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Autore: B e t c h i    24/09/2016    2 recensioni
“Le piazze fanno la rivoluzione solo quando sono vuote.”
{Slash}
-Dal Testo-
[...] cercava qualcosa di anomalo e sbagliato in quel ragazzo che aveva invidiato sin dal primo momento. Non per il suo successo con le donne, sia chiaro, neanche per la facilità con cui riusciva a farsi voler bene dalle persone. Lo invidiava perché Beltrán aveva trovato così, quasi per caso, ciò che lui invece cercava disperatamente da anni: sé stesso.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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“Le piazze fanno la rivoluzione solo quando sono vuote.”
 The Zen Circus - Ilenia

 

Silenziosa Rivoluzione


«Guarda Beltrà, la piazza è vuota!»
Si sentiva leggero, Gabriele. Barcollava sulle gambe tremanti, con un braccio avvolto attorno al collo del suo coinquilino spagnolo e il sorriso stampato sulle labbra.
Era felice.
Così felice che non aveva neanche protestato, quando Beltrán aveva ben pensato di sorreggerlo cingendo il suo bacino con un braccio.
In realtà si sostenevano a vicenda, entrambi ubriachi e allo stesso tempo abbastanza lucidi da percepire nell’aria notturna quella piccola fibra di speranza che rendeva tutto più magico.
«La piazza è vuota. È tutta nostra, Beltrà! Capisci?»
Beltrán rise. Vide Gabriele sollevare lo sguardo alla volta stellata e alzare una mano in alto, quella che reggeva una bottiglia ormai vuota. Stese l’indice come a voler indicare qualcosa. Strizzò gli occhi cerulei cercando di focalizzare la vista sopra l’unghia, sbuffò frustrato. Ci rinunciò.
Lasciò cadere il braccio a peso morto lungo il fianco, le dita si schiusero attorno al collo della bottiglia che cadde a terra in mille pezzi.
Il rumore di vetri rotti rimbalzò tra gli edifici che circondavano la piazza, coprendo il suono frusciante della fontana che si ergeva a ridosso dei giochi per bambini.
«Vuota,» sussurrò Gabriele in  un soffio. Si fermò improvvisamente, prendendo Beltrán alla sprovvista e facendolo barcollare di qualche passo indietro. Restò qualche istante immobile ad osservare i cocci verdi che giacevano sul selciato. Alcune goccioline di vino brillarono sotto il riflesso delle stelle.
Beltrán notò subito il cambio d’espressione negli occhi dell’italiano. L’allegria aveva ceduto il posto all’angoscia.
Lo spagnolo chinò il capo da un alto, la frangia castana gli accarezzò la fronte. Cercò lo sguardo del suo amico e lo trovò perso nei meandri di qualche pensiero assurdo. Gli sorrise, pur sapendo che il ragazzo non l’avrebbe notato.
D’un tratto sentì la mano di Gabriele, quella poggiata mollemente sulla sua spalla, stringere la presa attorno stoffa della maglietta. Il gesto inaspettato gli fece sbatacchiare le palpebre per la sorpresa.
«Maledizione, è così silenziosa.»
Gabriele voltò lo sguardo verso Beltrán. Scivolò dalla sua presa e gli si mise di fronte. Gli occhi lucidi, le mani aggrappate al colletto.
«Dimmi qualcosa. Qualunque cosa. Odio il silenzio…» Gabriele si morse il labbro, trattenne il fiato e poggiò la testa sul petto di Beltrán «…è insopportabile, fa così rumore».
Una mano di Beltrán si posò dietro la nuca di Gabriele. Le dita sfiorano i folti riccioli biondi. L’altra andò a coprirgli la guancia. Strofina i polpastrelli più volte, accarezzando la pelle calda. Capì che l’italiano doveva essere arrossito e a quel pensiero Beltrán sbuffò una risata tra le labbra.
«Mi ruina, estoy contigo en el silencio».
Gabriele alzò lo sguardo crucciato sullo spagnolo, diceva sempre che odiava sentirlo parlare nella sua lingua, quindi Beltrán ne faceva uso solo quando voleva prenderlo in giro o per stuzzicarlo nei momenti di noia.
«Non prendermi per culo, idiota.» biascicò stanco.
A dirla tutta, non era neanche vero che odiava lo spagnolo. Semplicemente, cercava qualcosa di anomalo e sbagliato in quel ragazzo che aveva invidiato sin dal primo momento. Non per il suo successo con le donne, sia chiaro, neanche per la facilità con cui riusciva a farsi voler bene dalle persone. Lo invidiava perché Beltrán aveva trovato così, quasi per caso, ciò che lui invece cercava disperatamente da anni: sé stesso.
«Ma questa volta non ti sto prendendo in giro, Gabrielito.»
Le dita di Beltrán scivolarono sulle labbra di Gabriele. Spinse il pollice contro il labbro inferiore, ne traccio delicatamente il profilo, poi lo lasciò andare facendolo schioccare contro quello superiore.
Gabriele non riuscì a trovare la forza di sottrarsi al tocco. Le mani ancora strette alla maglietta di Beltrán, avevano allentato leggermente la presa.
Lo spagnolo ingobbì leggermente le spalle e si sporse con il capo verso Gabriele, sfiorandogli l’orecchio con le labbra « Qui possiamo fare la rivoluzione, lo sai?» sussurrò e l’italiano lo maledì perché, che cazzo, non ci stava più capendo niente.
Beltrán aveva la capacità di illuminarlo e confonderlo allo stesso tempo.
«E di che cosa stai parlando, adesso?»
La risposta di Beltrán arrivò silenziosa, preceduta da una fugace e calda carezza sulla guancia. Le labbra sottili sfiorarono quelle di Gabriele, che restarono immobili e dischiuse per la sorpresa.
Ciò di cui parlava Beltrán era la loro rivoluzione. Era arrivato il momento di sfondare quella barriera tirata su da inutili convenzioni sociali e di dare voce e gesti a quei sentimenti tenuti a freno per il bene degli altri.
Gabriele era stanco e lo era anche Beltrán. Ormai non avevano più le forze per limitarsi a sfiorare “per caso” l’altro. Non ce la facevano più a condividere la stessa stanza e resistersi.
Beltrán si allontanò appena. Il viso ad un palmo da quello di Gabriele.
Ci fu un attimo d’esitazione scandito dall’affanno dei loro respiri, poi Gabriele mandò a benedire ogni briciolo di pudore e di imbarazzo avventandosi sulle labbra di Beltrán.
Nella piazza deserta, illuminata dalla luce opaca dei lampioni, fu il silenzio a venire inghiottito dallo schiocco dei loro baci.
Il suono della loro rivoluzione. 



 
Cantuccio climatizzato di Betchi_

Nell’ultimo periodo mi sto dedicando un po’ a questi “esercizi di scrittura” prima di riprendere in mano le mie long. Essendo parecchio arrugginita, mi viene difficile scrivere qualcosa di decente e che segua un filo logico, dunque per sbloccarmi inonderò EFP con questi abominevoli esperimenti.
Su questa breve One Shot non c'è molto da dire. Era nata come fanfiction, ma successivamente ho deciso di renderla originale. Mi piace di più così.
Ringrazio tutti coloro che leggeranno e (magari) lasceranno un piccolo parerino a questo sclero. Siete speciali!

Betchi_ (che vi vuole bene!!!)
   
 
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