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Autore: MissKenobi    30/09/2016    4 recensioni
“Non ricordi?”
Scuoto la testa, intontita.
Come diavolo è potuto succedere tutto questo?
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo due
 
 
Perdere il passato significa perdere il futuro.
(Wang Shu)
 
Ho incontrato mia moglie.
 
Mia moglie, sì. Me lo ripetono tutti “Emma, ti ricordi di lei? E’ Regina! Tua moglie”. Come se fosse scontato, come se fosse facile, come se semplicemente fosse… Ma non è. 

Non è facile. Non so chi sia. Non ricordo di averla sposata, non ricordo di averla amata. Non ricordo e basta. Eppure è successo. Ho amato questa donna. Me lo ripetono in continuazione. Come se fosse abbastanza, come se fosse semplice.  Non lo è.

Mia madre non mi lascia mai. È preoccupata. Come potrebbe non esserlo? Sua figlia ha dimenticato quattro anni della sua vita. Ogni giorno mi porta qualcosa; foto, vestiti, giocattoli di mio figlio. Li chiama pezzi di vita. Dice “magari così ti ricordi qualcosa, tesoro”. Non succede. Non ricordo nulla.

Mai.

Guardo quelle foto, annuso quei vestiti che sanno di mela e cannella. Un profumo sconosciuto. Due profumi mischiati insieme ad una vita che non conosco.

Questa vita non è la mia. Quella donna così oscenamente felice in quelle foto, non sono io.  Non posso essere io. Continuo a ripetermi che è tutto uno scherzo. Non lo è.

Ogni giorno mi sveglio e ogni maledettissimo giorno ho 33 anni, una cicatrice sul polso sinistro che non ricordo di essermi fatta e un taglio di capelli che prima non avevo. 

La donna che dice di essere mia moglie, Regina, sembra essere una persona “carina”.

Non saprei come altro definirla. Sicuramente è una bella donna, molto più di quanto non lo sia io. È affettuosa, gentile e soprattutto paziente. Lo è molto. Deve esserlo o cerca di esserlo, non l’ho ancora capito.

Non mi ha mai parlato di noi, della nostra vita, prima di tutto questo. Come se ci fosse stato un prima per me. Inizio a pensare che ormai ci sarà sempre e solo un “dopo”.

Dopo l’incidente. Dopo aver perso la memoria. Dopo aver avuto un figlio. Dopo essermi sposata. Dopo aver dimenticato quattro anni della mia vita.

Ricordo che da piccola, non vedevo l’ora che arrivasse il giorno di Natale, il giorno del compleanno, il giorno del diploma, il giorno del matrimonio.

Ora vorrei solo tornare a quel “prima”. Al prima di tutto questo. Al prima di tutto questo fottutissimo disastro che è la mia vita.

Sono tutti così comprensivi con me, i medici, le infermiere, mia madre, mio padre. Tutti mi dicono “Emma, devi stare tranquilla, ricorderai.”
Cosa dovrei ricordare esattamente? Di essere sposata con una donna che non ricordo di aver mai incontrato in vita mia? A me non piacciono neanche le donne. Ho sempre e solo avuto relazioni con uomini. Ne dovevo addirittura sposare uno.

Continuo a pensare.

Non faccio altro da quando ho scoperto di aver dimenticato quattro anni della mia vita. Cosa può essere successo per farmi lasciare il mio ragazzo quattro settimane prima di un matrimonio programmato da un anno e mezzo? 

Un giorno decido di chiederlo a mia madre “perché?”

Lei capisce.

Lei ha sempre capito tutto. Non ho mai dovuto spiegarle niente. Non le chiedo “mamma, perché ho sposato quella donna? Perché ho lasciato Neal?”

Dio, Neal.

Mi manca.

Mi manca terribilmente.

Mi manca così tanto che vorrei urlare. Vorrei solo correre via da questo posto, strapparmi questi dannati fili che mi tengono incatenata ad una vita che non è la mia e andare al nostro appartamento, che ormai non è più nostro, e forse non è neanche più suo. Forse ormai è solo di altre persone. Persone che non conosco. Persone che vivono una vita che sarebbe dovuto essere la mia.

