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Autore: eliseCS    12/09/2016    1 recensioni
Per "festeggiare" il fatto di aver finito gli esami ho deciso (invece di cominciare a concentrarmi sulla tesi) di cominciare a pubblicare questa ff che ho per le mani da un po' di tempo.
Dopo quella sui fondatori e quella su Draco e Astoria la new generation non poteva certo mancare, quindi eccola qui.
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Una ragazza comincerà a scoprire le sue potenzialità in modo alquanto singolare.
Ricordi torneranno pian piano a galla.
Una profezia (forse, l'autrice è ancora un po' indecisa al riguardo)
E ovviamente non si può chiedere ai Potter di restare fuori dai guai, no?
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[...] Non sapeva che invece quello era stato solo l’inizio, come non sapeva che quella crisi era in qualche modo collegata a quello che uno strano bambino dai capelli scuri e spettinati le aveva detto diversi anni prima dietro la siepe di un parco giochi.
Per Elise quello strano incontro era ormai diventato un vecchio ricordo sbiadito e senza importanza, nulla più di un insolito e confuso sogno.
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Un piccolo assaggio dal prologo
Buona lettura
E.
(Pubblicata anche su Wattpad)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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26 – Miracolo
 
 
 
Era un pomeriggio come un altro a casa Potter o almeno, questo era quello che stava pensando James, seduto in cucina a fare merenda in compagnia di suo padre che stranamente non era in ufficio, prima che qualcosa iniziasse a fare un insopportabile rumore.
 
Il sopracitato genitore, preso anche lui inizialmente alla sprovvista, ebbe il suo bel da fare per recuperare dalle sue tasche un oggettino grande più o meno quanto una noce che di punto in bianco sembrava aver preso vita propria illuminandosi di rosso ed emettendo fastidiosi suoni ad intermittenza.
Il signor Potter si ritrovò quindi ad aggrottare le sopracciglia mentre passava la bacchetta sopra la piccola sfera per silenziarla per poi scusarsi con il figlio dicendo che avrebbero finito il discorso un’altra volta e lasciare la stanza a passo svelto.
 
Non aveva neanche finito la sua fetta di torta che ormai giaceva abbandonata nel piatto rimasto sulla tavola.
 
“È successo qualcosa al lavoro?” domandò James al padre quando lo rivide passare in corridoio.
Per qualche ragione alla risposta negativa che gli venne data il suo pensiero andò subito ad Elise: se non era per il lavoro doveva per forza essere qualcosa che centrava con lei, no?
 
Non poteva immaginare quanto ci avesse visto giusto.
 
Ma d’altronde non poteva aspettarsi nemmeno di veder ricomparire il padre un’oretta e mezza più tardi con la suddetta ragazza tra le braccia.
Ragazza che per poco non riconosceva.
 
 
Non appena il signor Potter posò Elise sul letto in camera di Lily (lei era ancora a Hogwarts e non sarebbe tornata prima della fine della scuola, non le sarebbe servito) James potè finalmente osservarla meglio.
Non voleva neanche pensare a come aveva fatto a ridursi in quello stato.
 
 
Il viso era contratto in una smorfia di sofferenza e pallido, se non si contava il taglio che le attraversava la fronte colorandogli la guancia di rosso là dove il sangue era colato.
La maglietta era praticamente inesistente in corrispondenza della sua spalla sinistra e tinta di rosso per buona parte di quello che rimaneva.
 
Sperava vivamente che quella ferita fosse meno grave di quello che sembrava anche se il fatto che continuasse a sanguinare non era esattamente di buon auspicio.
 
Il dorso e le nocche delle mani erano percorsi da numerosi tagli –era una scheggia di vetro quella?- come se avesse ripetutamente preso a pugni qualcosa e i pantaloni strappati in corrispondenza delle ginocchia rivelavano che anche lì la pelle sottostante era abrasa.
Persino gli avambracci erano graffiati in più punti e quello che restava della maglia sembrava essere in parte bruciacchiato come se diverse maledizioni l’avessero presa di striscio.
 
