Fumetti/Cartoni europei > Lucky Luke
Segui la storia  |       
Autore: Sherlokette    13/09/2016    1 recensioni
Nella Parigi contemporanea, un ladro misterioso si diletta a rubare gioielli antichi dai musei. Apparentemente inafferrabile, una squadra viene incaricata della sua cattura: Joe, William, Jack e Averell Dalton.
---------
Sono tornata, signore e signori! Dopo un periodo vegetativo sui libri e prossima ormai alla laurea, ecco a voi una storia fresca fresca dalla vostra Sherlokette :)
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Non fu difficile per Jack trovare dei validi elementi per la squadra speciale, così come William individuò con le sue ricerche il più probabile bersaglio per il prossimo furto: in quei giorni a Versailles si sarebbe tenuta una mostra speciale su un tesoro, da lungo tempo considerato perduto, ripescato dal fondo del mare, al largo delle coste del Portogallo. Stabilito che si trattava di un tesoro trasportato da un galeone francese, esso era stato riportato in patria e restaurato: oro e argenti, piatti, coppe e gioielli di bellissima fattura resi disponibili al pubblico dopo mesi, assieme alla nave ricostruita, nelle sale dell’antica reggia reale.
Di sicuro un’occasione così ghiotta non poteva passare inosservata a Lucky Luke. Lo avrebbero finalmente preso!

Ma la sicurezza di Joe vacillò quando ispezionò la squadra cinofila di Averell: non solo era riuscito a procurarsi un solo cane, ma proprio il più stupido che si fosse mai visto!
-Perché hai preso Rantanplan?!?-
Il bastardino marrone dal grosso naso si sentì chiamare in causa, e iniziò a scodinzolare verso Joe.
-Gli altri cani sono impegnati per le operazioni anti-droga. Era rimasto solo lui; ma non preoccuparti, mi obbedisce! Siamo in perfetta sintonia, vero Rantanplan?- sorrise Averell carezzando la bestiola sulla testa.
-Certo, fra un imbecille e un idiota può solo essere vero amore…- mugugnò il maggiore a denti stretti, -Okay, non importa. Gente, posso avere la vostra attenzione? Bene. Grazie a William, siamo stati informati che si terrà un ricevimento in maschera durante la prima sera della mostra. Ci siamo accordati con i membri della sicurezza della reggia di Versailles per operare insieme alla cattura di Lucky Luke. Saremo mescolati alla folla in costume; per l’occasione noleggeremo degli abiti su misura. Anche il cane deve essere in tiro. In sala tattica troverete un fascicolo con tutti i dettagli dell’operazione e una mappa del palazzo e dei giardini, che dovrete studiarvi fino alla nausea. Riunione fra un’ora, rompete le righe. A fra poco.-
Mentre si allontanavano, due agenti si misero a parlottare fra di loro: -E’ vero quello che dicono del detective Dalton.-
-Cioè?-
-Che compensa la scarsa statura con l’autorità.-

 
Quattro giorni di frenetici preparativi animarono il dipartimento: affinché l’operazione, ribattezzata “Masquerade”, fosse un successo, Joe aveva imposto esercitazioni speciali in percorsi studiati in base alla struttura del palazzo. Anche se ad essere sinceri questi allenamenti si svolgevano nella palestra riadattata allo scopo, ma con un po’ di immaginazione poteva funzionare.

Per i costumi si erano rivolti a un sarto che li avrebbe cuciti su misura e modificati in modo da potervi portare al di sotto i giubbotti antiproiettile. Non si poteva mai sapere.
Pierre andò a bussare alla porta dell’ufficio di Joe qualche ora prima dell’inizio dell’operazione: -Signore? Posso entrare?-
-Certo, accomodati!-
L’archivista si bloccò sulla soglia: il detective, in piedi su uno sgabello, era in compagnia del sarto che stava dando gli ultimi ritocchi al costume. Tipico abito settecentesco, con i pantaloni corti fino al ginocchio e la giacca con le marsine, era stato infine decorato su quest’ultima con fili dorati ai bordi e bottoni del medesimo colore.
-Che ne pensi?-
-Mo-molto elegante, signore…- Gerard arrossì violentemente.
-Cosa succede, allora?-
-La… La… Squadra… Attende… In sala tattica…-
-Dì loro che sto arrivando. Ti senti bene?-
Senza rispondere, il collega scappò a testa bassa.
-Che problemi ha il ragazzo?- domandò il sarto.
Joe si limitò a fare spallucce, infilando la maschera in pendant con l’abito: -E’ larga.-

