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Autore: La_Giullaressa    22/08/2016    1 recensioni
Will si appiattisce contro il muro, trattenendo il fiato, il respiro che gli brucia nella trachea.
Passo dopo passo, con lo spirito di Abigail sulla spalla, ha seguito le tracce di Hannibal fino a Firenze.
Vorrebbe godersi lo splendore intramontabile della città, chiudere gli occhi e sprofondare nel placido sciacquio dell'Arno. Vorrebbe sparire e portare il suo odio – e il suo amore – per Hannibal nel vuoto assieme a sé, fino ad eliminarne ogni brandello dalla faccia del pianeta.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hannibal Lecter, Will Graham
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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L'oscurità nel mio cuore cap2

(...)



Hannibal esala un lungo sospiro, e Will preme il corpo contro il suo, per sostenerlo ed accompagnarlo dolcemente a terra, ai piedi di un antico archivio di legno decorato.

Non è la prima volta, che lo vede ferito. La sua umanità non è un segreto, eppure per Will è tragico e inebriante, sentire il calore del suo sangue che gli impregna la camicia. Potrebbe perdersi in quel tepore, in quell'abbraccio mortale, nel modo in cui il respiro spezzato di Hannibal gli ha accarezzato le labbra.

Potrebbe perdersi nel modo in cui l'ha baciato.

- Appropriato.- la voce roca di Hannibal lo riscuote dal torpore – hai perfezionato il modo maldestro in cui io ho tentato di rescindere il nostro legame. Sono curioso, Will, mi guarderai morire o te ne andrai, voltandomi le spalle mentre mi dissanguo lentamente?-

Will chiude gli occhi, tentando di arginare la tempesta che infuria nel suo petto. Pensava di volerlo. Di volere la morte di Hannibal con la rassegnata disperazione di chi è disposto a menomarsi, pur di avere una chance di sopravvivenza. Sopravvivenza. Alla fine tutto si riduce all'attaccamento alla vita, ad una respirazione meccanica, ad un'esistenza priva di dilemmi. Desolatamente vuota.

Si appoggia al mobile e, facendo scivolare la schiena sul legno intarsiato, si siede accanto ad Hannibal.

- Non potrei mai andarmene.- sussurra, voltandosi verso di lui.

Hannibal stringe le labbra. Solleva una mano, viscida di sangue, e la posa sulla gamba di Will.

- L'hai fatto per te stesso, o per Abigail?- domanda, voltandosi per guardarlo negli occhi.

- Per entrambi.-

Lo spettro di un sorriso distende le labbra di Hannibal:- per aggrapparti ad un passato che non tornerà.- lo corregge, ma non c'è biasimo, nella sua voce – accetto la vendetta, ma trovo intollerabile l'idea che la mia morte ti trasformi di nuovo nell'inerte burattino di Jack. Nella sua tazza di porcellana.-

- Non succederà.-

Per un attimo, Hannibal aumenta la stretta sulla coscia di Will, poi la sua presa torna ad indebolirsi, le sue dita tremano:- quando la crisalide è chiusa – fa una pausa, tirando faticosamente il fiato – il bruco può diventare una farfalla o morire nel bozzolo. Non può tornare bruco.-

Will abbassa lo sguardo, combattendo contro il desiderio di prendere la mano di Hannibal nella propria – lo so.- sussurra – perché non hai cercato di difenderti?-

- Se serve il mio sangue per completare la tua trasformazione, lo verso di buon grado.- solleva la mano, fino a sfiorare la guancia di Will – il tuo futuro giace ben al di là del mio controllo.-

- In questo momento, anche il tuo.-

Hannibal emette un gorgoglio, che suona come una risata:- mio crudele, confuso ragazzo.- gli dice, dolcemente. Fa scivolare le dita sulla sua guancia, lasciandogli una lunga traccia insanguinata – come ti sei sentito, a restituirmi questa ferita?-

Will abbassa lo sguardo e, prima che se ne accorga, la sua mano si muove, per posarsi su quella di Hannibal, per protrarre quel contatto. Lo fa impazzire l'idea di non sentire più il tocco fermo e delicato di quelle dita.

- Era la cosa giusta.- mormora, ma nell'istante in cui le sente, si rende conto di quanto le sue parole suonino vuote, prive di significato – il mondo merita che tu muoia, e che io soffochi nella mia crisalide.-

- Rintanarsi dietro agli interessi del mondo è pura codardia, Will. Il mondo è un'entità astratta, lontana, è la somma di miliardi di esistenze. Il mondo è un mero concetto teorico. Non nasconderti, Will. Non da me.-

Will intreccia le dita a quelle di Hannibal e, con delicatezza, si porta la mano dell'uomo alle labbra. La sua pelle sa di sangue, di metallo e di sudore freddo. E, da qualche parte, dietro al pesante afrore della morte, c'è una sorta di profumo, una sinfonia che Will non riesce a riconoscere.

- Uccidermi forse era la cosa giusta… – mormora Hannibal, nascondendo a fatica un gemito di dolore.

