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Autore: Elpis Aldebaran    04/05/2009    7 recensioni
Raccolta di fanfiction per voglia mia, per compleanni, per eventi, per qualsiasi cosa.
1. Prefazione
2. NejiTen
3. ShikaIno
4. ShikaIno
5. MinatoKushina - Seconda Classificate al contest "MinatoKushina Genin" indetto da Mala_Mela e Rory-chan.
6. NejiTen
7. KibaHina
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kushina Uzumaki, Yondaime | Coppie: Kiba/Hinata, Neji/TenTen, Shikamaru/Ino
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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B a c i o

 

 

 

 

« Ma poi che cosa è un bacio?

Un giuramento fatto un poco più da presso,

un più preciso patto,
una confessione che sigillar si vuole,

 un apostrofo rosa messo tra le parole t'amo. »

[“Cyrano De Bergerac”, Edmond Rostand]

 

 

 

 

La Luna era piena, tonda, bianca.

Si stagliava nel blu della notte, facendo apparire le stelle intorno piccole e insignificanti come moscerini.

Le somigliavano un po’quelle stelle, semplici puntini di luce riflessa, tutte uguali, nessuna che avesse una caratteristica particolare e che la differenziasse dalle altre.

Eppure lui la guardava come se fosse stata la Luna stessa.

Nell’oscurità che li avvolgeva come un manto, tra l’erba alta che accarezzava le loro gambe scoperte, gli occhi di Minato brillavano come zaffiri e la spogliavano di tutti i suoi pensieri. Si chiese se fosse normale che un ragazzo di quattordici anni potesse ipnotizzare una persona in quel modo, provò a darsi anche una risposta, ma tutte le sue facoltà intellettive vennero distrutte in un secondo.

Non ricordava perché erano lì, a notte fonda, in un campo fuori Konoha.

Non ricordava nemmeno perché era iniziato tutto quello. Con Minato.

Ci mancava poco che non ricordasse nemmeno il suo nome, a pensarci bene.

Perché alla luce del sole, sotto gli sguardi attenti degli abitanti del villaggio, lei era solo Kushina Uzumaki, una ragazzina come tante; lui era Minato Namikaze, il ragazzo prodigio. Non avevano veracemente niente da spartire, da condividere, da dirsi.

Perché poi si conoscevano? Se lo ricordava?

Erano sempre stati loro, tutte le estati, quando lei veniva a Konoha con il suo maestro. Litigavano, giocavano, urlavano. A volte facevano anche a botte, tornando a casa col naso sporco di terra e le ginocchia sbucciate.

Poi qualcosa era cambiato; Kushina aveva i capelli più lunghi del solito, portava più spesso le gonne, almeno una volta al mese preferiva non fare il bagno al lago. I suoi fianchi avevano delle curve più armoniose, il petto era più grande e la bocca era più rossa.

Minato cresceva ogni mese di quasi cinque centimetri, le sue spalle erano diventate più grandi e i muscoli delle braccia più definiti. La voce era più profonda, roca, e le guance magre erano ruvide, ricoperte dai primi peli di barba.

Erano sempre gli stessi, non parlavano di niente e discutevano di tutto, mangiavano, dormivano, combinavano guai; era tutto nella norma, niente di più e niente di meno, tutte le estati uguali, sempre lo stesso sole, gli stessi fuori, lo stesso lago, sempre Konoha.

Ma Kushina vedeva Minato, lo vedeva parlare e desiderava inspiegabilmente essere le sue labbra: le osservava rapita, erano sottili e chiare, si sfioravano per pochi istanti veloci, danzavano sulla curva della sua bocca, come delle ballerine. Si distendevano in sorrisi, e come due amanti sfiniti, si riconciliavano quando lui smetteva di parlare e ascoltava il suo interlocutore. Erano perfette, come un puzzle s’incastravano senza intoppo, senza sforzo, perché quello era il loro posto.

Eppure erano le stesse labbra di quando era bambino, sempre loro, immutabili nel tempo, eppure diverse, era come se non le avesse mai viste.

E anche in quel momento, nonostante il buio che le ostacolava la vista, poteva distinguerle davanti a lei, le riconosceva come i due amanti a cui le aveva paragonate quello stesso pomeriggio. Si era domandata se per caso, le anime gemelle, dovessero essere come un paio di labbra, unite nel silenzio, distaccate e sfuggevoli nelle parole.

