Film > Alice nel paese delle meraviglie
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Autore: vavvina_95love03    10/09/2016    3 recensioni
STORIA REVISIONATA a Gennaio 2021.
Sono passati ormai quattro anni da quando Alice era tornata nel Sopramondo, ma a volte il destino non smette mai di sorprenderci e ti si presenta con un'occasione più unica che rara. Cosa sceglierà la nostra Alice? La mente o il cuore? La risposta sembrerebbe sì la più sconta, ma non sempre la strada per arrivarci è la più facile...
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Liddell, Cappellaio Matto, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 11 – Verso una nuova avventura.

 

 

 

 

    Si trovava lì, in quel giardino, tanto familiare quanto estraneo e stava fissando la fontana dalla quale era da poco riemersa.
    Presto avrebbe dovuto spiegare alle guardie di palazzo, che cosa ci faceva nel giardino della regina d’Inghilterra in pieno pomeriggio e perché era tutta bagnata dalla testa ai piedi; ma non gli importava, aveva una missione da portare a termine e sapeva che il tempo, in quell’occasione, non le sarebbe per niente stato amico.
    Una volta ridestata dai suoi pensieri, decise di incamminarsi verso l’enorme reggia, nella speranza che le sarebbe venuta presto in mente una brillante idea per spiegare l’accaduto e non finire nuovamente in un manicomio.
    Come previsto, all’uscita dai giardini, incontrò una delle guardie, la quale vedendola ridotta ad uno straccio e barcollante su propri passi, decise di dare l’allarme ed aiutarla ad entrare.
    «Santo cielo madamigella, che cosa le è successo!» le chiese la guardia, mentre l’aiutava ad entrare nella veranda del palazzo.
    Era strano che non le venisse chiesto, come prima cosa, cosa accidenti ci facesse all’interno dei giardini, ma vista la situazione la ragazza preferì continuare nella sua abbozzata commedia.
    «Non me lo ricordo. L’ultima cosa che ricordo è di essere uscita durante la festa a prendere una boccata d’aria e poi il vuoto…» sì così poteva andare, dopo tutto a guardare fuori dovevano essere circa le tre del pomeriggio e lei era scomparsa solo la sera precedente, dopotutto le prime volte che era stata a Sottomondo a lei erano sembrati giorni, ma nel suo mondo erano passate solo poche ore, o almeno Alice sperò che anche quella volta fosse stato come le precedenti.
    Il tempo scorre in modo imprevedibile a Sottomondo Alice. Le prime volte ti è sempre andata bene, ma questa volta potresti non essere altrettanto fortunata al tuo ritorno in superficie…” quella voce non faceva altro che rimbombare nella sua testa come un eco strozzato.
    Proprio un bel paragone hai affibbiato alla voce della Regina Rossa”, un piccolo e sfuggevole sorriso le solcò le labbra a quel pensiero.
    Nel mentre, la guardia che l’aveva trovata e che l’aveva aiutata a sedersi su un piccolo divano da giardino, era corsa subito a chiamare i soccorsi. Alice sentiva che stava perdendo troppo tempo, ma non poteva muoversi e rovinare così i suoi piani come se niente fosse, quindi decise che era meglio attendere e continuare a fingere.