Will gli posa un bacio, sulle nocche, e completa:-… ma non mi ha fatto sentire bene.-

- Come ti ha fatto sentire?-

Will preme la fronte sulla mano di Hannibal, serrando con forza le palpebre:- suicida.- risponde, in un soffio – mi ha fatto sentire di nuovo solo, sul fondo dell'abisso.-

Le labbra esangui di Hannibal si incurvano di nuovo in quel pallido riflesso d'un sorriso:- Esci dall'abisso, Will. Esci dall'abisso, spezza la crisalide e ridurremo Troia in cenere.-

Will scuote la testa:- sembri preoccuparti più per il mio futuro che per la tua vita.-

- La morte non mi spaventa. Mi angoscia la tua autodistruzione.-

Will tace. Sembra che un secolo intero lo separi da quando è arrivato in Europa, così carico di pensieri, di rimorsi, di prospettive. Da quando ha vagliato tutte le ipotesi, da quando ha scritto la sentenza e firmato il destino di entrambi. Il primo giorno a Firenze si è seduto in un bar e, davanti ad un bicchiere di vino, ha deciso di uccidere Hannibal (di dover uccidere Hannibal). Si è rassegnato a lasciar andare la presa sulla realtà, una realtà destinata a diventare muta e incolore. Ha deciso di seppellire il suo amore e il suo odio, e poi trascinarsi stancamente per i rimanenti giorni della sua vita. Attendendo di soffocare nella sua crisalide.

- Will?- lo richiama Hannibal – a cosa stai pensando?-

Tanti frammenti di passato si stanno infilando, come aghi, fra i pensieri di Will, facendogli lacrimare gli occhi.

La bellezza accecante di non essere solo, nella propria mente. L'inebriante sensazione di essere una tessera smussata, ma di aver comunque trovato il mosaico cui era destinata. Destino. Anche nascondersi dietro al destino è codardia, è un futile tentativo di mascherare i propri sentimenti.

- Ti perdono.- dice, di scatto, balzando in piedi.

Si sente addosso gli occhi di Hannibal, che brillano nella penombra come schegge di diaspro rosso.

Si sfila la giacca, con gesti nervosi, febbrili, poi gli s'inginocchia al fianco e preme con forza la stoffa sulla sua ferita:- non morire.- sussurra, a malapena consapevole delle parole che gli escono dalla bocca.

Hannibal annuisce. Sembra esausto eppure ancora perfettamente padrone della situazione.

Per un attimo Will si domanda se non abbia previsto quell'epilogo sin dall'inizio, sin da quando ha deciso di rimanere solo, con lui, fra le pareti di Palazzo Capponi. Se non abbia giocato con lui, la sua stessa vita come posta.





E più il tempo passa –mentre il piano di sicurezza di Hannibal è sulla sua via per soccorrerli-, più Will se ne convince: che sia stata la più crudele e la più spettacolare delle scommesse. Eppure, non si sente manipolato, né oltraggiato. Sa che dovrebbe, ma non ci riesce. Perché, gioco o non gioco, azzardo o dannata sicumera o meno, Hannibal si è lasciato pugnalare. Ha messo la propria vita nelle sue mani, senza alcuna garanzia, nonostante i tumultuosi fiumi di sangue che li hanno separati. Nonostante l'ultima volta che si sono incontrati, Will sia stato a tanto così dal consegnarlo all'FBI.

"Io ti perdono, Will": così ha detto, in quella notte crudele, e, a quanto pare, era sincero. Era disposto a fidarsi di nuovo, proprio lui, che non si è mai fidato di nessuno, che non appoggia la sua maschera nemmeno quando dorme, o quando fa l'amore. Will socchiude gli occhi e, di nuovo, il sapore di quell'unico, sanguinoso bacio l'assale. Risente le labbra di Hannibal sulle proprie, il suo respiro tiepido, lo sbuffo più intenso, quando l'ha accoltellato. Si posa una mano sul petto, in un futile tentativo di calmare il suo cuore. Cristo, galoppa. Galoppa come non ha alcun diritto di fare.

Si appoggia indietro, a quel monumentale e assolutamente superfluo archivio di quercia, ed un involontario sospiro gli forza le labbra, fuoriuscendo in un sibilo.

Hannibal socchiude gli occhi, guardandolo da sotto le ciglia:- Will? A cosa stai pensando?-

Will si stringe nelle spalle:- non so nemmeno da dove iniziare a capire i miei pensieri.- sbuffa

Ma, soprattutto, non gli piace dove potrebbero condurlo. In cosa potrebbe trasformarsi, se ammettesse che ora, mentre le sue stesse mani lottano per salvare la vita di un serial killer, che ora si sente meglio di quanto si sia sentito negli ultimi mesi. Che quell'inopportuno batticuore è il dannato benvenuto, perché è la prima cosa veramente sincera dal dolore per la morte di Abigail, dal lutto per quello che avrebbe potuto esserci, e non ha mai avuto la possibilità di venire alla luce. Per lei e per lui. Per loro, per tutti e tre.

- La tua amica se la sta prendendo comoda.- commenta, nervosamente.