 

L’antica residenza reale, già magnifica durante la giornata, la sera del primo giorno della mostra aveva assunto una specie di aura fiabesca. Per l’occasione erano state attivate le fontane dei giardini, perciò una prima accoglienza era data dai giochi d’acqua nelle grandi vasche; il gorgoglio dell’acqua si mescolava al vociare eccitato degli ospiti vestiti a tema, tuttavia con maschere di ogni genere sul volto: gatti e altri animali, arlecchini, maschere veneziane, a metà del viso o integrali, di tanti colori diversi. La grande piazza che portava all’ingresso principale era gremita fino all’inverosimile; la facciata dell’edificio era illuminata da faretti multicolore che accentuavano l’effetto irreale. L’interno era stato leggermente riadattato per accogliere la mostra, ma lo stile barocco compensava con la sua ricchezza le vetrine decisamente troppo moderne che contenevano i tesori.
Fra gli ospiti allegri si aggiravano come pianificato i fratelli Dalton e la squadra speciale. Rantanplan, che per l’occasione era stato agghindato con un grosso fiocco rosa al posto del collare e tenuto al guinzaglio da Averell, era eccitatissimo, ma non aveva capito niente: “Che bello! Non avevo mai visto delle persone vestite da lampadario; chissà se hanno le lampadine sotto!” Tirò, desideroso di andare a indagare, ma venne trattenuto da Averell:

