Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, Lila
Genere: commedia, fluff, romantico
Rating: G
Avvertimenti: longfic
Wordcount: 1.113 (Fidipù)
Note: E si ritrorna anche con questa storia! Chiedo scusa a tutti per il lungo periodo di assenza ma, a parte le storie del Quantum Universe, non ho avuto il tempo di aggiornare altro durante questi mesi estivi ma, finalmente!, sto riprendendo possesso della mia routine e quindi eccomi che ritorno a tormentarvi anche con Lei è mia! (e prossimamente anche con Vuoi scommettere?).
E niente, vi lascio direttamente al capitolo tanto atteso (?), non senza ringraziarvi come mio solito: grazie a tutti voi che leggete, grazie a tutti voi che commentate e grazie anche a tutti voi che inserite una mia storia nelle vostre liste.
Grazie davvero di tutto cuore!
Lunedì
Adrien osservò il kwami nero planare verso il basso, dopo essere uscito
dall’anello: quel giorno, l’akumatizzato era stato un nemico
particolarmente ostico che aveva messo in serie difficoltà lui e Ladybug.
Quando, attraverso l’edizione straordinaria del telegiornale, aveva
scoperto che un noto cantante lirico era stato colpito dal potere malefico
di Papillon, aveva pensato che sarebbe stato un lavoretto facile: insomma,
cosa mai avrebbe potuto fare loro un cantante?
Spaccare i timpani, per esempio.
Soprattutto se erano delicati come i suoi, quando era trasformato.
«Camembert…» rantolò Plagg, atterrando fra le sue mani e alzando una
zampina, quasi che quello fosse l’ultimo gesto prima della sua dipartita;
Adrien scosse il capo, prendendo un triangolo di formaggio dal contenitore
che teneva nella borsa della scuola e dandolo al kwami che, come se fosse
stato riportato miracolosamente in vita, si alzò e afferrò il latticino
fra le mani.
Il biondo sbuffò, facendogli cenno di nascondersi: «Dovrei chiamare
Marinette…» mormorò fra sé, dando una veloce occhiata all’orario sul
cellulare e cercando di ignorare lo sguardo del kwami: «Che c’è?» sbuffò,
dopo un po’, abbassando lo sguardo e fissando a sua volta Plagg.
Lo spiritello nero rimase in silenzio, masticando l’ultimo boccone di
camembert: «Interessante.» commentò alla fine, mentre un sorrisetto
sardonico gli piegò la bocca: «L’inclinazione che dai alla tua voce,
quando pronunci il nome di Marinette.» spiegò, mentre una luce divertita
gli illuminava lo sguardo: «E’ qualcosa come: oh, Marinette. Sei l’amore
della mia vit-mpf!» Adrien gli posò la mano sulla bocca, guardandosi
attorno con fare guardingo: aveva avvertito qualcosa, un brivido lungo la
schiena l’aveva messo in allarme e poteva sentire quella strana sensazione
di avere uno sguardo addosso.
Si voltò, studiando la zona e non notando niente di strano: «Me lo sarò
immaginato…» borbottò fra sé, posando distrattamente lo sguardo su un
cartellone pubblicitario: qualche fotografo fortunato aveva immortalato la
sua lady e la bella eroina parigina era stata usata per una campagna di
sensibilizzazione dell’ambiente.
Sorrise, facendo vagare lo sguardo su quel viso conosciuto - e sconosciuto
al tempo stesso -, sugli occhi celesti e le labbra piegate in un sorriso
sicuro; sospirò, rimanendo a osservare il cartellone e poi scosse il capo,
abbassando lo sguardo: Marinette. Doveva chiamare Marinette.
Martedì
Adrien sbadigliò, entrando nella Dupont e guardandosi attorno, sperando di
vedere la figura della sua compagna di classe e progetto; sorrise, quando
la vide seduta su una panchina, dalla parte opposta rispetto all’entrata e
si avvicinò lentamente: il giorno prima, quando l’aveva chiamata,
Marinette si era scusata in mille modi perché era impegnata a fare la
babysitter e non poteva finire con lui il progetto di geografia.
L’aveva ascoltata, sorridendo alla voce impacciata che, di tanto in tanto,
balbettava o disponeva le parole in maniera casuale, trovando tenerissimo
quell’atteggiamento: all’inizio aveva pensato che fosse dovuto al
carattere estremamente timido e introverso della ragazza ma, dopo che
aveva avuto a che fare con lei come Chat Noir, aveva capito che quello era
un trattamento che riservava solo ad Adrien Agreste.
