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Autore: Echocide    17/09/2016    7 recensioni
Quindi se divento più alto di te...tipo così, mi sposerai, vero?
Che ne dici di vedere se quel momento arriverà realmente, tappetto?

Una scommessa fatta ingenuamente, da bambini, lega Adrien e Marinette: purtroppo, però, la vita li divide e i due si perdono di vista, non incontrandosi più.
Dopo sette anni, Adrien torna a Parigi e sembra più che mai determinato a vincere la scommessa che fece da piccolo...
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Vuoi scommettere?
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: romantico, fluff, slice of life
Rating: PG
Avvertimenti: longfic, AU
Wordcount: 1.303 (Fidipù)
Note: E dopo tanto tempo, eccomi di nuovo qua con Vuoi scommettere?. Sembra strano riprendere questa storia e sì, la schifezza che andrete a leggere è il nuovo capitolo, spiacente. Sì, lo so. Tanto tempo di attesa per questa roba. Lo so, lo so.
E vabbè, vi lascio al capitolo ma, come sempre, voglio ringraziarmi per leggere le mie storie, per i commenti che mi lasciate (qui e su FB) e perché inserite queste fanfiction nelle vostre liste.
Grazie grazie grazie grazie grazie di tutto cuore!



Si lasciò andare sul letto, sospirando soddisfatto e girandosi sulla schiena, osservando il soffitto della propria camera: la giornata era andata bene. L’appuntamento con Marinette era andato bene.
Si sentiva parecchio orgoglioso di come era riuscito a far sciogliere la ragazza, tanto che a fine giornata rideva e scherzava con lui.
Sorrise, alzando il braccio destro e contemplando il braccialetto che teneva al polso: allungò la mano opposta, carezzando con l’indice la pietra scura ove era incisa l’impronta felina; sospirò, lasciando cadere la mano sinistra e tornando a osservare interessato il soffitto, sentendo la soddisfazione scivolare via da lui: perché era così complicato avvicinarsi a Marinette? Perché lei aveva eretto quei muri attorno a sé?
Erano domande che si era posto, fin da quando aveva reincontrato la ragazza, ma ancora non aveva trovato una risposta sensata.
E continuare a tormentarsi non avrebbe portato a niente.
A piccoli passi si sarebbe avvicinato alla ragazza e avrebbe distrutto i muri che lei aveva creato.
Sbuffò, alzandosi a sedere e guardando sconsolato la scrivania: doveva fare i compiti. Di matematica.
Doveva di nuovo immergersi in un mondo fatto di formaggi puzzolenti che venivano suddivisi e, quasi sicuramente, era certo che quel maledetto di un Plagg aveva messo qualche esercizio sul calcolo della possibile probabilità di trovare la marca preferita di camembert nel supermercato sotto casa.
Quell’uomo era pazzo.
A ogni esercizio, a ogni ora di lezione, se ne rendeva sempre più conto.
E nessuno lo stava fermando.
Un lungo sospiro lugubre gli uscì dalle labbra, mentre si issava in piedi e si avvicinava, come un condannato al patibolo, alla scrivania: il cellulare, lasciato solo soletto accanto ai libri di matematica, era illuminato e il ragazzo sorrise alla notifica del messaggio che gli era arrivato.
Soprattutto alla vista del nome del mittente.
Fece scivolare il dito sullo schermo, mentre si metteva seduto e lesse le poche parole che la protagonista dei suoi pensieri gli aveva mandato.
Fatti i compiti di matematica?
Cinque parole, una semplice domanda ma che valeva tantissimo perché era il primo passo che lei faceva nella sua direzione.


Sto odiando il camembert. Se lo trovo in un altro esercizio, urlo.
Marinette ridacchiò, leggendo la risposta del ragazzo e si portò il cellulare all’altezza del viso, mordicchiandosi il labbro inferiore mentre pensava a una risposta da dare e sobbalzò dalla sorpresa, quando l’apparecchio vibrò fra le sue mani; lasciò andare il telefono, che cadde sopra il libro di storia, mentre il nome di Adrien appariva a chiare lettere sul display.
Titubante, la ragazza allungò la mano e accettò la chiamata, prendendo poi l’apparecchio e portandoselo all’orecchio: «Pr-pronto?» balbettò, sentendo un sospiro lento dall’altra parte.
«So-sono Ad-Adrien.»
«Idiota.» Il ragazzo ridacchiò e Marinette si lasciò andare contro lo schienale della sedia: «Come sta andando con il camembert?»
«Argh. Non me lo ricordare, per favore.» dichiarò il ragazzo con voce stanca: «Ho iniziato cinque minuti fa e già non ne posso più. Quell’uomo ha dei problemi. Problemi gravi. Dovrebbe farsi curare, andare in terapia e risolvere questa questione del camembert e iniziare a vivere una vita piena senza…»
«Sai che il professor Plagg esce con la professoressa Tikki?»
«Stai scherzando, vero? Quale donna sana di mente vorrebbe avere una storia con questo camembedente?»
«Camambe-cosa?»
«Camembedente, ovvero l’unione di camembert e dipendente.»
«E non potevi dire…»
«No.»
«No cosa?»
«No, non potevo dire camembert-dipendente. Non ha fascino come definizione.»
«Ma è comprensibile.» sbuffò Marinette, scuotendo il capo e studiando il braccialetto, che il ragazzo le aveva comprato poche ore prima: «Comprensibile al resto dell’umanità.»
«Sarebbe troppo scontato, my lady.»
«Co-come?»
«Cosa?»
La ragazza deglutì, inspirando poi profondamente: «Co-come mi hai chiamata?» domandò, mentre uno strano calore le assalì il volto: agitò un mano, cercando di fare un po’ di vento e di ridurre quella sensazione di calura ma fallendo miseramente.
«Mh. My lady?» le chiese Adrien e Marinette quasi se lo immaginò con un sorriso indolente sulle labbra: «Devo dire che è carino come soprannome. Sì, mi piace. Deciso, ti chiamerò così da oggi.»
«Cosa?»
«Da oggi, ti chiamerò my lady. Oppure preferisci un altro soprannome? Mh, magari Patatina del mio cuore?»
«Neanche morta.» sentenziò Marinette e Adrien ridacchiò dall’altro capo del telefono, mentre una nuova ondata di calore la investì nuovamente: «Non ci…»
«Mh. Pucci pucci? Biscottina? Stellina? Non ne trovo uno adatto.»
«Perché? Perché stiamo parlando di questo?»
«Perché i soprannomi sono una cosa carina.» dichiarò prontamente Adrien: «Micetta?»
«Preferisco my lady, a questo punto.»
«E my lady sia.» sentenziò Adrien  contento: «E adesso, mia dolce signora, devo tornare da questi maledetti formaggi o domattina sarò ancora qui. Non credere, preferirei parlare ancora al telefono con te ma…beh, quella roba lì mi attende.»
«Auguri con i compiti.»
«Ne avrò bisogno.» bofonchiò il ragazzo, cambiando repentinamente tono di voce: «Ci vediamo a scuola.»
«Ci vediamo a scuola.»


