancora spaventata a morte.
Aiden steso a terra iniziò a riprendersi, non in fretta quando avrebbe voluto ma quanto bastò per vedere la macchina allontanarsi; ancora con i muscoli e il corpo doloranti salì sulla moto e li seguì. Mentre il vento scompigliava i suoi capelli e la brezza della sera rinfrescava il suo viso ammaccato, la sua mente stava passando in rassegna milioni di cose che sarebbero potute succedere a Lucy, così accelerò. Aiden stava quasi per darsi per sconfitto quando all’orizzonte vide la limousine nera, la riconobbe subito perché sul paraurti aveva il disegno di un aquila bianca. Ingranò la marcia spingendo il motore al massimo e cercò di raggiungerli, mentre ripensava a tutti gli insegnamenti che il nonno gli aveva dato su come mantenere la calma, soprattutto in situazioni come quella.
Erano passati diversi minuti e Lucy non aveva aperto bocca, il suo battito si stava normalizzando, ma lei continuava a tremare. In quel momento avrebbe voluto essere solo da una parte: distesa a letto con Aiden per una delle loro serate di pizza e film strappalacrime. E poi, un po’ come per magia sentì un brivido percorrerle la schiena: una sensazione che avvertiva raramente e solo quando lui era nei paraggi. Si girò quasi d’istinto, lo vide in groppa alla guida di una moto che non conosceva e ringraziò Dio che fosse ancora vivo. Purtroppo anche Jason si accorse di lui dallo specchietto retrovisore ed iniziò a fare manovre per buttarlo fuori di strada.
In una serata che avrebbe dovuto essere sarebbe speciale e indimenticabile, Lucy si ritrovava in una situazione che mai si sarebbe aspetta: in una strada buia dove si vedevano solo una moto e una macchina che procedevano ad alta velocità facendo zig zag, senza che nessuno dei due conducenti leniva la presa. In un momento talmente veloce e allo stesso tempo infinito successe l’inimmaginabile: sulla strada vi era una mucca, sicuramente scappata da qualche fattoria vicina, così Jason per evitarla frenò di colpo facendo girare la macchina in testa coda, andando a sbattere contro un palo della luce, ovviamente spento. Aiden, pur essendo un esperto di moto e dell’alta velocità, fu colto di sorpresa e non riuscì a frenare in tempo; si ritrovò così contro la macchina e un attimo dopo steso a terra sull’asfalto.
Jason e Lucy uscirono indenni dalla macchina, lei tremante e lui con un ghigno divertito; quando si accorse di Aiden, Lucy sbiancò. Il ragazzo non si mosse, non tentò nemmeno di aiutarlo o vedere se era vivo, bensì cercò di fermare lei che stavolta non ebbe paura: gli piantò un pugno nel basso ventre facendogli perdere l’equilibro, un pugno in pieno viso e quando fu a terra gli sferrò un calcio nello stomaco. Stava bene perché lentamente si alzò e le disse qualcosa, ma lei era già lontana e non lo capì. Aiden era immobile con gli occhi chiusi quando Lucy lo trovò, buttandosi subito al suo fianco non curante del dolore alle ginocchia. Quello che avvenne dopo fu molto confusionario, fin quando Lucy si risvegliò nel letto di una stanza d’ospedale con una flebo attaccata al braccio e le ginocchia fasciate. Cercò di ricordare ma quando tutti i ricordi tornarono al loro posto avrebbe preferito dimenticare; grazie all’aiuto dei medici, ancora dolorante e con la flebo dietro, raggiunse la stanza del suo migliore amico.



 
"I'm falling in, I'm falling down
I wanna begin but I don't know how
To let you know, how I'm feeling
I'm high on hope, I'm reeling."




Era passato un mese da quando Aiden era entrato in coma e nulla era più come prima, la loro vita era ancora più stravolta. Jason non era mai andato a trovarlo perchè si trovava a casa agli arresti  domiciliari, anche se con i soldi che i suoi possedevano si sarebbero potuti comprare l’intera giuria. Ovviamente, tra lui e Lucy le cose erano finite quella sera stessa, anche se più volte aveva provato a parlarle, a chiederle scusa ma lei lo aveva ignorato o cacciato via. C’è da dire che non si era arreso fin quando nonna Anna non era uscita fuori con il mattarello di legno in mano e lo sguardo che avrebbe incendiato mezza foresta. Sì, quella fu l’ultima volta che lo videro, anche per ovvie ragioni.
Lucy quel giorno, proprio come nell’ultimo mese entrò in ospedale con il passo sicuro e lesto per dirigersi da Aiden. Nessuno la riconosceva più, si era trascurata e portava quasi sempre i capelli legati in un chignon con alcune ciocche che ne uscivano fuori, indossava maglie larghe e pantaloni ancora più grandi, il tutto stretto in vita dalla giacca di pelle che le aveva regalato Aiden. Passava ogni momento del suo tempo libero al suo fianco, nessuno avrebbe potuto fermarla e quando gli amici, la nonna o i genitori le avevano proposto di accompagnarla li aveva trattati in modo brusco, non per niente appartenete alla Lucy solare, simpatica e piena di energie che era. Così, come ogni mattina entrò in quella stanza e vedendo il viso pallido del suo migliore amico collegato a tutti quei tubi e il suo corpo immobile, pianse ininterrottamente. Si sentiva in colpa per ciò che gli era successo, infatti nei primi giorni in cui era stato ricoverato gli aveva chiesto scusa tante volte, ma quelle parole sembravano volare nel vento come se avessero poco valore. Il suo battito rallentò solo quando si distese nel letto vicino a lui e iniziò ad accarezzare il suo viso ancora pieno di lividi violacei.
 



