B a c i o
« Ma
poi che cosa è un bacio?
Un
giuramento fatto un poco più da presso,
un
più
preciso patto,
una confessione che sigillar si vuole,
un apostrofo rosa messo tra
le parole
t'amo. »
[“Cyrano
De Bergerac”, Edmond Rostand]
La
Luna era piena, tonda, bianca.
Si
stagliava nel blu della notte, facendo apparire le stelle intorno
piccole e
insignificanti come moscerini.
Le
somigliavano un po’quelle stelle, semplici puntini di luce
riflessa, tutte
uguali, nessuna che avesse una caratteristica particolare e che la
differenziasse dalle altre.
Eppure
lui la guardava come se fosse stata la Luna stessa.
Nell’oscurità
che li avvolgeva come un manto, tra l’erba alta che
accarezzava le loro gambe
scoperte, gli occhi di Minato brillavano come zaffiri e la spogliavano
di tutti
i suoi pensieri. Si chiese se fosse normale che un ragazzo di
quattordici anni
potesse ipnotizzare una persona in quel modo, provò a darsi
anche una risposta,
ma tutte le sue facoltà intellettive vennero distrutte in un
secondo.
Non
ricordava perché erano lì, a notte fonda, in un
campo fuori Konoha.
Non
ricordava nemmeno perché era iniziato tutto quello. Con
Minato.
Ci
mancava poco che non ricordasse nemmeno il suo nome, a pensarci bene.
Perché
alla luce del sole, sotto gli sguardi attenti degli abitanti del
villaggio, lei
era solo Kushina Uzumaki, una ragazzina come tante; lui era Minato
Namikaze, il
ragazzo prodigio. Non avevano veracemente niente da spartire, da
condividere,
da dirsi.
Perché
poi si conoscevano? Se lo ricordava?
Erano
sempre stati loro, tutte le estati, quando lei veniva a Konoha con il
suo
maestro. Litigavano, giocavano, urlavano. A volte facevano anche a
botte,
tornando a casa col naso sporco di terra e le ginocchia sbucciate.
Poi
qualcosa era cambiato; Kushina aveva i capelli più lunghi
del solito, portava
più spesso le gonne, almeno una volta al mese preferiva non
fare il bagno al
lago. I suoi fianchi avevano delle curve più armoniose, il
petto era più grande
e la bocca era più rossa.
Minato
cresceva ogni mese di quasi cinque centimetri, le sue spalle erano
diventate
più grandi e i muscoli delle braccia più
definiti. La voce era più profonda,
roca, e le guance magre erano ruvide, ricoperte dai primi peli di barba.
Erano
sempre gli stessi, non parlavano di niente e discutevano di tutto,
mangiavano,
dormivano, combinavano guai; era tutto nella norma, niente di
più e niente di
meno, tutte le estati uguali, sempre lo stesso sole, gli stessi fuori,
lo
stesso lago, sempre Konoha.
Ma
Kushina vedeva Minato, lo vedeva parlare e desiderava inspiegabilmente
essere
le sue labbra: le osservava rapita, erano sottili e chiare, si
sfioravano per
pochi istanti veloci, danzavano sulla curva della sua bocca, come delle
ballerine. Si distendevano in sorrisi, e come due amanti sfiniti, si
riconciliavano quando lui smetteva di parlare e ascoltava il suo
interlocutore.
Erano perfette, come un puzzle s’incastravano senza intoppo,
senza sforzo,
perché quello era il loro posto.
Eppure
erano le stesse labbra di quando era bambino, sempre loro, immutabili
nel
tempo, eppure diverse, era come se non le avesse mai viste.
E
anche in quel momento, nonostante il buio che le ostacolava la vista,
poteva
distinguerle davanti a lei, le riconosceva come i due amanti a cui le
aveva
paragonate quello stesso pomeriggio. Si era domandata se per caso, le
anime
gemelle, dovessero essere come un paio di labbra, unite nel silenzio,
distaccate e sfuggevoli nelle parole.
Minato
si accorse del suo sguardo insistente, e prima che se ne potesse
rendere conto,
la sua mano destra si era già alzata e tremante, in attesa,
sospesa nel vuoto e
nell’oscurità, voleva provare ad accarezzare i
suoi capelli rossi. In tanto
anni che si conoscevano, non sapeva nemmeno se fossero morbidi al
tatto,
profumati, se nel toccarli le sue dita li avrebbero paragonati a
qualche
stoffa, a della seta forse.