Aveva iniziato a farsi domande sul perché, senza trovare una risposta che
lo soddisfacesse.
Che fosse ancora arrabbiata con lui per quello che successe al loro primo
incontro?
Ma, in quel caso, perché balbettare e parlare senza senso? Perché non gli
teneva il broncio come aveva fatto le prime volte?
Ogni tanto Plagg lo prendeva in giro, dicendogli che la sua bella si
comportava così perché era innamorata di lui ma lo aveva sempre liquidato,
dicendo che era impossibile.
Basta pensieri, si disse mentalmente, avvicinandosi alla ragazza e alzando
una mano in segno di saluto: «Ciao, Marin…» si fermò, di fronte allo
sguardo di puro odio che l’italiana, accucciata dietro alla mora, gli
stava lanciando: se uno sguardo poteva uccidere, quello di Lila lo avrebbe
fatto secco all’istante.
«C-ciao.» balbettò Marinette, voltandosi indietro e osservando la castana
posarle una mano sulla spalla, quasi a rivendicare la moretta come sua
proprietà.
Mercoledì
Quando Adrien aveva proposto di giocare a Ultimate Mega Strike III in
biblioteca, Max e gli altri avevano accettato con entusiasmo: voleva
rimediare alla buca che aveva dato loro qualche tempo prima e un piccolo
torneo a scuola gli era sembrato perfetto.
Si sistemò la tracolla sulla spalla, voltandosi verso la ragazza dietro di
lei che, con precisione, stava infilando i libri di fisica nello zaino:
«Marinette?» la chiamò, vedendo lo sguardo celeste posarsi su di lui,
mentre una tenue tinta rosata le comparve immediatamente sulle guance:
«Sto andando a giocare a Ultimate Mega Strike con gli altri, in
biblioteca. Vuoi unir…»
«Mari!»
La voce di Lila lo bloccò e lui rimase a osservare l’italiana giungere
velocemente e prendere la ragazza per un braccio: «Andiamo a fare
shopping? Ieri ho visto un negozietto carinissimo e pensavo…» iniziò a
spiegare la castana, afferrando a braccetto Marinette e portandola via da
lui, non senza avergli regalato uno sguardo superiore mentre l’altra
ragazza abbozzava un sorriso a mo’ di scusa.
«Tre a zero per Lila.» commentò Plagg, uscendo dal suo nascondiglio, una
volta che le due giovani furono uscite dall’aula: «Sai, inizio a pensare
che farai prima a conquistare Ladybug, piuttosto che parlare con
Marinette…»
«Grazie, eh.»
«Ehi, dovresti esserne felice! Ladybug è l’amore della tua vita mentre
Marinette è solo un’amica.» dichiarò divertito il kwami, storcendo la
bocca in un ghigno mefistofelico: «Parole tue, moccioso.»
«Sì, certo.»
«Mh.»
«Che c’è?»
«Qualcosa mi dice che Marinette non è solo un’amica per te.»
«Piantala.»
Giovedì
Ci aveva provato di nuovo a parlare con Marinette, ma ancora una volta
Lila lo aveva interrotto: era apparsa dal nulla, passando un braccio
attorno al collo della mora e trascinandola via, non senza avergli
scoccato un’occhiata glaciale e omicida.
Marinette l’aveva osservata imbarazzata, balbettando un titubante “A
domani” e lasciando che l’altra la trascinasse via.
Ma perché?
Perché Lila non voleva che lui si avvicinasse a Marinette?
Cosa le aveva fatto di male?
«L’amore della tua vita che viene trascinata via…» commentò Plagg, facendo
capolino dalla camicia e ridacchiando: «Questa settimana è stata veramente
divertente. Tu che provavi ad avvicinare Marinette, lei che balbettava…»
si fermò, socchiudendo gli occhi: «Ovviamente, se Lila le dava il tempo di
balbettare.»
«Secondo te cosa le avrò fatto? Non capisco perché si comporti così. Con
me.»
«Ehi, secondo te come faccio a sapere la risposta?»
«Non so…» mormorò Adrien, fissandolo: «Forse perché sembra che tu abbia la
risposta per tutto?»
«La mia onniscienza non prevede la conoscenza della funzionamento della
mente femminile.» dichiarò il kwami, incrociando le zampette e fissandolo
serio: «E dovresti smettere di provarci anche tu: non c’è nulla di più
assurdo e totalmente anarchico della mente di una donna.»
«Grazie, Plagg.»
«Sono il tuo compagno: per te questo e altro!»