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Autore: TimeFlies    13/09/2016    3 recensioni
Scarlett, diciassette anni appena compiuti e un segreto piuttosto scomodo da nascondere, non potrebbe essere più felice di stare nella sua adorata ombra, lontana da sguardi indiscreti e da problemi presenti e passati che non vuole affrontare.
Adam, riflessivo eppure anche avventato, ha sempre avuto un'innata curiosità e una gran voglia di sapere.
Quando vede Scarlett per la prima volta non riesce a fare a meno di sentirsi attratto dall'aura di mistero che la circonda. Vuole conoscerla, svelare ciò che si nasconde dietro quella facciata di acidità e vecchi rancori.
Tutti i tentativi della ragazza di allontanarlo da sé finiranno per avvicinarli ancora di più portandoli dritti ad un preannunciato disastro. O forse no, perché nei momenti di difficoltà possono nascere le alleanze più impensate, soprannaturale e umano possono trovare un punto d'incontro.
E quando il pericolo si avvicina, l'unica cosa che vuoi è avere qualcuno al tuo fianco. Poco importa se solo poco prima eravate perfetti sconosciuti, se lui è entrato nella tua vita con la grazia di un uragano, se non volevi niente del genere.
A volte, un diciassettenne un po' troppo insistente è tutto ciò che hai, è la tua unica speranza. E tu la sua.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Under a Paper Moon- capitolo 34


                                                         

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34. Adam

Il primo incontro non aveva portato a niente di fatto. Ma non era andata male. Anzi: avevamo fatto capire a Colin e Brian che non avevamo intenzione di cedere e che avremmo mantenuto la nostra posizione ad ogni costo. Tenere Scarlett al sicuro era il mio obbiettivo principale, ma dovevo ammettere che anche l’idea di aiutare Sean a scendere a patti con il suo passato mi sembrava qualcosa che dovevo fare.
Brian si era dimostrato molto aperto ad un confronto mentre Colin era rimasto più sulle sue. D’altra parte, era solo la prima volta che ne parlavamo e visto che non avevo le idee chiare nemmeno io ero ovvio che ancora ci fossero dei dubbi, per entrambe le parti. Sean era stato silenzioso, aveva lasciato parlare me, però non aveva abbassato la guardia neanche per un attimo.
«Beh, direi che per oggi abbiamo parlato abbastanza.» Commentò Brian con un sorriso gentile. «Immagino che abbiate molto di cui discutere, e anche noi, quindi perché non fissiamo un altro incontro?»
«Sì, mi sembra una buon’idea.» Convenni.
In effetti, avevamo discusso per quelle che mi erano sembrate ore e avevamo bisogno di fare il punto della situazione anche con gli altri. In più, l’ufficio di Colin era un po’ soffocante: era una stanza piuttosto grande a dir la verità, ma le pareti erano scrostate e macchiate d’umidità, i mobili erano scoordinati e vecchi, le finestre alte e strette non facevano entrare molta luce e contribuivano a rendere l’ambiente ancora più cupo.
Non assomigliava molto ad un ufficio, ad essere sinceri: c’era un grosso tavolo nel mezzo della stanza con delle sedie tutt’attorno che scoprimmo venivano usate per le riunioni dei cacciatori, ad una parete era addossata una libreria un po’ traballante piena per metà di libri dall’aria antica e raccoglitori. Per il resto, la stanza era vuota.
Eravamo venuti a sapere
che quel vecchio edificio era stato la sede di una piccola azienda che poi era fallita e che erano stati i cacciatori ad adibire alcune parti a prigioni. Quel dettaglio aveva fatto irrigidire me e innervosire Sean, che però era riuscito a trattenersi. Mi era bastato uno sguardo per capire che avrebbe voluto ucciderli seduta stante. 
«Quando vi andrebbe bene?» Chiese Colin osservandoci con quei suoi occhi grigi così severi.
Io e Sean ci scambiammo un’occhiata e fu lui a rispondere: «Anche domani. Di pomeriggio.»
Colin annuì. «Bene. Facciamo per le tre?»
