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Autore: Elayne_1812    08/09/2016    2 recensioni
Non solo Kim Kibum era in grado di destreggiarsi con l’energia pura, un’abilità innata estremamente rara, ma era anche la chiave d’accesso al trono di Chosun. Cose che un ambizioso e scaltro come Heechul non poteva ignorare.
(dal prologo)
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- Io…mi sento vuoto. – disse semplicemente.
Vuoto? Non c’era niente di vuoto in quello sguardo ammaliante, in quelle labbra del colore dei fiori di ciliegio, in quegli sguardi decisi e al contempo imbarazzati. Come poteva essere vuoto, Key, quando era tutto il suo mondo?
Sopra di loro le nubi si stavano aprendo, rivelando sprazzi di un cielo puntellato di stelle. Jonghyun fissò gli occhi neri e profondi di Key, insondabili e affascinanti quanto la notte più misteriosa. Così belli che anche le stelle avevano decisi di specchiarvisi.
-Tu non sei vuoto, Key - disse Jonghyun, -io vedo l'universo nei tuoi occhi. - (dal capitolo 9)
jongkey, accenni 2min
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! Come sempre chiedo scusa per possibili errori e…Buona lettura!
 
Capitolo 5
Key
 
-Mi dispiace, hyung – disse Taemin togliendogli la benda dagli occhi.
Ci volle qualche secondo prima che Kibum si abituasse nuovamente alla luce, sbatté le palpebre e poi si voltò verso il più piccolo.
-Non preoccuparti – disse sorridendo.
Taemin si morse il labbro, poco convinto, poi bussò alla porta in legno massiccio di fronte a loro. Il suono riecheggiò lungo il corridoio deserto. Kibum era rimasto bendato lungo tutto il tragitto, dalle stanze di Taemin sino a quell’anonima porta lignea. Non aveva udito alcun suono di presenza umana durante il percorso, come se quel luogo fosse popolato unicamente da fantasmi. Tuttavia, aveva percepito la presenza di altre persone dietro le porte sbarrate e lungo i corridoi, immobili come statue.
Dove sono finito? si chiese per l’ennesima volta da quando aveva ripreso conoscenza.
Iniziava a sentirsi poco sicuro. Si fidava di Taemin, anche di quello strano tipo, Jonghyun, ma non poteva dire di sentirsi rassicurato dall’aura di mistero che pervadeva quei corridoi silenziosi.
-Avanti. – Una voce composta giunse da oltre la porta.
Kibum deglutì, per quanto il timbro di quella voce risultasse calmo e rilassato.
Bhe, io non lo sono per niente!
-Stai tranquillo, mio fratello non morde – disse Taemin, rivolgendogli un sorriso ostentando convinzione.
Ora sì che sono più tranquillo, pensò Kibum.
Dopo il suo risvegliò, Kibum aveva passato il giorno successivo nelle stanze di Taemin, riposandosi e rifocillandosi. Aveva rivisto Jonghyun in un'unica occasione, quando quest’ultimo gli aveva portato degli abiti di ricambio, in compagnia di un altro ragazzo, Minho. Kibum non l’aveva mai visto, ma sapeva che anche lui l’aveva salvato al fiume, tuttavia per quanto fosse grato nei suoi confronto non riusciva a sentirsi a proprio agio con lui. La visita era stata breve, eppure il principe aveva avuto la sensazione di non piacergli per niente, aveva uno sguardo severo e sembrava diffidente.
Quelle persone nascondevano qualcosa, era evidente, e questo spiegava perché fossero così circospette e non gli avessero posto troppe domande, probabilmente timorose di riceverne altrettante. Ma con il fratello di Taemin sarebbe stato diverso. Da quanto aveva capito era lui a comandare e quella visita aveva il sentore di un interrogatorio.
Kibum fece un bel respiro ed entro. L’ambiente aveva tutta l’aria di uno studio, simile alla stanza in cui aveva vissuto negli ultimi giorni, apparentemente più sobrio ma più raffinato, il pavimento era ricoperto da un tappeto dai motivi floreali. Si guardò intorno, chiunque occupasse quell’ambiente doveva amare molto i libri, perché gli scaffali lungo le pareti ne erano colmi.
