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Autore: Roberto_Yoda    04/05/2009    2 recensioni
Un ultimo addio tra vittima e carnefice. Nei capitoli successivi a quelli della vicenda di Hitomiko, Naraku riceve una visita da un fantasma del passato, rivive eventi da tempo trascorsi ...
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kikyo, Naraku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chiudo questa prima parte della fic con l’episodio 47 dell’anime; il famoso incontro tra Inuyasha e Kikyou sotto il Goshinboku

Chiudo questa prima parte della fic con l’episodio 47 dell’anime; il famoso incontro tra Inuyasha e Kikyou sotto il Goshinboku (rimaneggiato nella versione anime).

 

Glossario:

geisha: la geisha non era, come si pensa di solito, semplicemente una prostituta. Il vocabolo equivalente più adatto che noi possediamo probabilmente è “cortigiana” (anche se l’intrattenimento della geisha comprendeva senz’altro anche quel che state pensando …).

 

La geisha è però anche, curiosamente, la donna che può essere amata. Intendendo con amore un innamoramento sfrenato e passionale differente dal legame tra moglie e marito (nell’ottica giapponese, dell’epoca sengoku in particolare). L’amore così inteso è un sentimento incontrollabile, distruttivo e pericoloso, che fa “perdere la faccia”, inadatto ad una donna perbene, e che un uomo non dovrebbe provare per una donna perbene. Sentimento che perciò può essere riservato, al più, a una geisha. Questo genere di amori raramente si concludeva felicemente. In rari casi l’amante riusciva a raccogliere denaro a sufficienza da ricomprare il contratto delle geisha dal “proprietario” della medesima. Più spesso, gli amanti commettevano un doppio suicidio nella speranza di ritrovarsi in un’altra vita in circostanze più felici.

 

 

 

Le gambe conserte e i gomiti appoggiati al bordo del pozzo mangia ossa, Inuyasha, dopo l’ultimo litigio con Kagome e gli ennesimi rimproveri dei suoi compagni, borbotta tra sé, ammucchiando le sue ragioni come un pirata scalcinato ammucchia un tesoro di nessun valore.

 

E poi è tutta colpa di quel guastafeste di Kouga. Ma prima o poi gliela farà pagare cara.

 

Odore di youkai!?

 

I pensieri spazzati via, si alza con un movimento fluido, i muscoli tesi. Un’ombra gigantesca si proietta a terra. Sollevando la testa, vede lo youkai.

 

Un gigantesco shinidamachu?

 

Ma c’è un altro odore che gli solletica le narici. E quest’odore, non può essere scambiato con nessun altro al mondo.

 

Kikyou sbuca dal bosco, accompagnata dai fedeli shinidamachu, appoggiandosi al suo arco come fosse una stampella.

 

“Kikyou!”

 

La miko solleva lo sguardo stranamente offuscato e, con voce rotta, sussurra. “Inuyasha”. Poi cade a terra.

 

Lo stomaco di Inuyasha si appallottola nel sentirla pronunciare il suo nome e nel vederla così indifesa, smarrita come una bambina, spogliata di quel potere meraviglioso e terrificante che, da quando è tornata in vita, è per lui una minaccia lontana, ma sempre presente in un angolo dei suoi pensieri.

 

Corre verso di lei e la raggiunge in un istante, prendendola tra le braccia. Kikyou socchiude gli occhi con sforzo “Dov’è …?”.

 

Inuyasha vede sopraggiungere sia l’enorme shinidamachu che i saimyoushou, gli insetti velenosi di Naraku, e perciò subito capisce quanto sta accadendo: il suo mortale nemico sta cercando di uccidere Kikyou. La sola idea lo fa impazzire di una frenesia che tiene a freno a stento. Salta via agile, schivando l’attacco dello youkai che piomba dal cielo nel tentativo di divorarli. Corre, scarta, percorrendo per un breve tratto il sentiero nella foresta che conosce così bene; poi devia a destra, immergendosi nella vegetazione, aggira i tronchi, procedendo a zig zag per guadagnare terreno sul suo inseguitore. Quando ritiene di aver messo una distanza sufficiente tra sé e lo shinidamachu, si ferma. Con delicatezza infinita, poggia Kikyou sul tronco di Goshinboku; e, nonostante la concitazione del momento, il suo cuore sussulta quasi di dispetto: vorrebbe tenerla stretta e correre senza mai fermarsi.

