L’erba
verde scintillava fresca di rugiada, aveva quasi lo stesso colore dei suoi
occhi, le lacrime che scendevano lente sul suo viso brillavano alla luce di
quel sole che per il mondo magico era tornato a splendere.
Crollò
in ginocchio davanti a una lastra di perfetto e ricercato marmo bianco . Era
rimasta sola.
Nonostante
il calore di quella giornata estiva lei sentiva freddo , non quel genere di
freddo a cui si pone rimedio indossando qualcosa .Non avrebbe mai più sentito
calore.
Rabbrividì
stringendosi le braccia al petto e le lacrime scesero ancora più copiose sulla
sua delicata pelle di pesca.
Era talmente
bella che sembrava un’apparizione.
Due
parole appena sussurrate, fissando una foto : Mi manchi.
Una foto
che sembrava il suo perfetto ritratto, i capelli corvini, la bocca rossa e
piena come la sua aperta in un dolce sorriso,il
naso leggermente appuntito gettava un ombra sul lato del viso dove
entarmbe avevano un piccolissimo neo, gli occhi dello stesso stupefacente color
verdemare avevano un’espressione diversa però.
La
lucida follia di un’ideale sbagliato animava gli occhi della sua sorellina. un’ideale
che le avevano insegnato a seguire fin da quando era bambina e che lei aveva
fatto suo come se fosse l’unica cosa a cui aggrapparsi, l’unica cosa tangibile
in un mondo fatto di incertezze e terrore.
Perché Iris
era così, un concentrato di insicurezza e fragilità dopo i mille abusi del
padre e dei suoi amici mangiamorte.
Per non
soccombere aveva bisogno di credere in qualcosa e aveva scelto.
A lei
non importava niente di essere dalla parte sbagliata, a lei non importava di
uccidere come se niente fosse, anzi anche quando si ritrovava coperta di sangue
innocente si beava della sensazione di aver avuto sulle sue vittime il pieno
potere e controllo nello stesso modo in
cui i suoi aguzzini lo avevano avuto su di lei tanti anni prima.
*****
“Non andare a combattere stasera
Iris” l’aveva supplicata, quasi in ginocchio, quella sera di molto tempo prima.
Sapeva di aver tradito e sapeva
che quella battaglia sarebbe stata l’ultima.
“Devo andare terremoto!” le aveva
risposto sua sorella con un sorriso.
“Ti farai ammazzare!” le aveva gridato
nel terrore più completo.
“No, tesoro,non mi succederà niente.”
glielo aveva detto come se fosse stata una promessa.
“Non capisci” era sbottata con le
lacrime che minacciavano di traboccare dai suoi occhi.
“Se tu a non capire sorellina,
devo andare” aveva sentenziato la sorella con un tono duro e freddo.
Diretta verso la porta, per prendere
parte alla battaglia decisiva.
“Riri…” una parola con mille
significati, un soprannome di mille giorni e mille notti passate insieme a
consolarsi a coccolarsi a ridere e piangere e parlare. Un’ultima disperata
supplica.
“So cos’ avete fatto tu e i tuoi
amichetti, Pansy…” le aveva detto voltandosi verso di lei con l’accenno di un
sorriso sulle labbra.
Gli occhi sbarrati della
sorellina l’avevano convinta a continuare.
“E so anche perché lo avete
fatto. Non lo dirò a nessuno Terremoto, te lo prometto. Ma io devo andare, tu
hai scelto la tua strada e ti stimo per questo, perché hai avuto la forza di
fare qualcosa di diverso da ciò che ti è sempre stato insegnato ma io non ne
sono stata capace e ormai il mio nome così come il mio destino sono segnati, ho
scelto questa strada tanto tempo fa, Pansy, e adesso devo percorrerla fino in
fondo”.
Era tornata indietro e le aveva
baciato la fronte come faceva da sempre quando c’era qualcosa che le
spaventava.
“Ti voglio bene Terremoto” le
aveva detto prima di uscire dalla porta.