Infine
riuscì a sfiorare una ciocca rossa che era sfuggita alle
altre, in ordine
dietro l’orecchio per non nascondere il viso. Kushina non
disse niente, ma
senza che lui se ne accorgesse trattenne il respiro, non aspettandosi
di
trovarselo così vicino; poteva percepire il flebile calore
della sua mano. In
quella notte estiva, fresca e un po’ umida, sentiva la pelle
di Minato che
scottava anche a distanza, era come un debole fuoco che le dava
l’idea di
essere riscaldata seppur minimamente.
Minato
cercò di impedire alla sua mano di tremare, e dopo averla
sfiorata una, due
volte, finalmente prese quella ciocca color del rubino fra le dita,
chiudendo
gli occhi per sentirne meglio la consistenza. Se la portò
vicino al viso,
sfiorandola impercettibilmente con le labbra; il profumo dello shampoo,
forse
di fiori, forse soltanto di Kushina, gli accarezzò il naso
con la sua
fragranza, rendendolo soddisfatto.
«Minato…
io non so… cosa…?» Kushina non sapeva
spiegarsi quel momento, era del tutto
fuori dalla sua logica, perché non trovava un filo
conduttore in tutti quei
comportamenti, in quei gesti. Anche il suo stomaco non andava
d’accordo col
resto degli altri muscoli, si contorceva da solo, senza un motivo
apparente.
«Non
lo so nemmeno io. Non so più niente.» rispose
allora lui, facendo tornare
quella ciocca al suo posto, dietro l’orecchio. La punta
dell’indice sfiorò
appena il lobo, e fu come se si fosse ustionato. Ma non la ritrasse,
seguì
invece la linea della guancia, scendendo giù per il collo
leggermente
abbronzato dal sole.
Kushina
non staccò nemmeno per un istante i suoi occhi da quelli
azzurri del ragazzo,
perché sapeva che se li avesse abbassati anche solo per un
istante, dopo
difficilmente avrebbe trovato il coraggio di riguardarlo.
«Vorrei…
poter fare una cosa… ma non so se…»
«Potrei
prenderla… male?» chiese lei leggermente spaesata.
Per
un istante Minato avrebbe voluto mettersi a ridere di cuore, e forse lo
avrebbe
anche fatto se la situazione non fosse stata così piena di
tensione, di cose
non dette e troppe ancora da sospirare.
«Forse.
O forse no.»
«Prova.»
Quello
era il momento.
Non
sapeva come chiamarlo, come definirlo, se in un futuro se ne sarebbe
mai
ricordato con affetto, con imbarazzo o con rabbia. Ma non era un
momento
normale, uno come tanti, uno come milioni di altri istanti.
Era
IL
momento.
Si
abbassò leggermente, avvicinandosi con cautela, non sapendo
esattamente come
fare, ma certo di farsi guidare solo dal suo istinto.
Kushina
chiuse gli occhi, aspettò tre secondi e accadde.
Sentì
la leggera pressione delle sue labbra, erano umide ed esitanti; il loro
nasi si
erano toccati appena e i polmoni aveva smesso di incamerare aria.
Kushina
fu disorientata per parecchi secondi, non si rendeva conto di dove
fosse, che
stesse facendo, se quello davanti a lei fosse Minato oppure un altro
ragazzo;
si era come pietrificata, le sue braccia erano rimaste immobili lungo i
fianchi, il respiro anche. Solo il cuore batteva troppo veloce e con
troppo
rumore, rimbombava dentro al suo corpo che se fosse stato dentro un
forziere in
fondo al mare, isolato da tutto.
Si
spaventò di tutto questo. Si staccò da Minato
all’improvviso, spalancando gli
occhi.
Lui
rimase ad osservarla mentre con la mano si sfiorava le labbra appena
violate.
Evidentemente
aveva fatto qualcosa che non andava, perché onestamente si
sarebbe aspettato di
tutto, ma non una reazione del genere, come se avesse commesso il
più
indicibile dei peccati. Ne sapeva qualcosa, Jiraya-sama non gli parlava
d’altro
ultimamente.
«Kushina…
io non…» si avvicinò di qualche passo,
ma i suoi occhi gli fecero capire che
stava facendo la mossa sbagliata.
Lei
si riprese, cercando di calmare i battiti ancora accelerati del suo
cuore.
Troppo
veloce, stava
per morire.