 
"And I won't let you go, now you know
I've been crazy for you all this time
I've kept it close, always hoping
With a heart on fire."




Aiden, pur essendo in coma e tutto dolorante non poteva fare a meno di sorridere ogni volta che lei entrava nella stanza, non riusciva proprio a smettere di pensare a quanto fosse bella. Ogni giorno tutti i suoi amici, la sua famiglia e quella di Lucy andavano a trovarlo, ma solo quando sentiva in lontananza il ticchettio degli stivali di lei avrebbe dato qualsiasi cosa per svegliarsi. I dottori avevano detto che stava bene: l’ematoma si era assorbito, le ossa della gamba che si era rotta avevano calcificato bene e non c’erano lesioni al cervello: insomma, si sarebbe potuto risvegliare da un momento all’altro.
E cosa aspettava allora? Cosa c’era a trattenerlo così a lungo in un posto in cui non avrebbe potuto abbracciarla?
Aiden era consapevole che la sua vita doveva andare avanti, ma allo stesso tempo cercava e aspettava quel miracolo ormai da così tanti anni da non volerci rinunciare proprio ora.
Quel giorno lui sentì un brivido e delle piccole scintille non appena lei lo toccò. Strano, non gli era mai successo, almeno non quando era lei che lo sfiorava. Lucy era irrequieta: dopo essersi distesa al suo fianco, si rialzò qualche minuto e iniziò a camminare su e giù per la stanza. Lui era confuso e avrebbe pagato pur di leggere i suoi pensieri e… quello sembrava il suo giorno fortunato, o forse no.
 
«Ora basta!» urlò in modo quasi isterico, gesticolando e continuando a camminare per poi fermarsi davanti al suo letto.
Aiden si trovava in una stanza da solo per sua fortuna, perché l’avrebbero presa per pazza. Lucy non si era mai comportata così e mai aveva alzato la voce, non con lui se… Se non si conta il litigio. Sembrava un’altra persona, completamente diversa dalla Lucy che tutti conoscevano e che lui amava. Quella sensazione di euforia e di adrenalina non se ne andò, l’amico si sentiva su di giri, anche se era in coma, non capendo come mai.
«Ti devi svegliare. Questa situazione è assurda. Tu… Tu stai bene e allora perché diamine non ti svegli?» gli chiese esausta tra un singhiozzo e l’altro, sedendosi sulla sedia e passandosi la mano tra i capelli in modo nervoso.
Gli faceva male vederla in quello stato, voleva svegliarsi, alzarsi, abbracciarla e consolarla, ma c’era qualcosa che lo fermava, che lo tratteneva in quel posto come un filo invisibile.
«Mentre tu te ne stavi qui, io ho fatto 18 anni. Sai da quanto tempo aspettavo questo momento ed era la cosa che più mi faceva paura e mi divertiva allo stesso tempo, ma ora sembra non abbia più importanza. È stato un giorno come un altro, non ho festeggiato e sono rimasta a casa, in camera mia da sola. Tutto quello che desideravo è passato in secondo piano perchè tutte le energie che mi restano sono concentrate su di te».
Rimase in piedi e silenzio per qualche minuto, poi si sedette e si avvicinò al letto.
«Avere 18 anni assume vari significati: crescere, prendere decisioni... ma io come faccio senza di te?» esclamò ancora in preda al panico e al nervosismo che sembravano non lasciarla quel giorno.
«Tu eri la mia guida, il mio punto di  riferimento e senza di te non sono nessuno» sussurrò piangendo e appoggiando la testa sul suo petto bagnandolo.
Aiden si sentì uno schifo, colpevole della sua sofferenza; ora più che mai era intenzionato a risvegliarsi, ma quando provò ad alzarsi, ad andare verso quella luce calda che sapeva di casa, qualcosa lo tirò indietro e tornò nel posto in cui si trovava prima.
«Torna da me. Ti prego, non lasciarmi sola. Non posso vivere senza averti al mio fianco. Io… I- o… T- i… ti amo» d’un colpo confessò asciugandosi gli occhi, stupita per quella rivelazione appena fatta. Il suo lungo monologo le era servito per capire proprio cosa aveva perso, a cosa stava rinunciando e cose le sarebbe mancato. Se quell’evento aveva portato il suo migliore amico in coma, l’aveva di certo anche convinta, finalmente, a confessare ciò che provava e che forse aveva sempre saputo.
Appoggiò nuovamente la testa sul suo petto, ma quando sentì un lieve movimento provenire dal suo braccio si alzò di stacco spaventandosi. Aiden in quel momento, mentre la guardava dall’alto, si sentì senza catene, libero, come se aspettasse quello che lui sapeva già: Lucy lo amava.
Prima di chiamare i dottori che avrebbero riempito la stanza e fatto mille domande, i due vollero godersi quel momento. Lei si era persa nei suoi meravigliosi occhi azzurro ghiaccio vedendo il suo stesso sorriso riflesso; lui, con gli occhi ancora un po’ appannati vide la meraviglia di quel verde in cui si era sentito sempre felice e amato. Non usarono parole anche perché ne erano già state dette tante: entrambi sapevano di essersi ritrovati.
La macchina che regolava tutte le sue funzioni iniziò a fare uno strano rumore mettendola in allarme, ma appena alzò gli occhi e vide un piccolo cuoricino bianco che batteva e i segnali sempre più in aumento si tranquillizzò.
Lucy per la prima volta dopo un mese sorrise, provò una strana sensazione che solo allora capì: amore. Dopo qualche istante, in modo un po’ impacciata avvicinò il suo viso a quello di Aiden e lasciò sulle sue labbra un dolce, soffice e delicato bacio.
Ora avevano tutta la vita davanti, lui doveva solo rimettersi in forma e vivere quell’ amore a cui erano destinati da anni. Ma… meglio tardi che mai.  