 

Poi si gira, come una saetta, ad affrontare il suo ottuso, bestiale avversario. Sfodera Tessaiga e non gli serve più di un colpo per tranciarlo in due.

 

Dal corpo del mostro le anime fuggono, come pioggia che ha dimenticato l’ordine naturale delle cose e dalla terra cade verso il cielo. Gli shinidamachu di Kikyou le afferrano prima che possano disperdersi, e le portano alla loro esausta padrona.

 

 

 

Kikyou aveva capito subito il significato del cielo nero.

 

Naraku vuole la mia vita; o, almeno, quel che ne resta.

 

Questa non era stata una sorpresa. La sorpresa era stata che fosse riuscito a scovare uno shinidamachu di tali dimensioni e, usando i suoi saimyoushou, lo avesse provocato fino a turbare il suo sonno e farlo impazzire, costringendolo a scatenarsi sulla regione come un incontrollabile tornado e divorare tutte le anime che fosse riuscito a trovare.

 

Svelta, aveva raggiunto una stalla e preso il cavallo che vi era ricoverato, perdendo solo il tempo necessario a equipaggiarsi di arco e frecce. Lo shinidamachu avrebbe prestissimo sentito su di lei l’odore di tutte le anime che la sostenevano, e, nella sua fame cieca e irrazionale, si sarebbe messo alla sua ricerca come un lupo.

E, così facendo, Naraku sarebbe riuscito a sbarazzarsi di lei senza turbare l’anima di Onigumo dentro di sé.

 

Era iniziata la cavalcata mentre, come previsto, lo shinidamachu le dava la caccia.

 

Kikyou è una brava cavallerizza, ma seminare un avversario capace di volare e di percepire la sua presenza anche a distanza era impossibile.

 

Stringendo i denti, mentre il cielo attorno a lei si incupiva diventando viola e poi nero, aveva guidato il cavallo affidandosi all’istinto. Infine, aveva raggiunto la cima di una brulla altura che terminava in un dirupo. Fermando il cavallo, era smontata di sella per combattere. L’arco teso, aveva aspettato l’apparizione dello shinidamachu; ma lo youkai, prima di avvicinarsi a portata delle sue frecce, aveva spalancato le fauci risucchiandole alcune anime e privandola delle forze.

Lottando con il proprio corpo intirizzito, si era sforzata di scoccare una freccia che il mostro aveva schivato facilmente, sottraendole poi altre anime.

L’aveva attaccata e lei, impacciata e scoordinata, nel tentativo disperato di schivare l’attacco, era precipitata.

 

Cadendo, rimbalzando sugli spunzoni di roccia, aveva colpito forte il terreno. Si era rialzata, constatando ironicamente come la gabbia infernale che è il suo nuovo corpo fosse in grado di assorbire colpi che l’avrebbero uccisa o gravemente ferita.

Barcollando e inciampando, aveva ripreso la sua fuga, allontanandosi dall’altura dalla quale Kansuke, più di cinquanta anni prima, aveva tentato di ucciderla.

 

Quando aveva raggiunto il pozzo mangia ossa e aveva visto lui, la confusione e la debolezza l’avevano indotta a chiedersi se il tempo non si fosse ripiegato riportandola indietro negli anni.

La Furia era rimasta ammutolita, e lei era stata capace di chiamarlo per nome proprio come avrebbe fatto tanto tempo prima. Poi si era accasciata.