-Puoi sederti. –
Kibum sobbalzò, rendendosi conto di essere rimasto a fissare l’ambiente all’intorno del tutto dimentico del soggetto che occupava la stanza. Abbassò lo sguardo e incontrò la figura di un ragazzo, seduto a gambe incrociate davanti ad un tavolino. Prese posto davanti a lui sedendosi sul cuscino, le gambe ripiegate. Il suo disagio aumentò, era abituato alle grandi poltrone dei palazzi, ai divani…cercò di mettersi comodo, la situazione era già abbastanza scomoda senza rischiare formicolii alle gambe, posò le mani sulle cosce e tornò a guardare il suo interlocutore. Era giovane, il fratello di Taemin, doveva avere solo qualche anno più di lui, i capelli erano pettinati in modo ordinato, indossava una camicia e dei pantaloni tradizionali, ma in seta pregiata, e lo studiava. Sì, fu proprio questa la sensazione che ebbe Kibum, che lo stesse studiando, ogni singolo movimento, anche quelli più impercettibili. Trovò la cosa irritante, nessuno aveva mai osato tanto, nemmeno suo padre che si limitava a lanciargli sguardi sfuggenti e noncuranti.
Kibum strinse i pugni, bhe, non mi farò intimidire. Mi vuole studiare? Faccia pure, io farò lo stesso con lui.
Jinki ticchettò le punte delle dita sul tavolo, continuando a fissare Kibum. L’osservò a lungo, il principe, e per la prima volta in vita sua sentì di non essere in grado capire qualcuno da un’unica occhiata, abilità della quale si era sempre vantato. Trovò la cosa frustrante. Jinki aveva visto l’imperatore una sola volta, molto tempo fa, ma il ragazzo che aveva difronte non sembrava suo figlio; un nobile, un principe, sì, ma non il figlio dell’imperatore Kim. Aveva un volto fine, delle rosee labbra a cuore e morbidi capelli corvini, il corpo risultava esile sotto la camicia di cotone bianca, ma non per questo debole. Jinki pensò ad una canna di bambù, sottile ma allo stesso tempo abbastanza forte e flessibile da resistere alle intemperie. Continuò a sondare quegli occhi sotti simili a quelli di un gatto, intelligenti e arguti, che conservavano un’innocenza genuina priva di malizia.
Se pensava di schiarirsi le idee con quell’incontro, bhe, si era sbagliato di grosso. I dubbi aumentavano. Non era un frivolo, non uno stupido, né il braccio destro del famigerato imperatore, non poteva esserlo, non con quell’innocenza negli occhi e Jinki sapeva che quegli occhi non mentivano. Si portò una mano sotto il mento, segno che stava già elaborato qualche strategia.
Intanto, Kibum sosteneva il suo sguardo, ponendosi domande non dissimili sulla natura dell’altro.
-Sono Lee Jinki, Taemin mi ha parlato di te. So che lo hai aiutato, ti ringrazio molto– disse infine il suo ospite.
Kibum chinò il capo in segno di saluto. Normalmente non l’avrebbe mai fatto, erano gli altri a doverlo fare con lui, ma non era a Soul e il tono stesso del ragazzo imponeva rispetto. Chiunque l’avrebbe fatto senza pensarci due volte.
-E tu – disse intrecciando le mani sul tavolo, - tu chi sei? – chiese sorridendo, gentile.
Kibum sbatté le palpebre. Era davvero la stessa persona seria e autoritaria che lo studiava sino a pochi secondi prima? Si morse il labbro, le mani iniziarono a sudargli e le strinse sino a sbiancare le nocche. E ora, cosa doveva dire?
Ma certo!, pensò, sono Kim Kibum, principe di Chosun, cosa faccio qui? Semplicissimo! Sono scappato di casa perché la vita di palazzo è un inferno, in più quell’uomo di ghiaccio di mio padre ha deciso di fidanzarmi con uno psicopatico che mi ha fatto inseguire dai cavalieri altrettanto psicopatici e cani assetati di sangue. Certo, Kibum, ottimo inizio se vuoi essere preso per un pazzo o traumatizzare qualcuno!
-I-io…– Le mani continuavano a sudargli.
Jinki lo guardò di sottecchi, continuando a sorridere quasi in modo incoraggiante. - Sì? –
Kibum fece un bel respiro. – Kibum, sono Kibum. –
-Cosa facevi da queste parti? –
-ehm, io…-
Fantastico Kibum, fai la figura del ritardato! Pensò. Non posso dire la verità, devo inventarmi qualcosa di sensato!
-Stavo andando a Taegu e, bhe credo di essermi perso, con il buio sono finito lungo la scarpata. –
Semplice e non troppo lontano dal vero, rifletté Kibum.
-Semplice e non toppo lontano dal vero, immagino – disse Jinki come se gli avesse letto nella mente. –Ma non la verità. –
Kibum si agitò. Come sa che mento?