Spazio d'autrice:
Ehiii ^_^
Sono tornata con una storia fresca fresca per un nuovo contest e.... cosa dire? Ammetto che appena ricevuto la consegna e letta ero nel pallone, non sapevo che scrivere ma poi parlando con mia sorella le idee man mano si sono create e quindi questa storia è anche merito suo. Adoro Lucy e Aiden, e man mano scrivevo di loro me ne sono innamorata tanto da voler scrivere un sequel, anche perchè la conclusione ha un finale molto, molto aperto e voglio dargli un.... una certa conclusione, non si possono lasciare così, no? XD
C'è un momento nella storia che ricorda o meglio è in parte una frase del film/libro "Le pagine della nostra vita", anche se la citazione l'ho un pò modificata e... Giusto per la cronaca film e libro sono due cose che amo ;) Non sono solito copiare cose tratte altrove senza citarne, e.... giusto che siamo in tema la canzone di cui ho inserito solo due strofe è "Heart On Fire" di Jonathan Clay, tratta dal film LoL - pazza del mio migliore amico in cui recita Miley Cyrus e film che tra l'altro adoro.
Passo ai ringraziamenti come sempre, prima fra tutti mia cugina Viviana che ha iniziato a seguirmi nei miei scritti e mi ha aiutato a migliorare tanto senza lasciarmi andare in balia di me stessa, mia sorella senza la quale la storia non sarebbe mai nata; a lei va il ringraziamento più grande e a 4 delle mie migliore amiche: Ali, Jess, Jo e Lù.
E per ultimi, non perchè meno importanti voglio ringraziare tutti voi che leggerete la mia storia, a chi lo farà silenziosamente, chi vorrà recensirla e chi avrà aperto anche per sbaglio o chiuso un attimo dopo le prime righe perchè non interessato, ringrazio tutti voi. Spero che la storia vi piaccia, che abbia centrato la consegna che mi è stata data e perdonami per eventuali errori e sì, infine cosa più grande spero che vi abbia emozionato, fatto ridere, piangere e disperare un pò come è successo a me una volta che ho letto la stesura finale.
Buona lettura a tutti :*

P.S. Dimenticavo.....Non so se ne ho mai parlato ma amo fare grafiche con photoshop e quindi...Ho partecipato ad un contest 
dove si doveva realizzare il poster di un film con attori, titolo, scene e varie aggiunte necessarie per un film tutte inventate ed io ho colto l'occasione di farlo su questa storia. I personaggi della mia storia  come sapete sono Lucy e Aiden a cui io ho dato i volti di Douglas e Ashley, ho inserito poi il paesaggio e la bandiera dell'Australia perchè ci fosse qualcosa che rappresentasse il paese o la nazione dove la storia era ambientata.Vi lascio il link per vedere l'immagine in una qualità migliroe.
HQ: http://i.imgur.com/ok4ibPb.jpg

Claire.
  
   
 
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