Capitolo
11 – Verso una nuova avventura.
Si trovava lì, in quel giardino, tanto
familiare quanto estraneo e stava fissando la fontana dalla quale era
da poco
riemersa.
Presto
avrebbe dovuto spiegare alle guardie
di palazzo, che cosa ci faceva nel giardino della regina
d’Inghilterra in pieno
pomeriggio e perché era tutta bagnata dalla testa ai piedi;
ma non gli
importava, aveva una missione da portare a termine e sapeva che il
tempo, in
quell’occasione, non le sarebbe per niente stato amico.
Una
volta ridestata dai suoi pensieri,
decise di incamminarsi verso l’enorme reggia, nella speranza
che le sarebbe
venuta presto in mente una brillante idea per spiegare
l’accaduto e non finire
nuovamente in un manicomio.
Come
previsto, all’uscita dai giardini,
incontrò una delle guardie, la quale vedendola ridotta ad
uno straccio e
barcollante su propri passi, decise di dare l’allarme ed
aiutarla ad entrare.
«Santo
cielo madamigella, che cosa le è
successo!» le chiese la guardia, mentre l’aiutava
ad entrare nella veranda del
palazzo.
Era
strano che non le venisse chiesto, come
prima cosa, cosa accidenti ci facesse all’interno dei
giardini, ma vista la
situazione la ragazza preferì continuare nella sua abbozzata
commedia.
«Non
me lo ricordo. L’ultima cosa che
ricordo è di essere uscita durante la festa a prendere una
boccata d’aria e poi
il vuoto…» sì così poteva
andare, dopo tutto a guardare fuori dovevano essere circa
le tre del pomeriggio e lei era scomparsa solo la sera precedente,
dopotutto le
prime volte che era stata a Sottomondo a lei erano sembrati giorni, ma
nel suo
mondo erano passate solo poche ore, o almeno Alice sperò che
anche quella volta
fosse stato come le precedenti.
“Il
tempo scorre in modo imprevedibile a Sottomondo Alice. Le prime volte
ti è
sempre andata bene, ma questa volta potresti non essere altrettanto
fortunata
al tuo ritorno in superficie…” quella
voce non faceva altro che rimbombare
nella sua testa come un eco strozzato.
“Proprio
un bel paragone hai affibbiato alla voce della Regina Rossa”,
un piccolo e
sfuggevole sorriso le solcò le labbra a quel pensiero.
Nel
mentre, la guardia che l’aveva trovata
e che l’aveva aiutata a sedersi su un piccolo divano da
giardino, era corsa
subito a chiamare i soccorsi. Alice sentiva che stava perdendo troppo
tempo, ma
non poteva muoversi e rovinare così i suoi piani come se
niente fosse, quindi
decise che era meglio attendere e continuare a fingere.
Presto
una voce familiare giunse alle sue
orecchie. Era molto spaventata, ma Alice poteva scorgere nella sua voce
anche
una nota di sollievo. Non appena la donna la raggiunse, si
buttò in ginocchio
davanti alla ragazza per essere alla sua stessa altezza e per poterla
abbracciare e per constatare che fosse ancora tutta intera, nonostante
i
vestiti completamente fradici.
«Madre…»
sussurrò la fanciulla contro al
petto di Lady Kingsley.
«Grazie
al cielo sei viva, bimba mia…»
calde lacrime le solcarono il viso ormai segnato dagli anni.
Alice,
sentendo le lacrime della madre,
ebbe un brutto presentimento e l’unico modo per scoprire se
quel pensiero era
la realtà, era porgere alla madre un’unica
fatidica affermazione.
«Madre» si districò
dall’abbraccio giusto per poterla
guardare in viso. «Sono
solo passate poche ore».
Il
viso di Helen Kingsley si rabbuiò per un
istante, prima di proclamare la risposta che la ragazza tanto attendeva.
«Alice,
ma cosa dici?! Non sono passate
poche ore dalla tua scomparsa! Oh Santo Cielo bambina mia…
Sono settimana che
nessuno ha più notizie di te!» le disse
prendendole il viso pallido tra le mani.
Alice
impallidì. “Settimane?!”.