Minato si accorse del suo sguardo insistente, e prima che se ne potesse rendere conto, la sua mano destra si era già alzata e tremante, in attesa, sospesa nel vuoto e nell’oscurità, voleva provare ad accarezzare i suoi capelli rossi. In tanto anni che si conoscevano, non sapeva nemmeno se fossero morbidi al tatto, profumati, se nel toccarli le sue dita li avrebbero paragonati a qualche stoffa, a della seta forse.

Infine riuscì a sfiorare una ciocca rossa che era sfuggita alle altre, in ordine dietro l’orecchio per non nascondere il viso. Kushina non disse niente, ma senza che lui se ne accorgesse trattenne il respiro, non aspettandosi di trovarselo così vicino; poteva percepire il flebile calore della sua mano. In quella notte estiva, fresca e un po’ umida, sentiva la pelle di Minato che scottava anche a distanza, era come un debole fuoco che le dava l’idea di essere riscaldata seppur minimamente.

Minato cercò di impedire alla sua mano di tremare, e dopo averla sfiorata una, due volte, finalmente prese quella ciocca color del rubino fra le dita, chiudendo gli occhi per sentirne meglio la consistenza. Se la portò vicino al viso, sfiorandola impercettibilmente con le labbra; il profumo dello shampoo, forse di fiori, forse soltanto di Kushina, gli accarezzò il naso con la sua fragranza, rendendolo soddisfatto.

«Minato… io non so… cosa…?» Kushina non sapeva spiegarsi quel momento, era del tutto fuori dalla sua logica, perché non trovava un filo conduttore in tutti quei comportamenti, in quei gesti. Anche il suo stomaco non andava d’accordo col resto degli altri muscoli, si contorceva da solo, senza un motivo apparente.

«Non lo so nemmeno io. Non so più niente.» rispose allora lui, facendo tornare quella ciocca al suo posto, dietro l’orecchio. La punta dell’indice sfiorò appena il lobo, e fu come se si fosse ustionato. Ma non la ritrasse, seguì invece la linea della guancia, scendendo giù per il collo leggermente abbronzato dal sole.

Kushina non staccò nemmeno per un istante i suoi occhi da quelli azzurri del ragazzo, perché sapeva che se li avesse abbassati anche solo per un istante, dopo difficilmente avrebbe trovato il coraggio di riguardarlo.

«Vorrei… poter fare una cosa… ma non so se…»

«Potrei prenderla… male?» chiese lei leggermente spaesata.

Per un istante Minato avrebbe voluto mettersi a ridere di cuore, e forse lo avrebbe anche fatto se la situazione non fosse stata così piena di tensione, di cose non dette e troppe ancora da sospirare.

«Forse. O forse no.»

«Prova.»

Quello era il momento.

Non sapeva come chiamarlo, come definirlo, se in un futuro se ne sarebbe mai ricordato con affetto, con imbarazzo o con rabbia. Ma non era un momento normale, uno come tanti, uno come milioni di altri istanti.

Era IL  momento.

Si abbassò leggermente, avvicinandosi con cautela, non sapendo esattamente come fare, ma certo di farsi guidare solo dal suo istinto.

Kushina chiuse gli occhi, aspettò tre secondi e accadde.

Sentì la leggera pressione delle sue labbra, erano umide ed esitanti; il loro nasi si erano toccati appena e i polmoni aveva smesso di incamerare aria.

Kushina fu disorientata per parecchi secondi, non si rendeva conto di dove fosse, che stesse facendo, se quello davanti a lei fosse Minato oppure un altro ragazzo; si era come pietrificata, le sue braccia erano rimaste immobili lungo i fianchi, il respiro anche. Solo il cuore batteva troppo veloce e con troppo rumore, rimbombava dentro al suo corpo che se fosse stato dentro un forziere in fondo al mare, isolato da tutto.

Si spaventò di tutto questo. Si staccò da Minato all’improvviso, spalancando gli occhi.

Lui rimase ad osservarla mentre con la mano si sfiorava le labbra appena violate.

Evidentemente aveva fatto qualcosa che non andava, perché onestamente si sarebbe aspettato di tutto, ma non una reazione del genere, come se avesse commesso il più indicibile dei peccati. Ne sapeva qualcosa, Jiraya-sama non gli parlava d’altro ultimamente.