-Allora, Kibum, vuoi che ti ripeta la domanda o pensi di parlare da solo? – Il tono era tranquillo, ma sembrava nascondere una muta minaccia. Jinki posò un fazzoletto sul tavolo e Kibum lo riconobbe subito. Era il suo, quello che aveva dato a Taemin!
Lo sa, pensò, maledizione! Bhe, mentire non ha senso a questo punto.
Kibum respirò a fondo recuperando la calma, ma continuando a stropicciarsi le mani. Raddrizzò le spalle e parlò con il tono più sicuro che possedeva. Fissò negli occhi il suo interlocutore, se prima era agitato ora era arrabbiato per essere stato preso in giro.
-Che cos’è, un gioco? – chiese alzando un sopracciglio. - Conosci il mio nome eppure me lo chiedi. Devi avere molto da nascondere se usi questi giochetti, bhe a me non piacciono. Ho mille motivi per tenere i miei affari per me. –
E’ orgoglioso, pensò Jinki, trovando la cosa interessante. Sino a poco fa sembrava spaventato, ma ora tira fuori le unghie.
-Come ne ho io. –
-Con la differenza che io non ti chiesto nulla! – scattò Kibum.
-Vedi, questo è il mio regno, se così si può dire, principe Kim Kibum. Io faccio le domande, tu rispondi. –
-Tsk. Allora falle, ma ponile chiaramente, se vuoi giocare trovati un cagnolino-
-Siediti –
-No –
L’ilarità dell’altro aumentò. Kibum trovò la cosa oltremodo irritante, ma aveva capito che nonostante la risata repressa la calma Jinki era come la quiete prima della tempesta.
-No? –
-Mi farai le tue domande, ma non mi darai ordini –, disse incrociando la braccia e puntando i piedi per terra.
-Molto bene – fece l’altro, calmo. – Perché gironzolavi qui intorno? –
-Non gironzolavo, ero di passaggio. Se questo ti preoccupa tanto devi avere affari importanti da nascondere. -
Jinki lo fulminò.
-Era solo una constatazione, non una domanda. - 
-Dunque? –
-Quale è il tuo piano, chiedere un riscatto? -
-Non avevamo stabilito che ero io a porre le domande?  –
-Riflettevo ad alta voce, non era una domanda. –
I due si squadrarono.
-Legittima preoccupazione per qualcuno che probabilmente sta scappando, dico bene? – disse Jinki, cogliendolo totalmente alla sprovvista.
Kibum sciolse le braccia, lasciandole ricadere lungo il corpo. Avvertì di nuovo le pareti soffocanti intorno a lui e gli sguardi languidi di Heechul. Tremò. La testa gli girò e si portò una mano alla tempia, incontrando una piccola cicatrice che la sua caduta nel fiume gli aveva lasciato in ricordo. Per un attimo, ebbe l’impressione di udire delle voci, delle grida, gli sprazzi di una stanza buia appena illuminata da una luna fredda.
-Come…come lo sai? –
-La tua reazione. -
Kibum soffiò, frustrato. Lo aveva fregato, di nuovo.
-Siediti. –
Questa volta Kibum acconsentì, la testa continuava a girargli. Era meglio mettere le cose in chiaro.
-Senti, non so chi tu sia, né cosa tu faccia, anche se posso ben immaginare, ma non mi interessa. –
Jinki alzò un sopracciglio. –Non ti interessa? –
-No, quello che fate voi banditi, Ribelli, o come diavolo vi facciate chiamare, mi è indifferente. –
-Ribelli? Uhm, e come sei arrivato a questa conclusione? – Sembrava molto interessato.
-Che quello che facciate non sia legale è evidente, altrimenti non si spiegherebbe tutto questo mistero, ma non siete dei normali banditi. – Disse alludendo al mobilio all’intorno. – Inoltre non siete pochi, dico bene? Ci molte altre persone, ho avvertito la loro presenza. –
Jinki lo fissò. Era davvero un ragazzo intelligente, quell’incontro si stava rivelando pieno di sorprese. Come faceva ad avvertire la presenza degli altri Ribelli? Glielo chiese, la sua curiosità era alle stelle. Kibum lo soppesò per qualche secondo prima di rispondere, valutando se rivelare i suoi segreti o meno. Alla fine parlò.