Sua
madre riprese a parlarle, mentre con
una mano le accarezzava il viso e i capelli, come a tranquillizzare un
cucciolo
ferito ed indifeso, anche se Alice era solo rimasta spiazzata da quella
rivelazione. «Ti abbiamo cercato ovunque Alice. Perfino la
stessa Regina in
persona ha fatto ricorso ai suoi uomini più fidati per
cercarti, visto che eri
sparita durante la una Sua festa. In un primo momento ho pensato anche
che tu e
signor Harcourt, visto che nemmeno lui era più alla festa,
foste scappati
chissà dove. Conoscendoti, poteva essere da te, prendere e
sparire per
settimane. Ma Harcourt era semplicemente tornato a casa e quando ha
saputo
della tua scomparsa non si è dato pace. Così come
tua sorella. Io sono rimasta
qua, nella speranza di ricevere notizie il prima possibile
e… Oh, tesoro mio…»
strinse
nuovamente la figlia in un
abbraccio «Ho
temuto di non rivederti mai più e che qualcuno ti avesse
fatto del male… Grazie
al Cielo, c’è qualcuno lassù che ha
ascoltato le mie preghiere».
Tra
i pensieri di Alice, che per un momento
aveva dimenticato il suo principale scopo, sorse una domanda:
perché sua madre
pensava che lei e James Harcourt, potessero essere scappati insieme?
Ma, quel
pensiero fugace lasciò presto la sua mente, per poter dar
ascolto all’ultima
domanda della madre, quella che la guardia che l’aveva
“salvata”, non le aveva
posto.
«Ma
dove sei stata per tutto questo
tempo?!» chiese infine Lady Kingsley.
«Non
lo so madre. È tutto molto confuso…»
fu l’unica frase che Alice riuscì a dire a sua
madre, prima che nella veranda
entrarono la Regina e un medico, pronto ad accertarsi delle reali
condizioni
della ragazza. E dopo tutto non poteva certo dire alla madre dove era
stata
realmente in quelle settimane, anche se per lei erano passati solo
pochi
giorni.
***
Dal giorno del suo ritorno a Londra erano
già passati nove giorni ed Alice non era ancora riuscita a
parlare con sua
madre, la quale, dopo aver appreso dal medico di corte che molto
probabilmente la
ragazza aveva perso la memoria di quelle ultime settimane a causa del
profondo
shock subito a seguito di un suo presunto rapimento, si era buttata a
capofitto
nel lavoro dell’attività della Compagnia navale.
Alice
si chiedeva ancora da dove il medico
potesse aver tirato fuori l’idea del rapimento, proprio nella
reggia della
Regina d’Inghilterra, che era risaputo essere uno dei posti
più sorvegliati dai
soldati e dalle guardie di tutta l’Inghilterra, e come i suoi
presunti rapitori
fossero poi riusciti, senza farsi vedere, a riportarla nel luogo del
rapimento
senza chiedere nemmeno un riscatto. Non se lo sapeva proprio spiegare.
Durante
quegli interminabili giorni, in cui
il tempo sembrava riderle in faccia, oltre alla sorella, molti uomini
del suo
equipaggio erano venuti a trovarla a casa e, tra questi, anche il suo
più caro
amico James, il quale si fermava sempre fino a tardi e si premurava di
preparare
qualcosa di caldo al suo Capitano, visto l’assenza dalla
madre che era
impegnata a gestire la Compagnia al posto della figlia in attesa che
quest’ultima si rimettesse in forma.
Era
la sera del nono giorno quando Lady
Kingsley, entrò in casa e vide i due giovani chiacchierare e
sorridere sereni,
come se quello che era avvenuto nelle ultime settimane non fosse mai
successo. Era
bello per Helen vedere di nuovo sua figlia sorridere e per ogni secondo
che
passava, ferma sull’uscio della porta ad osservarli, si
convinceva sempre di
più che James sarebbe stato un amante e un marito perfetto
per la sua bambina
più piccola. L’uomo che, con molta
probabilità, sarebbe riuscito a colmare quel
vuoto che la perdita di suo marito, nonché padre delle sue
adorate figlie, aveva
provocato in Alice.
