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Autore: Panenutella    22/09/2016    1 recensioni
Sara Vitali è una che scappa: ha lasciato l'Italia, ha cambiato cognome e numero di telefono pur di sfuggire al suo stalker, e si è nascosta a Belfast nella speranza che lui non la trovi mai. Non si fida di nessuno e sente il disperato bisogno di sentirsi al sicuro, protetta e non più sola. E' in questo stato che una sera in un anonimo bar incontra Kit Harington, appena uscito dalla sua relazione con Rose Leslie e nel pieno delle riprese del Trono di Spade. Sara non pensa che da quell'incontro possa cambiare qualcosa, ma scoprirà presto di sbagliarsi.
Nota: il primo capitolo è identico alla prima parte della mia One-Shot "Two stories in the night". Se siete curiosi di leggere anche la seconda, fateci un salto! Grazie in anticipo a chi leggerà.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kit Harington, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Heroes
I, I can remember
Standing by the wall
And the guns, shot above our heads
And we kissed, as though nothing could fall.
And the shame, was on the other side
Oh we can beat them, forever and ever,
Then we could be heroes, just for one day.
- David Bowie
***
Sara
 
- Ehi, sono arrivati Emilia, Kris e David!
È quasi mezzanotte e nonostante l’ora tarda la festa sta cominciando a entrare nel vivo proprio ora: gonfi di cibo e allegri per il vino siamo tutti accalcati, felici e chiacchieroni.
Mi sentirei a disagio se Kit non mi stesse tenendo per mano dall’inizio della serata, ma con lui accanto mi sembra di stare in una campana di vetro, al sicuro.
E i ragazzi del cast fanno morire dalle risate.
Un’ora fa, a un certo punto, io e Kit ci siamo separati e sono rimasta da sola in mezzo alla calca. La cosa sembrava preoccupante, finché non mi si è presentato l’uomo più carismatico e simpatico del mondo: Peter Dinklage, ovvero Tyrion il Folletto. Un personaggio geniale quanto geniale è l’attore che lo interpreta: è alto solo venticinque centimetri meno di me, per cui non mi sembra tanto basso, ma io sono alta undici centimetri meno di Kit, venti centimetri meno di Sophie e ben trenta più bassa di Gwendoline Christie, Brienne di Thart. Ecco, davanti a Gwendoline io sparisco dalla faccia della Terra: Sono alta un metro e sessanta, santo cielo. Portare i tacchi con Kit, tra parentesi, è uno sballo.
Insomma, un po’ per tutti ma soprattutto per Peter, l’altezza non gioca un ruolo importante nella personalità: ha un carattere talmente esplosivo che io e lui ci siamo trovati subito in simpatia e ci siamo persino scambiati i numeri di telefono. Mi ha anche raccontato delle cose interessanti su Kit: si stava giusto spiegando il motivo per cui il culo di Jon Snow che si vede nella caverna non è quello di Kit, quando il mio bel corvo si è materializzato accanto a noi e con una scusa mi ha trascinato lontano da lingue indiscrete.
Prevedo scambi di sms a breve. Forse persino un gruppo whatsapp.
Kit mi trascina verso l’entrata del locale passando accanto a Sophie e Iwan Rheon.
Una bella ragazza bruna sul tacco 12 sfoggiante un grande sorriso si fa largo tra la folla guardandosi in giro e abbracciando tutti, insieme a Kris e David.
Lei e Kit si abbracciano stretti mentre io rimango in disparte a osservarli.
- Emilia posso presentarti Sara, la mia… - trattiene un secondo il respiro. - … Fawny.
Lo sguardo di lei passa da Kit a me e con un altro sorriso mi stringe la mano.
- Ciao Sara, felice di conoscerti finalmente!
- Il piacere è tutto mio, Emilia! Posso dirti che la tua interpretazione di Daenerys è magistrale? È il mio personaggio preferito!
Ride. – Mi fa piacere! Grazie al Trono ho conosciuto le persone migliori del mondo!
Emilia ha i capelli scuri, gli occhi blu, ed è vestita con stile e capi attillati. È sexy da morire.
“Non mi aveva mai chiamato Fawny davanti a qualcun altro”.
- Emilia è la mia migliore amica – Spiega Kit mettendole un braccio intorno alle spalle e gettando un’ondata di gelosia nel mio stomaco.
- Sì, Kit, lo sappiamo tutti che siete pappa e ciccia! – Kris sbuca fra i due con la camicia stropicciata e i capelli in disordine. – Scusatemi se sono arrivato soltanto ora, avevo problemi a casa.
Lo abbraccio chiedendogli che genere di problemi.
- Oh, Kamile ha preso un parassita intestinale e non fa altro che vomitare. Gry è rimasta con lei.
- Mi dispiace molto! Se posso fare qualcosa dimmelo.
- Certo, non preoccuparti!
- Sara non vede mai l’ora di rendersi utile, eh? – David si unisce al gruppo.
- Oh, David, già che sei qui… - lo afferro per un braccio e lo traggo in disparte, abbassando la voce. Lui si china su di me, interessato. – Il 3 agosto si terrà l’udienza contro il mio ex ragazzo e mi hanno chiamato a testimoniare. Per legge non posso sottrarmi. Dovrò partire per l’Italia il 2 agosto. È un problema per te?
- Certo che no, Sara. Con quali accuse è stato arrestato?
- Violazione di domicilio, tentato omicidio e stalking.
David sospira e mi posa una mano sulla spalla. – Chiamami appena avrai testimoniato, facci sapere com’è andata.
- Certo.
Dopo un attimo di esitazione, David mi abbraccia.
 
