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Autore: crazy lion    22/09/2016    5 recensioni
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti raccontati nel libro di Dianna De La Garza "Falling With Wings: A Mother's Story", non ancora tradotto in italiano.
Mancano diversi mesi alla pubblicazione dell’album “Confident” e Demi dovrebbe concentrarsi per dare il meglio di sé, ma sono altri i pensieri che le riempiono la mente: vuole avere un bambino. Scopre, però, di non poter avere figli. Disperata, sgomenta, prende tempo per accettare la sua infertilità e decidere cosa fare. Mesi dopo, l'amica Selena Gomez le ricorda che ci sono altri modi per avere un figlio. Demi intraprenderà così la difficile e lunga strada dell'adozione, supportata dalla famiglia e in particolare da Andrew, amico d'infanzia. Dopo molto tempo, le cose per lei sembrano andare per il verso giusto. Riuscirà a fare la mamma? Che succederà quando le cose si complicheranno e la vita sarà crudele con lei e con coloro che ama? Demi lotterà o si arrenderà?
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo. Saranno presenti familiari e amici di Demi. Anche per loro vale questo avviso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Joe Jonas, Nuovo personaggio, Selena Gomez
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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Aggiorno in anticipo, come al solito XD.
 
AVVISO IMPORTANTE: a causa dell'inizio dell'università, non potrò più aggiornare ogni settimana. Sarò troppo presa dalle lezioni, gli esami da terminare e la tesi da preparare, per cui aggiornerò ogni due. Mi dispiace tantissimo perché i capitoli sono tanti e così andrò più a rilento, ma purtroppo non posso fare altrimenti.
Mi sono portata avanti con la scrittura dei capitoli successivi per fare in modo che, per un bel po', potrò pubblicare, anche nei periodi nei quali non potrò scrivere. Lavorerò anche in questi giorni per andare avanti con la storia e aggiornerò due volte al mese, lentamente, ma, spero con tutto il cuore, costantemente. Non vi abbandonerò e non abbandonerò i miei personaggi, comunque, anche se per un periodo non potessi continuare.
 
Ringrazio tutti i lettori silenziosi e le mie lettrici adorate che mi lasciano le loro fantastiche recensioni:
- _fallingtopieces_, che mi fa emozionare con i suoi commenti
- MaryS5, che è sempre dolcissima e gentilissima. Sei meravigliosa. <3
- Irene3, che mi ha lasciato solo una recensione ma che spero me ne darà altre
- Alex___, che ha cominciato la storia da pochissimo, ma che la apprezza e questo mi fa felice. Grazie cara!
- MissCadaverus, che mi ha lasciato una bellissima recensione facendomi alzare l'autostima, sul serio e che spero di rivedere presto
- Niky_94, alla quale dedico questo capitolo con tutto il mio affetto. Sto cominciando a conoscerti meglio, Niky e sei una persona fantastica!
 
A tutti, buona lettura!
 
 
Il dolore se condiviso si dimezza.
La gioia se condivisa si raddoppia.
(San Tommaso)
 
 