Mia madre mi risponde che è stato l’amore. L’amore mi ha fatto lasciare Neal. L’amore per una donna che non ricordo e che forse non ricorderò mai. 

Quando le chiedo come ho incontrato Regina, mi risponde che dovrei chiederlo a lei. 

Non lo faccio.

Non lo faccio perché semplicemente io e Regina non parliamo. Non fraintendetemi, parliamo. Parliamo del tempo, parliamo di come la città sia ormai diventata invivibile e di come sia esausta dalle infinite riprese di un film che sta girando. 

Ma quello non è parlare.

Non mi chiede mai “Come stai?”.

Non so se non le interessa o semplicemente ha troppa paura della risposta. Credo, anzi, voglio sperare che abbia troppa paura di sentirsi rispondere “Sto male. Voglio scappare. Non ti amo e non ti conosco.”

Piano piano inizio a conoscerla: imparo che è una donna puntuale; arriva ogni giorno alle sette di sera e va via ogni giorno alle otto.

Capisco che valgo un’ora della sua vita.

Capisco che è una donna impegnata.

Capisco che è una donna famosa.

Capisco che pur essendo una donna famosa, io non so chi sia mia moglie.

Capisco che ha paura di me, perché  parla ma non mi parla e mi vede ma non mi guarda.

Capisco che quando non sa che cosa dire, si morde le labbra e guarda fuori dalla finestra.

Capisco che abitiamo a Los Angeles e non a New York.

Capisco che lei non sa che cosa facessi a New York il giorno in cui ho avuto l’incidente.

Capisco che dice la verità.

Capisco che non le dicevo tante cose.

Capisco che non ci diciamo tante cose neanche adesso.

Capisco molto e allo stesso tempo non capisco niente.

Capisco il suo stupore vedendomi prendere il caffè con lo zucchero.

“Adesso metti lo zucchero?”

“Si, perché?”

“Perché prima non lo mettevi.”

Capisco che conosce una donna che io non conosco.

“Fuori sta piovendo”.

Come se fosse importante, come se importasse qualcosa.

Mi guarda come se fossi pazza. Non sarebbe più semplice? Non sarebbe più semplice essere solamente pazza, Regina? Potresti rinchiudermi semplicemente in qualche posto. Nei posti dove vanno messe le persone come me; le persone che non sanno più chi sono. Butteresti via la chiave e torneresti alla tua vita.

I vicini ti chiedono di me? E a me questi vicini, poi piacciono? Ci salutiamo oppure abbassiamo la testa e facciamo finta di non vederci?
Invece tu non butti via la chiave, non ne sei capace.

“Alla mia Emma la pioggia piaceva tanto” rispondi.

“A me la pioggia non piace”. ribatto.   

Abbassi la testa e so che vorresti scappare. So che hai paura. Hai paura di questa donna che non conosci. Hai paura di questa donna che prende il caffè con lo zucchero e a cui non piace la pioggia.

“Raccontami”

Raccontami, Regina. Devo sapere.

“Che cosa?”

“Tutto”

“Da dove?”

“Dall’inizio”.

Eccoci qui con il secondo capitolo, mi è piaciuto molto scriverlo e spero a voi leggerlo... Spero di essere riuscita a trasmettere tutto il dolore e la solitudine di Emma. Ringrazio la mia beta (lei sa) e ringrazio tutti voi per le recensioni, le apprezzo molto davvero. Ringrazio tutte quelle persone che da buoni lettori silenziosi, leggono la storia, senza commentarla; se anche per solo cinque minuti sono riuscita a distrarvi dalla vostra vita, vuol dire che sono riuscita nel mio intento. Per tutte le persone che privatamente mi hanno chiesto ogni quanto aggiornerò la storia: cercherò di aggiornare una volta a settimana, impegni permenttendo...e sempre nel weekend. 
Vi ringrazio ancora...fatemi sapere cosa ne pensate...un bacio! Alla prossima :)
   
 
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