«Kushina… io non…» si avvicinò di qualche passo, ma i suoi occhi gli fecero capire che stava facendo la mossa sbagliata.

Lei si riprese, cercando di calmare i battiti ancora accelerati del suo cuore.

Troppo veloce, stava per morire.

«Vado a casa. Ci vediamo domani.» le disse Minato, vedendola in difficoltà. Non sapeva cosa fare, come aiutarla; forse non era nemmeno quello che lei si era aspettata.

Se ne andò calpestando sotto si sé l’erba, lasciando al suo passaggio un solco profondo.

 

 

Kushina aprì gli occhi.

Rimase parecchi secondi a fissare il soffitto della sua stanza, cercando di illudersi senza troppo successo che quello accaduto durante la notte fosse solo un prodotto della sua fervida mente.

Si mise a sedere e raccolse i lunghi capelli in una coda bassa e mal fatta, solo per evitare che le dessero noia al viso; sospirò infine, prendendosi il viso tra le mani.

«Sei tornata tardi.»

La voce di Shiori la fece sobbalzare, facendole produrre un piccolo cigolio del materasso sottostante. Anche lei era a letto, ma sembrava sveglia da molto più tempo; secondo Kushina, era proprio il tipo di ragazza che di solito si può paragonare alla Luna. Era bella, più di tutte le altre sue coetanee compresa lei, un buon ninja e aveva una spiccata intelligenza. Forse un po’ fredda, ma nel complesso era ciò che più si avvicinava alla perfezione.

«Dove sei stata di bello?» continuò Shiori non smettendo di applicarsi lo smalto sulle unghie dei piedi, tranquillamente. Kushina la conosceva abbastanza bene per sapere che le sue erano solo domande di cortesia, perché in verità la compagna di squadra era perfettamente a conoscenza chi aveva incontrato quella notte e dove.

«Se i tuoi occhi potessero parlare, urlerebbero di frustrazione, sai?»

«Dov’è Juro? Abbiamo l’allenamento…»

«Non cambiare discorso.»

Kushina drizzò un sopracciglio stizzita. Non sopportava che qualcuno si facesse gli affari suoi, ma ancora di più non sopportava che qualcuno la obbligasse a parlarne. Si alzò dal letto e senza rivolgere parola alla sua interlocutrice, cominciò a frugare nel suo armadio, alla ricerca della tuta per l’allenamento.

«Invece di evitare di pensarci, parlarne a qualcuno potrebbe essere molto più utile, per trovare le risposte ai tuoi dubbi.»

«Ti ringrazio di tanta generosità, ma non mi serve il tuo supporto psicologico.»

Kushina si tolse di fretta la maglia del pigiama e senza pudori rimase a busto scoperto, mentre cercava di infilarsi il reggiseno in fretta.

Shiori sorrise, soffiando un’ultima volta sulle proprio unghie colorate, e come una ballerina si alzò dal proprio letto, arrivando alle spalle dell’amica. Scostò con gentilezza le sue mani e l’aiutò ad agganciare il reggiseno, indumento ancora angusto per Kushina.

«Dico solo che sei cresciuta. Io me ne sono accorta, Juro e il maestro Akio pure. E ultimamente anche Minato.»

«Non l’ho mai nominato quello, io.»

«Lo so.»

«Come fai a essere così sicura che sia lui, il mio tormento?»

«Segreti del mestiere, Uzumaki.»

Kushina si mise la maglia dell’allenamento, un po’ imbarazzata e con le guance rosse. Non era abituata a questo tipo di discorsi, lei e Shiori non avevano mai affrontato quegli argomenti e non pensava che fosse necessario approfondirli ulteriormente. Cercò di calmarsi, sperando che il rossore apparso sul suo volto fosse già sparito: era giusto mostrare ogni tanto i proprio stati d’animo, ma non davanti a Shiori. Glielo avrebbe rinfacciato a vita.

«Non avevi mai baciato nessuno, vero?»

«Ma che fai, mi segui, dannazione?!»

Kushina le si rivolse scocciata, questa volta seriamente disturbata da quell’aria saccente che aveva la sua compagna.

«Come dicevo prima, tutti si stanno accorgendo che stai crescendo…»

«Mi stai scocciando, non voglio ascoltarti.»

«… l’unica che non si rende conto sei tu.»

Si chiuse i bottoni dei pantaloni con stizza e cominciò a pettinarsi i lunghi capelli rossi.