In due anni di tirocinio al San Mungo non si ricordava di aver ancora mai visto nessuno conciato a quel modo.
 
 
“Chiama il Medimago Robbins” gli ordinò suo padre di punto in bianco facendolo trasalire.
Aveva finito di sistemare al meglio la ragazza sul letto e aveva cominciato a cercare di guarire le ferite più superficiali.
James fece per ribattere dicendo che poteva pensare lui alle ferite, ma una severa occhiata da parte di Harry gli fece capire che decisamente non era il caso di mettersi a discutere.
“Perché non la portiamo direttamente al San Mungo?” domandò a bruciapelo prima di smaterializzarsi.
“Fai venire qui il Medimago Robbins, James. Ora” fu la risposta, e lui non chiese altro.
 
 
 
I dieci minuti che impiegò per trovare il Medimago erano stati decisamente troppi per i suoi gusti, e da parte sua nemmeno il mago sembrava troppo contento di essere stato interrotto durante la sua spiegazione a quelli che avevano tutta l’aria di essere specializzandi.
 
“Potter, direi che non è il momento” lo rimproverò l’uomo dopo l’ennesimo tentativo di James di attirare l’attenzione.
“Ma mio padre…” provò a spiegare il ragazzo venendo subito interrotto.
Decise quindi di arrivare subito al punto.
“Si tratta di Elise” disse infatti, e ala nome della ragazza il Medimago interruppe di nuovo il discorso che aveva ripreso nel frattempo.
“Mio padre vuole che venga subito…”
“Cos’è successo stavolta? Perché non l’avete portata direttamente qui?”
“Potrà domandarglielo di persona”
Il tempo di congedare gli specializzandi e i due erano di ritorno a casa Potter.
 
 
 
Il fatto che persino Robbins era rimasto alquanto sconcertato dalle condizioni di Elise non era esattamente rassicurante, ma James accettò di buon grado di aiutare il Medimago a curare le ferite alla sua portata mentre il signor Potter andava a chiamare il Primo Ministro: doveva assolutamente metterlo al corrente di quello che era successo.
 
I due non incontrarono particolari problemi, almeno finchè non fu il momento di occuparsi della spalla.
Tralasciando il fatto che James si ritrovò nonostante tutto ad arrossire nel vedere la ragazza senza maglietta, fu ben presto chiaro che quella ferita non era come le altre che bene o male erano riusciti a trattare.
Era esattamente la stessa che James prima e il signor Potter poi avevano avuto il piacere di provare.
 
Peccato che l’unica in grado di curare quel genere di ferite fosse attualmente distesa davanti a loro sul letto priva di coscienza.
 
James sentì l’aria mancare nei polmoni nel momento in cui realizzò che non avrebbero potuto fare niente per salvarla.
 
 
 
***
 
 
 
Elise stava volando.
No, volare non era l’espressione più corretta, stava più… galleggiando.
Ecco, sì, stava galleggiando in mezzo al nulla senza riuscire a distinguere niente intorno a sé a causa della luce bianca e accecante che pervadeva ogni angolo di qualunque fosse il posto in cui si trovava.
 
Ma di certo quello di non riuscire a vedere era l’ultimo dei suoi problemi dal momento che riusciva a sentire benissimo.
 
Non sapeva dov’era, non sapeva come ci era arrivata né per quale motivo, e aveva anche diversi dubbi riguardo a cosa fosse successo prima.
Ma come già detto quello non le importava poi più di tanto visto che sentiva con esasperante chiarezza ogni singola ferita che le era stata inferta, ogni goccia di sangue stillata.
Ma, ancora peggio, percepiva chiaramente la sua energia, le sue forze, abbandonarla progressivamente uscendo dalla ferita della spalla a fiotti che andavano via via affievolendosi insieme con i battiti del suo cuore.
 