    Presto una voce familiare giunse alle sue orecchie. Era molto spaventata, ma Alice poteva scorgere nella sua voce anche una nota di sollievo. Non appena la donna la raggiunse, si buttò in ginocchio davanti alla ragazza per essere alla sua stessa altezza e per poterla abbracciare e per constatare che fosse ancora tutta intera, nonostante i vestiti completamente fradici.
    «Madre…» sussurrò la fanciulla contro al petto di Lady Kingsley.
    «Grazie al cielo sei viva, bimba mia…» calde lacrime le solcarono il viso ormai segnato dagli anni.
    Alice, sentendo le lacrime della madre, ebbe un brutto presentimento e l’unico modo per scoprire se quel pensiero era la realtà, era porgere alla madre un’unica fatidica affermazione.
    «Madre
» si districò dall’abbraccio giusto per poterla guardare in viso. «Sono solo passate poche ore».
    Il viso di Helen Kingsley si rabbuiò per un istante, prima di proclamare la risposta che la ragazza tanto attendeva.
    «Alice, ma cosa dici?! Non sono passate poche ore dalla tua scomparsa! Oh Santo Cielo bambina mia… Sono settimana che nessuno ha più notizie di te!» le disse prendendole il viso pallido tra le mani.
    Alice impallidì. “Settimane?!”.
    Sua madre riprese a parlarle, mentre con una mano le accarezzava il viso e i capelli, come a tranquillizzare un cucciolo ferito ed indifeso, anche se Alice era solo rimasta spiazzata da quella rivelazione. «Ti abbiamo cercato ovunque Alice. Perfino la stessa Regina in persona ha fatto ricorso ai suoi uomini più fidati per cercarti, visto che eri sparita durante la una Sua festa. In un primo momento ho pensato anche che tu e signor Harcourt, visto che nemmeno lui era più alla festa, foste scappati chissà dove. Conoscendoti, poteva essere da te, prendere e sparire per settimane. Ma Harcourt era semplicemente tornato a casa e quando ha saputo della tua scomparsa non si è dato pace. Così come tua sorella. Io sono rimasta qua, nella speranza di ricevere notizie il prima possibile e… Oh, tesoro mio…
» strinse nuovamente la figlia in un abbraccio «Ho temuto di non rivederti mai più e che qualcuno ti avesse fatto del male… Grazie al Cielo, c’è qualcuno lassù che ha ascoltato le mie preghiere».
    Tra i pensieri di Alice, che per un momento aveva dimenticato il suo principale scopo, sorse una domanda: perché sua madre pensava che lei e James Harcourt, potessero essere scappati insieme? Ma, quel pensiero fugace lasciò presto la sua mente, per poter dar ascolto all’ultima domanda della madre, quella che la guardia che l’aveva “salvata”, non le aveva posto.
    «Ma dove sei stata per tutto questo tempo?!» chiese infine Lady Kingsley.
    «Non lo so madre. È tutto molto confuso…» fu l’unica frase che Alice riuscì a dire a sua madre, prima che nella veranda entrarono la Regina e un medico, pronto ad accertarsi delle reali condizioni della ragazza. E dopo tutto non poteva certo dire alla madre dove era stata realmente in quelle settimane, anche se per lei erano passati solo pochi giorni.
 