«In realtà preferiremmo le quattro.» Intervenni bloccando Sean che stava per dare il suo consenso.
Mi osservò in cerca di spiegazioni, un'ombra di rabbia che gli incupi gli occhi verdi: la sua pazienza stava arrivando al limite, me ne rendevo conto.
«Ho scuola fino alle tre e mezzo.» Mormorai così che i cacciatori, seduti dall’altra parte del tavolo, non potessero sentire. «E anche Scarlett.»
Lui trasse un respiro profondo per riprendere la calma. «D’accordo.» Sibilò prima di voltarsi verso i cacciatori. «Le quattro vi vanno bene?»
Colin si strinse nelle spalle. «Saremo qui.»
«Bene.» Commentò Sean alzandosi e facendomi cenno di seguirlo.
Mi affrettai a farlo sapendo quanto odiasse quella situazione. Anche i cacciatori si alzarono. Brian continuava a sorridere con quella sua aria cordiale, come se fossimo stati dei semplici amici venuti a cena a casa sua. Colin era un po’ più restio nei nostri confronti, ma potevo capirlo. E poi, anche Sean si teneva molto sulle sue.
Uscimmo in corridoio e quello che mi trovai davanti fu sia incoraggiante vista la possibile alleanza con i cacciatori, sia strano, quasi sbagliato: Scarlett era seduta per terra con la schiena appoggiata al muro di fronte alla porta e accanto a lei c’era quel cacciatore biondo che avevamo visto prima. Mi sembrava di ricordare che si chiamasse Nathan. Stavano sorridendo tutti e due e sembravano piuttosto presi da una conversazione.
Appoggiato alla parete poco più c’era Matthew, immerso nella lettura di un libro di cui non conoscevo la provenienza. Di Samuel e Tristan non c’era traccia, ed era meglio così: quei due erano inquietanti.
Nathan, se si chiamava così, fu il primo ad accorgersi di noi. Ci guardò con aria incuriosita senza perdere quel mezzo sorriso che gli aleggiava sulle labbra. Scarlett seguì la direzione del suo sguardo e, quando ci notò, balzò in piedi.
«Allora?» Chiese con una certa impazienza.
«Per adesso non c’è niente di deciso, ma… sta andando bene.» Risposi.
Sean sbuffò e alzò gli occhi al cielo, però non mi contradisse. Sperai che cominciasse a vedere l’utilità di quell’accordo e quanto ne avessero bisogno entrambi, cacciatori e licantropi.
Un sorriso illuminò il viso di Scarlett. «È… fantastico.»
Prima che potessi rispondere, lei mi venne vicino e mi gettò le braccia al collo. Durò solo un attimo, perché poi lei si ritrasse e abbassò lo sguardo, imbarazzata, mentre un lieve rossore le colorava le guance. Si schiarì la gola. «Quindi… uhm… Per oggi abbiamo finito?»
«Sì.» Confermò secco Sean osservandola con le braccia incrociate al petto.
Nathan si alzò e si spolverò i jeans. «Beh, siete tutti vivi: non è andata male.»
Scarlett gli lanciò un’occhiata da sopra la spalla e si lasciò sfuggire un sorrisetto che lui, con mia sorpresa, ricambiò. Colin invece sospirò e scosse appena la testa borbottando qualcosa.
«Direi che possiamo andare.» Mormorai studiando Nathan: non mi convinceva quel suo atteggiamento così amichevole.
Per una volta, Sean fu d’accordo con me. «Sì, andiamocene.»
Scarlett annuì e si strinse le braccia al petto. Sean non aspetto oltre, si voltò e cominciò a camminare con passo deciso verso la porta da cui eravamo entrati. Se volevamo che quell’alleanza funzionasse, avremmo dovuto essere un po’ meno ostili tra noi e visto che Sean non sembrava intenzionato a farlo, toccava a me.
Mi voltai verso Colin e Brian e cercai di sorridere. «È… è stato un piacere. Sono sicuro che riusciremo a trovare un accordo che soddisfi entrambi.»
Brian ricambiò il sorriso. «Lo credo anch’io.»