All’improvviso le sembrò di scorgere qualcosa di diverso.
In mezzo a tutta quella luce era appena apparso un puntino nero.
 
Senza neanche sapere come Elise si ritrovò ad avvicinarvisi in modo da poterlo guardare meglio, e quello che scoprì la sconvolse.
 
Nel momento in cui guardò all’interno di quel punto nero, che nel frattempo aveva cominciato ad aumentare considerevolmente di dimensioni, di colpo aveva smesso di sentire.
Era come se le sue ferite fossero state guarite tutte in una volta.
Non si era mai sentita così bene.
 
Allungò una mano per raggiungere quell’area scura, per immergersi completamente, quando una voce fuori campo risuonò nell’aria.
 
“Mi dispiace. Mi dispiace così tanto…” diceva.
 
Elise si bloccò, il braccio a mezz’aria, cercando di dare un significato a quello che aveva appena sentito, rendendosi poi conto che quell’attimo di esitazione l’aveva fatta allontanare da quella macchia scura portandola di nuovo a sentire la sofferenza provocata dalle sue ferite.
Al diavolo la voce, lei voleva solo smettere di provare tutto quel dolore.
 
Eppure…
 
“Perdonami…” risuonò un’ultima volta nell’ambiente circostante e a quella parola qualcosa scattò nella sua mente: i suoi genitori, Julia, il Medimago Robbins, i Potter, Dan, Hermione… James…
Quella era la voce di James e lei non avrebbe sopportato di sentirla una volta di più, non se appariva così addolorata e quasi priva di speranza.
Era sicura che qualsiasi cosa fosse successa per far parlare il ragazzo a quel modo dovesse essere stata colpa sua, e quindi suo era il compito di fargli cambiare tono.
 
La macchia di buio era ormai ben lontana da lei, non avrebbe più potuto raggiungerla.
Era riuscita a resistere al richiamo di quel buio, per quanto allettante fosse sembrata la prospettiva di sprofondarci all’interno, ed era estremamente soddisfatta di se stessa.
 
Con quella consapevolezza chiuse gli occhi continuando a lasciarsi trasportare d’ovunque quella luce abbagliante avrebbe deciso di portarla: lasciarsi andare non era mai stato così piacevole, piacevole quanto un bacio a fior di labbra.
 
 
 
***
 
 
 
Rimasto solo nella stanza James smise di trattenere le lacrime lasciandole libere di scendere lungo le guance.
Probabilmente non piangeva così da quando aveva dieci anni.
Eppure vedere Elise distesa su quel letto l’aveva distrutto.
 
Erano alla fine riusciti a guarire completamente tutte le ferite, tranne quella alla spalla che aveva continuato a sanguinare imperterrita.
Dopo la quarta volta avevano addirittura deciso si smettere di cambiare la fasciatura, tanto era inutile, e il ragazzo stava cercando di evitare con tutte le sue forze di pensare quanto sangue ancora la ragazza avrebbe potuto perdere.
 
Aveva perso il conto delle volte che aveva ripetuto “Mi dispiace” incurante di stare parlando da solo in una stanza in cui nessuno avrebbe potuto sentirlo.
Sapeva che così non stava assolutamente dimostrando il famoso coraggio Grifondoro, ma non ce la faceva più a vedere Elise così immobile su quel letto, sempre più pallida ogni minuto che passava.
 
“Perdonami” disse alla fine imponendosi di smettere di piangere.
Si avvicinò al letto guardandola un’ultima volta.
Non riuscì a resistere dal chinarsi su di lei fino ad appoggiare le labbra sulle sue in un bacio dolce e leggero.
Probabilmente l’ultimo che gli sarebbe stato concesso darle.
 
Raddrizzò la schiena e lasciò la stanza chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle, non notando che l’espressione fino a quel momento contratta della ragazza si era inspiegabilmente distesa in un mezzo sorriso.
 