-Stai buono, dobbiamo fare la guardia!-
-Ragazzi.- Attraverso gli auricolari, Joe si mise in contatto con i fratelli: -Il primo piano è sotto il controllo della squadra A, noi dobbiamo muoverci qui e segnalare qualunque atteggiamento sospetto.- Si aggiustò la maschera e continuò a svicolare tra la folla.
Una raffinata musica classica aleggiava senza sovrastare le voci, risultando quasi fastidiosa alle orecchie del detective.
All’improvviso Joe ebbe come la sensazione di essere osservato. Purtroppo, così bassino, non riusciva a vedere granché oltre le ampie gonne delle signore, perciò dovette farsi largo attorno prima di individuare una figura alta e scura muoversi un po’ troppo in fretta nella direzione opposta a quella della folla.
-Hey, tu!- Dalton corse dietro a quello che identificò come un uomo vestito di nero. Lo inseguì, incurante del fatto che si stava allontanando troppo dai suoi fratelli, ma aveva addosso una strana sensazione e sentiva di doversi fidare di questa.
Si fermò nella splendida Galleria degli Specchi, stranamente vuota. Per chi non lo sapesse, tale zona della reggia deve il suo nome allo spettacolare gioco di specchi e finestre che paiono moltiplicarsi nei riflessi dei primi in una incredibile illusione ottica.
Fu davanti ad una di queste finestre che lo straniero, giunto lì prima di Joe, con grandissima non chalance si voltò in direzione del detective e gli sorrise: -Sì? Ha bisogno di qualcosa?-
Dalton, riprendendo fiato, si soffermò a guardare l’altro: portava una parrucca bianca sotto un cappello a tricorno, e una maschera a mezzo viso a forma di coniglio, nera. Per il resto sembrava aver copiato il costume del detective. Era alto e snello, e aveva un’aura di mistero attorno.
-Signore, posso aiutarla?- domandò ancora lo sconosciuto, cortese.
Joe scoprì di essersi imbambolato a fissarlo, e colto da un attimo di imbarazzo farfugliò: -Oh, no, ehm… Mi scusi, l’ho scambiata per qualcun altro…- Fece per andarsene, ma venne trattenuto da un gentile tocco sulla spalla sinistra: -Un momento! Fa piacere scambiare quattro chiacchiere con qualcuno ad una festa, specialmente se si ha la fortuna di incontrare il famoso Joe Dalton.- Lo sconosciuto aveva una voce bassa e gradevole, ma il detective non si lasciò distrarre, anzi si insospettì: -Mi conosce?-
-Difficile non notarla. La vostra guerra contro Lucky Luke ha fatto il giro dei quotidiani; confesso che seguo con grande interesse le sue indagini.-
Il tono era quello di un gentiluomo. Un affascinante gentiluomo. Joe deglutì, ancora in allerta: -Certo… Sì, è chiaro. Ammetto che mi fa piacere.-
-Ne deduco che si aspetta di vedere qui quel furfante. Teme voglia rubare il tesoro? Perché diciamocelo, le collane delle signore presenti qui stasera sono belle, ma di bigiotteria.-
-Ha occhio.-
-Me ne intendo, diciamo.-
-Ad ogni modo, non posso dire niente, sono informazioni riservate.- Si voltò verso l’uomo, che gli rivolse un enigmatico sorriso: -La negazione è una forma di conferma, non lo sa?-
Dalton arrossì un po’, sperando che la maschera potesse nasconderlo. Non era un mistero per nessuno la sua attrazione sia per il genere femminile che maschile, ma non gli era mai capitato di trovarsi di fronte ad un individuo tanto ammaliante solo con le parole!
Senza perdere l’espressione, l’uomo tornò a guardare fuori della finestra: -Sarebbe un peccato, però, che il trambusto di un furto disturbi una simile atmosfera: è una notte così bella, e Versailles sembra brillare di luce propria. Il vero crimine imputabile a Lucky Luke potrebbe essere rovinare questo momento. Venga a vedere, detective.-
Come ipnotizzato, Joe lo raggiunse. Al di sotto si potevano osservare i giardini.
-Questo luogo era una meraviglia ai suoi tempi e lo è tutt’ora, non crede?-
-Sì, è vero.- Cercando di scuotersi da quella specie di intontimento, Dalton affermò: -Anche se non sono un esperto di monumenti e opere d’arte. E lei?-
-Sono un appassionato lettore, di arte capisco quanto basta, e in un certo senso…- Lo sconosciuto guardò Joe: -Riesco a vedere la poesia ovunque io vada.- Riscuotendosi, guardò un orologio da taschino che trasse fuori dalla giacca: -Temo di essere in ritardo per un appuntamento. Devo defilarmi come il ben noto Bianconiglio, detective Dalton.-
Il modo nel quale pronunciò il suo nome fece arrossire Joe una volta di più: -Ah, beh, ecco, non sia mai che la trattenga; comunque anch’io devo tornare al lavoro.-
Togliendosi il cappello, l’uomo fece un inchino degno di un vero signorotto del Settecento: -Non resta che congedarci qui, detective. Le auguro di catturare il suo ladro.-
Delle grida provenienti dai giardini riportarono Dalton con i piedi per terra: guardando di sotto, vide un gatto, inseguito da Rantanplan, inseguito da una donna inseguita da Averell.
-Mi dispiace, devo…- Quando si voltò, lo sconosciuto era sparito.
-… scappare?- Dimenticandosi dl subbuglio emotivo che gli aveva scatenato quell’incontro, Joe tornò di corsa dai suoi fratelli, e insieme andarono in soccorso di Averell.

 

Passarono le ore, ma Lucky Luke non si fece vedere. La serata trascorse senza segnalazioni o incidenti dopo la corsa di Rantanplan, e Joe cominciò a credere, o quasi, di essersi sbagliato.
Ma il suo istinto gli suggeriva di non demordere.