***


    Dal giorno del suo ritorno a Londra erano già passati nove giorni ed Alice non era ancora riuscita a parlare con sua madre, la quale, dopo aver appreso dal medico di corte che molto probabilmente la ragazza aveva perso la memoria di quelle ultime settimane a causa del profondo shock subito a seguito di un suo presunto rapimento, si era buttata a capofitto nel lavoro dell’attività della Compagnia navale.
    Alice si chiedeva ancora da dove il medico potesse aver tirato fuori l’idea del rapimento, proprio nella reggia della Regina d’Inghilterra, che era risaputo essere uno dei posti più sorvegliati dai soldati e dalle guardie di tutta l’Inghilterra, e come i suoi presunti rapitori fossero poi riusciti, senza farsi vedere, a riportarla nel luogo del rapimento senza chiedere nemmeno un riscatto. Non se lo sapeva proprio spiegare.
    Durante quegli interminabili giorni, in cui il tempo sembrava riderle in faccia, oltre alla sorella, molti uomini del suo equipaggio erano venuti a trovarla a casa e, tra questi, anche il suo più caro amico James, il quale si fermava sempre fino a tardi e si premurava di preparare qualcosa di caldo al suo Capitano, visto l’assenza dalla madre che era impegnata a gestire la Compagnia al posto della figlia in attesa che quest’ultima si rimettesse in forma.
    Era la sera del nono giorno quando Lady Kingsley, entrò in casa e vide i due giovani chiacchierare e sorridere sereni, come se quello che era avvenuto nelle ultime settimane non fosse mai successo. Era bello per Helen vedere di nuovo sua figlia sorridere e per ogni secondo che passava, ferma sull’uscio della porta ad osservarli, si convinceva sempre di più che James sarebbe stato un amante e un marito perfetto per la sua bambina più piccola. L’uomo che, con molta probabilità, sarebbe riuscito a colmare quel vuoto che la perdita di suo marito, nonché padre delle sue adorate figlie, aveva provocato in Alice.
    La donna, prima di entrare in cucina, si schiarì la voce, per palesare la sua presenza all’interno della stanza e i due giovani tornarono quieti, come due bambini che erano stati beccati a chiacchierare durante una lezione di storia.
    James Harcourt, che liberò il suo posto al tavolo per offrirlo alla padrona di casa, a cui servì subito la cena a base di un bel brodo caldo; proprio quello che le ci voleva per sciogliere la tensione accumulata in quei giorni e che sapeva che presto avrebbe riaccumulato quando avrebbe parlato di “affari” e del futuro con la figlia, che in quel momento le sedeva di fronte.
    Era ormai tardi quando James se ne andò da casa Kingsley e Helen non aveva potuto non notare che i due si erano scambiati un caloroso abbraccio sull’uscio della porta. Sapeva che era arrivata l’ora di parlare con Alice, solo che non sapeva che anche sua figlia era intenzionata a farlo.
    Helen si spostò in salotto, facendo segno alla ragazza di seguirla e di sedersi accanto a lei sul vecchio divano.
    «Alice, ti devo parlare» iniziò solenne la madre.
    «Anche io madre vi devo parlare di una cosa importante» le rispose la figlia.
    La signora Kingsley rimase molto sorpresa della cosa, ma continuò comunque come se non ne fosse sorpresa.
    «Alice, come ben sai, ormai sto diventando vecchia e seguire le spedizioni della Wonder, per me sta diventando molto faticoso. Ciononostante non abbandonerò subito la Compagnia Kingsley & Kingsley, credo per il momento di riuscire a seguire ancora la parte finanziaria ed economica» disse sorridendo alla figlia, per poi riprendere il filo. «Perciò, come tuo secondo, è anche compito mio trovare un qualcuno che possa sostituirmi durante le prossime e future spedizioni e che sono sicura ti seguirà anche in capo al mondo e del quale io possa fidarmi ciecamente. Proprio per questo voglio nominare come mio successore il Signor Harcourt. Sono convinta che lui sarà per te un perfetto braccio destro!» disse infine. “E forse anche qualcosa di più in futuro”, queste parole però non le disse ad alta voce, ma le pensò intensamente, come se più le pensasse, più quel suo pensiero e desiderio sarebbe diventato realtà.
    Alice dal canto suo era rimasta un attimo scioccata. Sua madre voleva lasciare il ruolo di secondo al comando, ma un altro pensiero arrivò prepotente nella sua mente, non solo presto avrebbe lasciato la sua famiglia e la sua vita nel Sopramondo, ma avrebbe dovuto lasciare per sempre anche la sua adorata Wonder, l’ultimo dono di suo padre, senza poter salpare in un’ultima avventura.
    Helen vedendo il volto perso della figlia pensò che stesse semplicemente digerendo la notizia appena datale, perciò si alzò dal divano, scordandosi che la ragazza aveva accennato a qualcosa di importante da dirle e se ne andò augurandole la buona notte e avvisandola che l’indomani pomeriggio ci sarebbe stata una nuova spedizione verso l’America del Sud, spedizione che avrebbe visto l’annuncio del nuovo secondo in comando.
    Alice si riprese dalla trance, ma non fece in tempo a dire niente a sua madre che si era già chiusa la porta della sua camera alle spalle. Prima di andare anche lei a letto, guardò l’orologio, segnava la mezzanotte e ventitré minuti e sembrava non volersi fermare, il suo tempo stava per scadere, aveva poco più di undici ore, prima che tutto questo scomparisse dalla sua vita per sempre.