 
 
In salotto la situazione non sembrava delle migliori.
Suo padre stava animatamente parlando con Robbins e Shacklebolt in un angolo della stanza mentre sul divano Dan, che probabilmente era stato chiamato da Julia a sua volta portata a casa da suo padre, stava abbracciando la ragazza cercando in qualche modo di consolarla: anche la ragazza sembrava devastata tanto quanto lui all’idea di aver perso la sua migliore amica.
 
Abbassò la testa per cercare di rimandare indietro le lacrime che minacciavano di riprendere a scendere e prima che potesse rendersene conto si ritrovò stretto nell’abbraccio dei due ragazzi che non appena lo avevano notato fermo sulla porta si erano alzati e gli erano andati incontro.
Se loro si sentivano così non osava pensare cosa sarebbe successo quando sarebbe arrivato il momento di dirlo agli Starlet.
 
 
 
***
 
 
 
Elise aprì gli occhi di colpo.
Ormai la stanza era in penombra e non le ci volle molto per riuscire a mettere a fuoco.
Era di nuovo nella stanza di Lily, però era sola. Al massimo avrebbe potuto dire di sentire qualcuno discutere animatamente dal piano di sotto.
 
Si alzò cautamente dal letto dirigendosi verso lo specchio attaccato alla parete che per fortuna ebbe il buon senso di non fare commenti poco carini come era successo l’ultima volta.
In effetti pesava di essere messa peggio: poteva considerarsi praticamente illesa se non contava la sua spalla che comunque… aveva smesso di sanguinare.
Si avvicinò ulteriormente alla superficie riflettente per esaminarla meglio: l’aspetto non era dei migliori, lo squarcio che aveva sembrava tutto tranne che in via di guarigione, però il fatto che l’emorragia si fosse fermata doveva pur significare qualcosa.
 
Un’idea le attraversò la mente e non senza qualche incertezza portò la sua mano a coprire la ferita.
Chiuse gli occhi per concentrarsi meglio cercando allo stesso tempo di riprodurre il processo curativo che aveva già avuto occasione di usare, purtroppo, diverse volte.
Un’esclamazione di sorpresa le sfuggì dalle labbra non appena si rese conto che qualcosa stava succedendo, e a giudicare da quello che sentiva stava anche funzionando.
 
Riaprì gli occhi sbattendo più volte le palpebre, incredula davanti allo specchio che le restituiva il riflesso di lei completamente guarita.
L’unico indizio sulle sue precedenti condizioni erano i pantaloni strappati e il sangue presente sul reggiseno e su quello che restava della sua maglietta che era stata appoggiata alla sedia della scrivania.
 
Ancora troppo intenta a tastarsi la spalla come per accertarsi che fosse sul serio riuscita a guarirsi da sola, non si accorse dei passi che si avvicinavano da fuori lungo il corridoio.
Quando la porta della stanza si spalancò venne presa alla sprovvista rimanendo per altro incastrata tra l’infisso e la superficie fredda dello specchio.
 
Diverse esclamazioni si levarono prima che avesse il tempo di fare qualsiasi cosa.
 
“Non è possibile…”
“Non di nuovo!”
Le voci di James e del Medimago esprimevano bene il loro stupore nel ritrovarsi davanti alla stessa situazione che avevano vissuto al San Mungo quando non avevano trovato Elise nella sua stanza dopo che lei era svenuta per aver guarito il padre del ragazzo.
“Non è possibile che qualcuno sia entrato, la casa è protetta” sentì rispondere il signor Potter ad una domanda che non aveva sentito.
“Beh, converrà con me che non è possibile che abbia deciso di andare a farsi un giro, no?” ribattè Robbins.
 