Marinette tirò rumorosamente su il succo con la cannuccia, ignorando lo sguardo di Alya: l’amica l’aveva invitata a uscire, quella domenica pomeriggio, quasi sicuramente per sapere com’era andato l’appuntamento con Adrien il giorno precedente: «Che c’è?» domandò, posando il bicchiere sul tavolo e notando, solo in quel momento, il sorrisetto che stava piegando le labbra dell’altra.
«Quello è nuovo.» dichiarò spiccia Alya, indicando il braccialetto che la mora indossava: «Non te l’ho mai visto…»
«L’ho preso ieri.»
«L’hai preso o ti è stato preso?»
«Cosa sai?» domandò stancamente la mora, poggiando il volto contro i pugni chiusi e osservando l’amica: «Sono certa che non sei…mh…digiuna, vero?»
«So che stamattina, Adrien e Nino si sono incontrati con i nostri compagni di classe al campetto di calcetto e Nino ha notato un braccialetto simile al polso di Adrien. Il suo, però, era nero e non aveva una…mh. È una coccinella?»
«E’ una coccinella.»
«Ecco, quello di Adrien non aveva una coccinella ma…»
«Ma una zampa felina, vero?»
«Esatto.» annuì Alya, battendo le mani: «Che carini! Vi siete presi i braccialetti uguali! Oh, è il primo passo di ogni coppia, sai?»
«Non siamo una coppia! E poi Adrien li ha presi perché ricordavano dei braccialetti che avevamo da piccoli e…»
«Oh! Li ha presi lui? Che cosa romantica!»
«Perché ascolti solo ciò che vuoi sentire?»
«Seleziono le informazioni e mi fisso su quelle più importanti. Semplici.»
«Comunque Adrien li ha voluti prendere perché, quando eravamo piccoli, ne avevamo due uguali con cui…beh, giocavamo ai supereroi e…»
«Ma quel ragazzo è vero? No, perché Nino certe idee le avrebbe solo durante un trip allucinogeno e…»
«E’ stato carino.»
«Solo carino?»
«Dolce, tenero?»
«Puoi fare di meglio, Marinette.»
La mora sospirò, incrociando le braccia sul tavolo e nascondendo il volto fra di esse: «E’ stato perfetto.» dichiarò, alzando il volto e poggiando il mento sul dorso della mano: «Hai presente quei ragazzi perfetti che vediamo negli anime o nei manga? O in quei drama coreani di cui Rose va pazza? Ecco, è uguale.»
«E?»
«E cosa?»
«Sono certa che questo è un discorso da e…»
«E…» mormorò Marinette, alzandosi e scuotendo il capo sconsolata: «E lui mi sta piacendo. Mi sta piacendo veramente.»
«Beh, è una cosa bellissima, no? Oltretutto…»
«Piace anche a Chloé ed io…» continuò la mora, scuotendo il capo vigorosamente: «Io non posso….io non…»
«Marinette Dupain-Cheng!» la voce di Alya era autoritaria e bloccò l’amica, che portò lo sguardo azzurro su di lei: «Cosa t’interessa di Chloé? Tu piaci ad Adrien, lui piace a te. Dovresti concentrarti solo su questo e ignorare quella reginetta finta bionda.»
«Finta bionda?»
«Sono certa che si tinge, in ogni modo il discorso principale è che dovresti fregartene altamente di Chloé e vivere la tua perfetta storia d’amore con Adrien!»
«Ma…»
«Cosa c’è ora?»
«Come fai a dire che io piaccio ad Adrien?»
Alya inspirò profondamente, poggiando il viso contro i palmi delle mani e fissando l’amica seria: «Dimmi la verità, Marinette. Mi stai prendendo in giro?»

   
 
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