Risposi con un breve cenno di assenso prima di incamminarmi lungo il corridoio. Scarlett mi raggiunse dopo aver salutato Nathan in modo un po’ impacciato.
«Matthew!» La voce di Sean risuonò forte e chiara nel corridoio e fece sobbalzare il diretto interessato.
«Uh, sì, arrivo.» Balbettò chiudendo il libro di scatto e affrettandosi a seguirci.

Stava calando la sera, gli ultimi raggi di un sole morente tingevano di rosso il cielo striato di nuvole. Era una giornata ancora limpida nonostante stesse giungendo al termine. Sul sedile del passeggero accanto a me, Sean studiava il paesaggio con aria assorta. Aveva un leggero cipiglio, come se non riuscisse a rilassarsi completamente. O forse era semplicemente la forma delle sue labbra.
Avevo riaccompagnato Scarlett a casa e avrei fatto lo stesso anche con Matthew visto che abitavamo l’uno accanto all’altro, ma lui aveva detto di voler fare due passi e insistere non era servito a fargli cambiare idea. Così eravamo solo io e Sean. Anche se adesso aveva smesso di intimorirmi, dopo che l’avevo messo sotto pressione proponendo l’accordo con i cacciatori ero più cauto con lui e cercavo di non tirare troppo la corda.
Mi aveva detto di portarlo in un quartiere in periferia, ma non avevo capito se ci viveva o se ci avrebbe solo passato la serata. Ovviamente, lui non mi aveva dato dettagli e io non li avevo chiesti. Mi sembrava un po’ strano che non avesse un’auto sua, però sapevo poco della sua vita nel presente quindi forse aveva le sue ragioni.
«Sai, ragazzino, a volte penso che tu sia nato per complicarmi la vita.» Disse all’improvviso riscuotendomi dai miei pensieri.
Sbattei le palpebre per riprendere la concentrazione. «Ah sì?»
Un sorriso per metà amaro e per metà inconsapevole gli incurvò le labbra. «Mi hai praticamente buttato in pasto ai leoni… Dopo quello che ti ho detto…» Scosse la testa fissando il vuoto. «Non so cosa hai in mente, ma non mi piace.»
Trassi un respiro profondo. «Lo so. Ma è necessario. E lo sto facendo proprio per quello che mi hai raccontato sul tuo passato. Non voglio che succeda di nuovo.»
«È tardi per salvare me, ragazzino, dovresti averlo capito.» Replicò lui con voce neutra. «Ma immagino che tu ti preoccupi per lei, eh?»
Non ci fu bisogno di dirne il nome. «Beh, non voglio che passi… Cioè, voglio che sia felice.»
«È giusto desiderare la felicità di qualcuno, però a volte riguarda cose che sfuggono al nostro controllo.» Si voltò verso di me, metà viso in ombra, l’altra metà illuminata dai lampioni. «Non puoi metterti a trattare con tutti i mostri che troverà sulla sua strada.»
Strinsi le labbra. Aveva ragione: era stato solo per un colpo di fortuna se Colin aveva accettato di discutere un possibile accordo, non avevo i mezzi per tenere fuori dalla vita di Scarlett tutti i guai.
Sean si appoggiò allo schienale del sedile contemplando qualcosa fuori dal parabrezza. «Non ti biasimo se vuoi provarci. In fondo, sei giovane, hai tante cose da imparare. E perché non farlo mentre cerchi di proteggere chi ami?»
«Io… io non… non la amo.» Balbettai a disagio.
«Mmh.» Replicò lui e non riuscii a capire se mi credeva o no.
Sospirai chiedendomi se prima o poi sarei riuscito a capirlo e a gestirlo un po’ meglio. Era frustrante non sapere cosa pensava, non poter intuire la sua prossima mossa. Sean era la personificazione della parola “sfuggevole”.
Dopo diversi minuti di silenzio, gli lanciai un’occhiata di sottecchi. «Comunque, non è vero che è troppo tardi per salvarti. Hai venticinque anni, puoi rifarti una vita. Quando questa cosa sarà finita…»
«No, tu non capisci.» Mi interruppe senza guardarmi. «Tu hai qualcuno da cui tornare la sera. Qualcuno per cui valga la pena tornare. È questa la differenza tra me e te.»