 

Mentre Inuyasha fuggiva tenendola tra le braccia, aveva benedetto la debolezza paralizzante che le impediva il movimento e la parola.

 

Per quanti sforzi abbia fatto, per quanto duramente abbia lottato, quell’odio maligno che la tormenta da quando Urasue l’ha richiamata nel mondo non si lascia scacciare. La sua tamashii è aduggiata da catene di fuoco che non si spezzano.

La battaglia che si svolge nel silenzio della sua anima le toglie le forze, e giorno dopo giorno le sembra di essere, sempre più, logora e polverosa. E anche se la Furia - una parte di lei, ormai - subisce la medesima usura, non per questo allenta la sua presa crudele.

 

Così, sì, aveva benedetto la debolezza che le permetteva di stare tra le sue braccia per qualche minuto senza che questo si trasformasse in un tormento insostenibile per entrambi.

 

Quando Inuyasha aveva ucciso il suo inseguitore, i suoi shinidamachu le avevano portato le prime anime.

 

 

Kikyou apre gli occhi e, ancora confusa, mentre lui si avvicina, chiede “Cosa ci fai qui, Inuyasha?”.

 

“Questo devo chiedertelo io! Cosa ci fai qui, Kikyou?” ribatte lui.

 

Kikyou si sforza di raccogliere le idee. “Lo youkai. Mi stava inseguendo …”

 

“E tu sei venuta qui sapendo che ti avrei salvata!” la interrompe lui, la voce impetuosa e il viso pieno di speranza.

 

E’ così vicino, adesso, che basterebbe poco per abbracciarlo, oppure ucciderlo. Le sue parole la colpiscono come uno schiaffo, mentre si rende conto che forse quel che lui ha detto è vero, e la risposta le sgorga dalle labbra “Non essere stupido, Inuyasha! Sono fuggita, ero disperata, non sapevo dove stavo andando!”.

Lui si ritrae, sussultando, deluso, mentre Kikyou si interroga su quanto ha appena detto. Non è la Furia ad aver parlato, questa volta, ma l’istinto potente a cui lei si è sempre affidata … la trama del Fato che tutto sovrasta … e che non si era mai fatto udire con tanta chiarezza da quando lei è tornata in vita.

 

Il mondo pare rallentare il proprio respiro, come se il Goshinboku su cui la sua schiena poggia, fosse diventato il mozzo sul quale la ruota dell’universo intero gira, lenta lenta.

Catturati da questa sovrannaturale atmosfera, i due restano in silenzio mentre il sole scende sotto l’orizzonte e a illuminarli resta solo la pallida lucentezza della luna e delle anime.

 

 

Inuyasha, come sempre gli accade, non ha occhi che per lei. E ci sono ragioni. Lui ricorda. Non ha certo mentito, quando le disse che non passa giorno senza che pensi a lei.

E da quando è tornata, pensare a lei significa sapere quello che era, e ciò che invece è adesso. Per lui, è un tormento che toglie il fiato.

 

E’ colpa mia. Se lei si è perduta, la colpa è solo mia. Non sono stato capace di proteggerla, e adesso …

 

Anche se adesso lei è così vicina, lui sente che è lontanissima.

 

Da quando Naraku gli si è rivelato, due sono le cacce che ha intrapreso. Una, per scovare lui e ucciderlo.

L’altra.

Deve ritrovarla! Non può accettare l’idea che Kikyou sia scomparsa, perduta per sempre. E’ qui! Davanti a lui! Deve essere da qualche parte. Tutti loro: Kagome, Sango, Miroku, e persino KaedeKaede! … credono che lui non riesca a rassegnarsi e sia solo un patetico stupido.

 

Ma il suo istinto di cacciatore, che mai gli ha mentito, gli dice che lei è semplicemente lì, nascosta da qualche parte … e lui non smetterà di cercare, fino a quando non l’avrà stanata.

E se questo dovesse costargli la vita, non ha importanza.

