Adorata
sorella, è difficile pensare che quando tornerai io non
sarò lì ad
attenderti.
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La notte scorreva serena nel
cielo terso di novembre, mentre sulle Montagne Azzurre tutto taceva in
attesa di una partenza ormai prossima, così vicina da poter
essere
vista, per la prima volta, come il chiaro segno di una vittoria dopo
tanta sofferenza.
Dís se ne stava seduta sulla rigida sedia di pietra, mentre
il suo
cuore attendeva impaziente di tornare a casa, quella vera. Quella che,
per tanto tempo, aveva solo potuto rimembrare nei suoi ricordi
più
nascosti, intangibili, così immateriali da sembrare sogni
strappati,
lacerati dal fuoco di quel drago, i cui profondi occhi dorati,
serpentini, ancora la tormentavano nei suoi incubi.
Avrebbe potuto alzarsi esattamente in quel momento ed esattamente in quel momento partire, correre da quel che rimaneva della sua famiglia, correre dall’amato fratello, dagli adorati figli. Non lo fece perché sapeva di dover attendere ancora, prima di poterli riabbracciare.
Avrebbe potuto alzarsi esattamente in quel momento ed esattamente in quel momento partire, correre da quel che rimaneva della sua famiglia, correre dall’amato fratello, dagli adorati figli. Non lo fece perché sapeva di dover attendere ancora, prima di poterli riabbracciare.
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Quando saprai, non
capirai.
Non capirai perché abbiamo fatto tutto questo, non riuscirai ad accettarlo.
Eppure, se l’abbiamo fatto, è stato anche per te.
Non capirai perché abbiamo fatto tutto questo, non riuscirai ad accettarlo.
Eppure, se l’abbiamo fatto, è stato anche per te.
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In fondo, cos’era
una sola
notte passata sui Monti Azzurri, dopo tutto quel tempo? Avrebbe dovuto
attendere solo qualche altra ora, e poi avrebbero preso la via del
ritorno, quella santa via che i figli di Durin avevano battuto, un
sentiero ormai sicuro da poter calpestare senza la costante paura di
finire tra le fiamme.
Conosceva bene il fratello da sapere ciò che avrebbe potuto pensare guardandola, così spaventata, così tremendamente ansiosa di correre da loro. Immaginava il ferro delle spade dei suoi figli battere feroce contro le armature nemiche e il rumore di quelle spade la perseguitava, potendo solamente immaginare il tonfo di un’armatura amica che viene trafitta da una pungente lama ostile. I suoi figli non avrebbero mai perso, questo cercava di ricordarselo. Era impossibile.
C’era Thorin con loro.
Il suo Thorin.
E fin quando lui ci sarebbe stato, loro non avrebbero mai potuto perire.
Conosceva bene il fratello da sapere ciò che avrebbe potuto pensare guardandola, così spaventata, così tremendamente ansiosa di correre da loro. Immaginava il ferro delle spade dei suoi figli battere feroce contro le armature nemiche e il rumore di quelle spade la perseguitava, potendo solamente immaginare il tonfo di un’armatura amica che viene trafitta da una pungente lama ostile. I suoi figli non avrebbero mai perso, questo cercava di ricordarselo. Era impossibile.
C’era Thorin con loro.
Il suo Thorin.
E fin quando lui ci sarebbe stato, loro non avrebbero mai potuto perire.
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La grazia non è stata
benevola.
Non ci ha permesso di poter godere della tua reazione di fronte all’immensità del nostro regno.
Quando tu poggerai il tuo soave sguardo sugli ori di Erebor. Sulle sue colonne. Sulle sue scalinate sempiterne.
Noi no, non ci saremo.
Non ci ha permesso di poter godere della tua reazione di fronte all’immensità del nostro regno.
Quando tu poggerai il tuo soave sguardo sugli ori di Erebor. Sulle sue colonne. Sulle sue scalinate sempiterne.
Noi no, non ci saremo.
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Eppure c’era
qualcosa che non
riusciva a spiegarsi, il malsano umore di una persona che sente, in
cuor suo, di aver perso qualcosa, poco importa che potesse essere
realmente importante o che fosse solo il presentimento infondato di una
paura più profonda, insita in lei da quando i suoi figli
avevano
valicato la porta di casa.
Sentiva di aver perso.
Ma cosa, questo ancora non sapeva.