-Ti voglio bene Riri” le aveva risposto lei sempre
piangendo con l’angoscia che minacciava di schiacciarla ad ogni passo fatto
dalla sorella, con il terrore di non vederla mai più e con la consapevolezza
che se le fosse successo qualcosa in parte sarebbe stata anche colpa sua. SPIA.
Quattro giorni dopo si era
ritrovata in un vicolo buio a gridare contro il cielo e a versare lacrime amare
sul corpo di sua sorella, stringendola forte al petto e singhiozzando,
maledicendo se stessa, i loro genitori, l’ordine della fenice i mangiamorte…
Aveva pianto a lungo tenendo tra
le braccia quel corpo martoriato finchè non aveva perso i sensi.
Seppur nell’ incoscienza aveva
sentito le mani calde e forti che l’avevano raccolta da terra e portata al
sicuro. Aveva dormito per due giorni. Al suo risveglio aveva trovato gli occhi
blu di Blaise che la fissavano con preoccupazione evidente.
Aveva passato altri tre giorni in
stato catatonico oppure a piangere salvo poi alzarsi per seguire il corpo di su
sorella fino al cimitero di Godric’s Hollow, non le avevano fatto il funerale,
lei era nella parte del cimitero riservata alle anime perdute. Ma Pansy sapeva
che non era giusto, sapeva che sua sorella aveva un cuore e un’anima, mutilata
forse, ingiusta nelle scelte ma sua sorella sapeva amare ed era stata il suo
scoglio per molto, molto tempo. Si errano amate, aggrappate l’una all’altra e
adesso lei non c’era più.
Aveva stretto forte la mano di
Blaise trovando un po’ di conforto ma il dolore era grande e accecante. Non aveva guardato alle tombe
dei due mostri che aveva chiamato genitori, non meritavano nulla per aver
distrutto le vite di chi gli doveva essere più caro al mondo.
E poi fuori, gli occhi ancora
pieni di lacrime aveva visto Hermione Jane Granger, in piedi dritta come un
fuso che la fissava con un’espressione
colpevole sul viso. E Pansy comprese.
La violenza con cui l’aveva
schiaffeggiata le faceva ancora provare vergogna, Blaise l’aveva trattenuta e
lei era scoppiata a piangere peggio di prima.
“Mi sono dovuta difendere…” aveva detto Hermione, con uno
sguardo triste.
“Non così” aveva ribattuto lei.
“Ho solamente fatto un sortilegio
scudo,Pansy, la maledizione che l’ha uccisa era sua” il dolore nello sguardo
della grifondoro era palese e sincero.
Era rimasta impietrita a guardare
la Granger che si allontanava, lei e sua sorella si erano scontrate, si era difesa
e sua sorella era morta .Sarebbe toccato a lei se non fosse stata una strega
così potente, non era colpa sua, aveva vinto la più forte.
*****
Rivangare
quei ricordi le faceva sempre male, piangeva più forte adesso, il dolore
scritto chiaramente in viso mentre ancora fissava quella foto sulla lapide.
Una mano
calda le si appoggiò sulla schiena.
-Pansy
amore, andiamo- Dolce, tenero, delizioso Blaise. Aveva scoperto da poco di
amarlo ma già era diventato il centro esatto del suo universo.
Annui e
si alzò porgendogli una mano.
Lui la
strinse tra le sue,aspettò che fossero lontani.
-Perché ti
ostini a venire qui a farti del male?- le chiese.
-Perché era
mia sorella ed io la amavo Blaise.- gli rispose semplicemente stringendosi
forte contro il suo fianco.
-Ci sono
mille altri modi di ricordarla amore, non c’è bisogno che continui a
torturarti- le disse stringendola più forte a sua volte.
-Lo so,
eppure non posso farne a meno…- gli rispose continuando a stringerlo.
Il sole
brillava alto nel cielo illuminandoli nel loro cammino, stretti l’uno all’altro
come due anime diventate una, legati da un amore che andava oltre lo spazio o
il tempo.