Film > Alice nel paese delle meraviglie
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Autore: Fiore del deserto    16/09/2016    4 recensioni
“La vita ogni tanto è una favola che merita un lieto fine.” Alice vive a Londra, confinata da tempo in un’esistenza grigia che non sembra essere nemmeno vita. Tutto questo fino a che non incontra un giovane uomo di origini scozzesi di nome Tarrant Hightopp, una persona dalle caratteristiche particolari che stuzzica la curiosità di Alice. Da quel momento tutto cambia: la presenza di Tarrant fa riaffiorare nella mente di Alice molti ricordi che parevano ormai perduti. L’esistenza di un mondo fatto di meraviglie, la spensieratezza e l’innocenza non più permessa agli adulti, la sete di fantasia e la convinzione di poter credere a sei cose impossibili prima di fare colazione. Grazie a Tarrant, Alice ritrova la voglia di vivere che il Sopramondo le aveva fatto quasi dimenticare. Ma dovrà difendersi dai soprusi di chi non sopporta, chi per indifferenza o chi per malevolenza, la sua felicità.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti voi!
Piano piano, la storia sta prendendo sempre più forma e, lentamente, ci stiamo avvicinando verso il finale.
Certo, mancano ancora alcuni capitoli, ma pian piano ce la si può fare.
Come state andando con la scuola? Dai, che vi sono vicina.
Ma basta con le ciance, vi lascio immergere in questa nuova parte.
Secondo voi... cosa sta tramando il Cappellaio? Il vincitore o vincitrice, in premio riceverà... NON VE LO DICO XD
Un BACIONE e BUONA LETTURA!
 

 
SOTTOMONDO
 
La colpa la attanagliava.
Ogni battito di cuore era una pulsazione di dolore e sofferenza.
I secondi che passavano non furono che un orrendo gorgo oscuro.
Alice trovò solo la forza di piangere.
I suoi occhi si erano arrossati drasticamente, Mirana tentava di placare il suo pianto.
Ma invano.
Il Leprotto tirò su col naso.
- E’ stata tutta colpa mia. – disse con occhi molto colpevoli, attirando l’attenzione di tutti – Se non avessi attaccato quell’omuncolo coi baffi, lui non mi avrebbe sbattuto per terra... e il Cappellaio non lo avrebbe preso a botte... –
Mally consolò il Leprotto.
- No, la colpa è tutta mia: sono stato io a dirti di andare a controllare insieme a me cosa volesse quel furfante. Se ce ne fossimo rimasti nella nostra stanza, non sarebbe accaduto niente di tutto questo. –
Alice si asciugò le lacrime con le dita.
La colpa non era di nessuno di loro, era solo Hamish il responsabile delle sofferenze del Cappellaio.
Alla vista delle torture subite dal Cappellaio, Alice aveva iniziato a perdere il suo spirito combattivo.
Era come se la propria coscienza fosse sprofondata nel grigiore, in una morsa di gelo che non le permetteva di tirare fuori la propria moltezza.
Mirana le carezzò il viso sofferente.
- Le lacrime non ti potranno aiutare, mia cara. Devi affrontare la situazione, se vuoi salvare il Cappellaio. –
Alice guardò la Regina Bianca con occhi gonfi di dolore.
Mally si adirò come non mai, deciso com’era di vendicare il suo amico Cappellaio.
- Dobbiamo tornare nel Sopramondo! Voglio infilzare quel vigliacco con la mia spada! –
Il Leprotto lo spalleggiò.
- Ed io voglio prenderlo a calci  e pugni...Ohi! – nell’agitare le zampe, avvertì un forte dolore alla zampa anteriore fasciata.
Solo Alice non trovava la forza di reagire.
Come se il tempo si fosse fermato, i ricordi le apparvero davanti come una serie di fotogrammi.