Quelle parole bastarono a darmi una motivazione, almeno parziale, a ciò che faceva: lui non aveva paura di rischiare, non gli importava di farlo perché non c’era nessuno che si sarebbe dispiaciuto se non fosse tornato a casa. Non evitava il pericolo perché non aveva un vero e proprio motivo per restare vivo. Si buttava in imprese potenzialmente letali perché anche se fosse morto non sarebbe stata un tragedia per nessuno. Era una verità orribile, me ne rendevo conto, però sembrava che lui l’avesse accettata. Ormai ci aveva fatto i conti, e anche se non era ciò che aveva programmato per sé, non era ciò che aveva sperato, ma sapeva che era la sua vita.
«Puoi ancora cambiare le cose.» Replicai. «Puoi… ricominciare.»
Non rispose, si limitò a fare uno dei suoi mezzi sorrisi senza allegria e a voltarsi verso il finestrino.
Trassi un respiro profondo e cercai di concentrarmi sulla strada: eravamo praticamente arrivati, mancava solo un isolato. Ci trovavamo in un quartiere all’apparenza tranquillo, tutto vecchi negozi e condomini. I lampioni gettavano fasci di luce gialla sulla strada, erano l’unica fonte d’illuminazione visto che ormai era calato il sole.
Accostai l’auto al marciapiede lì dove mi aveva detto Sean. Lui studiò per un attimo la strada, perso nei suoi pensieri, poi sospirò e si passò una mano tra i capelli.
«Tu, ragazzino, sei l’avvocato dei diavolo, ti hanno mandato a difendere una causa persa.» Mormorò prima di scendere dalla macchina chiudendosi la portiera alla spalle.

Cora mugolò cercando di attirare la mia attenzione. Vedendo che non otteneva risultati, appoggiò il muso sul mio ginocchio sbattendo la coda sul pavimento. Sollevai lo sguardo dal libro di scienze e l’accarezzai tra le orecchie. L’avevo portata nel cottage nel bosco con me, quel pomeriggio, perché aveva paura dei temporali e non mi andava di lasciarla sola. Le nuvole scure e gonfie che oscuravano il cielo preannunciavano una tempesta, lei aveva già cominciato ad innervosirsi e visto che se la prendeva con i cuscini quando aveva paura, avevo pensato che un po’ di compagnia l’avrebbe calmata.
La sua presenza, però, non era prevista: ero andato lì per parlare con Sean. In realtà non ci eravamo messi d’accordo per incontrarci, ma sapevamo bene entrambi che dovevamo stabilire i termini dell’alleanza con i cacciatori e che dovevamo farlo insieme: io non ne sapevo molto dei cacciatori o del mondo soprannaturale in generale, lui non era un granché con la diplomazia. Da questo punto di vista ci compensavamo a vicenda.
L’unico problema era che non avevo idea di quando sarebbe venuto, né se l’avrebbe fatto. Era frustrante, ma sapevo che da lui non potevo aspettarmi niente di diverso.
Cora drizzò le orecchie all’improvviso puntando la porta d’ingresso. Un attimo dopo questa si aprì rivelando un Sean piuttosto bagnato. Come al solito, indossava una giacca di pelle e dei jeans. La pioggia gli aveva reso i capelli più scuri e glieli aveva incollati alla pelle.
Chiusi il libro di scienze e mi alzai per andargli incontro. Cora rimase al mio fianco, ma gli abbaiò in segno di avvertimento. Sean inarcò un sopracciglio con aria lievemente sorpresa e inclinò la testa di lato prima di guardarmi in cerca di una spiegazione.
«Ha paura dei temporali.» Dissi stringendomi nelle spalle.
Lui si passò una mano tra i capelli e chiuse la porta senza commentare. Attraversò la stanza e si lasciò cadere sulla poltrona di fianco al divano con un sospiro. Cora seguì attentamente ogni sua mossa cercando di decidere se rappresentava un pericolo o no. Ad essere sincero, neanche io avrei saputo dirlo.