***
Rose
 
Sto parlando con Pedro Pascal quando il telefonino nella mia borsa inizia a suonare.
Con una scusa qualsiasi mi faccio strada tra la folla ed esco dal locale.
- Pronto? – Rispondo.
- John Doe, investigatore privato al tuo servizio come sempre, Rose. È stata una fortuna che tu abbia scoperto il vero nome della ragazza.
- Dimmi tutto quello che hai scoperto su Sara Cerbiatto all’istante, John. Non ti ho pagato mille dollari per stare sulle spine.
- Allora siediti comoda, tesoro, perché la storia è lunga…
 
***
Sara
 
 
È stata la festa più lunga ed estenuante di tutta la mia vita.
Io e Kit abbiamo due borse sotto agli occhi così grosse che a momenti al check-in ce le contavano come bagaglio a mano. Fare l’amore una volta tornati a casa è stata proprio un’idea geniale… ma bellissima. E aver dormito per tutto il giorno non ha giovato.
A causa di una forte perturbazione, l’aereo su cui stiamo viaggiando alla volta di Reykjavík sta tremando freneticamente a intervalli regolari. Ciò non disturba il sonno dei nostri compagni di viaggio che continuano a riposare sui larghi sedili blu mentre io, sveglissima, stringo un terrorizzato Kit fra le braccia, con la sua testa poggiata sulle mie gambe, tentando di distrarlo come meglio posso. I nostri sussurri, nella luce soffusa della cabina e nel buio della notte, sono solo per noi. Il silenzio assoluto interrotto solo dal rumore dei motori crea un'atmosfera molto intima, nonostante siamo circondati da persone e amici.
Sto accarezzando i suoi ricci, mentre ad ogni sobbalzo lui affonda il viso nel mio addome.
- Non ti ho mai chiesto se credi in Dio. – Domando avvolgendo un riccio intorno a un dito.
- In questo momento moltissimo. – Mi avvolge i fianchi con le braccia muscolose. – E tu?
- Una volta sì…
Un altro tremolio, stavolta più lungo degli altri. Kit mugola.
- Mi sbaglio o volare è la tua più grande paura?
- Diciamo che rientra nella top five, insieme ai ragni, le iniezioni e l’essere sepolto vivo.
- Ne hai nominate quattro. Qual è la quinta?
- Qual è la prima, vorrai dire! – Mi corregge, alzando lo sguardo su di me e accarezzandomi una guancia con un pollice. Un altro tremolio. Fa un grosso respiro e apre la bocca per parlare.
- Aspetta, aspetta, fammi indovinare… - lo interrompo. – Trovare i ladri in casa!
- No.
- Non venire più assunto da nessuno?
- No.
- Le immersioni subacquee!
Ridacchia. – No.
- E allora cosa?
Silenzio.
- Dai, non sarà poi così grave! Qual è la tua più grande paura?
- … Perdere te.
Il suo sguardo scuro e dolce sottolinea ciò che ha detto, zittendomi e rendendomi una statua di sale. Quasi non credo alle mie orecchie. Un altro tremore.
- Dai, dimmi la verità!
- Perdere te – ripete. – È la mia più grande paura.
- Che… che intendi dire?
Sospira. – Solo questo.
Si alza e mi bacia lentamente, con intensità. Il mio corpo risponde immediatamente all’ondata di dolcezza e amore che sento provenire da lui.
Amore.
Ci separiamo e appoggiamo una sull’altra le nostre fronti.
- Forse ho capito cosa intendi…
Kit sorride. L’aereo è scosso un’altra volta dalla turbolenza, ma stavolta lui non sembra neanche accorgersene.
- Kit?
- Mh?
- Ecco, pensi che potrei… essere la tua ragazza?
- YES! – Grida subito prima di tapparsi la bocca. Scansioniamo velocemente la cabina per assicurarci che non abbia svegliato nessuno. Una volta al sicuro, scoppio in una risata silenziosa. – Ti chiedo scusa, ma volevo chiedertelo da molto tempo. – Spiega arrossendo.
- Direi che quindi possa essere ufficiale, no?
- Certo – Sorride, e ci baciamo ancora.
In uno slancio improvviso, il “Ti amo” che stava per uscirmi dalle labbra muore soffocato dalla sua stessa importanza.
Mi accoccolo contro di lui, mormorando:
- Beh, Kit, ci vorrà di sicuro un casino davvero grosso per portarmi via da te.
Sorride ancora e mi stringe fra le braccia, chinandosi su di me come un riccio su se stesso.
 