La presenza del Cappellaio, che da subito si era dimostrato un amico affettuoso e premuroso, aveva rallegrato le giornate di Alice. Ed era stato proprio grazie a lui se ad Alice era ritornata la fame di fantasia, la voglia di vivere senza vergognarsi di sognare, la sete incolmabile di avventure impossibili.
Proprio nel giorno in cui era riuscita a ricordare quel meraviglioso mondo delle meraviglie che le avevano rubato il cuore, lo stesso giorno in cui si era ricordata dei suoi amici, Hamish era riuscito a strapparle quel momento molto speciale, arrivando a ferire il Leprotto e a condurre il Cappellaio in un’umida e maleodorante cella per essere schernito e umiliato.
C’era un’ultima frase pronunciata dal Cappellaio che le risuonava nella mente. Una frase che non riusciva a spiegarsi: “La vita ogni tanto è una favola che merita un lieto fine.”
Se quella vita era da considerarsi una favola, di certo, quello non era affatto il finale che si sarebbe aspettata.
Prese un bel respiro ed ebbe la forza di smettere di piangere, come le aveva consigliato Mirana.
Guardò alle sue spalle l’acqua della fontana e ripensò alle violenze inflitte al Cappellaio.
No, non doveva assolutamente finire in quel modo.
In un momento di lucidità, Alice guardò i suoi amici.
Se non fosse stato per gli occhi arrossati, avrebbe avuto un’aria davvero minacciosa.
- Tornerò nel Sopramondo e vi riporterò il Cappellaio. –
Con il sostegno di Mirana, Alice disse a Mally e al Leprotto di non seguirla. Avevano già avuto abbastanza guai e la ragazza non se la sarebbe sentita di mettere nuovamente a repentaglio l’incolumità dei due.
Anche se con grande rammarico, Mally e il Leprotto obbedirono.
L’idea di poter fare qualcosa per salvare il Cappellaio, le aveva fatto ritornare la propria moltezza.
Ma non doveva perdere assolutamente tempo, Alice doveva correre.
 
 
SOPRAMONDO
 
Non si sarebbe mai abituata al bizzarro scorrere del tempo tra i due mondi.
Era mattina quando Alice sbucò dalla tana di coniglio, sotto l’albero nodoso.
Qualcosa per terra aveva attirato la sua attenzione: il cilindro del Cappellaio se ne stava adagiato al suolo, dimenticato e abbandonato.
Il Cappellaio doveva averlo perduto mentre veniva trascinato via da Hamish e dagli agenti.
Lo strinse al petto e inspirò intensamente, sentendosi in qualche modo vicina al suo amico.
Poi, ripresasi, con il cilindro tra le mani, Alice proseguì il suo cammino.
Quando Alice tornò nella propria abitazione, l’accoglienza non fu una delle migliori.
Non appena entrò in casa, Alice notò che in compagnia della madre vi era un uomo ben distinto.
Lo riconobbe: era lo stesso uomo che aveva rincuorato il Cappellaio dopo che era stato umiliato dalla moglie di Hamish, l’uomo con la bambina.
Quel signore si presentò come l’avvocato Nathan Clifford.
Alice, inizialmente, non capì il motivo della presenza di quell’uomo.
Proprio quando Alice stava per chiedere spiegazioni, la madre le mostrò una lettera dal Tribunale di Londra indirizzato proprio a lei. Alla signorina Alice Kingsleigh.
In quel foglio, le veniva comunicato in linguaggio glacialmente giuridico di essere accusata di aver coadiuvato con Tarrant Hightopp ad attentare alla vita di Lord Hamish Ascot.
- Che cosa significa tutto questo, Alice? – quasi urlò la madre guardandola con desolazione e frustrazione.
Alice, nonostante tutto, non perse la propria sicurezza.
Non si preoccupò di dirle che quella sera si trovasse in casa del Cappellaio e aggiunse che la colpa fosse solo di Hamish, in quanto lo avesse provocato.