-Joe, ho sonno…- si lamentò Averell avvicinandoglisi, -Gli invitati stanno andando via; torniamo a casa.-
-Voi andate pure se volete, io resto qui.-
-Sei sicuro?-
-Lui verrà. Deve farlo, me lo sento nelle ossa. A costo di farmi rinchiudere qui dentro tutta la notte, lo aspetterò.-
Non volendo discutere oltre, i fratelli lo lasciarono solo, e così anche la squadra speciale. Piano piano il palazzo si svuotò, e restarono Dalton e il guardiano notturno, un uomo anziano in divisa azzurra con la schiena curva e una barba bianca e folta.
-Lei è una roccia, detective!- gracchiò quest’ultimo in direzione di Joe, muovendosi con passo traballante, -E’ così sicuro di voler rimanere?-
-Assolutamente. Pattuglierò questi corridoi fino allo stremo.-
-O fino all’incontro con la regina.-
-La regina?-
Il vecchio ghignò: -Non conoscete la leggenda del fantasma di Maria Antonietta che si aggira nell’area del piccolo Trianon qui a Versailles?-
-Io non credo ai fantasmi.-
-Fa male. Non è una dama di molte parole, forse perché le mozzarono il collo, ma le assicuro che l’ho vista con i miei occhi, anima in pena colpevole di indifferenza verso il popolo francese.-
-Se sta cercando di spaventarmi, ha sbagliato uomo.-
-Come crede. Io l’ho avvertita. Notte notte…- A passo strascicato, il guardiano sghignazzò e lasciò Joe definitivamente da solo. Le luci si spensero poco dopo.
Nel buio della sala, Dalton cercò di darsi sicurezza stringendo il calcio della pistola con la mano. No, non credeva ai fantasmi, ma ora che la luce proveniente dall’esterno dava a quel luogo antico un’aria spettrale i suoi sensi stavano in allerta.
“Avanti, non scherziamo… Anche se esistessero, gli spiriti non hanno corpo! Sono al sicuro.”
Aggirandosi per i corridoi, con solo il rumore dei propri passi a riecheggiare in quel luogo così grande e maestoso, tornò ad un certo punto nella Galleria degli Specchi. E anche il ricordo del fascinoso sconosciuto, che sembrava uscito da un romanzo d’epoca. Joe non sapeva perché, ma lo paragonò ad una specie di Casanova, tanto bravo con le parole…
“Sono un idiota!” Si schiaffeggiò per tornare in sé; in quel momento udì un suono sospetto: un vetro infranto.
E proveniva dalla sala del tesoro!
Correndo più veloce possibile, Dalton si fiondò sul posto. Vide solo una vetrina rotta e una collana sul pavimento, oltre ad alcuni sostegni vuoti nella teca.
Impugnando la propria arma e tenendola in avanti, il detective si addentrò nel labirinto della mostra, la luce giallastra delle vetrine come unica fonte luminosa. Ispezionò ogni angolo della stanza, ma non c’era nessuno oltre a lui.
“Ma dove si è cacciato?”
Un basso e lugubre ululato lo raggiunse alle spalle, facendogli drizzare i capelli sulla nuca. Voltandosi di scatto, si trovò investito da qualcosa di bianco e gelido, che lo avvolse buttandolo a terra. Fu il panico: era Maria Antonietta?!?
Lui si mise a gridare: -Non mi avrai, maledetto fantasma!!-
Quando tornò alla ragione e tastò ciò che gli era arrivato addosso, si accorse che si trattava solo di un lenzuolo bagnato nell’acqua fredda. Udì un altro vetro rotto.
Fradicio da capo a piedi, maledicendo chiunque avesse organizzato un simile scherzetto, Joe si liberò dalla stoffa e quasi gli mancò il fiato: di fronte a lui, intento a riempire una borsa con i gioielli esposti, c’era un uomo alto e magro completamente vestito di nero e con il passamontagna, munito di una cintura multitasche. Questo si bloccò nel vedersi scoperto, e fissò Joe.