 

***

 

    Il giorno seguente, Alice e sua madre si erano alzate di buona ora ed erano già scese al porto, alla Kingsley & Kingsley, per preparare il primo viaggio della Wonder dopo settimane. Tutto l’equipaggio era impegnato a procurare le provviste per il lungo viaggio in mare alla volta del Nuovo Mondo. Ognuno correva avanti e indietro per il molo, su e giù dalla nave; ad Alice quel continuo avanti e dietro, in maniera concitata e frenetica, faceva venire alla mente i suoi amici di Sottomondo alle prese con i preparativi del matrimonio e della parata. Solo lei, sua madre e James, si trovavano all’interno dell’edificio che ospitava l’ufficio della Compagnia navale, intenti a studiare le carte nautiche e il miglior percorso da svolgere, per evitare di rimanere senza viveri, visto il lungo viaggio.
    Alice era molto distratta e tutti, all’interno di quella stanza se ne accorsero.
    «Capitano, va tutto bene? Se non se la sente ancora a salpare, magari potremmo aspettare ancora qualche giorno» propose James.
    Sempre così preoccupato per lei, si ritrovò a pensare Alice. Quanto avrebbe voluto dargli quello che tanto voleva, quanto avrebbe voluto provare per lui quello che lui provava per lei da anni, ma al cuore non si comanda e Alice provava per il suo nuovo secondo in comando solo una profonda ammirazione ed amicizia. Cosa che a James sembrava andare più che bene.
    «Sì James, va tutto bene» mentì. Sperava di aver mascherato bene le sue emozioni, ma sua madre se ne accorse immediatamente.
    «Signor Harcourt» proferì la donna.
    «Sì, signora Kingsley» e si rivolse gentilmente James.
    «Potrebbe cortesemente lasciarci da sole per qualche minuto? Potrebbe andare intanto a dare una mano al resto della ciurma per gli ultimi preparativi» affermò infine.
    «Certamente! Signora Kingsley. Capitano, con permesso.» fece un veloce inchino per poi uscire dalla stanza.
    Helen guardò la figlia con aria turbata, come se sapesse che presto sarebbe scoppiata una tempesta, proprio dentro all’ufficio.
    «Che cosa succede Alice? Ti ho vista molto distratta negli ultimi giorni. E mi sembra che tale distrazione e ansia, se mi concedi, aumentino ogni secondo che passa, o mi sbaglio?» le domandò la madre.
    Alice sapeva che non poteva più aspettare, era arrivato il momento della verità e sapeva quanto questa potesse fare male, sia a lei, che a sua madre. «Non vi sbagliate Madre».
    «Coraggio Alice, parla. Lo sai che non abbiamo tutto il giorno. Se è una cosa importante, di vitale importanza, è meglio scrollarsela di dosso subito, prima di salpare!» la incoraggiò la donna.
    Alice, in un primo momento non riuscì a trovare le parole. Come poteva dirle che se ne sarebbe andata per sempre e che, con molta probabilità, non l’avrebbe mai più rivista. Poi, un’illuminazione, poteva iniziare col perché, con il motivo per il quale stava facendo tutto quello. «Madre, mi sono innamorata…».
    Alice guardò Helen negli occhi e quello che vi scorse fu, in un primo momento stupore, quasi, avrebbe osato dire, incredulità. Poi però i suoi occhi si riempirono di lacrime, come se non osasse più sperare che sua figlia si potesse innamorare e lei sapeva perfettamente a chi la sua bambina si stava riferendo e a chi fosse il fortunato. E forse era per quello che era nervosa quando le aveva detto che avrebbe lasciato l’incarico a James.
    «Oh, bambina mia… è...» non riusciva a trovare le parole «È  meraviglioso! Sono sicura che tu e il Signor Harcourt, voglio dire James, formerete una coppia straordinaria e in un futuro non molto lontano, avrete una splendida famiglia! Non sai quanto sono contenta per te, figlia mia. So che è brutto da dire, soprattutto se detto da una madre alla propria figlia, ma non ci speravo più che tu trovassi l’amore! Ora invece mi sento come sollevata…».
    Alice odiava l’idea di doverle tarpare le ali, ma non poteva far andare avanti quel monologo, mancava poco più di un’ora alla sua partenza.
    «No, madre». Helen si bloccò all’istante e fissò la figlia. «Non mi sono innamorata di James Harcourt» Alice le sorrise. «James, è un uomo fantastico e sono sicura che presto troverà una donna che lo sappia amare come solo lui può meritare, ma io mi sono innamorata di un Cappellaio…».