- Hanno detto che ti hanno vista scappare con quell’uomo. – replicò Helen – Vuoi capirlo che non sei in una buona posizione? Ti hanno accusata di complicità. Lo sai cosa significa questo per noi? Hamish sarà in grado di farti perdere ogni cosa. –
Di certo, Helen non aveva rinunciato al suo vecchio stile di vita per poi farsi togliere ogni cosa sudata e sacrificata per colpa di Hamish, non di nuovo.
Alice non si perse d’animo. Per sua fortuna, ci pensò l’avvocato Clifford a placare Helen.
Quest’ultimo, si rivolse alla ragazza con voce calda e rassicurante.
- Signorina Kingsleigh, se le cose stanno come dite voi, allora dovreste fare causa per violazione dei diritti umani. Per non parlare delle minacce. –
Alice si sentì lieta nel sentirlo parlare in quel modo.
- E avrete comunque bisogno di un avvocato. – aggiunse Clifford – Anche perché avete già un processo in corso. –
Nel sapere che si potesse fare qualcosa per salvare giuridicamente il Cappellaio, la moltezza di Alice non fece che incrementare: avrebbe lottato fino alla fine per aiutarlo e sarebbe stata pronta ad affrontare ogni battaglia.
L’Alice moltosa – come il Cappellaio l’aveva definita un tempo – stava ricominciando a vivere.
Clifford le comunicò che fosse possibile andare a trovare il Cappellaio negli orari e nei giorni stabiliti.
Apprese che il Cappellaio fosse stato rinchiuso al Sombergate, un penitenziario al centro di Londra, e Alice era disposta ad andarci al più presto possibile.
Non si dimenticò, di certo, di portarsi dietro il cappello.
 
 
In genere, nel cuore di un recluso vi sono dei forti sentimenti che richiamano la voglia di libertà, la tristezza, la desolazione, soprattutto dopo aver subito orrende torture.
Eppure, niente di tutto questo risiedeva nel cuore e nella mente del Cappellaio.
Era sereno, come se nessun tipo di violenza, fisica e psicologica, lo avessero mai sfiorato.
A farlo sentire bene, era l’idea di sapere che Alice, Mally e il Leprotto fossero fuori pericolo.
Solo questo lo faceva sentire con il cuore in pace.
Grazie a ciò, non aveva paura né del presente, né del seguito.
Le minacce di Hamish gli scivolavano via come pioggia sopra un cappotto impermeabile.
Era così tranquillo da volersi permettere di rimanere sdraiato per terra, disteso a guardare il nudo soffitto, come se si trovasse sopra un tappeto di un verdissimo prato fiorito per contemplare un cielo sereno.
Le ferite gli facevano male, ma la sua voglia di serenità era molto più forte di qualsiasi dolore fisico.
Sanguinanti,e violacee e dolorose ferite si nascondevano sotto i suoi indumenti e se non fosse stato per l’espressione tranquilla dipinta sul suo, si poteva dire che non fossero mai esistite.
Il rumore dei passi di qualcuno avevano attirato il suo udito, ma non la sua attenzione.
Non si scompose minimamente, né si prese la briga di alzarsi in piedi per sapere di chi si trattasse.
- Vedo che non avete ancora imparato l’educazione. – disse la fastidiosissima voce di Hamish – Non si salutano, adesso, i superiori? -
Il Cappellaio, proprio per educazione, non rispose nemmeno.
Hamish lo guardava con aria compiaciuta e, allo stesso tempo, inasprita.
- Mi hanno detto, che ve le hanno suonate come si deve. – Hamish non sopportava il fatto di vederlo così calmo e fece di tutto per punzecchiarlo – Se vi comporterete bene, forse, potreste anche convincermi a mettere per voi una buona parola. - 
Il Cappellaio continuava a rimanersene disteso per terra e, a dimostrazione dell’indifferenza nei riguardi di Hamish, incrociò le gambe e portò le braccia sotto la nuca, simulando di prendere il sole in spiaggia.