- Non preoccuparti, Will – di nuovo, l'ombra di un sorriso si adagia sulle labbra di Hannibal - tu fra tutti dovresti essere consapevole di quanto disperatamente il corpo umano sappia aggrapparsi alla vita.-

- Dov'era il tuo istinto di sopravvivenza, quando hai visto il coltello e, invece che lottare per la tua vita, hai deciso di baciarmi?-

- L'istinto di sopravvivenza è ciò che ha consentito ai nostri antenati di riprodursi e di evolversi. L'umanità si è fatta strada fino all'era moderna e si è meritata il diritto di prendere liberamente le proprie scelte.-

- Tutto molto razionale – geme Will, e si sorprende di quanto disperata suoni la sua voce – ma perché?-

Hannibal solleva le dita, per posarle delicatamente sulla guancia di Will, sulla scia ormai secca del suo stesso sangue:- perché te lo dovevo. – risponde, come se fosse di un'ovvietà disarmante – perché non può esserci perdono, senza equilibrio.-

Will stringe le labbra:- che senso ha ottenere il mio perdono, e morire nel tentativo?- sbotta e, quasi senza accorgersene, aumenta la pressione sulla medicazione improvvisata. Sotto il sangue, ha le dita bianche come cera: è un contrasto che lo disturba e, al contempo, lo ammalia. Non può credere di esserne l'artefice. Non può credere di essere arrivato a tanto e, soprattutto, non può credere di aver fatto così repentinamente marcia indietro (se riuscisse a mettere ordine fra i suoi pensieri, forse troverebbe persino il posto per una fitta d'imbarazzo, per la vergogna di non essere riuscito a portare a termine il suo sanguinario proposito).

Hannibal è rimasto in silenzio, e quell'ultima domanda ancora aleggia fra loro, in attesa.

- Ehy.- lo richiama Will – rimani con me. Parlami.-

Hannibal leva gli occhi al cielo, ma gli angoli della sua bocca sono ancora incurvati, in quel pallido, elegante sorriso:- per quanto toccante sia la tua preoccupazione, so gestire un'emorragia, Will. Inoltre, sei stato di mano mirabilmente leggera.-

Will fa una smorfia, ma non ribatte. "Di mano leggera". Suona come l'eufemismo del secolo. La verità è che la resa dei conti non è stata nemmeno lontanamente vicina a quella che si era figurato, nella sua mente, nell'insana e febbricitante veglia di quei mesi. Ha immaginato il definitivo scontro fra titani, la furia della tempesta chiusa in una stanza. Pensava di fronteggiare la bestia, in una lotta fatta di artigli, e fuoco, e rabbia ferina, e denti, ed arti lacerati e membra divelte e ossa spezzate. Si aspettava la guerra, e invece ha avuto un bacio.

- Perché mi hai baciato?- domanda, a malapena consapevole di aver abbassato il tono della voce.

Hannibal gli poggia le dita sotto il mento e, delicatamente, avvicina il suo viso al proprio.

- Ti ha turbato?- sussurra

E Will vorrebbe rispondere che sì, dannazione, ovvio che l'ha turbato. Vorrebbe dirgli tutto e il contrario di tutto, vorrebbe dirgli che lo odia e che lo ama, e che ha scoperto che no, non può vivere senza di lui, ma che questo non significa che vuole che vivano per sempre felici e contenti. Vorrebbe dirgli che si pente ogni giorno della prima volta che l'ha guardato negli occhi, e che, al contempo, quel ricordo l'ha mantenuto sano di mente in quei mesi di straziante separazione. Vorrebbe dirgli ogni cosa, e poi chiedergli cosa ne pensa, chiedergli di aiutarlo a mettere ordine in quella babele di pensieri e sentimenti, come solo lui può fare, ma proprio in quell'attimo una porta si apre, sbattendo, ed un nervoso ticchettio di tacchi riecheggia nei corridoi non più deserti di Palazzo Capponi.

- Sta arrivando la cavalleria.- intuisce Will. Solo uno sbuffo d'aria separa le sue labbra da quelle di Hannibal, e Will considera seriamente l'idea di colmare quel vuoto, e di sentirsi di nuovo travolgere da qualunque cosa provi per lui, ma poi l'abbandona – dimmi cosa devo fare.-

Hannibal non si volta, restio ad interrompere quel contatto:- non preoccuparti, Will – ripete, e ha uno strano tepore, nella voce – va bene così.-











- I Due Campanelli della Giullaressa



Primo: eh, non si può dire che i miei aggiornamenti non si prendano i loro tempi, eh? Ad ogni modo, questa seconda parte ha avuto una lunga gestazione (fra vacanze, cambi di idee – non solo Will cambia idea ad ogni spirar di vento-, imprecazioni in lingue morte e i miei dubbi atroci sulle risultanze di tutto ciò) ma alla fine ho rinunciato al mio complesso della riscrittura isterica e quindi eccoci qui. Spero vi piaccia :)

Secondo: spero che Will non sembri bipolare. Non completamente bipolare, almeno



---Grazie per essere giunti fin qui!

--Baci!

-Vostra,

Giullaressa


   
 
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