Trassi un respiro profondo e mi sedetti sul divano. «Dobbiamo decidere i termini dell’accordo.»
Si guardò le unghie. «Mmh.»
«Insieme.» Aggiunsi nonostante lo considerassi scontato.
I suoi occhi verde-grigio si posarono su di me. «Se dipendesse da me, li avrei già tolti di mezzo tutti. Questa sottospecie di messinscena pacifica mi sembra inutile.»
«Ma è necessaria. I tuoi metodi porteranno solo ad un altro scontro, ad altri morti, ad altri spargimenti di sangue. E non possiamo permettercelo.» Replicai.
Scosse appena la testa stringendo le labbra. «Non la penso così, però immagino che sia tardi per tornare indietro.»
«Già.» Confermai. «Senti, io non ne so molto di cacciatori, ma tu sì. Ho bisogno di informazioni e ho bisogno che tu collabori con me.»
Aggrottò la fronte. «Lo so. Non mi piace, ma lo so. Quindi… vediamo di tirarcene fuori.» Appoggiò i gomiti sulle ginocchia sporgendosi verso di me. «Che ti serve sapere?»

Non riuscivo ancora a crederci, ma finalmente io e Sean eravamo arrivati ad un accordo. Avevamo trovato un modo per lavorare insieme e lui si era rivelato più disponibile di quanto pensassi. Questo poteva darci una possibilità concreta di fermare i cacciatori.
Parcheggiai l’auto di fronte al loro quartier generale e scesi insieme a Sean: ormai non dovevamo più preoccuparci di nasconderci. O almeno, speravo che fosse così. L’atteggiamento sicuro e distaccato di Sean mi confermava che non stavamo andando incontro ad una minaccia, non nell’immediato comunque.
Appoggiato al muro con aria annoiata c’era Nathan. Indossava dei pantaloni militari verdi e una maglietta grigia a maniche corte. Quando ci vide si raddrizzò e si affacciò dentro.
«Sono arrivati.» Lo sentii dire.
«Una sentinella?» Chiesi sottovoce a Sean.
La sua risposta fu una smorfia appena accennata. Sembra che fosse il suo modo preferito per comunicare. Non era teso, quindi non sospettava un attacco a sorpresa. Mi sembrava un po’ strano basarmi sul suo atteggiamento per capire se eravamo in pericolo o no, ma sapevo che era un metodo molto efficace.
«Non manca qualcuno?» Domandò Nathan quando raggiungemmo la porta.
«No.» Disse secco Sean.
Non riuscii a non alzare gli occhi al cielo a quella sua ennesima dimostrazione di scarsa fiducia. Ne avevamo già parlato, gli avevo detto che detto che doveva mostrarsi più disponibile al dialogo e lui mi aveva risposto con un grugnito irritato.
«Arriveranno più tardi.» Spiegai a Nathan guadagnandomi un’occhiataccia da Sean.
Nathan annuì e un accenno di sorriso gli sollevò un angolo della bocca. «Bene.»
Dopo le lezioni Scarlett era uscita con Elisabeth, ma non voleva comunque rinunciare all’incontro -anche se Sean non la voleva nell’ufficio di Colin-, così Matthew si era offerto di accompagnarla al quartier generale dei cacciatori una volta finito il turno nella farmacia doveva aveva cominciato a lavorare da poco.
Colin e Brian ci aspettavano sulla soglia dell’ufficio, entrambi con indosso semplici jeans e giacche dall’aria vissuta. Non c’era traccia né di Tristan né di Samuel. Non ci fu bisogno di convenevoli, entrammo tutti e quattro chiudendoci la porta alle spalle. Prendemmo posto come la volta prima: io e Sean ad un capo del tavolo, i due cacciatori all’altro.
Brian appoggiò i gomiti sul tavolo e unì le mani. «Dove eravamo rimasti?»
«Abbiamo deciso di provare ad evitare ogni forma di violenza.» Replicai. «E dovevamo discutere dell’accordo.»
Colin, ancora accompagnato dalla stampella, si appoggiò alla sedia e incrociò le braccia al petto. «Giusto. Allora, cosa volete?»