51. UNA SPERANZA PER CARLIE
                  
Mancavano pochi giorni alla fine di novembre.
Da qualche tempo Andrew avvertiva uno strano malessere, che aumentava quando andava a trovare la sorella. Provava un forte senso di nausea e di ansia dalla mattina alla sera e la notte faceva fatica ad addormentarsi. Quando finalmente ci riusciva, il sonno non lo ristorava, anzi. Si svegliava anche dieci volte e rimaneva a fissare il soffitto, non pensando a nulla in particolare. Non capiva da che cosa fosse generata tutta quell'apprensione. In fondo, lui non era di certo una persona ansiosa. Sì, si preoccupava se la sorella peggiorava, o se le cose  al lavoro andavano male, spesso era stressato per gli orari pesanti che faceva o se non riusciva ad aiutare in modo adeguato un suo cliente perché le cose si complicavano, ma essere ansioso non era certo una delle sue caratteristiche predominanti. Anche nelle situazioni più difficili, se ci riusciva, cercava di mantenere un certo autocontrollo, ma da qualche giorno tutto questo non stava più
accadendo.
"Ancora documenti da preparare!" esclamò, guardando le scartoffie ammontate sulla sua scrivania.
"Collega, ti serve una mano?"
Bill Thompson, un altro avvocato che lavorava in quello studio legale, entrò nell'ufficio di Andrew senza nemmeno bussare.
"Ciao anche a te, Bill" gli rispose questi, gentile. "Come va?"
"Andrebbe meglio se tu non fossi in questo ufficio, comunque diciamo che la faccio andare bene."
"Anche a me piacerebbe che non mi girassi sempre intorno per sfottermi."
"Oh, siamo acidi oggi, eh?"
L'uomo si avvicinò a lui e Adndrew poté guardarlo meglio. Era davvero molto alto. Ogni volta che lo guardava si stupiva della sua altezza. Sarà stato alto quasi due metri, ci scommetteva. Aveva i capelli nerissimi pieni di gel - come al solito - e la barba molto lunga. Avrebbe fatto meglio a radersela, ma non glielo disse.
Andrew non aveva mai capito perché Bill l'avesse così tanto in antipatia. Erano tutti e due bravi avvocati e anzi, Bill era lì da molto tempo prima di lui, era più anziano e aveva dunque più esperienza. Ad Andrew non era mai interessato molto approfondire la questione, ma immaginava che l'uomo fosse invidioso perché Andrew, in quanto a bravura come avvocato, era quasi al pari di lui. In ogni caso, l'antipatia era stata reciproca fin dall'inizio, anche se Andrew cercava sempre di essere gentile con lui. Quel giorno non lo era stato e si vergognò del modo nel quale si era espresso, ma stava troppo male per pensare bene a ciò che diceva.
"Scusa" gli disse poi, sforzandosi di sorridere.
"Non ti preoccupare. Mi stavo chiedendo se ti serviva una mano al caso a cui stai lavorando. Se vuoi che ti dia qualche consiglio io ci sono."
"No, Bill, grazie ma non ti serve nessun aiuto. Ce la sto facendo benissimo da solo. Sono solo molto stanco, tutto qui."
"Va bene, come vuoi. Pensavo solo che un avvocato molto più bravo di te potesse riuscire a risolvere più in fretta quel caso di quanto farai tu."
"Bill, non sopporto quando ti comporti in questo modo. Che diavolo vuoi? Vuoi farmi capire che sei più bravo di me, che sei il migliore? Va bene, sì, sei davvero un bravo avvocato, lo ammetto, ma credo che se la smettessi di rimarcare ogni volta il fatto che hai più esperienza di me, di sminuirmi e di voler essere costantemente in competizione con me - cosa che io non desidero affatto perché il mio unico obiettivo è fare bene il mio lavoro -, saremmo tutti e due più felici. Lavoreremmo anche meglio, non credi?"
Gli aveva ripetuto quel discorso migliaia di volte, ormai e ogni volta sperava che l'uomoavrebbe capito, ma dopo un po' ricominciava a fare i soliti, odiosi discorsi, per ciui ormai Andrew aveva perso le speranze e non credeva che le cose, tra loro, sarebbero cambiate.
"Cosa c'è, Andrew, sei preoccupato per tua sorella?" gli domandò l'uomo, con durezza, pronunciando la parola "sorella" con un'asprezza tale che Andrew impallidì, domandandosi come facesse a sapere di Carlie e cosa c'entrasse questo con il discorso che stavano facendo.