Shiori si tirò indietro i corti boccoli biondi, sospirando spazientita. Minato era un ragazzo eccezionale, bello e intelligente, il principe che ogni donna avrebbe voluto al proprio fianco; lei compresa era stata conquistata dalla sua persona, era alquanto inevitabile. Kushina poteva averlo.

«Sei una stupida, lo sai?»

«Morirò nella mia stupidità allora.»

«Come vuoi.»

 

La Luna era imperfettamente tonda.

Non brillava come la notte precedente, aveva un biancore pallido, quasi malato, e le stelle intorno ad essa non risplendevano come avrebbero dovuto. C’era solo qualche puntino luminoso, più distante da quel satellite naturale, che invece aveva una luce intensa, gialla, sembrava calda, una piccola pietra d’oro in mezzo a un mare di onde in tempesta, scure.

In mezzo al prato, un albero di pesco riposava silenziosamente e osservava il piegarsi dell’erba al vento estivo; osservava la figura di una ragazza dai capelli rossi che camminava con attenzione, ripercorrendo una scia già tracciata la notte precedente.

Kushina intravide Minato sdraiato per terra e si avvicinò a lui.

Il ragazzo si accorse della sua presenza e si alzò in piedi quando fu abbastanza vicina. Aveva timore di guardarla, paura che il suo sguardo fosse astioso, adirato con lui per ciò che aveva fatto, per quello che aveva spezzato, baciandola.

«Se di nuovo qui.» constatò lei.

«Anche tu.»

E in quell’istante in cui le loro iridi si incrociarono, le mani di Minato si strinsero convulsamente; le labbra di Kushina tremarono appena.

E di nuovo quella strana sensazione di eccitazione, quel groviglio allo stomaco e quel calore che li proteggeva dal freddo esterno tornarono a invadere il loro corpo.

Si avvicinarono senza rendersene conto, tacitamente d’accordo a riprovarci, a voler provare la sensazione di appartenersi, di saggiare le labbra altrui, per verificare se per caso la bocca di Minato avesse trovato la sua gemella in quella di Kushina.

Due centimetri li dividevano, istanti di immobilità assoluta, il respiro che rimaneva sospeso fra le loro bocche, fra le parole che non si erano detti e che potevano tranquillamente aspettare.

Lei si inumidì le labbra, che si schiusero leggere.

Minato si avvicinò, ed ebbe la certezza che non sarebbe stata l’ultima volta.

 

 

 

 

The End

 

 

 

 

 

 

 

 

Note della Squilibrata:

Fic che ha partecipato al contest “MinatoKushina Genin”. E’ arrivata seconda.

Faccio i miei complimenti alla Tya che si è aggiudicata il primo posto e a tutte le altre che hanno partecipato, contribuendo ad aumentare, almeno un poco, le fic su questa bella coppia, sul sito di EFP.

Grazie anche a Mala_Mela e a Rory-chan per aver indetto questo contest.

 

 

Risposte allo scorso capitolo:

hachi92: grazie per i complimenti caraH! Quella fic parlava di fatti realmente accaduti, quindi non posso che essere contenta che la trovi bella come una favola! <3 Non so se sei fan della coppia MinatoKushina, ma spero che leggerai anche questa e magari mi farai sapere. Un bacio!

 

Celiane4ever: Vale, tesoro! Io sarò anche una ragazza che si scorda di tutto e sono molto sbadata (ù_ù), ma anche tu potresti farti sentire, eh! XD Cmq mi fa piacere che ti sia piaciuta la fic e spero che anche questa sia di tuo gradimento, se ti piace la coppia! Fammi sapere, caraH! <3

 

Mimi18: non c’è altro da dire, se non che io sono stata onorata di poter scrivere una tale fic con te protagonista, seppur attraverso Ino. Semmai un giorno la farai leggere ad Andrea voglio sapere la sua reazione, devi promettermelo! XD E anche per il fatto che verrai a trovarmi, maledetta! E sappi che sei sempre nel mio cuoricino, amore della mia vita <3

Dimmi che ti pare di questa, va… non farmi cadere nel melenso! XD

 

Kaho_chan: Kaho! E’ sempre un piacere trovarti fra chi recensisce: non so, dai soddisfazione! XD Sono contenta che ti sia piaciuta e spero che anche questa possa essere di tuo gradimento, se ti piace la coppia <3
Ciao e fammi sapere!  

   
 
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