«L’immunità, ovviamente. Il che significa che non potete… ucciderci né ferirci o catturarci.» Cominciai includendomi nel fantomatico branco di Sean più per comodità che per altro. «Nessuno di voi può farlo.»
«È un impegno importante quello che ci chiedete di prendere.» Mi fece notare Colin socchiudendo gli occhi.
«Lo so, ma non si può parlare di alleanza o collaborazione se i tuoi se ne vanno in giro ad uccidere i nostri.» Mi faceva strano parlare di me come se fossi stato un licantropo, ma i cacciatori avevano dato per scontato che lo fossi e Sean mi aveva consigliato di continuare a farglielo credere.
Brian trasse un respiro profondo. «Ha ragione, ma assecondarvi vorrebbe dire andare contro le nostre tradizioni che vanno avanti da molti anni.»
«E che comprendono l’uccisione di innocenti.» Borbottò Sean a voce sufficientemente alta perché i cacciatori lo sentissero.
«Il punto è che non possiamo tollerare quelle che per voi sono… tradizioni.» Mi affrettai a dire. «Non se uccidono i nostri.»
«Quindi dovremmo lasciarvi fare quelle che volete?» Domandò Colin con una certa perplessità.
«Non vi abbiamo mai creato problemi. Ci gestiamo bene.» Ribattei usando il tono più diplomatico che riuscii a trovare.
«Di questo devi dargliene atto, non si sono mai esposti.» Convenne Brian.
«Sì, ma capisci che lasciarvi fare i vostri comodi non rientra nel nostro… protocollo.» Commentò Colin.
«E farci ammazzare non rientra nel nostro.» Ringhiò Sean.
«Perché dobbiamo essere noi a rinunciare alle nostre abitudini?» Insistette Colin con gli occhi grigi fissi su di noi.
«Perché noi abbiamo molto più da perdere.» Replicai sentendo la durezza della mia stessa voce.
Colin mi soppesò con lo sguardo per un attimo prima di fare cenno a Brian di avvicinarsi. Si misero a parlottare tra loro con aria concentrata.
Sean sospirò e si sporse verso di me. «Colin è più restio ad accettare… Ci da la colpa dell’allontanamento della moglie e di conseguenza della figlia… Brian gli dice che non dovrebbe… e che meritiamo una possibilità.» Grazie al suo udito da licantropo riusciva a sentire cosa si stavano dicendo i cacciatori e poteva riferirmelo.
I suoi occhi verde-grigio incontrarono i miei. Al contrario del solito erano attenti e più limpidi. «Possiamo sfruttare Brian, far leva su di lui per raggiungere… qualunque sia il tuo scopo.»
Annuii. «Okay, sì. Possiamo farlo.»
Era strano per tutti e due ritrovarsi d’accordo su qualcosa, ma in fondo era ciò che ci serviva, quindi era meglio non farsi troppe domande e sfruttare quell’intesa molto probabilmente solo momentanea.
Colin tornò ad appoggiare la schiena alla sedia. «Siamo disponibili a venirvi incontro, ma anche voi dovete fare qualche compromesso.»
«Sì, possiamo discuterne.» Concessi. «Ma ci saranno delle condizioni su cui non siamo disposti a cedere.»
«Dovete tenere in considerazione che questa è una cosa mai avvenuta prima, dovremmo cominciare da qualcosa di piccolo e poi vedere se funziona.» Disse Colin.
«Qualcosa di piccolo? Nel senso un solo lupo morto?» Chiesi prima di scuotere la testa. «No, non se ne parla.»
Sean mi lanciò un’occhiata, e mi sembrò di scorgere una scintilla d’orgoglio nel suo sguardo. Un accenno di sorriso gli increspò un angolo della bocca e per un attimo pensai che forse potevamo lavorare molto bene insieme.
Colin si sporse in avanti. «Non possiamo rivoluzionare l’intera tradizione dei cacciatori solo per voi. Non avete tutto questo potere, volendo potremmo uccidervi seduta stante. Ci basta un’arma.»
