Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Shige    09/09/2016    4 recensioni
[Spoiler capitolo 84 - 85 ]
La verità si trova al fondo di un sentiero che passa per l’inferno. E lui per quella verità si è sporcato, imbrattato di sangue e lacrime, condotto battaglie, sacrificato compagni, e ancora sangue, fiumi di sangue. Fino ad averne la nausea di tutto quel sangue eppure mai abbastanza. Insaziabile ingordigia di un pasto avariato solo per giungere a quella verità e morire per essa – altre cento e mille volte ancora
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Erwin Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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iNFERNO  

Garcin:   Sono morto troppo presto. Non mi hanno dato il tempo di compiere le mie azioni.
 
Ines:    Sempre si muore troppo presto - o troppo tardi. Pure la vita eccola la. Finita; la partita è chiusa, bisogna fare i conti. Tu non sei niente altro che la tua vita.
 
(Jean-Paul Sartre  -  Huis clos)
 
 

 
 
INFERNO
 
 
 
 
 
 
‹‹ Quando finalmente stava per liberarsi dall’inferno di questo mondo, noi abbiamo tentato di riportarlo dentro.
Volevamo fare la stessa cosa che volevi tu. Ma adesso basta, dobbiamo farlo riposare››
 
 
 
L’inferno.
Che posto è l’inferno?
 
È l’ipocrisia, l’ingiustizia che ricopre la terra?
O è il sangue misto a polvere che ricopre i cadaveri delle battaglie che abbiamo perduto?
Stava dentro o fuori quelle mura? Tra i giganti o tra gli uomini?
Eravamo noi – quell’inferno – noi con le nostre paure, le nostre incertezze, le nostre debolezze, o il nostro coraggio con cui abbiamo sfidato il mondo e superato ogni limite? Valicando barriere, infrangendo le regole, sradicando i sistemi che ci tenevano imbrigliati, imprigionati come schiavi.
O erano gli altri, forse, con le loro sentenze, le loro aspettative, il loro giudizi? Giudizio per cui viviamo e infine moriamo senza sapere mai veramente chi siamo.
 
Cos’è l’inferno e cosa non lo è?
È forse fuoco? È forse ghiaccio? È terra, è guerra? È trambusto, è silenzio?
È la città da cui scappi o il porto in cui approdi?
 
Oppure è quel nulla. Semplicemente il nulla.
Spazio vuoto da riempire con l’inferno che meritiamo perché non esiste punizione peggiore di quella che infliggiamo a noi stessi.
Il nulla.
Il bianco che acceca. Il muto silenzio di una stanza senza confini, una prigione senza sbarre, una libertà di cui non sappiamo che farcene.
 
Spazio dove l’occhio vaga senza sapere cosa guardare o cosa cercare.
Infinita libertà di guardare un eterno nulla.
 
E in mezzo a quel nulla, egli è solo un puntino, niente di più di una macchia che sporca la tela. Chino su quella fontana ad osservare il suo silenzioso mutare dell’acqua nelle scelte che non si è mai perdonato. Cambiare scenari, sotto i suoi occhi, di quella vita che ha lasciato troppo presto. Imperdonabile sensazione di non aver fatto abbastanza, di non essere stato abbastanza; e rabbia – troppa rabbia – per l’abbandono, il tradimento, l’umiliazione di essere stato nient’altro che un corpo vecchio e stanco.
 
‹‹Erwin…››
 
Il richiamo è vicino, eppure è lì che vuole stare. Sul bordo di quella fontana, ad aspettare, forse, che qualcosa accada. Svegliarsi da quell’incubo e tornare su quel tetto: è questo ciò che vuole.
 
Non sono pronto. Non adesso. Non ancora.  
 
Stringe gli occhi e serra i denti.
Il pugno spacca l’acqua.
 
Perché? Perché? Perché?
 
Lo specchio d’acqua si ricompone in fretta, indifferente e sordo alle sue grida, a quella personale ingiustizia, a quel torto subito.
 
‹‹Erwin…››
 
Non si volta. Non la vuole quella verità.
La verità quella per cui sarebbe morto – cento e mille volte ancora su quel campo e non sul tetto- è oltre quello specchio d’acqua, dove galleggiano ancora gli occhi grigi di Levi.
E sempre c’è una barriera tra lui e quella verità: una fontana, un muro, un falso re, la porta di una cantina, un sogno più meritevole del suo – un sogno immenso e sconfinato come l’oceano - .
 
Perché? Perché proprio tu?
 
 
Liberato da un inferno per incatenarlo ad un altro. Condannato a fare da spettatore ad un epilogo che non è più il suo.
 