    La signora Kingsley rimase per qualche istante con la bocca spalancata a mezz’aria. Incredula a quello che le sue orecchie avevano appena udito uscire dalle labbra della figlia. “Un cappellaio”, continuava a ripetersi nella testa come un mantra. Aveva sentito che al cuore non si comandava, che quando l’amore bussava alla porta del cuore era difficile non aprirgli. Ma un cappellaio… In cuor suo Helen non riusciva ad accettarlo, ma cercò di non darlo a vedere alla figlia. Al contrario di quest’ultima, lei era molto brava a nascondere le proprie emozioni e i propri timori.
    «E io lo conosco Alice?» chiese, cercando di rimanere calma ed impassibile.
    «No, madre. Non lo conoscete» le rispose Alice ormai più rilassata.
    Helen da quella risposta riuscì ad intuire che nessuno, nemmeno Margaret, conosceva quell’uomo. E per un istante, un singolo istante, un pensiero balenò nella sua mente: “E se tutta questa storia centrasse con il periodo coincidente alla sua scomparsa?”. Poi però guardò bene sua figlia e capì infine che il pensiero precedente non era propriamente corretto. “No, è qualcosa che va avanti da molto tempo, un qualcosa però che è venuto a galla in questo ultimo periodo”.
    La donna si riscoprì essere spaventata, aveva notato che Alice non aveva ancora finito il suo discorso e che stava solo aspettando che la madre le dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, prima di poter continuare.
    «Immagino che nessuno lo conosca, vero?» vide la figlia annuirle con la testa. «Qualcosa mi dice che quello che stai per dirmi sarà più doloroso di uno schiaffo» concluse.
    «Madre, lui non è di qui» le rispose con calma Alice.
    «Che cosa vorresti dire?».
   «Voglio dire che non è di Londra, non è dell’Inghilterra, non è…» non poteva dirglielo, non le avrebbe mai creduto. «Io voglio vivere con lui, ma questo implica che io, voi e Margaret, non ci rivedremo per un po’ di tempo… forse, non ci rivedremo mai più» disse infine.
    L’ultima frase l’aveva sussurrata appena e piccole lacrime premevano agli angoli degli occhi di Alice, pronte per uscire, ma la ragazza non voleva ancora lasciarsi andare al pianto, doveva resistere, doveva farsi forza e doveva far capire a sua madre che era la cosa migliore per lei, che era la sua vita e che finalmente aveva trovato con chi condividerla (sperando che lui la volesse ancora al suo ritorno), anche se questa scelta la costringeva a prendere una dolorosa decisione.
    Il Destino” si ritrovò a pensare.
    Helen si trovava ad essere senza parole, ma ben presto si riscosse. «Che significa che “forse non ci rivedremo mai più” Alice?» sua madre sembrava furiosa. «Alice, devi spiegarmi che cosa vuoi dire, perché io non ti riesco proprio a capire! Voglio conoscere quest’uomo! Mi chiedo che razza di uomo sia, un uomo che non permette alla propria compagna, di vedere la sua famiglia! E mi chiedo come tu ti sia potuta innamorare di lui e a permettergli una cosa simile!» era ormai furibonda.
    «Lui non c’entra niente madre. Non è colpa sua. È una cosa che non dipende né da me né da lui e nemmeno da voi; sono le circostanze che ce lo impongono…» le disse la figlia.
    Alice si avvicinò alla madre, diede una veloce occhiata all’orologio appeso alla parete, la nave sarebbe dovuta salpare tra meno di venti minuti e anche lei, come la “sua” Wonder, sarebbe “salpata” verso una nuova avventura; prese tra le sue mani le mani della madre e le strinse forte, come ad infonderle ed infondersi, coraggio.
    Helen strinse a sua volta le mani della figlia, il suo istinto materno le diceva che presto, molto presto, troppo presto, le avrebbe detto addio. Lei non poteva permetterglielo. Ma poi Alice le disse un’unica frase. Una frase che le fece capire che ormai la sua bambina, tanto bambina non lo era più.
    «Fidatevi di me. Madre…».
    Ed Helen, si sarebbe fidata. Con le lacrime agli occhi, strinse a sé la sua Alice.
    La sua Alice, che presto, forse, non avrebbe mai più rivisto.
    La sua Alice, che presto avrebbe vissuto una nuova vita.
    La sua Alice, che aveva incontrato un uomo col quale condividere la sua vita.
    La sua Alice…
   Le due si staccarono dall’abbraccio, con ancora gli occhi rossi e gonfi, entrambe si sorrisero. Alice diede un’ultima occhiata all’orologio: “Ancora quindici minuti”. Guardò nuovamente sua madre, la quale capì al volo cosa la figlia avesse in mente e con un sorriso, annuì a quella proposta non detta a parole.