«Beh, io posso farlo senza.» Commentò Sean con un sorriso che metteva in mostra le zanne. C’era una nota per niente velata di ironia nella sua voce.
L’espressione di Colin si fece turbata: non doveva essere facile venire a patti con chi ti aveva mandato all’ospedale. Soprattutto se quella persona aveva ancora il potere di farti del male.
«Dobbiamo raggiungere un compromesso.» Dissi sperando di sembrare determinato. «E non siamo disposti a permettervi alcuna libertà per quanto riguarda la nostra vita o la nostra morte.»
Sean incrociò le braccia al petto. «In poche parole, vi ascolteremo se ci lascerete vivere. Tutti e quattro.»
«E cosa dovrei dire ai miei cacciatori? Che siamo scesi a patti con il nemico che ho insegnato loro a temere per anni?» Sbottò Colin battendo un pungo sul tavolo.
Non riuscii a trattenere un sussulto a quello scatto di rabbia. Sean invece non ne sembrò assolutamente turbato. Ogni traccia di sarcasmo sparì dal suo viso lasciandovi solo una maschera di fredda insofferenza. «Nessuno ti ha obbligato a dare la caccia ai licantropi, né tantomeno a coinvolgere altre persone.» La sua voce era di ghiaccio, priva di ogni inflessione. «Se adesso non sai gestire la situazione è un tuo problema. Ma non permetterò che tu tocchi il mio branco. Non di nuovo. Non m’importa cosa dovrò fare, tu non alzerai un dito contro di loro. E neanche i tuoi compagni.»
Brian spalancò gli occhi e fischiò sottovoce come in segno di ammirazione. Colin sbiancò di colpo, cosa che mise in risalto le ombre scure che aveva sotto gli occhi.
«Non sono disposto a sopportare oltre. O risolviamo questo cosa nel giro di cinque minuti, o ce ne andiamo.» Aggiunse Sean con quel tono gelido. «Ma voglio farvi una promessa: tornerò da solo e non sarà piacevole. Esattamente come la prima volta.» Detto questo, si appoggiò alla sedia. «A voi la scelta.»
«Questo è un ricatto.» Borbottò Colin accigliandosi.
«Chiamalo come vuoi.» Ribatté Sean stringendosi nelle spalle. «Io la considero sopravvivenza.»
«Colin, sai benissimo che non possiamo competere con loro, non adesso che siamo dimezzati.» Intervenne Brian. «Siamo appena usciti dall’ospedale: come puoi anche solo pensare che possiamo tener loro testa?»
Colin aveva lo sguardo perso nel vuoto. «Siamo cacciatori, è quello che facciamo da anni.»
«Le cose cambiano. Forse è venuto il momento di darci un taglio.» Insistette Brian con voce calma, come se avesse avuto a che fare con un animale spaventato.  Suonava strano detto da un cacciatore che probabilmente aveva ucciso chissà quanti licantropi, eppure c'era qualcosa in lui che mi spingeva a pensare che volesse farla finita con la caccia, che ormai non ci credesse più.
Colin strinse le labbra e si voltò verso di lui. «Hanno ucciso mio padre e molti altri cacciatori.»
«Non loro.» Gli fece notare Brian. «E poi, l’hanno fatto perché noi li stavamo cacciando. Dovevano pur difendersi, no?»
Io e Sean assistevamo a quello scambio di battute sapendo di poter solo aspettare e vedere cosa sarebbe successo. Intervenire poteva peggiorare la nostra già precaria situazione quindi, nonostante ci fosse la nostra vita in gioco, dovevamo solo attendere.
«Se il tuo piano non va in porto, sappi che farò a modo mio. Non lascerò che tocchino ciò che è mio.» Mi avvertì Sean a bassa voce.
Quelle parole avevano un ulteriore significato: non mi sarei potuto opporre, avevo avuto la mia occasione di evitare uno scontro e se non ci fossi riuscito lui avrebbe avuto carta bianca. Era una situazione che avevo già messo in conto, ma continuava a non piacermi, esattamente come a lui non piaceva la mia idea pacifica.