In più, per beffeggiarlo, si mise a fischiettare una canzoncina infantile.
Hamish stava per imprecare quando ad un tratto, udendo arrivare qualcuno, frenò la lingua.
Di sicuro, gli parve controproducente per un illustrissimo lord come lui farsi sentire con un linguaggio scurrile davanti ad altre persone. 
Un’espressione inebetita si dipinse sul suo viso quando vide di chi si trattasse.
- V-voi? Signorina Kingsleigh? –
Come una lepre che avverte il pericolo, il Cappellaio si scosse nel sentire quel cognome.
Signorina Kingsleigh? Hamish si riferiva proprio a “quella” signorina Kingsleigh?
Balzò immediatamente in piedi e, con una spina nel cuore, si accorse di avere davanti ai suoi occhi, oltre quelle oscure sbarre di ferro, proprio Alice.
- In persona. – affermò Alice, scortata dall’avvocato Clifford e da una guardia, sicura e combattiva più che mai, senza scollare gli occhi di sfida su quelli di Hamish.
Il Cappellaio, al contrario, assunse uno sguardo colmo di sgomento, come se avesse assistito a qualcosa di molto spiacevole.
Perché Alice era lì? Non doveva essere nel Sottomondo, al sicuro?
- Ed ora vi sarei grata se mi lasciaste da sola con il mio amico. – era molto difficile per lei doversi rivolgere ad Hamish così educatamente, tanta era la voglia di spaccargli il muso, ma il suo avvocato era stato molto chiaro.
Hamish alzò il capo, assumendo i suoi modi cerimoniosi e altezzosi.
Con falsa educazione fece quanto Alice gli avesse chiesto, non scordandosi di lanciare una frecciatina odiosa al Cappellaio.
Gli occhi dischiusi di Tarrant si fecero più sempre più sbigottiti, non accettando il fatto che Alice fosse proprio lì.
Le labbra iniziarono a tremargli e farfugliò parole incomprensibili, evidenziando il suo accento talmente era forte la confusione in lui.
- Alice? Tu... –
Alice non sapeva se sorridergli o se piangere, era confusa quanto lui.
Strinse la tesa del cappello, evitando di sgualcirlo.
Prima di tutto, raccogliendo tutta la ragione che fosse riuscita a trovare, chiese all’avvocato  e alla guardia di lasciarla per un po’ da sola con il Cappellaio.
La guardia, inizialmente, si era rifiutata ma ci aveva pensato Clifford a fargli cambiare idea. Non potevano negare alla sua cliente il diritto di parlare assolo con il recluso.
- Molto bene, signorina. – disse la guardia – Avete solo cinque minuti. Non di più. – detto ciò, si allontanò insieme all’avvocato.
Una volta soli, Alice allungò una mano oltre le sbarre per poter quantomeno carezzare il volto del Cappellaio, come per consolarlo dopo avergli visto subire quelle atrocità.
Ma Tarrant si ritrasse scuotendo disperatamente la testa in senso di negazione, non accettando l’idea che Alice non fosse nel Sottomondo lontana da ogni pericolo.
Il suo sguardo era colmo di sgomento, era come se si trovasse di fronte ad un brutto sogno.
- Cappellaio. – Alice tentava di calmarlo, non sapendosi spiegare cosa gli stesse accadendo – Sono qui per aiutarti. –
Tarrant continuava ad agitare la testa in segno di negazione.
- No, no... – sussurrava come se stesse singhiozzando – Questo non va bene. –
Alice non capiva.