La
donna, prima di entrare in cucina, si
schiarì la voce, per palesare la sua presenza
all’interno della stanza e i due
giovani tornarono quieti, come due bambini che erano stati beccati a
chiacchierare durante una lezione di storia.
James
Harcourt, che liberò il suo posto al
tavolo per offrirlo alla padrona di casa, a cui servì subito
la cena a base di un
bel brodo caldo; proprio quello che le ci voleva per sciogliere la
tensione
accumulata in quei giorni e che sapeva che presto avrebbe riaccumulato
quando
avrebbe parlato di “affari” e del futuro con la
figlia, che in quel momento le
sedeva di fronte.
Era
ormai tardi quando James se ne andò da
casa Kingsley e Helen non aveva potuto non notare che i due si erano
scambiati
un caloroso abbraccio sull’uscio della porta. Sapeva che era
arrivata l’ora di
parlare con Alice, solo che non sapeva che anche sua figlia era
intenzionata a
farlo.
Helen
si spostò in salotto, facendo segno
alla ragazza di seguirla e di sedersi accanto a lei sul vecchio divano.
«Alice,
ti devo parlare» iniziò solenne la
madre.
«Anche
io madre vi devo parlare di una cosa
importante» le rispose la figlia.
La
signora Kingsley rimase molto sorpresa
della cosa, ma continuò comunque come se non ne fosse
sorpresa.
«Alice,
come ben sai, ormai sto diventando
vecchia e seguire le spedizioni della Wonder, per me sta diventando
molto
faticoso. Ciononostante non abbandonerò subito la Compagnia Kingsley & Kingsley, credo per il
momento di riuscire a seguire ancora la parte finanziaria ed
economica» disse
sorridendo alla figlia, per poi riprendere il filo.
«Perciò, come tuo secondo,
è anche compito mio trovare un qualcuno che possa
sostituirmi durante le
prossime e future spedizioni e che sono sicura ti seguirà
anche in capo al
mondo e del quale io possa fidarmi ciecamente. Proprio per questo
voglio
nominare come mio successore il Signor Harcourt. Sono convinta che lui
sarà per
te un perfetto braccio destro!» disse infine. “E forse anche qualcosa di più in futuro”,
queste parole però non le
disse ad alta voce, ma le pensò intensamente, come se
più le pensasse, più quel
suo pensiero e desiderio sarebbe diventato realtà.
Alice
dal canto suo era rimasta un attimo
scioccata. Sua madre voleva lasciare il ruolo di secondo al comando, ma
un
altro pensiero arrivò prepotente nella sua mente, non solo
presto avrebbe
lasciato la sua famiglia e la sua vita nel Sopramondo, ma avrebbe
dovuto
lasciare per sempre anche la sua adorata Wonder, l’ultimo
dono di suo padre,
senza poter salpare in un’ultima avventura.
Helen
vedendo il volto perso della figlia
pensò che stesse semplicemente digerendo la notizia appena
datale, perciò si
alzò dal divano, scordandosi che la ragazza aveva accennato
a qualcosa di
importante da dirle e se ne andò augurandole la buona notte
e avvisandola che
l’indomani pomeriggio ci sarebbe stata una nuova spedizione
verso l’America del
Sud, spedizione che avrebbe visto l’annuncio del nuovo
secondo in comando.
Alice
si riprese dalla trance, ma non fece
in tempo a dire niente a sua madre che si era già chiusa la
porta della sua
camera alle spalle. Prima di andare anche lei a letto,
guardò l’orologio,
segnava la mezzanotte e ventitré minuti e sembrava non
volersi fermare, il suo
tempo stava per scadere, aveva poco più di undici ore, prima
che tutto questo
scomparisse dalla sua vita per sempre.
***
Il giorno seguente, Alice e sua madre si
erano alzate di buona ora ed erano già scese al porto, alla Kingsley & Kingsley, per
preparare
il primo viaggio della Wonder dopo settimane. Tutto
l’equipaggio era impegnato
a procurare le provviste per il lungo viaggio in mare alla volta del
Nuovo Mondo.