 

Quando gli è apparsa davanti, ha avvertito quella peculiare eccitazione che prova quando una caccia sta per concludersi.

 

 

Kikyou sente Inuyasha sussurrare. “Cinquanta anni.

 

“A cosa stai pensando?” chiede lei, per poi subito pentirsene. Parlando, avverte con chiarezza di aver spezzato quell’incanto che aveva dato loro l’illusione di aver fermato il tempo.

 

“Sono passati cinquant’anni da quel giorno, ma noi non siamo cambiati.

 

Per un istante Kikyou rabbrividisce, travolta dagli infiniti significati delle parole che Inuyasha ha appena pronunciato. C’è una speranza e una volontà caparbie in quella semplice frase.

 

Tuttavia, decide di intendere quel che lui ha detto nel modo più letterale, e gli risponde con un sorriso sprezzante. “Che parole sciocche. Io sono cambiata! Da quando, cinquanta anni fa, ti sigillai su quest albero.

 

Ancora silenzio, che lei decide di spezzare, approfittando del poco tempo che le resta, prima che la Furia si desti dal suo sonno leggero.

 

“Inuyasha. Dimmi, per quale ragione credi che Naraku ci abbia teso una trappola, inducendoci a odiarci l’un l’altra?”

 

“Per corrompere la Shikon no Tama, spingendo te, che custodivi il gioiello, a odiarmi.”

 

Questa è solo la scusa che ha raccontato a te, e forse anche a se stesso. Anche se non avesse corrotto il mio cuore, gli sarebbe bastato uccidermi e, solo toccando la Shikon no Tama, l’avrebbe immersa nella tenebra.”

“No. Fu Onigumo a costringerlo. Quel che restava della tamashii del bandito era consumata di gelosia, mi voleva per sé; e così Naraku lo combatté nell’unico modo che gli era possibile.”

 

Co … gelosia!? Per un motivo così stupido!?

 

“Sì. Stupido. E anche, molto umano.”

 

Ma allora, cosa prova per te, Naraku? Non vuoi dire che lui … ecco …”

 

“Vuoi sapere se mi ama?” ribatte lei in tono ironico, con un’espressione dura. “‘Amore’ non è la parola più adatta. Ma, sì, dentro Naraku sopravvive il sentimento che Onigumo provava per me. Per sbarazzarsene, Naraku ha cercato di uccidermi.

 

“Basta, Inuyasha.” Continua lei. “Ho recuperato a sufficienza le forze. Ora me ne vado.

Sto scappando? Perché sto scappando?

 

“Aspetta! Kikyou! Cos’hai intenzione di fare!? Vuoi uccidere Narkau? Da sola? No! E’ troppo pericoloso! Non posso permetterlo!”

 

“Inuyasha! Te l’ho già detto in passato. Io, sono una miko. E’ mio dovere … sì, il mio dovere è uccidere Naraku e rimuovere la Shikon no Tama dal mondo!”

 

Il dolore che le costa pronunciare queste odiose verità è sufficiente a risvegliare la Furia che la domina. Con un silenzioso gemito di stanchezza, Kikyou si prepara a combattere, mentre pareti fiammeggianti si levano per imprigionarla di nuovo.

 

 

Inuyasha osserva mentre lei si alza per andarsene ancora una volta. Cerca di trattenerla con le parole; pur sapendo che non sono certo la sua arma migliore. Lei gli risponde con asprezza, e dal suo volto traspare quell’odio che lo fa sentire come morto al solo vederlo. Ma non ha intenzione di recedere; non ora. Perché

(la mia preda sta fuggendo)

questa occasione potrebbe non ripresentarsi più.

 

“Non permetterò a Naraku di averti! Solo io posso proteggerti!” E intanto, avanti un passo, e poi un altro, e un altro ancora.