-La mia abilità è pura energia, le persone ne sono piene, a meno che non siano morte, per questo le sento. Sento l’energia che scorre nei loro corpi. A proposito, qualcuno ci sta ascoltando da dietro la porta. –
Jinki alzò gli occhi al cielo. – Taemin – disse con noncuranza. –Tanto non può sentire, le pareti sono troppo spesse. In ogni caso lui sa chi sei. -
Kibum sorrise piegando leggermente un angolo della bocca, rivelando una piccola fossetta. Aveva imparato a conoscere la presenza di Taemin e quella che avvertiva non era la sua, ma decise di ignorarlo e non rivelare nulla a Jinki. Ad ognuno i suoi segreti, pensò.
-Dimmi, Kibum, non hai paura, sapendo chi siamo? I Ribelli, si racconteranno cose spaventose su di noi a corte. –
Kibum fece spallucce. –Tanto per cominciare so per certo che non mi ucciderai, ho salvato la vita a tuo fratello, una persona d’onore lo terrebbe in considerazione. –
-Cosa ti fa pensare che io sia una persona d’onore? –
-Se tu avessi voluto uccidermi lo avresti già fatto. La verità, credo, sia che stai ancora cercando di capire come usare la mia presenza qui a tuo favore. Ma non chiederai nessun riscatto, vero? Non scenderesti mai a patti con i tuoi nemici. E mi spiace deludere il tuo orgoglio, ma ho sentito solo voci su di voi. –
-Eppure so che presso l’alto consiglio reale siamo un argomento ricorrente. –
-Porte che a me sono precluse, spiacente. Se pensi di ottenere informazioni sono la persona sbagliata, ma lo saprai già, no? Se hai spie a Soul saprai che non partecipo alla vita politica del regno. –
Jinki tamburellò le dita sul tavolo. –E’ vero, ne sono a conoscenza, ma sono curioso di sapere perché. Sei un ragazzo intelligente, non molti sarebbero riusciti a sostenere questa lunga conversazione con me. –
-Dovresti chiederlo all’imperatore, perché. Immagino sappia che cambierai ogni membro del consiglio reale. –
Jinki parve interessato, come se avesse visto uno spiraglio di luce in fondo ad un tunnel che solo poco prima pareva infinito. Portò una mano sotto il mento, mentre l’altra continuava a tamburellare sul tavolo. La persona che aveva davanti era furba, intelligente, come aveva fatto notare allo stesso interessato, e forse aveva anche la sensibilità necessaria per vedere il marcio che si nascondeva dietro ai palazzi di Soul. Il suo atteggiamento nei confronti di Taemin era una prova sufficiente, e poi c’era quella luce innocente nei suoi occhi. Ma anche un’altra cosa era evidente, non sapeva nulla di quello che gli accadeva intorno.
-Perché stai scappando? -, chiese a bruciapelo.
-Perché…perché – disse mentre il senso di vertigini tornava ad impadronirsi di lui, - perché le pareti del palazzo mi soffocano, le persone che vedo intorno a me mi disgustano e perché mi hanno fidanzato con un pazzo e mai gli permetterò di sfiorarmi. –
C’era disprezzo nella voce del principe, paura e ansia.
- Pareti così alte che non ti permettono di vedere cosa c’è oltre – disse Jinki, quasi tra sé.
Kibum ne aveva abbastanza. –Senti, io voglio solo lasciare il paese. E’ questo che stavo facendo, volevo andare a Taegu…-
-Taegu…ti stanno seguendo, altrimenti non mi spiego perché non andare direttamente a Busan. –
-La persona che mi hanno appioppato è il lord di quella città. Ascolta, io non ti servo, non ho informazioni utili, e non chiederai un riscatto. Voglio solo andarmene il più lontano possibile. –
Le sue parole erano sincere, Jinki lo capì subito, ed erano anche colme di disperazione e urgenza. Scosse il capo.
-Mi dispiace, ma non so ancora se ti lascerò andare, ma posso assicurarti che per il tempo che passerai qui sarai trattato con rispetto. Come hai detto anche tu, hai salvato mio fratello, sono in debito, e indipendentemente da questo ritengo che tu sia una brava persona. –
-Ma allora…-
-Ho delle responsabilità, sono un Leader, altre persone dipendono da me, capisci? Non posso prendere una decisione così importante su due piedi. –
Kibum abbassò il capo. Capiva, eppure la cosa non lo faceva sentire meglio.
-Finché starai qui alloggerai nelle stanze di Taemin, ti muoverai scortato, mai da solo. E preferirei che tu interagissi il meno possibile con le persone che non conosci, in poche parole tutti tranne me, ovviamente, Taemin, Jonghyun e Minho. Inoltre, ci serve una storia credibile. –
-Semplice e non troppo lontana dal vero? – chiese.