-Lucky Luke!!!- Nel sentirsi nominare, il ladro schizzò via, e Dalton cominciò ad inseguirlo per tutta la reggia. Evitò di sparare, anche solo colpi di avvertimento, perché non voleva rompere qualche oggetto prezioso che neanche in cinquant’anni avrebbe potuto ripagare.
L’inseguimento durò parecchio, alla fine però Joe costrinse il ladro a rifugiarsi nella cappella.
-Mani in alto!- ordinò il detective, puntando la pistola. Lucky Luke non obbedì, limitandosi a girarsi e guardarlo.
-Ti ho sotto tiro, non puoi sfuggirmi stavolta!-
Con una rapidità inumana, il ladro sparò un colpo che andò a disarmare l’altro.
-Detective Dalton. Ancora non hai imparato?-
Quella voce… Lucky Luke non aveva mai detto una parola, ma a Joe quel tono sembrava familiare: -Che cosa?-
-Sono contento che tu ti sia fidato del tuo istinto, anche se speravo di metterti io sulla pista giusta.-
-Di che diavolo parli?-
Con una bassa risata priva di scherno, Lucky Luke poggiò a terra la borsa e mise una mano sul fianco: -Non mi sarei mai permesso di rovinare la festa a tutti.-
Fu la seconda doccia fredda per Joe: -Eri tu… Quella specie di poeta…!-
-Non solo. Ho fatto in modo di seguirti anche dopo la nostra breve chiacchierata, sai?-
-E come?- Non ti ho più visto fra gli invitati.-
-Quale personaggio insospettabile puoi incontrare più facilmente in un posto come questo?-
Ragionandoci un attimo, Dalton sbarrò gli occhi: -Il guardiano…-
-La leggenda è vera, ho solo pensato di sfruttarla per suggestionarti un po’.- Lucky recuperò la borsa, ne trasse fuori un bracciale e lo mise in una tasca della cintura: -Dobbiamo salutarci ancora, credo.-
-Prima dimmi una cosa: come mai hai deciso di parlarmi? Alla festa, qui…-
-Volevo farlo da un po’, in realtà, ma è difficile scambiare due parole con qualcuno quando hai cinquanta agenti che ti puntano addosso i loro fucili…- Si avvicinò, posando fra le mani di Joe la borsa con i preziosi: -Ho quello che volevo. Non sono stato preciso come al solito e ho fatto confusione, ti spiace tenere tu questi ninnoli?-
Senza parole, il detective restò a fissare il criminale avvertendo di nuovo quel senso di fascinazione che lo aveva colpito ore prima.
-Inoltre…- Lucky Luke si chinò leggermente verso l’altro: -Ho rivelato apposta il mio utilizzo di travestimenti.-
-Per rendermi paranoico? Spingermi a non fidarmi di nessuno?- Gli tremò una mano.
-No.- Praticamente sussurrandolo all’orecchio di un ormai color rosso semaforo e innervosito Joe Dalton, continuò: -Perché voglio dimostrarti la mia fiducia, detective.-
-Fiducia?-
-C’è un motivo per il quale rubo. Ti piacerebbe scoprirlo?-
Quel tono di voce avrebbe fatto ribollire il sangue a un cobra.
-Mi farò vivo io.- Allontanandosi indietro di qualche passo, Lucky gettò per terra un fumogeno, che scatenò un attacco di tosse a Joe e lo costrinse a chiudere gli occhi. Quando poté riaprirli, il ladro era scomparso. Lasciò cadere la borsa e andò alla ricerca della sua pistola.
Cosa diavolo era successo? Era stato ipnotizzato? Aveva sognato?
Con mille pensieri che gli giravano in testa e il cuore che non accennava a smettere di martellargli nel petto, andò a sedersi nella prima fila dei sedili e cercò di riprendersi, facendo il punto della situazione.
Primo: avrebbe preso a calci i suoi fratelli per averlo lasciato lì da solo.
Secondo: si sarebbe fatto vedere da un bravo psicanalista, perché doveva essersi completamente bevuto il cervello per essersi fatto stregare così dall’uomo che avrebbe dovuto arrestare!!

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Lucky Luke / Vai alla pagina dell'autore: Sherlokette