Ma cosa, questo ancora non sapeva.
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Non ho mantenuto la mia
promessa. Non ci sono riuscito.
Avrei voluto poterti vedere un’ultima volta, per spiegarti come mai non sono riuscito nella mia impresa.
Ma so che non mi perdonerai, nonostante tutto.
Avrei voluto poterti vedere un’ultima volta, per spiegarti come mai non sono riuscito nella mia impresa.
Ma so che non mi perdonerai, nonostante tutto.
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«Se quei buoni a
nulla hanno
distrutto qualcosa, giuro che li sgozzo con le mie mani!»
sbraitò alla
luna, sorridendo poi poco dopo.
La verità è che non sarebbe mai stata capace di
poter rimproverarli
dopo che loro, col sudore della fronte, avevano riconquistato la loro
amata terra natia.
E Dís poteva ancora sentire il rumore del ferro lavorato, il fuoco divampare ardente nelle fucine e i soffietti sprigionare calore nelle sale adiacenti, e il profumo del rame, dello zolfo.
Poteva vedere il colore accecante delle gemme preziose e la magnificenza dell’Arkengemma incastonata sul trono ove suo nonno sedeva placido.
E sentiva ogni odore, ogni suono, ogni goccia di sudore cadere dalla fronte spossata dei minatori, e l’immensa luce dorata penetrarle nell’anima, mentre vedeva il suo riflesso perdersi nella profondità dell’oro fuso dei corridoi. I Durin sono i figli della montagna.
E la montagna li ama e li cresce come figli suoi. E, dopo tutto quel tempo passato a rimuginare orizzonti passati, Dís avrebbe di nuovo potuto esser madre e figlia per la montagna.
E, quel giorno, senza pensare alle sofferenze che avrebbe dovuto ricevere, Dís pensò di aver ritrovato una parte di sé stessa.
E Dís poteva ancora sentire il rumore del ferro lavorato, il fuoco divampare ardente nelle fucine e i soffietti sprigionare calore nelle sale adiacenti, e il profumo del rame, dello zolfo.
Poteva vedere il colore accecante delle gemme preziose e la magnificenza dell’Arkengemma incastonata sul trono ove suo nonno sedeva placido.
E sentiva ogni odore, ogni suono, ogni goccia di sudore cadere dalla fronte spossata dei minatori, e l’immensa luce dorata penetrarle nell’anima, mentre vedeva il suo riflesso perdersi nella profondità dell’oro fuso dei corridoi. I Durin sono i figli della montagna.
E la montagna li ama e li cresce come figli suoi. E, dopo tutto quel tempo passato a rimuginare orizzonti passati, Dís avrebbe di nuovo potuto esser madre e figlia per la montagna.
E, quel giorno, senza pensare alle sofferenze che avrebbe dovuto ricevere, Dís pensò di aver ritrovato una parte di sé stessa.
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Non piangere per noi, quando giungerai alle pendici della Montagna.
Non pensare a cosa avresti potuto fare per impedirlo, ma volgi il tuo sguardo ad Erebor.
Osserva la sua magnificenza, il suo splendore.
Quando vedrai i fiumi dorati percorrere quelle sale, noi saremo lì a guardarli con te.
Quando camminerai per le sale dei Re, osservando l’austerità dei loro sguardi, noi ti saremo accanto.
Quando vedrai l’immensità di quel tesoro e gioirai della sua luminosità, verremo accecati dal bagliore così come il tuo sguardo.
E quando udirai, tra le parole confuse della gente, che Erebor è stata riconquistata, allora pensa a me, amata sorella, pensa ai figli tuoi; ma non piangere.
E noi saremo i tuoi occhi a vegliare le colonne della montagna, e saremo le tue orecchie nel sentir cantare le gesta che parlano di noi, e saremo il tuo sorriso quando ci penserai nell’ascoltarle.
Perché, per la prima volta, guarderemo il mondo con gli occhi tuoi.
Con gli occhi di un’innocente.
Piccola
one-shot che mi è uscita un po' così, senza
pretese. Spero vi sia
piaciuta, ho sempre pensato di scrivere una piccola parentesi per la
sorella di Thorin, personaggio che personalmente ho sempre immaginato
in questo modo
Grazie a chiunque l'abbia letta!
_Vintage_
Grazie a chiunque l'abbia letta!
_Vintage_