Avevo provato sulla mia pelle di cosa era capace e potevo solo immaginare cosa avrebbe potuto fare trovandosi di fronte le persone che riteneva colpevoli della morte della sua famiglia e del suo vecchio branco. L’ombra che si intravedeva in fondo ai suoi occhi confermava la mia teoria.
«Lo so.» Mormorai mio malgrado.
«Mi serve del tempo per riflettere.» Dichiarò Colin.
«Non possiamo lasciare le cose a metà. Non siamo giunti a niente oggi.» Protestai.
Lui fece un gesto vago con la mano. «Devo pensare.»
Spostai lo sguardo su Brian in cerca di supporto. Lui sospirò e mi rivolse un debole sorriso fiaccato dalle rughe e dall’espressione stanca. «Ci rincontreremo tra un paio di giorni, vi va bene?»
Lanciai un’occhiata a Sean, che scrollò le spalle con aria indifferente.
«Basta che non ci mettiate troppo.» Commentò.
«Va bene.» Risposi tornando a guardare Brian. «Come ci mettiamo d’accordo?»
«Ve lo farò sapere quando avremo deciso. Useremo un… intermediario.» Spiegò lui.
«Se è armato non tornerà a casa.» Chiarì Sean alzando il mento in segno di sfida.
«Non lo sarà.» Promise Brian guardandolo negli occhi.
Sean non mostrò nessuna emozione, rimase impassibile, cosa che gli riusciva molto bene, e fissò Brian abbastanza a lungo da indurlo ad abbassare lo sguardo.
«Potete andare.» Intervenne Colin senza guardarci e facendo un gesto vago con la mano.
Sean scattò in piedi rischiando di rovesciare la sedia. Gli lanciai un’occhiata sorpresa che lui ricambiò per un attimo prima di voltarsi verso i cacciatori. Aveva la mascella contratta, il respiro spezzato e l’aria di essere al limite della sopportazione. Mi alzai anch’io e per un attimo provai l’impulso di mettergli una mano sul braccio e tranquillizzarlo, ma mi bloccai: uno come lui non avrebbe gradito. Anzi, c’erano buone probabilità che mettesse in atto una delle sue tante minacce.
Questo, oltre a dimostrare la mia teoria su quanto fosse ancora turbato dai dolori del passato, creava un ulteriore problema: stavamo cercando di scendere a patti con i cacciatori, le persone che odiava di più al mondo, quindi era più che normale che il suo rancore e la sua rabbia stessero crescendo. Il che significava che sarebbe stato più suscettibile di quanto non fosse già e io mi sarei dovuto impegnare il doppio per evitare uno scontro, o comunque l’uso della violenza, da entrambe le parti.



SPAZIO AUTRICE: Ehilà!
Di nuovo in ritardo, ma ho aggiornato. Giovedì, ovvero il 15 ricomincerò la scuola quindi può darsi che passi più tempo tra un aggiornamento e l'altro - questo ovviamente vale anche per SIN - ma vi prometto che arriveranno, sempre e comunque.
In questo capitolo ho voluto farvi dare uno sguardo più interno a quelle che sono le trattative tra cacciatori e licantropi. E anche al rapporto che si sta creando piano piano tra Sean e Adam: la fiducia manca ancora, ma sembra che siano sulla buona strada per trovare un'intesa.
A proposito, volevo chiedervi: come li vedete Scarlett e Nathan insieme? Sì, lo so, ora è troppo presto e c'è Adam, ma in futuro? E invece Adam e Sean?
Messi così sembrano coppie campate per aria, soprattutto visto che in pratica il rapporto tra gli Adamett è stato la colonna portante della storia fino ad ora, ma in un possibile sequel in cui avessero spazio di crescere e approfondirsi?
Sì, l'idea di un sequel ce l'ho già in mente da un po' e parlandone con quella santa - anche se malvagia e ansiogena - di Christine23 sto cominciando a mettere in fila le idee. Per adesso è ancora molto vaga come cosa, ma mai dire mai.
Vi lascio che sto scrivendo un papiro e spero di ricevere i vostri pareri. A presto!

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