 

***

 

    James Harcourt, stava camminando pensieroso sul ponte della Wonder, aveva dato le ultime istruzioni agli uomini della ciurma prima di salpare per quel lungo viaggio e tutti loro stavano solo attendendo che il Capitano salisse a bordo, per poi poter così issare l’ancora e partire alla volta dell’America del Sud.
    Vide in lontananza Alice e sua madre correre a perdifiato lungo il molo.
    «Forza ciurma!» esclamò rivolgendosi agli uomini a bordo della Wonder «Stiamo per salpare! Iniziamo a tirare su l’ancora!».

 

***

 

    Il tempo stava per finire, se lo sentiva, ed Alice aveva paura di non fare in tempo a portare a termine l’ultimo compito, quello che riguardava il futuro della compagnia navale Kingsley & Kingsley.
    Helen, correva al fianco di sua figlia e, nonostante non fosse più così giovane, riusciva a tenere il passo, o meglio se lo imponeva, sapeva che quelli potevano essere gli ultimi minuti in sua compagnia, anche se poi non si capacitava del perché e del come potesse essere possibile che non l’avrebbe, con molta probabilità, rivista mai più, ma, anche se quella prospettiva non le piaceva, amava sua figlia e voleva per lei solo il meglio e il suo bene! Se lei era sicura di quello che stava facendo e che era quello che voleva veramente, allora lei l’avrebbe sempre appoggiata, non avrebbe più commesso gli errori del passato.
    Le due riuscirono a salire a bordo della Wonder e a fermare gli uomini intenti ad issare l’ancora. James, rimase per un secondo interdetto: «Capitano, che cosa succede?» nella sua voce c’era preoccupazione.
    «James» disse fermamente Alice, anche se con un po’ di fiatone a causa della corsa. «Vi devo assolutamente parlare. Per favore seguitemi nella cabina di comando» e così dicendo, con passo veloce, si avviò per prima verso il luogo indicato.
    «Certamente Capitano» ed anche James la seguì.
    Una volta fuori da occhi indiscreti, Alice iniziò a parlare dandogli del tu, avendo deciso che le formalità da quel momento in poi non avrebbero più fatto parte del suo modo di essere.
    «James, devo dirti una cosa molto importante e purtroppo non ho più tutto il tempo che credevo di avere e una mia conoscente ora mi direbbe con la sua voce stridula che lo sto ulteriormente sprecando in chiacchiere futili e che dovrei andare subito dritta al sodo». Alice si ritrovò a ridere alle sue parole, trascinando con sé anche il suo amico James, il quale trovava quelle parole un po’ buffe, pronunciate dal suo capitano. «Quello che voglio dirti, prima che il tempo scada, è che ti voglio bene! In questi anni sei sempre stato al mio fianco, ci siamo difesi a vicenda, durante gli attacchi dei pirati, durante le persecuzioni legali, infondate, da parte della famiglia Ascot. Insomma, sei il migliore amico che una persona possa mai desiderare e io non pensavo che in questa vita, in questo Mondo, ne avrei mai trovato uno. Ma per fortuna, qualcuno ti ha messo lungo il mio cammino.