«Vado
a casa. Ci vediamo domani.» le disse Minato, vedendola in
difficoltà. Non
sapeva cosa fare, come aiutarla; forse non era nemmeno quello che lei
si era
aspettata.
Se
ne andò calpestando sotto si sé l’erba,
lasciando al suo passaggio un solco profondo.
Kushina
aprì gli occhi.
Rimase
parecchi secondi a fissare il soffitto della sua stanza, cercando di
illudersi
senza troppo successo che quello accaduto durante la notte fosse solo
un
prodotto della sua fervida mente.
Si
mise a sedere e raccolse i lunghi capelli in una coda bassa e mal
fatta, solo
per evitare che le dessero noia al viso; sospirò infine,
prendendosi il viso
tra le mani.
«Sei
tornata tardi.»
La
voce di Shiori la fece sobbalzare, facendole produrre un piccolo
cigolio del
materasso sottostante. Anche lei era a letto, ma sembrava sveglia da
molto più
tempo; secondo Kushina, era proprio il tipo di ragazza che di solito si
può
paragonare alla Luna. Era bella, più di tutte le altre sue
coetanee compresa
lei, un buon ninja e aveva una spiccata intelligenza. Forse un
po’ fredda, ma
nel complesso era ciò che più si avvicinava alla
perfezione.
«Dove
sei stata di bello?» continuò Shiori non smettendo
di applicarsi lo smalto
sulle unghie dei piedi, tranquillamente. Kushina la conosceva
abbastanza bene
per sapere che le sue erano solo domande di cortesia, perché
in verità la
compagna di squadra era perfettamente a conoscenza chi aveva incontrato
quella
notte e dove.
«Se
i tuoi occhi potessero parlare, urlerebbero di frustrazione,
sai?»
«Dov’è
Juro? Abbiamo l’allenamento…»
«Non
cambiare discorso.»
Kushina
drizzò un sopracciglio stizzita. Non sopportava che qualcuno
si facesse gli
affari suoi, ma ancora di più non sopportava che qualcuno la
obbligasse a
parlarne. Si alzò dal letto e senza rivolgere parola alla
sua interlocutrice,
cominciò a frugare nel suo armadio, alla ricerca della tuta
per l’allenamento.
«Invece
di evitare di pensarci, parlarne a qualcuno potrebbe essere molto
più utile,
per trovare le risposte ai tuoi dubbi.»
«Ti
ringrazio di tanta generosità, ma non mi serve il tuo
supporto psicologico.»
Kushina
si tolse di fretta la maglia del pigiama e senza pudori rimase a busto
scoperto, mentre cercava di infilarsi il reggiseno in fretta.
Shiori
sorrise, soffiando un’ultima volta sulle proprio unghie
colorate, e come una
ballerina si alzò dal proprio letto, arrivando alle spalle
dell’amica. Scostò
con gentilezza le sue mani e l’aiutò ad agganciare
il reggiseno, indumento
ancora angusto per Kushina.
«Dico
solo che sei cresciuta. Io me ne sono accorta, Juro e il maestro Akio
pure. E
ultimamente anche Minato.»
«Non
l’ho mai nominato quello, io.»
«Lo
so.»
«Come
fai a essere così sicura che sia lui, il mio
tormento?»
«Segreti
del mestiere, Uzumaki.»
Kushina
si mise la maglia dell’allenamento, un po’
imbarazzata e con le guance rosse.
Non era abituata a questo tipo di discorsi, lei e Shiori non avevano
mai
affrontato quegli argomenti e non pensava che fosse necessario
approfondirli
ulteriormente. Cercò di calmarsi, sperando che il rossore
apparso sul suo volto
fosse già sparito: era giusto mostrare ogni tanto i proprio
stati d’animo, ma
non davanti a Shiori. Glielo avrebbe rinfacciato a vita.
«Non
avevi mai baciato nessuno, vero?»
«Ma
che fai, mi segui, dannazione?!»
Kushina
le si rivolse scocciata, questa volta seriamente disturbata da
quell’aria
saccente che aveva la sua compagna.
«Come
dicevo prima, tutti si stanno accorgendo che stai
crescendo…»
«Mi
stai scocciando, non voglio ascoltarti.»
«…
l’unica che non si rende conto sei tu.»
Si
chiuse i bottoni dei pantaloni con stizza e cominciò a
pettinarsi i lunghi
capelli rossi.