Ognuno correva avanti e indietro per il molo, su e giù dalla
nave; ad Alice
quel continuo avanti e dietro, in maniera concitata e frenetica, faceva
venire
alla mente i suoi amici di Sottomondo alle prese con i preparativi del
matrimonio e della parata. Solo lei, sua madre e James, si trovavano
all’interno dell’edificio che ospitava
l’ufficio della Compagnia navale,
intenti a studiare le carte nautiche e il miglior percorso da svolgere,
per
evitare di rimanere senza viveri, visto il lungo viaggio.
Alice
era molto distratta e tutti,
all’interno di quella stanza se ne accorsero.
«Capitano,
va tutto bene? Se non se la
sente ancora a salpare, magari potremmo aspettare ancora qualche
giorno»
propose James.
Sempre
così preoccupato per lei, si ritrovò
a pensare Alice. Quanto avrebbe voluto dargli quello che tanto voleva,
quanto
avrebbe voluto provare per lui quello che lui provava per lei da anni,
ma al
cuore non si comanda e Alice provava per il suo nuovo secondo in
comando solo
una profonda ammirazione ed amicizia. Cosa che a James sembrava andare
più che
bene.
«Sì
James, va tutto bene» mentì. Sperava di aver
mascherato bene le sue emozioni,
ma sua madre se ne accorse immediatamente.
«Signor
Harcourt» proferì la donna.
«Sì,
signora Kingsley» e si rivolse
gentilmente James.
«Potrebbe
cortesemente lasciarci da sole
per qualche minuto? Potrebbe andare intanto a dare una mano al resto
della
ciurma per gli ultimi preparativi» affermò infine.
«Certamente!
Signora Kingsley. Capitano,
con permesso.» fece un veloce inchino per poi uscire dalla
stanza.
Helen
guardò la figlia con aria turbata,
come se sapesse che presto sarebbe scoppiata una tempesta, proprio
dentro all’ufficio.
«Che
cosa succede Alice? Ti ho vista molto
distratta negli ultimi giorni. E mi sembra che tale distrazione e
ansia, se mi
concedi, aumentino ogni secondo che passa, o mi sbaglio?» le
domandò la madre.
Alice
sapeva che non poteva più aspettare,
era arrivato il momento della verità e sapeva quanto questa
potesse fare male,
sia a lei, che a sua madre. «Non vi sbagliate
Madre».
«Coraggio
Alice, parla. Lo sai che non
abbiamo tutto il giorno. Se è una cosa importante, di vitale
importanza, è
meglio scrollarsela di dosso subito, prima di salpare!» la
incoraggiò la donna.
Alice,
in un primo momento non riuscì a
trovare le parole. Come poteva dirle che se ne sarebbe andata per
sempre e che,
con molta probabilità, non l’avrebbe mai
più rivista. Poi, un’illuminazione,
poteva iniziare col perché, con il motivo per il quale stava
facendo tutto
quello. «Madre, mi sono innamorata…».
Alice
guardò Helen negli occhi e quello che
vi scorse fu, in un primo momento stupore, quasi, avrebbe osato dire,
incredulità. Poi però i suoi occhi si riempirono
di lacrime, come se non osasse
più sperare che sua figlia si potesse innamorare e lei
sapeva perfettamente a
chi la sua bambina si stava riferendo e a chi fosse il fortunato. E
forse era
per quello che era nervosa quando le aveva detto che avrebbe lasciato
l’incarico a James.
«Oh,
bambina mia… è...» non riusciva a
trovare
le parole «È meraviglioso!
Sono sicura
che tu e il Signor Harcourt, voglio dire James, formerete una coppia
straordinaria e in un futuro non molto lontano, avrete una splendida
famiglia!
Non sai quanto sono contenta per te, figlia mia. So che è
brutto da dire,
soprattutto se detto da una madre alla propria figlia, ma non ci
speravo più
che tu trovassi l’amore! Ora invece mi sento come
sollevata…».
Alice
odiava l’idea di doverle tarpare le
ali, ma non poteva far andare avanti quel monologo, mancava poco
più di un’ora
alla sua partenza.