E lei arretra, cerca di sottrarsi, ma alle spalle ha il Goshinboku

(un buon cacciatore non lascia vie di scampo)

Un ultimo movimento, e la afferra per le spalle stringendola in un abbraccio. Per la prima volta da quando la conosce, non deve avere paura di poterle fare del male con la sua forza.

 

“Sei impazzito! Lasciami andare!”

 

Ma lui non è impazzito. In questo momento, in cui le sue molteplici nature sono saldate in una sola, fiuta una pista che lo sta conducendo all’anima e al cuore di lei, a quel luogo solitario che già una volta lui visitò.

E non esiterà, poiché lui non teme né il ghiaccio né il fuoco.

 

La sente cedere, premergli addosso e … finalmente! … ricambiare la sua stretta.

 

“Sarò io ad uccidere Naraku, Kikyou. Quindi, tu non hai più bisogno di combattere.

“Kikyou. Tu mi dicesti una volta che la mia vita è tua. Ebbene, sappi … anche la tua vita è mia!”

 

 

Mentre Inuyasha la tiene stretta con ferocia, Kikyou avverte la sua fermezza. Questa volta, non la lascerà andare fino a quando non l’avrà ritrovata. Un brivido di speranza e paura la scuote. Ma subito dopo, percepisce il pericolo.

 

La Furia esige che il sangue di lui venga versato. La sua risoluzione non è cambiata. E Kikyou sa di poter resistere ancora per poco, prima di essere sopraffatta. Stringe i denti.

Anche se gli ordinasse di fuggire, sa già bene che lui non lo farà mai.

 

 

Come già gli accadde, Inuyasha ha la sensazione di vedere una stanza. Una stanza all’interno di una casa che va a fuoco, piena di fumo soffocante; e dietro quelle fiamme

 

 

Kikyou può quasi vederlo mentre la cerca. In questo momento, se dovesse chiedergli di morire con lei, lui la seguirebbe senza ripensamenti.

 

Ma gli uomini malvagi … non riescono a comprendere la trama del Fato che tutti ci unisce …corde di uno strumento le cui note sono fatte per intrecciarsi nei modi più impensati …

 

Kikyou fissa la prigione della propria stessa anima. Lui sta per raggiungerla. Ha intenzione di liberarla, come già promise di fare una volta, cinquanta anni prima. Anche se farlo, questa volta significa …

 

e vi sono azioni fatte per frantumare l’armonia e la bellezza. E anche queste note discordanti diffondono vibrazioni, urtando corde sconosciute …

 

Risoluta quanto lui, Kikyou si leva, fronteggiando la belva mostruosa dentro di lei. Per la prima volta da quando la conosce, smette d’un tratto di combatterla.

 

Ne percepisce lo sconcerto immediato; per quale ragione smettere di lottare, proprio ora?

 

e a volte la musica può essere catturata, e da note stridenti possono nascere melodie di sorprendente bellezza …

 

“ … anche la tua vita è mia!”

 

Oh, Inuyasha! Stupido! Stupido sciocco pazzo unico mio …

 

Kikyou si sottrae quanto basta alla sua presa, da guadagnare lo spazio per poggiargli alla gola la punta del pugnale appena estratto dalla manica dell’hitoe dove un tempo era riposto il Kotodama no Nenju. La lama scintilla, attraversata dal suo potere spirituale.

 

 

Inuyasha trema per la sorpresa, dimenticando per qualche secondo di respirare. Nella mano di Kikyou è apparso non sa come un pugnale che lei gli punta contro.

Il suo viso è una maschera di gelido disprezzo, i suoi occhi sono morti come monete scintillanti. E’ sconvolto, disarmato, incapace di muoversi. Per la prima volta nella sua lunga vita, non è neppure più certo dell’infallibilità del suo istinto di predatore.

E le parole di lei lo feriscono come nessuna lama potrà mai fare.