Shiori
si tirò indietro i corti boccoli biondi, sospirando
spazientita. Minato era un
ragazzo eccezionale, bello e intelligente, il principe che ogni donna
avrebbe
voluto al proprio fianco; lei compresa era stata conquistata dalla sua
persona,
era alquanto inevitabile. Kushina poteva averlo.
«Sei
una stupida, lo sai?»
«Morirò
nella mia stupidità allora.»
«Come
vuoi.»
La
Luna era imperfettamente tonda.
Non
brillava come la notte precedente, aveva un biancore pallido, quasi
malato, e
le stelle intorno ad essa non risplendevano come avrebbero dovuto.
C’era solo
qualche puntino luminoso, più distante da quel satellite
naturale, che invece
aveva una luce intensa, gialla, sembrava calda, una piccola pietra
d’oro in
mezzo a un mare di onde in tempesta, scure.
In
mezzo al prato, un albero di pesco riposava silenziosamente e osservava
il
piegarsi dell’erba al vento estivo; osservava la figura di
una ragazza dai
capelli rossi che camminava con attenzione, ripercorrendo una scia
già
tracciata la notte precedente.
Kushina
intravide Minato sdraiato per terra e si avvicinò a lui.
Il
ragazzo si accorse della sua presenza e si alzò in piedi
quando fu abbastanza
vicina. Aveva timore di guardarla, paura che il suo sguardo fosse
astioso,
adirato con lui per ciò che aveva fatto, per quello che
aveva spezzato,
baciandola.
«Se
di nuovo qui.» constatò lei.
«Anche
tu.»
E
in quell’istante in cui le loro iridi si incrociarono, le
mani di Minato si
strinsero convulsamente; le labbra di Kushina tremarono appena.
E
di nuovo quella strana sensazione di eccitazione, quel groviglio allo
stomaco e
quel calore che li proteggeva dal freddo esterno tornarono a invadere
il loro
corpo.
Si
avvicinarono senza rendersene conto, tacitamente d’accordo a
riprovarci, a
voler provare la sensazione di appartenersi, di saggiare le labbra
altrui, per
verificare se per caso la bocca di Minato avesse trovato la sua gemella
in
quella di Kushina.
Due
centimetri li dividevano, istanti di immobilità assoluta, il
respiro che
rimaneva sospeso fra le loro bocche, fra le parole che non si erano
detti e che
potevano tranquillamente aspettare.
Lei
si inumidì le labbra, che si schiusero leggere.
Minato
si avvicinò, ed ebbe la certezza che non sarebbe stata
l’ultima volta.
The End
Note
della
Squilibrata:
Fic
che ha partecipato al contest “MinatoKushina
Genin”. E’ arrivata seconda.
Faccio
i miei complimenti alla Tya che si è aggiudicata il primo
posto e a tutte le
altre che hanno partecipato, contribuendo ad aumentare, almeno un poco,
le fic
su questa bella coppia, sul sito di EFP.
Grazie
anche a Mala_Mela e a Rory-chan per aver indetto questo contest.
Risposte
allo scorso
capitolo:
hachi92: grazie per i
complimenti caraH! Quella fic parlava di fatti realmente accaduti,
quindi non
posso che essere contenta che la trovi bella come una favola! <3
Non so se
sei fan della coppia MinatoKushina, ma spero che leggerai anche questa
e magari
mi farai sapere. Un bacio!
Celiane4ever: Vale, tesoro! Io
sarò anche una ragazza che si scorda di tutto e sono molto
sbadata (ù_ù), ma
anche tu potresti farti sentire, eh! XD Cmq mi fa piacere che ti sia
piaciuta
la fic e spero che anche questa sia di tuo gradimento, se ti piace la
coppia!
Fammi sapere, caraH! <3
Mimi18: non c’è altro
da
dire, se non che io sono stata onorata di poter scrivere una tale fic
con te
protagonista, seppur attraverso Ino. Semmai un giorno la farai leggere
ad
Andrea voglio sapere la sua reazione, devi promettermelo! XD E anche
per il
fatto che verrai a trovarmi, maledetta! E sappi che sei sempre nel mio
cuoricino, amore della mia vita <3
Dimmi
che ti pare di questa, va… non farmi cadere nel melenso! XD
Kaho_chan: Kaho!
E’ sempre un
piacere trovarti fra chi recensisce: non so, dai soddisfazione! XD Sono
contenta che ti sia piaciuta e spero che anche questa possa essere di
tuo
gradimento, se ti piace la coppia <3
Ciao
e fammi sapere!