"Bill, come cazzo fai a sapere di Carlie?" ruggì.
Non poteva averglielo detto nessuno. I suoi colleghi e il capo non sapevano nulla.
"Ho sentito che parlavi al telefono con qualcuno qualche giorno fa, credo fosse un medico."
Gli spiegò di averlo visto all'entrata intento a parlare ad uno dei telefoni dell'ufficio con una persona. Il regolamento dello studio legale vigeva che non si potevano fare telefonate personali in servizio e Bill avrebbe voluto ricordarlo ad Andrew, ma quando aveva sentito ciò che l'uomo stava dicendo e provato ad immaginare ciò che l'altra persona avrebbe potuto rispondergli, non aveva messo in atto quel proposito. Era rimasto immobile per un po' e poi, non volendo impicciarsi troppo, se n'era andato.
"Allora non sei così stronzo come pensavo" disse Andrew fra sé.
"Bill, mi spieghi qual è il tuo problema? Perché hai detto la parola "sorella" in modo così sgradevole?" gli domandò.
"Non c'è un motivo in particolare" disse questi, raddolcendo improvvisamente la voce. "Credo sia la forza dell'abitudine. Ormai siamo abituati a parlarci così da anni. Sul serio, Andrew, ora non voglio prenderti in giro o trattarti male. Che cosa le è successo? Se vuoi dirmelo io ti ascolto e ti giuro che non c'è nessun secondo fine. Non lo voglio fare per prenderti ulteriormente per il culo o altro, è solo che quando hai discusso con quella persona e ho sentito parlare di coma e di medicinali ho cominciato a pensare. Tua sorella sta male, vero?"
"Sì, è in coma da quasi tre anni a seguito di un incidente."
"Mi dispiace."
C'era amarezza nella sua voce. Era sincero, Andrew lo capì.
"Io ho perso mio padre l'anno scorso," continuò Bill, "è finito in coma a seguito di un arresto cardiaco. Conviveva con il morbo di Parkinson da dieci anni ormai e un giorno si è sentito male. Ha avuto un arresto cardiaco e i medici sono riusciti a fargli ripartire il cuore dopo dieci minuti, ma lui non si è più svegliato. Per una settimana ha avuto convulsioni molto forti, poi si è tranquillizzato. Per tre mesi è rimasto in coma, poi ha avuto un altro arresto cardiaco dal quale non si è più ripreso. Io ho sperato fino all'ultimo assieme a mia madre, ho pregato, abbiamo cercato di scoprire se qualcuno avrebbe potuto aiutarci, magari in altri ospedali, all'estero, ma lui purtroppo è venuto a mancare. Quindi, io ho perso mio padre, non ho fratelli, ma posso in parte capire come ti senti. So che è una cosa stranissima da dire per me, dato il rapporto che abbiamo, ma ti sono vicino."
Quella confessione così spontanea toccò il cuore di Andrew e lo stupì. Nessuno dei due si era mai aperto su cose così personali prima d'allora.
"Bill, io non sapevo niente. Mi dispiace tantissimo!" esclamò, parlando con sincerità.
"Nessuno qui al lavoro sapeva nulla della situazione di mio padre. Sono sempre stato una persona che si tiene le cose per se e separo molto bene il lavoro dalla vita privata. I miei amici e mia madre mi sono stati molto vicini."
"Adesso come stai?"
"Mi manca ancora molto mio padre, ma comincio a sentirmi un po' meglio. Ti auguro che tua sorella pian piano si rimetta, Andrew. Per quanto tu mi stia antipatico, non vorrei mai che ti accadesse ciò che è successo a me."
"Prego ogni giorno perché Dio non mi tolga anche lei. I miei genitori non ci sono più e Carlie è tutto ciò che mi rimane della mia famiglia. Grazie, sei stato gentile."
Assieme a Demi e alle bambine pensò, ma non lo disse.
"Figurati! Ora ti lascio lavorare, ci vediamo più tardi."
"Sì."
Bill si avviò verso la porta, la aprì, ma poi si fermò e si voltò verso Andrew.
"Non perdere mai la speranza. So che te l'avranno detto in molti e che penserai che è una frase fatta, ma davvero, non farlo. Chissà, magari oggi andrai in ospedale e succederà qualcosa di bello!"
Detto questo, senza aspettare una risposta dal collega, uscì.