«No,
madre». Helen si bloccò all’istante e
fissò la figlia. «Non mi sono innamorata di James
Harcourt» Alice le sorrise.
«James, è un uomo fantastico e sono sicura che
presto troverà una donna che lo
sappia amare come solo lui può meritare, ma io mi sono
innamorata di un
Cappellaio…».
La
signora Kingsley rimase per qualche
istante con la bocca spalancata a mezz’aria. Incredula a
quello che le sue
orecchie avevano appena udito uscire dalle labbra della figlia.
“Un cappellaio”,
continuava a ripetersi
nella testa come un mantra. Aveva sentito che al cuore non si
comandava, che
quando l’amore bussava alla porta del cuore era difficile non
aprirgli. Ma un cappellaio…
In cuor suo Helen non
riusciva ad accettarlo, ma cercò di non darlo a vedere alla
figlia. Al
contrario di quest’ultima, lei era molto brava a nascondere
le proprie emozioni
e i propri timori.
«E
io lo conosco Alice?» chiese, cercando
di rimanere calma ed impassibile.
«No,
madre. Non lo conoscete» le rispose
Alice ormai più rilassata.
Helen
da quella risposta riuscì ad intuire che
nessuno, nemmeno Margaret, conosceva quell’uomo. E per un
istante, un singolo
istante, un pensiero balenò nella sua mente: “E se tutta questa storia centrasse con il periodo
coincidente alla sua
scomparsa?”. Poi però guardò
bene sua figlia e capì infine che il pensiero
precedente non era propriamente corretto. “No,
è qualcosa che va avanti da molto tempo, un qualcosa
però che è venuto a galla
in questo ultimo periodo”.
La
donna si riscoprì essere spaventata,
aveva notato che Alice non aveva ancora finito il suo discorso e che
stava solo
aspettando che la madre le dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, prima di
poter
continuare.
«Immagino
che nessuno lo conosca, vero?» vide la figlia annuirle con la
testa. «Qualcosa
mi dice che quello che stai per dirmi sarà più
doloroso di uno schiaffo»
concluse.
«Madre,
lui non è di qui» le rispose con
calma Alice.
«Che
cosa vorresti dire?».
«Voglio
dire che non è di Londra, non è
dell’Inghilterra, non è…» non
poteva dirglielo, non le avrebbe mai creduto. «Io
voglio vivere con lui, ma questo implica che io, voi e Margaret, non ci
rivedremo per un po’ di tempo… forse, non ci
rivedremo mai più» disse infine.
L’ultima
frase l’aveva sussurrata appena e
piccole lacrime premevano agli angoli degli occhi di Alice, pronte per
uscire,
ma la ragazza non voleva ancora lasciarsi andare al pianto, doveva
resistere,
doveva farsi forza e doveva far capire a sua madre che era la cosa
migliore per
lei, che era la sua vita e che finalmente aveva trovato con chi
condividerla (sperando
che lui la volesse ancora al suo ritorno), anche se questa scelta la
costringeva a prendere una dolorosa decisione.
“Il
Destino” si ritrovò a pensare.
Helen
si trovava ad essere senza parole, ma
ben presto si riscosse. «Che significa che “forse
non ci rivedremo mai più”
Alice?» sua madre sembrava furiosa. «Alice, devi
spiegarmi che cosa vuoi dire, perché io non ti riesco
proprio a capire! Voglio
conoscere quest’uomo! Mi chiedo che razza di uomo sia, un
uomo che non permette
alla propria compagna, di vedere la
sua famiglia! E mi chiedo come tu ti sia potuta innamorare di lui e a
permettergli una cosa simile!» era ormai furibonda.
«Lui
non c’entra niente madre. Non è colpa
sua. È una cosa che non dipende né da me
né da lui e nemmeno da voi; sono le
circostanze che ce lo impongono…» le disse la
figlia.
Alice
si avvicinò alla madre, diede una
veloce occhiata all’orologio appeso alla parete, la nave
sarebbe dovuta salpare
tra meno di venti minuti e anche lei, come la “sua”
Wonder, sarebbe “salpata” verso una nuova
avventura; prese tra
le sue mani le mani della madre e le strinse forte, come ad infonderle
ed infondersi,
coraggio.