L’aereo tocca il suolo islandese alle 5.40 del mattino del 29 luglio. Gli arrivi del Keflavik, l’aeroporto internazionale, sono completamente deserti quando passiamo e il sole è già abbastanza alto nel cielo.
I due mesi che passeremo qui saremo come una pallina da ping-pong, passando la notte a fare la spola tra l’albergo in città e le roulotte.
Non so ancora come saranno le roulotte, ma nell’albergo in città abbiamo due interi piani solo per noi.
La cosa buffa? La mia stanza è diversa da quella di Kit.
Nonostante il mio disappunto e le sue insistenze, ho provveduto subito a riempire l’armadio della mia stanza di vestiti. Ma, come ho puntualizzato col “mio ragazzo” – wow -, riempire un armadio non è la stessa cosa che riempire un letto. E poi la mia stanza è un po’ più isolata delle altre essendo l’ultima del corridoio, e quindi un po’ più intima.
I primi giorni li ho spesi a cercare di abituarmi alla bellezza di Reykjavìk, circondata dagli altopiani un po’ innevati, dalle luci serali della città, dalla buona cucina e dalla pazzesca vita notturna. L’aria che si respira, molto più fredda di quella irlandese – cosa che non credevo possibile-, è anche molto più pulita e frizzante rispetto alle altre parti del mondo: a ogni boccata senti i polmoni respirare, letteralmente.
Gli studio islandesi e i set in aperta campagna sono anch’essi molto diversi a cui ero abituata. Le location in cui giriamo, al centronord dell’Irlanda, hanno addirittura qualche grado sotto zero e c’è persino la neve. Negli Studio invece giriamo le scene d’interni.
È un po’ difficile riuscire a dormire in uno spazio stretto come quello della roulotte e con lo scarso calore donato misericordiosamente dalla stufetta accanto alla porta, ma per fortuna Kit – come qualsiasi altro individuo di sesso maschile – è una stufa ambulante. Risultato: gli sto appiccicata come un Koala.
Per quanto riguarda i miei primi giorni da prima costumista della location, non mi aspettavo che fosse così dura riuscire a stare dietro a tutti quanti. L’aiuto di Heida, l’assistente islandese che ho trovato ad aspettarmi nella sala costumi, è molto prezioso.
Insomma, dal primo momento il lavoro è stato duro, le serate piacevoli e le notti riposanti. Ci vuole ancora molto prima che questi due mesi finiscano e che le riprese giungano alla fine, ma sui primi cinque giorni a Reykjavík non ho proprio nulla di cui lamentarmi.
Oggi è sabato 1° agosto, siamo appena tornati dagli Studio e sto cercando di fare la valigia i due giorni che passerò in Italia. L’aereo per Linate parte fra quattro ore, ho relativamente poco tempo per prepararmi, ma conto di restare a Genova il minor tempo possibile. Non vedrò l’ora di tornare qui.
Kit mi ha chiesto se mi va di raggiungerli a mangiare qualcosa nel ristorante dell’albergo, ma l’agitazione mi ha chiuso del tutto lo stomaco. Voleva restare con me, ma siccome stiamo girando la battaglia alla Barriera, il penultimo episodio della stagione, deve mangiare qualcosa. Io posso rinunciare alla buona forchetta, per una volta.
E poi, ho un aereo da prendere.
 