Elise scrollò la testa, sarebbe stato divertente de la situazione non fosse stata così seria, apprestandosi a spingere la porta facendo spostare chiunque la stesse tenendo bloccata e parlando per segnalare la sua presenza.
“Ecco, veramente sarei qui dietro…” commentò uscendo finalmente allo scoperto sotto gli sguardi a dir poco sbalorditi di tutti i presenti: che nel processo di guarigione le fosse spuntato qualche occhio di troppo che lei non aveva notato?
“Mi stavo guardando allo specchio” spiegò indicandolo. “è proprio lì dietro e quando siete entrati mi avete davvero preso alla sprovvista e…”
 
Non le fu possibile finire la frase perché James, incurante di tutti i presenti - poteva giurare che qualcuno si fosse lasciato sfuggire la parola miracolo - l’aveva raggiunta con due falcate, le aveva preso la testa tra le mani e dopo averla guardata con gli occhi lucidi e arrossati per un lungo istante l’aveva baciata.
 
La ragazza si ritrovò a sorridere e a ricambiare il bacio a sua volta stringendo forte James.
Spiegare tutto quello che era successo non sarebbe stato affatto facile, soprattutto visto che ovviamente Shayleen non aveva annullato l’incantesimo, ma non aveva nessuna intenzione di far allontanare di nuovo James, avrebbe trovato una soluzione.
 
Si sorrisero arrossendo quando, dopo essersi separati, si resero conto di essere rimasti da soli nella stanza: gli altri nel frattempo erano tornati al piano di sotto in modo da lasciare loro un po’ di privacy.
 
 
“Grazie” disse infine Elise rompendo il silenzio dopo lunghi istanti durante i quali lei e James avevano continuato a guardarsi negli occhi.
Il ragazzo la guardò interrogativo: “Per cosa?” le domandò. “Io non ho fatto niente, non potevo fare niente…” sussurrò.
Elise scosse la testa sorridendogli incoraggiante.
“Mentre ero incosciente sono finita… non saprei dire dov’ero, ma sta di fatto che tutto quello che volevo era che tutto finisse. Tutto il dolore, tutto quello che sentivo… volevo che smettesse e ci sarei anche riuscita” disse amaramente accarezzando la mano di James che era subito andata a stringerle saldamente il braccio non appena l’aveva sentita pronunciare quelle parole.
“Ma poi ho sentito una voce, la tua voce. E a quel punto credo di aver deciso più o meno inconsciamente di dover tornare indietro…” concluse alzando le spalle.
James la abbracciò di nuovo.
 
“Per quello che vale dispiace anche a me” disse Elise sulla sua spalla, e per un po’ nessuno dei due aggiunse altro.
 
 
“Sarà meglio andare di sotto prima che qualcuno venga su a controllare…” esordì James dopo un po’ sciogliendo l’abbraccio.
Condusse Elise in camera sua per poi mettersi a frugare dentro l’armadio.
Ne uscì stringendo tra le mani una sua maglietta, porgendola poi ad Elise in modo che potesse mettersi qualcosa addosso.
Alla fine scesero al piano di sotto entrando nel salotto che ancora si tenevano per mano.
Elise sperò che non si notasse troppo il fatto che si fosse irrigidita: era arrivato il momento delle spiegazioni, e per quanto questa volta lei stessa avrebbe voluto raccontare tutto sapeva che non sarebbe stato possibile.
Sospirò, cercando di pensare ad un modo per incominciare il discorso, ma prima che potesse aprire bocca si ritrovò soffocata tra le braccia di Julia e Daniel che sembravano quasi intenzionati a non lasciarla più andare.
In particolare avrebbe potuto giurare di sentire Julia bofonchiare qualcosa che era suonato come: “Dopo questa col cavolo che ti lascio di nuovo a casa da sola”.
 
Alla fine Robbins si schiarì la voce attirando l’attenzione su di sé.
“Per quanto io sia interessato all’intera faccenda temo di essere rimasto abbastanza fuori dal mio reparto” cominciò per congedarsi.
“Magari lascio detto a Nancy di passare più tardi a dare una controllata alla nostra sopravvissuta…” propose.
 