L'uomo rimase immobile, seduto alla scrivania per diversi minuti. L'ultima frase di Bill l'aveva colpito profondamente. Commosso, si prese la testa fra le mani ed iniziò a piangere. Bill sarà stato anche uno stronzo, almeno in superficie, ma quella mattina Andrew aveva capito che sapeva anche essere diverso: gentile, aperto e sincero. Aveva visto un lato nuovo del suo collega, che non credeva questi avesse e ne fu contento. Era felice ogni volta che scopriva che una persona che gli stava antipatica non era poi così male. Probabilmente lui e Bill non sarebbero stati mai amici, ma Andrew aveva visto quell'uomo sotto una luce nuova, differente e questo gli faceva piacere.
Fece una pausa cercando di fermare i pensieri, ma poi rocominciò. E se Bill avesse avuto ragione? Nessuno, prima d'allora, gli aveva detto che andando in ospedale avrebbe potuto trovare qualcosa di bello. Era una cosa alla quale lui non aveva mai pensato, o meglio, magari ci aveva riflettuto, ma nemmeno una volta ci aveva creduto. Si era sempre immaginato di arrivarci e trovare Carlie nelle stesse condizioni, oppure di incontrare un medico che, con lo sguardo triste, gli diceva:
"Sua sorella è peggiorata."
Dopo che aveva avuto l'arresto cardiaco e le convulsioni, Andrew era sempre preoccupato per lei e ci pensava quasi tutto il giorno, tranne quando stava con Demi e le bambine. In quelle occasioni i pensieri di Carlie, nonostante fossero per lui molto importanti, si rifugiavano in un angolino della sua mente per dargli modo di vivere alcuni momenti di serenità. Forse, però, se avesse iniziato a vivere le sue giornate nella prospettiva di Bill, indubbiamente più positiva della sua, le cose sarebbero andate meglio.
"Più facile a dirsi che a farsi" si disse, poi lasciò le scartoffie sul tavolo e andò dal suo capo a chiedergli un giorno di permesso.
"Mia sorella ha avuto un incidente" mentì, non sapendo come giustificare il fatto che sarebbe stato assente.
La donna gli disse che le dispiaceva e gli firmò il permesso
lavorativo.
Si precipitò in ospedale ed entrò nella stanza di Carlie come una furia.
"Andrew, tutto bene?" gli chiese Kelly, entrando poco dopo e guardandolo preoccupata.
"Sì, grazie, avevo solo voglia di venire qui."
"D'accordo, vi lascio soli" disse e uscì.
"Ciao Carlie" sussurrò Andrew, sedendosi accanto a lei.
Aveva portato nella sua stanza un lettore CD tempo prima, ma non l'aveva mai usato. Si trovava vicino al comodino della ragazza e sopra c'era un CD. Lesse il titolo: Demi.
Sorrise, mise il CD nel lettore e lo fece partire, poi portò avanti le tracce fino ad arrivare alla 13. Era Warrior.
"Ti ho messo la tua canzone preferita, Carlie, hai visto? Sai, è anche la mia, ma ammetto che tutte le canzoni di Demi mi piacciono."
I'm a warrior
I'm stronger than I've ever been
Fu in quel momento, alla fine di quei due versi, che successe una cosa che Andrew sperava da tanto tempo. Volendo spostarle una ciocca di capelli dal viso, le diede per sbaglio un piccolo shiaffo.
“Oh mio Dio, scusami” disse, dispiaciuto.
Ma quando lui le aveva dato quel piccolo schiaffo, lei si era mossa come per tirarsi da un lato.
Andrew rimase fermo per un momento, scioccato. Magari stava vedendo qualcosa che era frutto della sua immaginazione. Ma no, lei mosse ancora il viso come se provasse dolore e volesse scostarsi.
"Carlie!" esclamò, emozionato. "Ti sei mossa! L’hai fatto sul serio, tesoro! Riesci a sentirmi?"
Le strinse forte la mano, le diede un pizzicotto, poi un piccolo schiaffo sulla guancia per capire se era sensibile al dolore e ci fu un altro, brevissimo scatto del braccio.
Piangendo corse fuori a chiamare un'infermiera. Trovò un dottore che, quando lo vide, lo guardò allarmato.
"Sta male?" chiese, correndo verso la stanza.
Andrew gli spiegò tutto, tra parole smozzicate e singhiozzi.
“Vediamo.”
Dopo aver fatto uscire l’uomo, la visitò assieme ad altri medici.
Controllarono la reattività delle pupille, la sensibilità al dolore, se ci fossero o no altri movimenti, se rispondesse o meno agli stimoli verbali, la frequenza cardiaca, la pressione e altri parametri. Vedendo la luce gli occhi si aprirono per un attimo e si mossero e la ragazza rispose agli stimoli dolorosi.