***
Kit
 
Rose sta diventando una presenza ingombrante, da quando abbiamo avuto quella discussione a Belfast.
Seduta a un tavolo diverso dal mio è comunque nel mio campo visivo e io devo faticare per non guardarla.
La bontà del cibo e del vino di certo non aiuta, siamo tutti un po’ brilli.
Finisco l’ultima cucchiaiata di dolce lanciandole uno sguardo di soppiatto. È dalla sera della festa che si comporta in modo strano: parla con chiunque a bassa voce, controllando che non ci sia nessuno a origliare, e poi conclude sempre con un “non dirlo a nessuno”. La cosa non mi piace e il vago sospetto che Sara c’entri qualcosa mi fa stare molto meno tranquillo.
Stasera non c’è neppure Kris: è rimasto con Gry a prendersi cura di Kamile, che ha ancora il virus intestinale. Strano che un virus duri quasi dieci giorni.
Per cui, ci sono poche distrazioni.
Il cameriere arriva al mio tavolo portandomi il dolce che ho fatto impacchettare per portarlo a Sara, su in macchina, e io mi alzo sistemandomi la borsa sulle spalle e mi dirigo verso l’uscita.
Con la coda dell’occhio vedo Rose alzarsi e seguirmi.
Mi raggiunge nell’ascensore. – Ciao, Kit! – Esplode con un gran sorriso. Sembra ubriaca.
- Ciao, Rose, qual buon vento?
- Sto solo andando nella mia camera. – Si toglie il fermaglio dai capelli e li scuote, facendoli ricadere lungo la schiena. – Quello è per Sara?
- Sì, gliel’ho fatto incartare.
- Oggi non ha cenato?
- No, oggi no. Deve prendere un aereo.
- Passi in camera sua a portarglielo?
- Sì, ma prima lascio la borsa nella mia camera.
Le porte dell’ascensore si aprono e io e Rose ci andiamo nella stessa direzione: la mia camera è oltre la sua.
Mi tranquillizzo quando, oltrepassata la sua porta, la sento aprirsi e chiudersi. Tiro un sospiro di sollievo, apro la porta della mia camera ed entro. Poso la borsa a terra e mi tolgo la maglia, rimanendo in canottiera. Qui dentro fa caldo.
- Non hai mai fatto incartare un dolce per me.
La voce di Rose arriva all’improvviso e mi fa raggelare il sangue. Mi volto verso la porta, a cui lei sta appoggiata. Con un sorriso languido, si toglie le scarpe e viene verso di me sbottonandosi la camicetta.
- Rose, cosa vuoi fare?
- Non è ovvio? – Replica con uno sguardo da gatta. – Voglio solo vedere se i miei vecchi trucchi funzionano ancora.
- Non funzioneranno, te lo dico io. – Rispondo indietreggiando verso l’altro lato del letto. – Pensavo di aver messo le cose in chiaro due settimane fa.
Rose lascia cadere la camicia sul pavimento. – Sì, ma i fatti sono diversi dalle parole.
Si avvicina ancora, e io non posso indietreggiare: ho le spalle al muro, letteralmente e metaforicamente.
- Rose, vattene, non comportarti da puttana.
- Mi comporto come mi pare e piace. – Ormai fin troppo vicina a me per i miei gusti mi posa le mani sui fianchi, offrendomi la piena visione del suo decolleté.  
- Non ci casco. – Mormoro furioso.
- Sì invece.
- Rose…
Un movimento fuori dalla porta, una sagoma che si ferma sulla soglia della camera. Quando alzo lo sguardo è già troppo tardi.
Sara, con una valigia accanto, vede Rose mezza nuda avvinghiata a me e non ci mette molto a fare due più due… sbagliando il risultato.
Scandalizzata e ferita, grida:
- COSA CAZZO STATE FACENDO??
   
 
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