   «Io so, quello che tu provi per me
» vide James arrossire ed abbassare lo sguardo «e ti chiedo scusa, ma proprio non posso provare per te gli stessi sentimenti che tu provi per me. Il vero motivo è che io ho trovato la persona a cui donare il mio cuore molto tempo fa, ma sono stata troppo stupida e troppo cieca da rendermene conto, perdendola per ben due volte; ma il destino» e James rialzò lo sguardo per poterla guardare negli occhi. «Mi è venuto in contro un’ultima volta, mi ha dato un’ultima possibilità di scelta. E io ho preso la scelta, questa volta, di seguirlo…
   «Sono sicura che presto incontrerai una fantastica ragazza che saprà apprezzarti per quello che sei e che ricambierà i tuoi sentimenti e in quel momento capirai che tutto quello che sta avvenendo adesso sarà stata la scelta più giusta per entrambi» Alice guardò James negli occhi ed infine aggiunse «Riesci a capirmi?».
    James le sorrise, le prese le mani nelle proprie ed infine le rispose: «Certo Alice, vi capisco, anzi, ti capisco, sono sicuro che se è il cuore a guidare le nostre azioni, prenderemo sempre la decisione giusta!».
    Alice lo abbracciò. Non era la prima volta che lo abbracciava, ma in quel momento capì che quella era bensì l’ultima volta che avrebbe sentito le sue braccia strette al suo corpo. Prima di sciogliere l’abbraccio gli chiese un ultimo favore, come suo Capitano.
    «James» sussurrò.
    «Ditemi Capitano».
    «Ho bisogno di chiederti un’ultima cosa, prima di lasciare l’incarico di Capitano della Wonder».
    «Qualunque cosa per te, Alice» le sorrise.
    «Ho bisogno che quando non ci sarò più, tu possa badare a mia madre, visto che non so quando potrò rincontrarla. So che c’è Margaret che si prenderà cura di lei, le ho scritto una lettera qualche giorno fa dove le ho spiegato tutto, ma visto che ha intenzione di continuare a dirigere la parte economica della Kingsley&Kingsley e che mia sorella non ama molto la zona portuale, so che rimarrà qua tutta sola e la cosa mi preoccupa molto…».
    Era ancora stretta nell’abbraccio di James e lo sentì prendere un enorme respiro. «Certamente Alice, non ti devi preoccupare» le accarezzò i capelli e poi si sciolse dall’abbraccio continuando a sorriderle, «Hai la mia parola».
    Alice capì che anche quell’ultima preoccupazione era finalmente risolta, poi però diede una fugace occhiata all’orologio: “Cinque minuti”.
    «Un’ultima cosa. Ma per dirtela, dobbiamo andare subito sul ponte!». Prese James per mano e correndo lo trascinò in mezzo agli altri uomini dell’equipaggio che stavano cercando di capire che cosa stava succedendo.
    Alice salì su una scatola di legno, contenente alcune spezie da vendere nel Nuovo Mondo, per ergersi sopra al suo equipaggio.  
   