Non è così che sarei dovuto…
 
Morire non come uomo ma come scelta scartata, una possibilità troppo vecchia, un desiderio troppo stanco per andare avanti e scoprire quella verità.
Che ne sanno loro di come si giunge alla verità? Del sangue che si versa, delle scelte obbligate, dei sacrifici - utili, inutili -  per andare sempre avanti e mai voltarsi, dei brandelli d’anima lacerati, sporcati che penzolano come lenzuola al vento sul filo di un’esistenza così piena eppure così immensamente vuota.
La verità si trova al fondo di un sentiero che passa per l’inferno. E lui per quella verità si è sporcato, imbrattato di sangue e lacrime, condotto battaglie, sacrificato compagni, e ancora sangue, fiumi di sangue. Fino ad averne la nausea di tutto quel sangue eppure mai abbastanza. Insaziabile ingordigia di un pasto avariato solo per giungere a quella verità e morire per essa – altre cento e mille volte ancora – su quel campo e non sul tetto.
Lui, il più meritevole, lui che ci ha creduto più di tutti, più di suo padre, più dell’umanità… lui meritava di scoprire la verità. Per quel sangue versato, per quelle lacrime mai piante, per gli amori sacrificati, per una vita di negazioni…
Lui che fra tutti aveva più diritto di essere lì – nel seminterrato e non sul letto – ora è altrove. Ancora una volta troppo lontano, troppo distante eppure così vicino da poterla sfiorare.
Invece sfiora gli occhi grigi di Levi, prima che l’acqua li inghiotta e sentirsi ancora una volta troppo lontano, troppo distante.
 
Svegliati, dannazione.
Svegliati!
 
Un incubo. Una gabbia senza sbarre. È il nulla. È tempo o forse nemmeno quello.
Non c’è niente e lui non è fatto per vivere nel niente. Lui ha combattuto contro quel niente in cui si era affossata l’umanità. L’ha raschiato via, ha sputato sangue e versato quello di molti soldati per sradicare quel niente.
‹‹Erwin…››
‹‹No!››
 
Non ancora. Non adesso.
 
‹‹Come vorrei che avesse avuto più tempo››
‹‹Sempre si muore troppo presto o troppo tardi››
‹‹Ma così…›› Silenzio ‹‹è così sbagliato…››
‹‹E chi lo sa, Signor Smith. Il mondo è pieno di cose sbagliate››
‹‹Anche la morte…››
‹‹Soprattutto la morte, eppure si muore: su un campo di battaglia, nel letto, per una malattia, per amore, per semplice volere di qualcuno. Si muore e basta, ma mai come vorremo››
‹‹E ora?››
‹‹Possiamo solo aspettare. Aspettare che accetti o aspettare che finisca. Che finisca presto, mi auguro, perché nessuno merita di vivere l’inferno due volte. Aspettiamo e basta che qualcosa accada o che qualcuno venga a dirci com’è andata a finire: se l’umanità ce l’avrà fatta anche senza di lui o se avrà fallito nel tentativo. Perché per quelli come lui non esiste pace nemmeno da morti. Aspetterà la verità e noi con lui. Non siamo altro che l’ombra di ciò che non si è ancora perdonato e aspetteremo con lui per sapere se non siamo morti in vano››
Il Signor Smith esita. Fa ancora un passo verso quel figlio che ha finalmente ritrovato. Poi torna indietro.
Mike ha ragione.
 
Non esiste inferno peggiore di quello che creiamo per noi stessi.
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
Non mi perderò in lagne, isterismi vari o piagnucoli sulla morte di Erwin Smith. Prendete questa One Shot per quello che è: il mio personale punto di vista. Forse molti di voi non lo condivideranno, altri nemmeno lo capiranno e forse solo qualcuno mi darà ragione, ma rimane il mio punto di vista, quello che ho metabolizzato per un mese intero cercando di capire prima di giudicare.
Avevo intenzione di scrivere un bel monologo sulle mie impressioni e ciò che il capitolo 84 mi ha suscitato, ma poi ci ho ripensato.
Ma non nascondo la mia delusione, la mia amarezza… Per chiunque volesse intavolare una discussione in merito, sono sempre pronta a confrontarmi con chiunque la pensi in maniera diversa. Magari riesco a trovare una spiegazione logica per quanto è successo o magari crogiolarmi nella sensazione di non essere la sola ad aver imprecato contro Isayama.
 
Spero che, al di là del mio giudizio sulla questione, la mia one shot sia piaciuta, come anche la mia interpretazione dell’inferno. Ci sono molti riferimenti all’opera teatrale di Jean-Paul Sartre Huis clos (A porte chiuse) che rimane per me la migliore rappresentazione di cosa sia l’inferno sia su terra che in altre dimensioni.
 
Ringrazio moltissimo Auriga, Ellery e RedLolly per i consigli, le revisioni, i commenti positivi e il supporto morale. Perché se non fosse stato per loro, forse non avrei nemmeno pubblicato.
 
Grazie a tutti voi che leggete i miei racconti, che mi seguite e apprezzate l’impegno e la passione che vi metto.
 
Un abbraccio
Shige
  
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