"Ti avevo detto di non sperare più, ormai, Andrew" disse l'uomo, "ma dopo questo, mi ricredo. Tua sorella ha ancora speranza di risvegliarsi. Sì, le pupille non sono molto reattive, ma ho ragione di credere che quei movimenti causati dai tuoi piccoli schiaffi non siano stati dei riflessi. Certo, poi non è successo altro e per ora non vedo segni di risveglio, ma il fatto che dopo tanto ci sia riuscita è un buonissimo segno. C'è ancora la possibilità che migliori e che forse, un giorno, lo farà! Dato che risponde agli stimoli dolorosi e alla luce, tua sorella non è più in coma profondo ma vigile. Significa che appunto c’è risposta a questi stimoli ma non ad altri, come per esempio a quelli verbali."
"Quindi è migliorata davvero!”
Andrew non poteva crederci. Era troppo bello per essere vero.
“Sì, è passata ad uno stadio meno grave del coma.”
“Credo sia stato grazie a questa canzone; è di una mia amica che fa la cantante."
Era terminata, ma Andrew la fece ripartire perché il dottore la ascoltasse.
"Conosco un po' Demi Lovato e credo sia molto brava. Sì, forse la canzone ha aiutato tua sorella, soprattutto la prima parte del ritornello è molto significativa. Non so se Carlie abbia sentito quelle parole, non credo, ma in qualche modo le hanno dato la forza di aprire gli occhi dopo anni nei quali non l'aveva fatto. Hai una sorella coraggiosa. Le parole di Demi l'avranno sicuramente aiutata, ma è stata lei, con la sua forza di volontà, a farcela. Ora chiama qualcuno di cui ti fidi, Andrew! Dagli la bella notizia e fallo venire qui! Tuttavia devo metterti in guardia: è possibile che episodi del genere si ripetano spesso oppure no. Carlie risponde agli stimoli ma non ha una coscienza propria in questo stato e non si è svegliata. Hai capito?"
“Sì, è tutto chiaro” rispose Andrew, mentre paura e speranza si agitavano nel suo animo.
Ad ogni modo, ricorda che si ha bisogno di affetto e di calore non solo nei momenti tristi, ma anche in quelli felici. Come disse San Tommaso: "Il dolore se condiviso si dimezza. La gioia se condivisa si raddoppia.""
Il dottore lo salutò e uscì.
Andrew chiamò Demi la quale, emozionata, rispose che sarebbe arrivata subito. Portò le bambine da sua madre e poi corse in ospedale.
"Andrew!" esclamò quando entrò e lo vide.
I due si abbracciarono, poi Demi si staccò piano da lui e si avvicinò al letto di Carlie.
"Non immagini quanto sia bello, per me, sapere che è migliorata. A volte non ci speravo più" le disse l'uomo, ancora emozionato, con voce rotta.
"Sono felice per voi Andrew, non sai quanto" rispose Demi, sorridendo.
Entrambi sapevano che il fatto che Carlie rispondesse agli stimoli dolorosi e che le pupille fossero reattive non significava che si stava svegliando, né che l'avrebbe fatto, ma quello era pur sempre un piccolo segno di vita, che ravvivò nel cuore di Andrew la fiamma della speranza. Per Carlie c'era ancora speranza e lui avrebbe dovuto continuare a crederci. Sentiva dentro di sé una forza nuova. Era come se i movimenti della sorella fossero stati per lui una voce, quella di Carlie, che gli diceva:
"Se tu non ti arrenderai, non lo farò nemmeno io. Continuiamo a lottare, proviamoci."
Fu con questi pensieri che, poco dopo, Andrew si avviò con Demi fuori dall'ospedale. Era meglio lasciar riposare Carlie e non stancarla troppo. Alla fine, si disse l'uomo, Bill aveva avuto ragione: quel giorno, in ospedale, era successo qualcosa di molto bello.

 

credits:
Demi Lovato, Warrior
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
avendo scritto molto sopra, non mi dilungherò.
Vorrei solo rispondere ad una domanda perfettamente lecita di MaryS5, che mi chiedeva quando sarà finalizzata l'adozione.
Allora, il prossimo capitolo sarà pieno di romanticismo, dedicato solo ad Andrew e a Demi; i successivi tre saranno dedicati al Natale; poi ce ne sarà uno che parlerà del compleanno di Hope; e il 57 e il 58 tratteranno di questo. Ci saranno spiegazioni un po' tecniche e burocratiche, che però ho cercato di inserire in un contesto comunque emozionante. Spero di esserci riuscita, davvero!
   
 
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