A quel nome Elise sbarrò gli occhi.
 
No! Nancy no!
 
Le occhiate curiose e preoccupate dei presenti la lasciarono perplessa.
“Perché non Nancy?” le domandò alla fine James. “Mi sembrava che voi due andaste d’accordo”
A quella domanda Elise realizzò che c’era un’unica spiegazione a tutto quello: l’esclamazione di prima non l’aveva solo pensata, in qualche modo doveva averla detta ad alta voce…
 
“L’ho detto ad alta voce..:”
A quel punto i presenti sarebbero stati autorizzati a pensare che avesse battuto la testa con conseguenti danni.
 
“Non Nancy perché ha lavorato per Shayleen per tutto il tempo…?” disse incerta, non ancora sicura che le parole sarebbero veramente uscite.
Gli sguardi sconcertati che le persone nella stanza si scambiarono furono una conferma sufficiente.
 
La ragazza invitò tutti a prendere posto, solo James rimase in piedi al centro della stanza accanto a lei.
Fece un respiro profondo e cominciò a raccontare.
Tutto.
Senza omettere niente.
 
James aveva continuato a tenerle la mano per tutto il tempo, la ragazza poteva sentire la stretta farsi più forte e salda soprattutto quando parlava direttamente di Shayleen e del loro incontro.
Dovette fermarsi un attimo prima di proseguire con il racconto di quello che era successo quel pomeriggio.
Spiegò di come aveva deciso di raccontare tutto ritrovandosi però bloccata e di come fosse tornata di sua volontà a Skelton House per affrontare Shayleen e farsi togliere l’incantesimo che le impediva di parlare.
Quello che era successo in seguito potevano benissimo intuirlo dalle condizioni in cui era quando era riuscita a scappare.
 
Quando ebbe finito continuò a tenere lo sguardo puntato sulle sue scarpe: dopo tutto quello che aveva più o meno volontariamente combinato non sapeva se sarebbe riuscita a guardare in faccia i presenti.
In particolare le sembrava strano che James non avesse ancora detto niente dopo come aveva reagito l’ultima volta che gli aveva tenuto nascosto qualcosa.
 
Fu proprio il ragazzo alla fine a riprendere la parola mentre gli altri sembravano ancora intenti a riflettere.
“Bene, credo che ormai sia abbastanza tardi” esordì, gli sguardi di tutti puntati su di lui.
“Riaccompagno Elise al suo appartamento” concluse semplicemente rinforzando la stretta sulla mano della ragazza e incamminandosi verso l’ingresso tirandosela dietro.
Prima che qualcuno avesse il tempo di dire qualcosa si erano già chiusi la porta alle spalle.













Come promesso stamattina eccomi puntuale con il capitolo 26!
Vi è andata bene che alla fine non avete dovuto aspettare una settimana intera per vedere cosa sarebbe successo ad Elise, ammettetelo...
Che dire: chissà cosa succederà tra James ed Elise lungo la strada del ritorno, mah...
Come sempre lo spoiler del prossimo capitolo:

Le loro risate vennero bruscamente interrotte quando qualcosa andò ad abbattersi contro la barriera con un sonoro schianto che fece tremare il terreno.
Il tempo che impiegarono per riunirsi al centro dell’area e altri tre colpi avevano percosso la barriera.
Al quarto ci fu uno scricchiolio sinistro.
Al quinto si udì un forte schiocco ed Elise potè vedere la barriera infrangersi e dissolversi sotto i suoi occhi.
Intorno a loro erano intanto apparse alcune figure vestite di nero.

Ovviamente ci si annoia se non succede qualcosa, no?
Chissà questa volta la nostra cara Shayleen (spero che nessuno abbia dubbi sul fatto che sia lei...) cosa avrà in serbo per Elise...
A lunedì prossimo! (e scusare ancora per il disguido del
capitolo fantasma della settimana scorsa!)
E.
   
 
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