Helen
strinse a sua volta le mani della
figlia, il suo istinto materno le diceva che presto, molto presto,
troppo
presto, le avrebbe detto addio. Lei non poteva permetterglielo. Ma poi
Alice le
disse un’unica frase. Una frase che le fece capire che ormai
la sua bambina,
tanto bambina non lo era più.
«Fidatevi
di me. Madre…».
Ed
Helen, si sarebbe fidata. Con le lacrime
agli occhi, strinse a sé la sua Alice.
La
sua Alice, che presto, forse, non
avrebbe mai più rivisto.
La
sua Alice, che presto avrebbe vissuto
una nuova vita.
La
sua Alice, che aveva incontrato un uomo col
quale condividere la sua vita.
La
sua Alice…
Le
due si staccarono dall’abbraccio, con
ancora gli occhi rossi e gonfi, entrambe si sorrisero. Alice diede
un’ultima
occhiata all’orologio: “Ancora
quindici
minuti”. Guardò nuovamente sua madre, la
quale capì al volo cosa la figlia
avesse in mente e con un sorriso, annuì a quella proposta
non detta a parole.
***
James Harcourt, stava camminando pensieroso
sul ponte della Wonder, aveva dato le ultime istruzioni agli uomini
della
ciurma prima di salpare per quel lungo viaggio e tutti loro stavano
solo
attendendo che il Capitano salisse a bordo, per poi poter
così issare l’ancora
e partire alla volta dell’America del Sud.
Vide
in lontananza Alice e sua madre correre
a perdifiato lungo il molo.
«Forza
ciurma!» esclamò rivolgendosi agli
uomini a bordo della Wonder «Stiamo per salpare! Iniziamo a
tirare su
l’ancora!».
***
Il tempo stava per finire, se lo sentiva, ed
Alice aveva paura di non fare in tempo a portare a termine
l’ultimo compito,
quello che riguardava il futuro della compagnia navale Kingsley
& Kingsley.
Helen,
correva al fianco di sua figlia e, nonostante
non fosse più così giovane, riusciva a tenere il
passo, o meglio se lo
imponeva, sapeva che quelli potevano essere gli ultimi minuti in sua
compagnia,
anche se poi non si capacitava del perché e del come potesse
essere possibile
che non l’avrebbe, con molta probabilità, rivista
mai più, ma, anche se quella
prospettiva non le piaceva, amava sua figlia e voleva per lei solo il
meglio e
il suo bene! Se lei era sicura di quello che stava facendo e che era
quello che
voleva veramente, allora lei l’avrebbe sempre appoggiata, non
avrebbe più
commesso gli errori del passato.
Le
due riuscirono a salire a bordo della
Wonder e a fermare gli uomini intenti ad issare l’ancora.
James, rimase per un
secondo interdetto: «Capitano, che cosa succede?»
nella sua voce c’era
preoccupazione.
«James»
disse fermamente Alice, anche se
con un po’ di fiatone a causa della corsa. «Vi devo
assolutamente parlare. Per
favore seguitemi nella cabina di comando» e così
dicendo, con passo veloce, si
avviò per prima verso il luogo indicato.
«Certamente
Capitano» ed anche James la
seguì.
Una
volta fuori da occhi indiscreti, Alice
iniziò a parlare dandogli del tu, avendo deciso che le
formalità da quel
momento in poi non avrebbero più fatto parte del suo modo di
essere.
«James,
devo dirti una cosa molto
importante e purtroppo non ho più tutto il tempo che credevo
di avere e una mia
conoscente ora mi direbbe con la sua
voce stridula che lo sto ulteriormente sprecando in chiacchiere futili
e che
dovrei andare subito dritta al sodo». Alice si
ritrovò a ridere alle sue
parole, trascinando con sé anche il suo amico James, il
quale trovava quelle
parole un po’ buffe, pronunciate dal suo capitano.
«Quello che voglio dirti,
prima che il tempo scada, è che ti voglio bene! In questi
anni sei sempre stato
al mio fianco, ci siamo difesi a vicenda, durante gli attacchi dei
pirati,
durante le persecuzioni legali, infondate, da parte della famiglia
Ascot.