 

“Dunque, non sei poi tanto diverso da Naraku, Inuyasha. Sbuffa. “Gli uomini sono davvero stupidi! Credono che, solo perché abbracciano una donna, questa appartenga a loro! Ora, guardando te, lo capisco davvero. Fintanto che il cuore di Onigumo vivrà dentro Naraku, avrò un’opportunità. L’opportunità di prendermi la mia vendetta e liberarmi del mio dovere.

 

 

Nascosta dietro un travestimento perfetto, Kikyou si abbandona ai vincoli delle passioni di cui è prigioniera.

Anche se il pugnale sfiora appena la pelle di lui, ugualmente si rende conto di quanto è affilato, di quanto in profondità stia tagliando.

Quando ha finito di parlare, i suoi shinidamachu si precipitano tutt’attorno a lei, avvolgendosi al suo corpo, e la sollevano in cielo.

Lui grida il suo nome, ma lei gli risponde solo nel silenzio della propria mente.

Una volta reciso, il filo rosso del destino non può più essere riannodato.

 

 

Quando gli shinidamachu la posano sul folto prato e la privano del loro sostegno, è così stanca e sconvolta da non riuscire a reggersi in piedi. Cade a faccia in giù fra l’erba, esausta e tremante, le dita affondano come artigli nel terreno morbido. Cerca come può di mettere ordine tra tutte le voci chiassose delle anime delle donne morte, di fronteggiare l’assalto rabbioso della Furia ingannata, attingendo a risorse di forza che neppure sospettava di possedere, ma è stanca … oh! tanto stanca …

 

… io sono Tsuyako

 

“Io sono Kikyou.” Risponde al sussurro dell’ennesima tamashii.

 

Lo so. Ed io sono Tsuyako. Vuoi ascoltare la mia storia, giovane miko?

 

Kikyou resta sorpresa. Nessuna tamashii le ha mai parlato in questo modo. Esita; ma, ad ogni modo, è troppo stremata per opporre resistenza. “Ti ascolto, Tsuyako.”

 

Sono nata nella nobile famiglia Takesawa, e sono stata allevata alle onorevoli strade del bushido per diventare una samurai. Ero un’abile guerriera; più di molti tra i miei fratelli. Ah! Mio padre era così fiero di me …

 

Kikyou sorride appena, poggiando sui gomiti e sforzandosi di sollevarsi “Sì. Era così orgoglioso della sua bambina speciale …”

 

Per molti anni, sono stata convinta di avere una vita benedetta dai Kami. Ma, ahime, la ricchezza non è mai stata tra queste benedizioni. Quando mio padre ci informò che avremmo dovuto cedere la casa dei nostri antenati agli avidi mercanti coi quali aveva contratto molti debiti, vidi la vita appassire nei suoi occhi.

Così, feci quel che sapevo ci si aspettava da me. Per difendere l’onore della nostra famiglia, vendetti me stessa come geisha, ben sapendo che le samurai sono, tra tutte le donne, le più preziose. Così, fu possibile saldare gran parte dei debiti.

 

Inginocchiata, Kikyou fruga nella manica fino a trovare il nastro bianco col quale legarsi i capelli; poi porta le mani alla nuca per acconciarli nel nodo così familiare.

Poiché l’onore impone il dovere.”

 

E c’era un uomo – naturalmente. Lo sapevo, amarlo così tanto non è adatto a una donna rispettabile – ma non mi è mai importato. Lui non era ricco – e io non gli avrei mai permesso di rinunciare a tutto quel che aveva pur di riscattarmi.

 

“Sbagliai? Fu mia la colpa?” e intanto stringe il nodo … forte, e ancora di più. “Chiedergli di pagare al mio posto?” La voce di Kikyou inciampa per un attimo “Eppure, non era questa la mia intenzione. Io non ho mai …”

 

Venne a cercarmi tante volte, anche se non aveva il denaro per comprarmi dal mio acquirente. Che sciocco; infine, mi chiese di commettere shinju, il doppio suicidio degli amanti. Ma io, non volevo che morisse. Volevo saperlo vivo. E così …

 

“Così facesti quel che andava fatto. Vivesti.”