-Esatto. La tua famiglia ha dei possedimenti fuori Soul e tu sei scappato di casa perché non se in buoni rapporti con loro, praticamente la verità, ma non sarai più Kim Kibum, ti chiamerai Key. –
-Key? – fece Kibum, perplesso. Che assurdità!, pensò.
Jinki annuì e l’altro sospirò, rassegnato. Non aveva scelta e, tutto sommato, stava andando meglio del previsto considerato le premesse. Kibum sentiva di potersi fidare di Jinki.
-Come vuoi. Ma ti prego, qualunque cosa deciderai, per favore, non riportarmi a casa. – Gli pizzicavano gli occhi e si accorse che la sua voce era rotta da un pianto imminente. Si vergognò immensamente.
Jinki gli prese le mani, stringendo quelle dita sottili e leggendo la paura negli occhi dell’altro e, inevitabilmente, provò tenerezza.
-Piuttosto uccidimi –, disse con le lacrime agli occhi.
Jinki sorrise dolce, un sorriso sincero. Non riusciva a vedere in quel ragazzo il volto del suo nemico, la convinzione che lo fosse era crollata come un castello di carte non appena il principe era entrato in quella stanza. Era la realtà sconcertante di ciò che aveva di fronte a farlo vacillare. Lui, Lee Jinki, si era sbagliato. Aveva cercato arroganza, ambizione ed egoismo negli occhi dell’altro ma non ne aveva trovato traccia. Davanti a lui vedeva unicamente un bambino solo e spaventato.
-Nessuno ti riporterà a casa, né ti ucciderà. Qualunque sarà la mia decisione, credimi, sei al sicuro qui. –
Kibum annuì. –So che ci sono poche speranze, ma c’era un’altra persona in viaggio con me…siamo stati attaccati dai miei inseguitori e non so cosa ne sia stato di lui. Puoi…-
-Faremo il possibile. –
-Grazie – disse Kibum, inchinandosi.
Qualcuno bussò.
-Taemin, vieni…-
Jinki si bloccò, non era il fratello quello che stava sulla porta. –Jonghyun…-
-Ho il rapporto di tu sai cosa – disse, guardando però Kibum.
Jinki inarcò le sopracciglia e prese la cartella che l’altro gli porgeva. – Bene. Già che sei qui, scorta Key nelle stanze di Taemin. –
-Oh - fece Jonghyun senza staccare gli occhi dal principe. Sorrise e allungò una mano verso di lui.
-Vieni, Key –
Kibum deglutì. Non poteva farci nulla, era più forte di lui, la presenza di Jonghyun lo metteva in agitazione. Sapeva che gli sarebbe bastato guardarlo per sentire ancora quelle strane sensazioni. Avrebbe voluto prenderlo a pugni, ma non era colpa del ragazzo, il poveretto era del tutto ignaro delle sue preoccupazioni.
Se devo rimanere qui dovrò farci i conti, non posso evitarlo o essere scortese. Devo ignorare quello che sento, qualunque cosa sia…
Prese la mano dell’altro e, non appena le loro dita si sfiorarono, avvertì uno strano formicolio. Che cos’è? Si chiese.
Jonghyun sbatté le palpebre.
Che l’abbia sentito anche lui? spensò Kibum, no, impossibile. Si decise ad alzare lo sguardo e ad incontrare gli occhi dell’altro, erano gradi come li ricordava. Respinse ciò che provava, il buon senso gli diceva di starne alla larga.
-Grazie – disse lasciando che lo aiutasse ad alzarsi.
Jonghyun sorrise. – Gaja[1] -
Jinki guardò i due uscire, c’era qualcosa di strano nell’aria. Tirò su col naso. Stava impazzendo o aveva davvero avvertito una strana tensione, come una scossa d’energia che attraversava la stanza? Scosse il capo e si alzò, stiracchiandosi gambe e braccia. Aveva bisogno di una tazza di tè e di dormire, quella conversazione lo aveva spossato. E ancora non sapeva come agire.
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Vi avviso che d’ora in poi potrei metterci più tempo ad aggiornare, sia perché devo ancora definire alcuni punti della storia, sia perché avrò altri impegni, ma non vi farò aspettare più di una o due settimane ^^
Ringrazio chi sta continuando a seguire la storia e a recensire ogni capitolo, commenti e suggerimenti sono sempre graditi!
A presto!


[1] Andiamo in coreano, preso impunemente da google, quindi potrebbe tranquillamente essere sbagliato XD se qualcuno conosce bene il coreano non se la prenda troppo XD
   
 
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