Insomma, sei il migliore amico che una persona possa mai desiderare e
io non
pensavo che in questa vita, in questo Mondo, ne avrei mai trovato uno.
Ma per
fortuna, qualcuno ti ha messo lungo il mio cammino.
«Io
so, quello che tu provi per me»
vide James arrossire ed abbassare lo sguardo «e ti chiedo scusa, ma proprio non
posso provare per te
gli stessi sentimenti che tu provi per me. Il vero motivo è
che io ho trovato
la persona a cui donare il mio cuore molto tempo fa, ma sono stata
troppo
stupida e troppo cieca da rendermene conto, perdendola per ben due
volte; ma il
destino» e James rialzò lo
sguardo per poterla guardare negli
occhi. «Mi è
venuto in contro un’ultima volta, mi ha dato
un’ultima possibilità di scelta. E
io ho preso la scelta, questa volta, di seguirlo…
«Sono
sicura che presto incontrerai una fantastica ragazza che
saprà apprezzarti per
quello che sei e che ricambierà i tuoi sentimenti e in quel
momento capirai che
tutto quello che sta avvenendo adesso sarà stata la scelta
più giusta per
entrambi» Alice guardò James negli occhi ed infine
aggiunse «Riesci a capirmi?».
James
le sorrise, le prese le mani nelle
proprie ed infine le rispose: «Certo Alice, vi capisco, anzi,
ti capisco, sono sicuro che se
è il
cuore a guidare le nostre azioni, prenderemo sempre la decisione
giusta!».
Alice
lo abbracciò. Non era la prima volta
che lo abbracciava, ma in quel momento capì che quella era
bensì l’ultima volta
che avrebbe sentito le sue braccia strette al suo corpo. Prima di
sciogliere
l’abbraccio gli chiese un ultimo favore, come suo Capitano.
«James»
sussurrò.
«Ditemi
Capitano».
«Ho
bisogno di chiederti un’ultima cosa, prima
di lasciare l’incarico di Capitano della Wonder».
«Qualunque
cosa per te, Alice» le sorrise.
«Ho
bisogno che quando non ci sarò più, tu
possa badare a mia madre, visto che non so quando potrò
rincontrarla. So che
c’è Margaret che si prenderà cura di
lei, le ho scritto una lettera qualche
giorno fa dove le ho spiegato tutto, ma visto che ha intenzione di
continuare a
dirigere la parte economica della Kingsley&Kingsley e che mia
sorella non
ama molto la zona portuale, so che rimarrà qua tutta sola e
la cosa mi
preoccupa molto…».
Era
ancora stretta nell’abbraccio di James
e lo sentì prendere un enorme respiro. «Certamente
Alice, non ti devi
preoccupare» le accarezzò i capelli e poi si
sciolse dall’abbraccio continuando
a sorriderle, «Hai la mia parola».
Alice
capì che anche quell’ultima preoccupazione
era finalmente risolta, poi però diede una fugace occhiata
all’orologio: “Cinque
minuti”.
«Un’ultima
cosa. Ma per dirtela, dobbiamo
andare subito sul ponte!». Prese James per mano e correndo lo
trascinò in mezzo
agli altri uomini dell’equipaggio che stavano cercando di
capire che cosa stava
succedendo.
Alice
salì su una scatola di legno, contenente
alcune spezie da vendere nel Nuovo Mondo, per ergersi sopra al suo
equipaggio.
«Signori!»
esclamò «Un attimo di attenzione
per favore. Oggi, come mio ultimo giorno da Capitano della
Wonder…»
tra i presenti
si sollevò un mormorio di
sorpresa «voglio ringraziarvi personalmente
per essere stati al
mio fianco durante tutte le nostre avventure per mare! Siete stati un
equipaggio, dei compagni e degli amici, veramente straordinari! Senza
di voi la
Wonder non avrebbe mai visto così tanti luoghi e il sogno di
mio padre non si
sarebbe mai realizzato! Grazie! Grazie di cuore veramente! Ma, come
ogni grande
sogno, presto le cose finiscono ed è arrivato il momento per
me di appendere o
meglio, passare il mio “cappello” da Capitano ad un
uomo che io e, sono
convinta che anche voi la pensiate come me, reputo il mio
più degno successore,
colui che vi guiderà in nuove avventure per mare, la cui
prima, salperà a
breve».