- Tu non dovresti essere qui. – disse tristemente, incurvando le labbra tremanti verso il basso – Ora faccia-molle-Hamish si vendicherà su di te. –
- Non lo farà. – Alice, finalmente, aveva capito la preoccupazione del Cappellaio – Andrà tutto bene, vedrai. Ti tirerò fuori da questa brutta faccenda ad ogni costo. – la sua voce era colma di moltezza, ma il Cappellaio era troppo impensierito per rendersene conto – Non può finire così, Cappellaio. Me l’hai detto tu stesso: “la vita ogni tanto è una favola che merita un lieto fine”. Ed io non permetterò che quel lieto fine ci venga negato. –
Il Cappellaio si era passato un dito alle labbra, come per bloccarne il tremore. Lo sguardo si fece pensieroso.
Rivolse i suoi occhi verdi ad Alice.
- Come sta Thackery? – le domandò a bruciapelo.
- Sta bene. – rispose lei – Ha solo riportato una lieve frattura alla zampa e ha picchiato la testa, ma non è nulla di grave. –
Il Cappellaio ridacchiò appena nel sentirle dire che il Leprotto avesse picchiato la testa, gli pareva una barzelletta. Come se non fosse stato già abbastanza matto, pensò Tarrant.
Alice fece un lieve sorriso quando lo vide ridere, anche se brevemente.
Tarrant tentò di ricomporsi e di riacquistare la propria serenità. Finalmente, si accorse che Alice tenesse tra le mani il proprio cilindro.
- Sei venuta fin qui per aiutarmi... o per riportarmi il cappello? – domandò con fare giocoso.
Alice ammise a sé stessa di riconoscerlo e si sentì placata.
- Tutti e due. – rispose reggendogli il gioco, poi si fece un po’ seria – Cappellaio, io so cosa ti hanno fatto... –
Tarrant raggelò nell’udirglielo dire.
- Ma cosa dici? – scherzava lui, tentando di ingannarla – Non mi hanno fatto proprio niente. Anzi, sai che ti dico? Sto meglio qui che in casa mia: mi danno da mangiare, ho un letto dove dormire e non devo lavorare per vivere, ogni tanto si vedono delle facce nuove... -
Alice non ne voleva sapere di quella falsa consolazione e gli confermò di avere assistito ad ogni cosa tramite la fontana della Regina Bianca.
A quel punto, il Cappellaio dovette arrendersi all’evidenza.
- Stai tranquilla, non è niente. Non fanno male. -
Era un’altra bugia, ma Alice sapeva che glielo avesse detto solo per non allarmarla.
Questo infiammò la sua combattività.
-  Io te lo giuro, Cappellaio: ti tirerò fuori di qui e ti riporterò da Mally e dal Leprotto. Tutti ti stanno aspettando -
Tarrant sorrise.
Purtroppo, il tempo era scaduto e la guardia e l’avvocato Clifford ritornarono.
- La visita è terminata. – disse la guardia con crudezza.
Alice e il Cappellaio provarono una morsa al petto nell’apprendere che non avessero avuto un altro solo minuto a disposizione.
Tuttavia, prima di andarsene, Alice si rivolse alla guardia con estrema educazione.
- Vorrei dare al mio amico il suo cappello... –
Prima che la guardia potesse risponderle, il Cappellaio prese la parola.
- No, Alice. Tienilo tu. – sorrideva lui.
Alice spalancò gli occhi: aveva sentito bene? Il Cappellaio, che lei ricordasse, era molto geloso del proprio cappello. Non avrebbe mai permesso a nessuno di averlo al suo posto.
Perché mai, questa volta, il Cappellaio le aveva dato un permesso simile? Questo era troppo strano.
- Me lo ridarai dopo. – disse Tarrant mantenendo il suo sorriso.
Non sapendosi dare delle risposte, Alice accettò.
Non le sfuggiva niente, per questo, prima di andarsene insieme all’avvocato, Alice ebbe l’impressione che dietro quei grandi ed espressivi occhi verdi del Cappellaio si stesse celando qualcosa.
Che fosse qualcosa di piacevole o no, questo non lo sapeva.
Una cosa era certa: quell’impressione si sarebbe presto rivelata fondata.
 
 
  
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