 

Con un ultimo sforzo, Kikyou si rimette in piedi. E il nodo è così serrato che, se fosse ancora viva, i suoi occhi si riempirebbero di lacrime per il dolore.

Ma i suoi occhi non sono più fatti per piangere.

E perciò, se adesso si sfiora la guancia con la mano fredda, e la ritrae bagnata, si tratta, certo, solo della rugiada imprigionata tra l’erba sulla quale era sdraiata fino a un attimo prima.

 

 

 

Naraku muove lentamente e con decisione la katana, mentre la lama affilata gli squarcia la pelle e le carni della schiena. Ha visto il salvataggio di Kikyou nello specchio di Kanna, ma quando lei ed Inuyasha si sono abbracciati e un’eruzione di ronzante gelosia gli ha invaso la mente, ha allontanato tutti i servitori e le emanazioni ed ha impugnato la spada.

Inutile cuore umano …

La mascella contratta per il dolore, prosegue nella sua incisione.

No, non è il suo corpo a dolergli. Una ferita del genere non può fargli male. Anzi, nessuna ferita, grazie al suo corpo composito, può fargli male. Il dolore è di tutt’altro genere, e di gran lunga peggiore. Sente Onigumoil mai abbastanza maledetto Onigumo! abbarbicarglisi addosso con un’ostinazione cieca e folle. E per quanto a fondo la lama tagli, il risultato non cambia. Mai.

 

 

 

I suoi passi, dapprima esitanti, si fanno più decisi, mentre il prato si fa via via meno folto e viene sostituito da un terreno brullo e sassoso; quel terreno arido che segna l’imboccatura della cava alla quale non si è più avvicinata da decenni.

 

Poggia la mano alla roccia per reggersi, pervasa da una paura e un disgusto profondi, la testa abbassata, le palpebre serrate.

 

Ma presto, solleva il mento e, indomita e fiera, spalanca gli occhi e varca l’entrata.

 

 

 

Nella mano arrossata di sangue, trattiene le sue stesse carni, su cui campeggia beffarda la cicatrice a forma di ragno.

Dà un’occhiata al cadavere del servitore che ha avuto la pessima idea di presentarsi non invitato al suo cospetto e lo ha visto in questo stato. Non è tanto infastidito dal fatto di averlo dovuto uccidere; è solo uno fra tanti, perciò non è importante.

Quel che lo infastidisce davvero è di essere stato colto nel bel mezzo di un tentativo così … patetico. Il solo pensiero lo riempie di freddo odio. Solo quella donna riesce a umiliarlo così. Deve essere uccisa. Deve essere uccisa assolutamente.

 

 

 

Il suo corpo le sembra più pesante di un macigno, e coprire la distanza di quegli ultimi metri uno sforzo titanico. Infine, si inginocchia su quel che fu l’ultimo giaciglio delle spoglie mortali di Onigumo, sfiorando la terra con le dita.

 

 … paura …

 

“Dunque, anche tu hai paura, vero? Naraku.” Sussurra piano. “E la paura ti ha reso avventato e imprudente, così come accade a chiunque altro. Sorride pallida.

“Sì, Naraku, adesso ti capisco molto meglio di quanto avrei mai potuto, se ti avessi conosciuto in vita.” Rabbrividisce. “Dover vivere giorno per giorno con … questo …” continua, carezzando la terra impregnata delle passioni di Onigumo.

“Bene, dunque. A ciascuno il proprio fardello, Naraku.

 

E tu, Onigumo? Mi vuoi? Certo. Mi trovi anche più bella, non è vero, nella mia nuova forma? Molto bene.

Vincendo una ripugnanza infinita, usando l’odio della Furia, lo spirito di sacrificio della Miko, la passione della Donna, apre il suo corpo di ossa e terra a questa terra nuova.