Tutti
guardarono Alice, sorpresi, nessuno
tra di loro se lo aspettava, il loro Capitano li avrebbe lasciati,
nessuno in
quel momento osava aprire bocca, erano tutti concentrati sulla ragazza
in
attesa dell’annuncio del futuro Capitano e magari anche di
qualche altra
spiegazione.
«Per
questo, è con immenso onore e con
immensa fiducia, che lascio il ruolo di Capitano dalla Wonder, a colui
che da
oggi avrebbe addirittura dovuto sostituire mia madre come secondo in
comando…
James Harcourt!» esclamò infine Alice.
James
rimase senza parole, mentre tra
l’equipaggio si faceva eco un fragoroso applauso, misto a
urla di
felicitazioni, per il nuovo Capitano. Non riusciva a credere che quel
giorno
aveva scalato, non una, ma ben due posizioni, senza sapere della
posizione di
secondo al comando. Guardò il suo ex Capitano che si era
unita all’applauso
generale e nel mentre si stava avvicinando alla madre, anche lei
intenta ad
applaudire. Vide poi le due abbracciarsi, come sa da un momento
all’altro Alice
sarebbe potuta scomparire proprio sotto i loro nasi.
E
così fu.
Alice
si era unita all’applauso che si era
levato per il suo annuncio. Stava sorridendo a James, quando
sentì una forte
fitta che si propagò per tutto il suo corpo.
Il
tempo ormai era scaduto, stava per
lasciare il suo Mondo per iniziare una nuova vita. Si
avvicinò alla madre. Sentiva
che ormai le sue forze stavano venendo a meno, mancava poco, lo sapeva,
pochi
secondi… La abbracciò e prima di scomparire per
sempre tra le sue braccia (e
tra lo stupore generale), le disse un’ultima cosa.
Un’ultima cosa che risultò
più come un sospiro del vento.
«Ti
voglio bene, mamma…».
Helen
si ritrovò ad abbracciare l’aria e
una lacrima le solcò il viso «Ti voglio bene
anch’io, bambina mia…».
Perché sì,
alla fine Alice sarebbe stata per sempre la sua bambina…
L’equipaggio
nel mentre era rimasto
sconvolto da quello che i loro occhi avevano appena visto. Il loro ex
Capitano,
la loro Alice, si era appena volatilizzata nel nulla…
Per
anni avrebbero raccontato
quell’avvenimento sovrannaturale alle persone che
incontravano durante i loro
viaggi, e per anni nessuno credette a quella storia. Per chi non aveva
assistito a quell’avvenimento, la ragione più
plausibile era che si era
trattata di un’allucinazione di massa dovuta allo shock e che
la povera Alice
era spirata tra le braccia della madre a seguito di una malattia che se
la
stava portando lentamente all’altro Mondo…
James fu l’unica
persona, a parte la
Signora Kingsley, che quel giorno sorrise. È vero, non aveva
ben capito che
cosa fosse successo, ma sapeva in qualche modo che tutto era collegato
con il
breve colloquio avuto prima nella cabina del capitano e che in cuor suo
la sua
amica era andata in un posto migliore accanto al suo amato.
Alla fine si
ritrovò a pensare che non era
riuscito a ringraziarla per quell’enorme regalo che le aveva
appena fatto… Gli
aveva appena ceduto il suo ruolo da Capitano e gli aveva regalato la
sua amata
Wonder… Ma, vedendola scomparire come un qualcosa di magico,
iniziò a
ringraziarla con il cuore perché, ci avrebbe scommesso il
suo nuovo cappello da
Capitano, che lei lo avrebbe sentito, ovunque si trovasse in quel
momento… E
sempre col cuore, le augurò tutta la felicità di
questo e di tutti gli altri
Mondi che potevano esistere. Perché sì, Alice,
per il suo cuore così generoso,
meritava solo il meglio…