«Signori!» esclamò «Un attimo di attenzione per favore. Oggi, come mio ultimo giorno da Capitano della Wonder…
» tra i presenti si sollevò un mormorio di sorpresa «voglio ringraziarvi personalmente per essere stati al mio fianco durante tutte le nostre avventure per mare! Siete stati un equipaggio, dei compagni e degli amici, veramente straordinari! Senza di voi la Wonder non avrebbe mai visto così tanti luoghi e il sogno di mio padre non si sarebbe mai realizzato! Grazie! Grazie di cuore veramente! Ma, come ogni grande sogno, presto le cose finiscono ed è arrivato il momento per me di appendere o meglio, passare il mio “cappello” da Capitano ad un uomo che io e, sono convinta che anche voi la pensiate come me, reputo il mio più degno successore, colui che vi guiderà in nuove avventure per mare, la cui prima, salperà a breve».
    Tutti guardarono Alice, sorpresi, nessuno tra di loro se lo aspettava, il loro Capitano li avrebbe lasciati, nessuno in quel momento osava aprire bocca, erano tutti concentrati sulla ragazza in attesa dell’annuncio del futuro Capitano e magari anche di qualche altra spiegazione.
    «Per questo, è con immenso onore e con immensa fiducia, che lascio il ruolo di Capitano dalla Wonder, a colui che da oggi avrebbe addirittura dovuto sostituire mia madre come secondo in comando… James Harcourt!» esclamò infine Alice.
    James rimase senza parole, mentre tra l’equipaggio si faceva eco un fragoroso applauso, misto a urla di felicitazioni, per il nuovo Capitano. Non riusciva a credere che quel giorno aveva scalato, non una, ma ben due posizioni, senza sapere della posizione di secondo al comando. Guardò il suo ex Capitano che si era unita all’applauso generale e nel mentre si stava avvicinando alla madre, anche lei intenta ad applaudire. Vide poi le due abbracciarsi, come sa da un momento all’altro Alice sarebbe potuta scomparire proprio sotto i loro nasi.
    E così fu.
    Alice si era unita all’applauso che si era levato per il suo annuncio. Stava sorridendo a James, quando sentì una forte fitta che si propagò per tutto il suo corpo.
    Il tempo ormai era scaduto, stava per lasciare il suo Mondo per iniziare una nuova vita. Si avvicinò alla madre. Sentiva che ormai le sue forze stavano venendo a meno, mancava poco, lo sapeva, pochi secondi… La abbracciò e prima di scomparire per sempre tra le sue braccia (e tra lo stupore generale), le disse un’ultima cosa. Un’ultima cosa che risultò più come un sospiro del vento.
    «Ti voglio bene, mamma…».
    Helen si ritrovò ad abbracciare l’aria e una lacrima le solcò il viso «Ti voglio bene anch’io, bambina mia…». Perché sì, alla fine Alice sarebbe stata per sempre la sua bambina…
    L’equipaggio nel mentre era rimasto sconvolto da quello che i loro occhi avevano appena visto. Il loro ex Capitano, la loro Alice, si era appena volatilizzata nel nulla…
    Per anni avrebbero raccontato quell’avvenimento sovrannaturale alle persone che incontravano durante i loro viaggi, e per anni nessuno credette a quella storia. Per chi non aveva assistito a quell’avvenimento, la ragione più plausibile era che si era trattata di un’allucinazione di massa dovuta allo shock e che la povera Alice era spirata tra le braccia della madre a seguito di una malattia che se la stava portando lentamente all’altro Mondo… 
   
James fu l’unica persona, a parte la Signora Kingsley, che quel giorno sorrise. È vero, non aveva ben capito che cosa fosse successo, ma sapeva in qualche modo che tutto era collegato con il breve colloquio avuto prima nella cabina del capitano e che in cuor suo la sua amica era andata in un posto migliore accanto al suo amato. 
   
Alla fine si ritrovò a pensare che non era riuscito a ringraziarla per quell’enorme regalo che le aveva appena fatto… Gli aveva appena ceduto il suo ruolo da Capitano e gli aveva regalato la sua amata Wonder… Ma, vedendola scomparire come un qualcosa di magico, iniziò a ringraziarla con il cuore perché, ci avrebbe scommesso il suo nuovo cappello da Capitano, che lei lo avrebbe sentito, ovunque si trovasse in quel momento… E sempre col cuore, le augurò tutta la felicità di questo e di tutti gli altri Mondi che potevano esistere. Perché sì, Alice, per il suo cuore così generoso, meritava solo il meglio…

   
 
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