Quando ha finito, si alza stordita. I morti, ovvio, non soffrono la nausea. Eppure vorrebbe accasciarsi e vomitare fino a svuotarsi e trasformarsi in guscio essiccato.

Trema; e si sente violata così come sono state violate alcune delle donne le cui tamashii hanno trovato rifugio presso di lei.

Ma non ha alcuna intenzione di arrendersi, né di mostrarsi debole. C’è un ultimo confronto che l’aspetta, prima che questa lunga notte abbia termine.

 

 

 

Naraku, seduto a terra, medita sugli ultimi avvenimenti.

 

Non avverte la presenza di lei fino a quando non gli appare davanti agli occhi. Trattiene a stento un’esclamazione. Che ci fa qua?

 

Kikyou lo fissa con un’espressione indecifrabile e spietata; tale da riuscirgli difficile mantenere la propria imperturbabilità.

 

“Suvvia, Naraku. Perché non ti sforzi di sembrare più contento di vedermi? Dopo tutto, sono io, e ho fatto così tanta strada per venire da te.” Sorride un’imitazione perfetta dei sorrisi sarcastici di lui.

“Naraku. Hai pensato che, uccidendomi, ti saresti sbarazzato del cuore di Onigumo che si strugge per me, non è vero?”

 

E quindi?” chiede lui, oziosamente.

 

“Ah, Naraku. Povero, sperduto hanyou. Vuoi così tanto il tuo posto fuori del mondo? Ebbene, sappilo: tu e io siamo simili.” Commenta con aria misteriosa, come se stesse facendo una battuta che solo lei può capire.

 

Naraku si trattiene con uno sforzo dal ribattere. Sa di non doverlo fare, perché lei è l’unica capace di usare le sue stesse armi; e per questo, è l’unica che lui voglia davvero morta.

 

“Solo per gettarmi addosso queste deboli provocazioni hai fatto tutta questa strada, Kikyou? Ora, non penserai certo che ti lascerò andare, vero?”

 

Un disgustoso youkai si fa avanti dalle ombre imprigionate in un angolo della stanza e la attacca. Kikyou neppure accenna a difendersi, ma appena lo youkai la sfiora, un empito di energia travolge la creatura, trasformandola in polvere.

 

Il mio youki, è stato respinto?

 

“Una tua emanazione, vero? Se leverai anche solo un dito su di me, Naraku, questo è il destino che ti attende.

 

Naraku sibila tra i denti una sola parola. “Onigumo.”

 

“Sì. Quando eri conosciuto da tutti solo come Onigumo, e giacevi impotente in quella cava, i tuoi miserabili desideri impregnarono la terra. Terra che ora fa parte del mio corpo.”

“Ricorda. Onigumo non mi vuole morta e mi proteggerà da te. Tienilo bene a mente, Naraku. Non puoi uccidermi. Non fino a quando resterai solo uno hanyou.”

 

 

Mentre Kikyou si allontana dal palazzo di Naraku, e contempla la luna tramontare, la testa piegata come in ascolto, non può fare a meno di chiedersi che cosa la aspetta.

Ha sparso in ugual misura menzogna e verità.

Nonostante le sue ali spezzate, ha volato e danzato sopra e tutt’attorno ai due hanyou che così nel profondo hanno inciso la sua vita e la sua morte. Ma neppure lei può vedere al di là di certi confini. Può solo lasciarsi guidare dalla forza misteriosa che da sempre l’accompagna, che le fa tanta paura e dalla quale una volta cercò così disperatamente di fuggire, perché lei sa quanto può essere amaro e salato il prezzo che viene chiesto di pagare, a coloro che hanno il potere di sciogliere e legare la trama del destino.

 

 

 

@Me91: sembrava di continuare a vedere l’episodio? Splendido xD 

Sì, come vedi il discorso sul Fato ha una sua ragione, e lo riprenderò. Grazie dell’interessamento … ;-) … e ciao!

 

  
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